I figli di Trasimaco

Disse Socrate: «Cerca dì persuaderci che ci sbagliamo nel preferire la giustizia all’ingiustizia».
«E come potrò persuaderti?», replicò Trasimaco. «Se non sei stato convinto da ciò che ho detto poco fa, cos’altro potrei fare? Devo forse infilarti il discorso nell’anima con la forza?»

Platone, “Repubblica”, Libro I

 

Non credo che molti tra i miei lettori sappiano chi fosse Trasimaco, un sofista greco vissuto quattrocento anni prima di Cristo, di cui ci resta ben poco. Se è famoso – se così si può dire – è grazie alla “Repubblica” di Platone, che lo sceglie come antagonista di Socrate in una discussione sulla giustizia. Per il Trasimaco del libro, la giustizia coincide l’utile del più forte: chi è più forte può dettare legge secondo i propri interessi. Felice è colui che, grazie alla propria potenza, è in grado di soddisfare ogni desiderio e sottomettere i più deboli. L’ingiustizia è virtù. Quindi beati i forti, perché di loro è il regno di questa terra.

E’ una tesi che torna in mente guardando le cronache di questi giorni, agli esempi di leggi e sentenze a uso e consumo di particolari convenienze e ideologie.
Si tratti di far morire di fame e di sete chi utile non è, di sottrarre i figli ai genitori, di destinare risorse agli amici, ignorare i fatti; il tratto comune è lo spregio di quanto appare ragionevole al pensiero. Chi dovesse rimanere stupito e confuso per come si invochi legalità un minuto prima e la si infranga in nome di un personale arbitrio l’istante dopo, è invitato a rileggersi Trasimaco.

Perché sembrerebbe abbia ragione lui. Se la legge viene interpretata fino a farle dire l’opposto, a incarcerare la vittima e liberare il ladro come nelle storie di Pinocchio, allora davvero essa non è che lo strumento di oppressione del potente. Quello che più colpisce non è tanto l’ovvia distorsione di chi fa il proprio interesse, quanto la claque di tanti che non hanno così tanto da guadagnare, se non per il fatto di essere sul carro del vincitore. Quantomeno, illudersi di esserlo.

Sembrerebbe il trionfo del relativo, della forza sul diritto. Eppure il fatto stesso che di diritto si parli, che si percepisca la dissonanza tra quanto si sostiene e la realtà, indica un fatto chiaro: che una giustizia più profonda, un vero più profondo ed autentico esiste. Incrostato di dubbio e falsità, vilipeso, rovesciato, deriso, disprezzato, però c’è. Riconosciuto nel momento stesso in cui lo si nega, perché non si cerca di distruggere ciò che non esiste.

I figli di Trasimaco controllano la scena di questo mondo, ma Trasimaco si sbaglia. Non è felicità la loro, è solo esercizio di potere, una soddisfazione labile, presto finita. Perché ciò che l’uomo davvero desidera è la giustizia vera, e allontanarsene non fa che acuire quella brama.

Che i potenti e i loro servi seguano pure quei loro desideri, che li portano distante da ciò che senza rendersene conto vogliono. Il vero e il giusto cerchiamo. Perché questi durano, non cambiano con i giorni, i governi, i giudici, il gioco dei potenti.

Informazioni su Berlicche

Ufficialmente, un diavolo che dà consigli ai giovani demonietti. Avrai letto anche tu "Le Lettere di Berlicche" di C.S. Lewis, vero? Attenzione, però: i diavoli CREDONO in Dio. E questo in particolare svolazza, un po' su un po' giù, ma complessivamente diretto verso l'alto, verso quel cielo di cui ha nostalgia.

Pubblicato il 3 luglio 2019 su meditabondazioni. Aggiungi ai preferiti il collegamento . Lascia un commento.

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