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Dannate virtù – VII – Uomini caritatevoli

Cari compari diavoli, siamo giunti oggi al nostro ultimo appuntamento con le virtù intese come mezzo di perdizione di massa. Oggi affronteremo quella che tra tutte è forse la più difficile per noi da piegare ai nostri scopi.

Parliamo naturalmente della

7- Carità

Siete avvisati: prima di usarla attivamente nelle vostre tentazioni cercate il consiglio di un demone esperto. Per il tentatore dilettante giocare con una materia così pericolosa può risolversi in un fallimento spettacolare, e sapete quaggiù i fallimenti come sono considerati.

Infatti la sostanza della quale è composta è la stessa della quale è fatto il Nemico-che-sta-lassù: quell’amore che noi demoni possiamo toccare solo con spessi guanti isolanti, e il cui disgustoso aroma ci provoca conati.

Ancora non ci è chiaro del tutto cosa sia veramente questa carità, e come si possa davvero pensare che si possa amare qualcuno oltre se stessi. Ci è incomprensibile come si possa sacrificare qualcosa per chi ti è ostile e ti odia; eppure il Nemico per essa è giunto persino a incarnarsi in un uomo (un brivido di orrore mi percorre mentre lo dico).

Se non capiamo bene cosa effettivamente sia, una cosa ci è chiara: non la vogliamo.

Le anime che trasudano carità sono quanto di più tossico ci possa essere per il nostro organismo: è per questo che vanno usate tutte le precauzioni nel trattarle. Prima di potercene nutrire devono essere adeguatamente corrotte e ogni traccia d’amore accuratamente rimossa. Non è semplice, ma grazie a Nostro-Padre-che-sta-Quaggiù le moderne tecniche di corruzione possono ridurre qualsiasi mortale caritatevole ad un piatto commestibile ai nostri palati. Adesso vi spiego come.

Nel corso dei secoli è stato fatto un paziente lavoro di riconversione per consentire agli uomini caritatevoli di smettere di amare. Oggi possiamo affermare con legittimo orgoglio che è possibile esercitare attivamente la carità senza possedere un briciolo non dico di amore, ma persino di affetto o stima per coloro che dovrebbero esserne i beneficiari. Carità è ormai diventato sinonimo di elemosina, quando non è una sorta di tangente che si paga verso coloro che si disprezza.

Non è più questione del perché si fa una cosa, ma solo di cosa si fa. L’umano che dà una monetina al parcheggiatore o passa qualche ora in un’associazione di volontariato si sentirà estremamente caritatevole, anche se nel suo cuore ama molto di più la sua automobile o la sensazione di sentirsi in qualche maniera utile.
Se riusciamo a convincerli che carità sia partecipare attivamente ad un comitato per ridurre la fame nel mondo, o per la salvaguardia dei gattini abbandonati, bene, è fatta. Avremo esseri umani orgogliosi della loro carità, ma che con la carità autentica non hanno assolutamente niente a che fare. Sarà rimasto solo il nome, involucro svuotato e completamente inutile.

Naturalmente, come ho detto, occorre prendere ogni precauzione. Mai e poi mai i mortali in nostra custodia devono domandarsi se quello che fanno sia davvero il bene di chi aiutano. Se ciò che danno loro sia quello di cui hanno sul serio bisogno; e, soprattutto, guai a permettere che si interroghino sulle motivazioni che li spingono ad agire. Un sano disprezzo, un evidente orgoglio, una tracotante sicurezza nei propri meriti e nelle proprie azioni sono gli indicatori sicuri che il tentatore sta facendo un buon lavoro.
Il povero, il bisognoso, la persona in difficoltà devono essere visti solo come oggetti, manichini da esercitazione, incapaci mal sopportati che dovrebbero solo ringraziare di avere incontrato chi li aiuta.

Oggetti che magari si possono sfruttare per provare le proprie teorie sul mondo. Pochi esseri umani ci sono così d’aiuto nei nostri piani come quelli che, in nome della carità come l’intendono loro, impongono ideologie distruttive su coloro che si sono messi in testa di aiutare. Hanno i loro bei piani su come il mondo dovrebbe essere: provvedono a realizzarli, con la massima carità, schiacciando coloro che non li capiscono o che non si conformano.
Per queste anime belle (belle per noi, s’intende) la carità si identifica con l’eliminazione del fastidio. Una cosa infastidisce, non rientra nel progetto? Per il tuo bene, sia distrutta.

Vecchietto, ti faccio la carità, e provvedo a terminare la tua inutile esistenza, con il minimo di dolore s’intende.
Ragazza, la vita che porti dentro sarà un peso per te e per noi: caritatevolmente facciamo in modo che sparisca.
Sarebbe certamente poco caritatevole permettere che nasca un bambino meno che perfetto: sai la sofferenza che potrebbe avere? Meglio per te, bambino, risparmiartelo.
E dare qualche soldo ad una povera donna di qualche paese in via di sviluppo perché porti un figlio che è diritto nostro, non è carità?

Spero apprezziate l’ironia. Ci sono persone persuase di essere davvero virtuose e che invece sono guidate da un odio insanabile per la vita e per chi li circonda. Tutto quello che dobbiamo fare per mantenerle in questo stato è evitare che comprendano davvero la categoria di prossimo. Non qualcuno composto della loro stessa sostanza, che il Nemico ama come ama loro, ma “l’altro”.

Chiamiamolo altruismo, chiamiamola filantropia, da delegare alla propria banca o da praticare usando guanti usa e getta; beneficienza, aiuto umanitario, volontariato. Lasciamo pure credere a questi ipocriti che quella che praticano sia la vera, l’unica maniera di esercitare l’antica virtù della carità, distogliendo lo sguardo dal volto di chi sta loro accanto.

Finché questi uomini caritatevoli aiuteranno “l’altro”, badando che rimanga tale; finché la carità rimarrà per loro qualcosa che si può contare, misurare, contabilizzare; fino a quando si identificherà con qualcosa di remoto e sgradevole che occorre fare per sentirsi meglio, non ci saranno problemi per noi ad ospitarli nelle nostre sale una volta che sarà terminata la loro esistenza terrena.
Faremo loro questa carità: chissà se l’apprezzeranno?

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Questo articolo, come i precedenti, è stato pubblicato su la Croce

Dannate virtù – VI – Uomini speranzosi

Compagni demoni, lo so che è dura lavorare di questi giorni. Ma le feste che tutti gli anni i servi del Nemico mettono su per schernirci non ci devono distrarre dal nostro compito. Non dimenticate perché ci siamo riuniti oggi: perché io possa illustrarvi le maniere migliori per prendere la virtù della

6- Speranza

e insegnarvi ad usarla contro quel Cielo stesso da dove proviene.

Che è cosa non facile. Quante volte l’abbiamo provata, poveri noi, quell’orribile sensazione! Tu getti addosso agli uomini ogni sorta di male, distruggi quello che hanno di caro, aizzi contro di loro i peggiori tra i nostri accoliti; ti aspetteresti di trovarli devastati, di avere eliminato in loro ogni certezza di bene…e invece no! Continuano a sperare. Oh, il Nemico-che-sta-lassù li ha impastati bene di luce e carne. Vita e speranza si accompagnano.

Allora impariamo a farla usare male, quella speranza. Ci proveremo con una esercitazione pratica.

Ecco Tommaso, in custodia dai nostri tentatori da ventinove anni. Non trova lavoro, ed è appena stato lasciato dalla ragazza. Il demone che si occupava del suo caso ha tentato di fargli provare autocommiserazione e rabbia, ma i suoi consigli non stanno suscitando i risultati voluti. Il soggetto ha degli amici che lo sostengono e lo incoraggiano, e più cerchiamo di abbatterlo più questi gli sono vicini. Rischiamo di perderlo: si impone quindi un cambio di strategia. Cosa suggerireste? Avanti!

Come dici, Curcunnuto? Sussurrargli che tutto si aggiusterà comunque? Buona risposta. L’irragionevole certezza che alla fine andrà tutto bene è uno dei punti deboli dell’animo umano, e lo possiamo sfruttare a nostro vantaggio. Ma non basta, occorre essere più precisi. Altri?

Ha alzato l’artiglio il diavolo rosso in terza fila…Come? Sì, certo. Che sia tutto dovuto. Che il posto di lavoro arriverà in qualsiasi modo, anche se ha smesso di fare colloqui. Che troverà un’altra ragazza, anche se non prova neanche a cercarla. Che diventerà ricco. Che vivrà a lungo – sapesse!
Qui bisogna fare molta attenzione. Il Nemico provvede alle necessità quotidiana dei mortali, e quindi ciò su cui bisogna agire è…chi lo dice…esatto! La speranza che le cose si concretizzino esattamente come loro vogliono.

La speranza non di un posto di lavoro qualsiasi, ma quello dei desideri: non una donna qualsiasi, ma la donna come se la immagina nei sogni. Portarli a sperare, insomma, in una menzogna.
Per farlo dovranno ignorare ogni cosa che possa abbattere il loro ottimismo, rifiutare ogni cosa che non rientri in quanto immaginano. La pretesa di avere a che fare non con il reale, ma con un’immagine creata da loro stessi.
Sì, Zeblolaffo, proprio così: “Tu sei il meglio, e meriti il meglio”. Se li portiamo a pensare che devono sperare non perché c’è qualcuno che ha avuto misericordia del loro niente ma perché l’universo deve loro qualcosa, è fatta.

Questa della speranza come egoismo possiede altri vantaggi. Gli amici pronti ad aiutare, uno dei flagelli più grandi per la nostra impresa, saranno allontanati perché ritenuti inutili, e sentiti come nemici se osano far presente mancanze e ragionevolezza. La speranza altrui sarà vista come avversaria della propria. Il brutto, lo sporco, il cattivo semplicemente cesseranno di esistere per i nostri uomini speranzosi, se non come un fastidio da ignorare.

C’è altro su cui possiamo agire? Qualcuno vuole completare?

Speranza negli uomini? Giusto anche questo. Spingerli a credere che il tale personaggio politico, il tale principe possa realizzare quel paradiso terreno che si aspettano è uno dei nostri pezzi forti. Tutta la storia del Messia l’abbiamo gestita così. I nostri migliori talent-scout stanno sempre all’occhio per individuare colui al quale fare avere tutte le fortune, il divo da far seguire dal maggiore numero possibile di mortali verso l’inevitabile disastro.

Questa tecnica ha però alcuni inconvenienti.
Nell’istante in cui la persona in cui ripongono la speranza viene meno, a seguito della delusione provata i mortali possono intuire che non si deve sperare negli uomini. E’ un momento pericoloso, che si può evitare semplicemente…chi suggerisce?
Esatto. Facendoli sperare non in uomini, ma in qualcosa di più vago.
La scienza. Il futuro. Qualsiasi ideologia che abbiamo mai inventato.
Un’ideologia ha di solito una vita più lunga di qualsiasi mortale, ed è infinitamente più utile. Può essere mantenuta anche molto tempo dopo che si è dimostrata completamente sballata; anzi, ai nostri fini più è palesemente errata meglio è.
Gli umani vi si dedicano, e delegano ad essa la loro vita. Si fermassero un secondo e provassero a ragionare su cosa accadrebbe se quello in cui sperano si realizzasse davvero, sarebbero orripilati. Ma è una capacità che pochissimi mortali possiedono.

Continuano invece a sperare nelle cose terrene, invece che chiedere di avere la forza di realizzarle. Invece di affidarsi al Nemico confidano nelle cose che il Nemico fornisce. E’ un po’ come se mangiassero l’involucro del pacchetto invece del dolce che vi è contenuto. Pace, cibo, lavoro, futuro migliore: la loro speranza è tanto più forte quanto più debole è la loro fede, mentre dovrebbero andare a braccetto. E’ una speranza che corre ma rimane presto senza fiato, dato che si tratta di una specie di bugia pietosa. Non sono per niente liberati dall’angoscia, anzi, è dall’angoscia stessa che si nutre e cresce dalla loro speranza.

Tornando al nostro caso di studio, faremo aderire il nostro Tommaso a qualche bella associazione, circolo, movimento che si proponga di risolvere la situazione con iniziative e discorsi, sperando che basti cambiare il mondo perché tutto si metta ad andare bene. Convegni, cortei, manifestazioni: qualcosa a cui delegare il compimento dell’attesa, grazie alla quale possa evitare di paragonarsi seriamente con ciò che accade, e cambiare.

Abbiamo rimpiazzato la speranza nel Nemico con la speranza nel mondo. Quando fallirà, a chi credete che darà la colpa?

Proprio così. O, almeno, speriamo.

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Dannate virtù – V – Uomini di fede

Compagni demoni, fratelli diavoli, dopo avere discusso vari modi di accaparrarci le anime dei mortali dedite alle virtù cardinali esaminiamo ora quelle che i sapienti umani chiamano virtù teologali: fede, speranza e carità.

Forse qualcuno di voi si domanderà se e come sia possibile che queste pratiche, che in fin dei conti riguardano direttamente il Nemico-che-sta-lassù, possano essere usate per soddisfare i nostri appetiti.

Questa è esattamente la domanda alla quale sto per rispondere, cominciando con

5- La fede

L’opera fruttifera dei nostri tentatori non potrebbe essere possibile senza il lavoro silenzioso e costante di legioni di demoni minori e di accoliti umani dediti a modificare, ogni giorno, il senso profondo delle cose in qualcosa più consono ai nostri fini infernali.
A questa schiera di misconosciuti operai del male io dico: lavorate ancora di più, larve, perché l’inganno ha bisogno di essere mantenuto.
Prendete appunto la fede. Se i mortali, oggi, pensano in grande numero che consista in qualcosa di cieco, arbitrario, scollegato con la realtà, è appunto grazie al costante lavorio di suggeritori che allontanano dalla mente degli umani quanto loro stessi vivono ogni giorno.

Se gli appartenenti alla razza umana si fermassero un solo secondo a pensare a tutte le cose o alle persone in cui hanno fede si accorgerebbero che questa virtù è da loro praticata in quasi ogni istante. La scienza si ferma a ciò che è dimostrato, ma cosa è davvero dimostrato nella loro vita di ogni giorno? Senza la fede nella ragionevolezza degli altri, nell’affidabilità degli oggetti, nel fatto che il sole sorga, vivrebbero come bestie nella più profonda caverna ringhiando al resto del mondo. Hanno fede in una persona perché l’hanno verificata affidabile nel passato e la suppongono tale per il presente; ma, grazie alla nostra opera capillare, non sono più capaci di estendere il ragionamento anche al Nemico-che-sta-lassù.

Gli uomini di fede che ci piacciono sono quelli che, nonostante la considerino irragionevole, asseriscono lo stesso di averla, e la realtà non la guardano neanche di sbieco. Non si fanno domande, e se qualcuno gliele pone lo guardano colmi di disdegno. La loro convinzione è granitica e immobile come solo i pesanti macigni sanno essere.

Il guaio per questi fedeli è che quanto credono non è il frutto di un amore ricambiato, ma di una lezione bene appresa o, nel peggiore dei casi, dell’adeguarsi ad una imposizione. E’ così non perché è così, ma perché deve essere così. Invece di un affidarsi ad uno sguardo paterno vogliono imporre la loro convinzione su quanto li circonda.

Quella che noi, con i nostri consigli, li convinciamo a deprecare, è la ragione, il considerare ogni cosa con la mente aperta. Il loro credere è cristallizzato: basta poco per introdurre in questi cristalli imperfezioni ed impurità che li rendano velenosi. Già sono distaccati dal reale, allontanarli ulteriormente non è una gran fatica.

Con il passare del tempo si trasformeranno nei custodi di un museo pieno di figure polverose, dediti a riti di cui non capiscono il senso; e neanche potrebbero comprenderlo, dato che per loro non ce n’è alcuno. Oppure diventeranno zeloti della loro idea particolare, fedeli fino alla fine a quanto pensano dovrebbe essere, ma non è.

Nel nome della loro fede questi personaggi si sentiranno giustificati a qualsiasi efferatezza; odieranno parlando d’amore, faranno il male pensandolo una versione di bene, ed ovviamente andranno all’Inferno sicurissimi di percorrere la strada per il Paradiso.

E’ vero, il Nemico salva coloro che credono in lui, ma costoro non credono veramente in lui. Credono in una immagine che si sono fatti; e per quanto il Nemico si sforzi di segnalare loro “Ehi, io sono qui!” essi continuano a guardare il proprio riflesso in uno specchio immaginario.

Per ottenere la fede il Nemico si fa conoscere. Il metodo che quello di lassù ha adottato per continuare a rubarci il pranzo è rendersi presente tra i mortali. Ha fatto quella pazzia di farsi carne, per questo. Per noi, veri interpreti del pensiero originale del Creatore, è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso e ce lo ha reso qual è: Nemico-che-sta-lassù. E’ stato Nostro-Padre-che-sta-Quaggiù che ci ha fatto capire quanto assurda e traditrice sia stata questa azione, che ha sporcato irrimediabilmente l’idea cristallina di purezza di cui ormai noi siamo gli ultimi custodi. E’ il Nemico che ha tradito noi, non viceversa.

In fondo quella che noi tentiamo di restaurare è la fede come dovrebbe essere: un comando da dare, non una persona da incontrare e a cui credere. E’ per questo che chi crede ciecamente viene volentieri quaggiù da noi: condividiamo in fondo lo stesso punto di vista.

Noi siamo ribelli nei confronti di un Nemico che socializza con le creature inferiori, che credono in lui grazie a quell’incontro; sentiamo perciò profonda simpatia per coloro che in nome della loro fede rinnegano tutto ciò che esce dai loro schemi, fosse anche l’autorità.

Ciò che non è naturale si impone solo con la forza. Questi fedeli combattono tutto ciò che non rientra nella loro ideologia, dato che basterebbe anche una sola cosa che la negasse per farla crollare miseramente in niente.
Sono in fondo dei creduloni: vivono di parole d’ordine e slogan. I nostri uffici ne sfornano sempre di nuovi.

E’ questa la differenza tra avere fede in ciò che è vivo piuttosto che in un’idea: la vita cresce e da lei si impara, mentre l’idea è fissa, immobile, morta. Si perpetua facendosi tiranna, e si nutre di cadaveri.

A me personalmente piace moltissimo spingere le anime verso queste parodie della fede, inventandomi sempre nuovi idoli e sollecitando l’adesione immediata e completa a dottrine di mia fantasia. In fin dei conti sono un angelo mancato; o meglio, sono gli angeli del Nemico ad essere demoni che non hanno avuto il coraggio di ripensare la loro fedeltà.
Credetemi quando vi dico che questa virtù può darci grande soddisfazioni: abbiate fede!

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Dannate virtù – IV – Uomini temperanti

Illustrissimi demoni e carissimi colleghi tentatori, oggi esamineremo assieme l’ultima virtù cardinale che ci rimane da trattare.
Prima di procedere, però, vorrei fare un saluto speciale a tutti gli umani che ci stanno seguendo in differita. Come forse sapete, per speciale concessione del Nostro Padre che sta Quaggiù queste mie parole arrivano anche ad un certo numero di mortali che sono interessati alle nostre tecniche.

Li saluto caramente, sperando di rivederli presto.

Ma adesso basta giocare con il cibo: passiamo a parlare della

4-Temperanza

Tutti quelli di voi che hanno avuto direttamente a che fare con il mondo umano sanno quanta poca differenza ci sia tra quelle creature e gli altri animali che affollano la Terra. A volte si può davvero credere che si siano evoluti gli uni dagli altri! L’uomo ha tutti gli appetiti e le voglie che possiedono gli esseri ancora più inferiori di lui. Disgraziatamente ne ha anche uno in più, quello che lo porta tendere verso il Nemico-che-sta-lassù. E’ questo desiderio che l’allontana da noi demoni per innalzarlo oltre la nostra portata.

L’approccio classico lo conoscete bene quanto me: usare le passioni animali per mascherare e soffocare la ragione. E’ una tecnica che funziona assai bene, ma accade talvolta che, sentendo come le soddisfazioni corporali che diamo loro non bastino a soddisfarli pienamente, coloro i quali tentiamo ci si rivoltino contro. Che ingrati!
Purtroppo scoprono di riuscire ad essere davvero loro stessi solo mettendo un limite alla sfrenatezza dei loro appetiti. Questo mettere a freno, questo regolare le passioni è appunto la temperanza.

Capite anche voi che, con un uomo autenticamente temperante, i soliti approcci di stimolazione dei bassi istinti sono destinati al fallimento. In questi casi occorre rovesciare completamente le carte in tavola. Servirsi insomma della temperanza stessa per dannarli.

La temperanza come virtù è equilibrio. Ma spesso nel mondo umano è intesa invece come astenersi da tutto ciò che di animale una persona possiede, rifiutare ciò che dà piacere al corpo. Come mai questo accade? E’ chiaro, perché glielo abbiamo suggerito noi.

Il Nemico ha fatto anche il corpo dell’uomo, non solo la sua anima. Se spesso i nostri ospiti scendono quaggiù a causa della corporeità, altrettanto vantaggioso per noi è quando rifiutano proprio quella carne con cui sono stati creati.

Le passioni sono troppo forti? Eliminiamole del tutto, suggeriamo alle menti. Ma quello che fa di un uomo un essere umano è proprio il desiderare.
Un uomo senza passioni è un cadavere animato, persino la sua anima è secca e polverosa. In realtà una passione ce l’ha: l’eliminazione di ogni desiderio. Ogni desiderio, capite? Quindi anche quello per il Nemico-che-sta-lassù.

Il Nemico si serve delle passioni per condurre a sé le anime. Se il temperante le rifugge si taglia fuori anche da tutto ciò che potrebbe portarlo verso il Nemico, che il Nemico stesso ha posto sul suo cammino. Il temperante alla nostra maniera si astiene da ogni cosa, ma non si ricorda più perché dovrebbe farlo. La sua diventa un’ostinazione, una moda, e se anche con le labbra invoca il Nemico lo fa con un cuore svuotato.

Questi sciocchi vogliono guadagnarsi il Cielo rifuggendo la carne, quando il Nemico si è fatto carne per loro.

Il loro desiderio è la mancanza di desideri, la loro passione mancanza di passioni. Non desiderano una pienezza, ma il nulla. E noi, volentieri, glielo diamo.

La strada è giusta, ma la direzione sbagliata. Invece di partire dall’amore del Nemico e per questo respingere ciò che può da questo allontanarlo, odiano ogni cosa sperando che questo possa far loro trovare quello che cercano. Invece di astenersi “per” qualcosa, questi nostri figli spirituali si astengono “contro”.
E ogni “contro” è roba nostra!

Il passo successivo è fare sì che queste anime magre ribaltino la loro aridità sugli altri. Ah, le leghe della temperanza! Quanto amo questi eccessi! Credo che abbiano contribuito di più queste associazioni di spiriti secchi a fare odiare il Nemico di tutta la propaganda atea dei nostri burattini.
Ci pensate al paradosso? Ci sono stati umani che, in nome del Nemico, volevano proibire quella stessa bevanda che diventa il sangue di suo figlio. Uno dei nostri risultati più eclatanti. Non per vantarmi, ma quando l’ho raccontato a Sua Eccellenza Infernale ha riso per un mese.

Ah, che godimento eccitare in loro questo spirito eroico che fa pensare che la salvezza sia tutto uno sforzo che occorre compiere. A questi asceti casalinghi abbiamo fatto dimenticare che è una mano dall’alto che li salva dall’essere divorati da noi per l’eternità. Invece si affidano solo alla loro resistenza, alla loro temperanza. Duri, ma mica tanto puri. Sono infelici, e l’infelicità è a un passo da quella negazione che è il biglietto d’entrata ai nostri bagni di pece.

Ah! Dolce anoressia! Tolto il desiderio del Nemico, la temperanza diventa un fatto del tutto corporeo. La Quaresima si fa per dimagrire. Abbiamo sostituito la temperanza del cibo con una dieta, il temperarsi nel bere con il mandare giù una bevanda zero calorie, il temperarsi nel sesso con il non avere figli.
Senza rapporto con lo spirito oggi l’uomo temperante è il mediocre, colui che non trova gusto nell’esistenza e ha smesso di cercarlo. Guai ad alzare la voce ed il gomito, guai a dimostrare un guizzo di vita. Vite temperantissime ma senza scopo di uomini a cui abbiamo insegnato che ad alzare la testa, a volere l’impossibile è eccesso, è fondamentalismo, e forse anche reato. Uomini che non si offrono mai volontari, che non danno mai un giudizio per paura di uscir dai ranghi.

Concordo con voi; rispetto ai sapori forti che troviamo in altri dannati questi seguaci della mediocrità son davvero scipiti e senza gusto, così come erano in vita. Ma riempiono a frotte i nostri gironi, e in tempi di crisi non si deve essere troppo schizzinosi se si vuole mangiare. Non vogliamo fare dieta anche noi, vero?

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Come gli altri articoli della serie, anche questo è già stato pubblicato su La Croce

Dannate virtù – III – Uomini forti

Cari demoni miei, com’è bello vedervi anche oggi qui. Vogliosi di imparare come sia possibile ospitare i mortali virtuosi nelle nostre case d’accoglienza infernali. Come estimatore della buona tavola vi posso assicurare che pochi piaceri sono paragonabili a succhiare lentamente un’anima finita quaggiù praticando quelle che in vita pensava essere virtù. Questi dannati hanno un sapore forte, inconfondibile. E tra tutte le virtù cardinali, a mio parere, quella il cui gusto è più gradevole e persistente è

3 – La fortezza

Voi sapete che la fortezza è la capacità con cui un mortale resiste alle tentazioni e persegue il bene contro tutte le difficoltà. Contro un animo forte noi possiamo lanciare la pigrizia, la viltà, la paura; possiamo servirci, come abbiamo visto in precedenza, della virtù della Prudenza, alterandola opportunamente.

Tutte queste tecniche sono ampiamente sperimentate e danno ottimi risultati, ma il sapore distinto e caratteristico di cui vi dicevo prima, sommamente gradito ai nostri palati arcidiabolici, si ottiene non demolendo la fortezza, ma fortificandola ancora di più.

Pensate a un mortale che abbia paura dei ladri. Comprerà per l’ingresso di casa sua una porta blindata. Poi metterà due, tre, dieci serrature e catenacci. Le sbarre alle finestre. Allarme in ogni stanza, e anche perimetrale. Alzerà i muri esterni. Sopra ci metterà cocci di bottiglia, anzi, filo spinato. Elettrificato. Cani da guardia. Telecamere…

Alla fine, la sua dimora diventerà un fortilizio da cui non si vede cosa accade fuori. Al cui interno morirà disseccato e abbandonato perché non ha lasciato mai entrare nessuno. Tranne noi demoni, che nessun muro ha mai tenuto fuori perché siamo già dentro.

Credo che abbiate capito dove voglio arrivare. Ancora una volta alla virtù che sconfigge se stessa. All’uomo che resiste alle tentazioni perché non ne ha nessuna. Impermeabile a tutto quello che la vita offre. Che non sbaglia mai perché sta già sbagliando tutto. Pietrificato, chiuso dentro se stesso. Chiuso anche al Nemico-che-sta-lassù, a tutte le sue creature.

Qui, e parlo per i tentatori, occorre fare bene attenzione. E’ davvero sottile la distinzione tra un santo in clausura e la chiusura del dannato. Tutto consiste nella ragione per cui lo si fa, la direzione in cui fugge chi scappa dal male. Se la direzione è verso l’alto, allora aiuto! Più salgono e più vedono oltre le loro muraglie, il loro orizzonte si amplia, e poveri noi.
Se il forte però si fortifica non per amore, ma per timore nostro…la paura è qualcosa che conosciamo molto bene, e che amiamo.
Al sicuro dietro le porte serrate questi campioni si complimenteranno l’un l’altro per la loro fermezza, esercitandosi per una battaglia che non combatteranno mai. E’ inutile bussare, non apriranno. Troveranno ogni scusa per non rimuovere i chiavistelli. Custodiranno la loro fortezza di confine anche quando l’avversario li avrà oltrepassati e invaso il paese che avrebbero dovuto difendere.

Esiste poi un’alternativa per noi altrettanto succosa: quando i mortali dalla difesa passano all’attacco.

Quanto ci piacciono i giusti che si sostituiscono al Giudice. Ma ci entusiasmiamo ancora di più se brandiscono lo spadone del paladino e menano fendenti in nome del loro principio supremo preferito.
Vorrebbero affettare quanto secondo loro è male, e se la prendono con coloro che a loro parere lo incarnano.

Ma i loro colpi si limitano a ferire uomini come loro, non certo noi o il male che portiamo.
Ah, i cavalieri senza macchia e senza paura. I vendicatori, i supereroi, più forti di ogni essere umano.
E per questo inesistenti.

Si illudono di togliere il male distruggendo i malvagi. Non lo sanno quanto gioiamo quando uno di quelli che abbiamo corrotto viene spedito a noi? Sono i nostri martiri: senza pentimento, in peccato mortale, li accogliamo a braccia e bocche spalancate come si conviene a dei figli spirituali. E quando anche non si giunga a questi estremi, pochi argomenti sono così poco convincenti come quelli che i giusti e i forti cercano di imporre con le sberle, i divieti, il disprezzo o l’indifferenza.

Lo sappiamo bene: se c’è una cosa che può distaccare del tutto un’anima dal Nemico-che-sta-lassù è provare a inculcare a forza la sua legge. Tutto ciò che è imposto è estraneo, e l’estraneo che non ha amore viene sempre rifiutato. Persino quando ne fa le spese la felicità terrestre o eterna.

Il Nemico si serve della debolezza, lo sappiamo bene: non è mai così presente come quando noi facciamo inciampare qualcuno. E’ lì che cerca di rialzarlo e, se lo tira su, per noi è un guaio. Non possiamo quindi che essere grati a quegli uomini forti che si pigliano l’incarico di calpestare al posto nostro i caduti, per farli restare a terra.

Come un carrarmato vanno avanti per la loro strada. Schiacciando quanto trovano lungo il percorso, senza domandarsi se per caso la direzione sia quella sbagliata. Appena possono, sparano cannonate ai nemici e agli amici di ieri.

Se anche loro stessi cadono, questo non li trattiene dall’essere forti con gli altri. Se supplicati, non recedono: ascoltano solo ciò che vogliono, perché considerano il resto debolezza. I puri e duri parlano solo tra loro, e se uno di loro ha dubbi lo cacciano via dal consesso. E’ stato un debole! Non può più essere uno di noi!

Che ridicoli. Non si rendono conto di quanto deboli siano in confronto a noi demoni, i veri forti, esseri superiori che non sbagliano mai e per questo esiliati da un potere ostile qui in quest’inferno. Esiliati da un Nemico che ama farsi debole, e che perciò alla fine perderà contro noi perduti. E’ questo che dà tanto gusto a quegli umani: ci assomigliano, in fondo.

Pensano che l’essere forti voglia dire imporsi con la forza su tutto e tutti. Finirà che si vorranno imporre anche sul Nemico, dettare a lui e a tutti ciò che ritengono meglio. Non è quello che ha fatto anche nostro Padre che sta Quaggiù? A noi piacciano tanto gli imitatori. Quello è il sapore che preferiamo!

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Dannate virtù – II – Uomini giusti

Demoni e collaboratori demoniaci tutti, bentrovati in questa seconda puntata del nostro seminario specialistico sulle virtù. Oggi affronteremo la seconda virtù cardinale…ecco, vedo che alla parola cardinale un certo brusio eccitato si è diffuso tra il pubblico. Non fatevi trarre in inganno: non sto parlando dei collaboratori del Nemico-che-sta-lassù che ci hanno dato tante gioie e tante preoccupazioni in passato, ma di un termine che, nel linguaggio degli uomini, vuol dire “basilare”. Un tempo persino i bambini umani conoscevano a memoria l’elenco di queste virtù fondamentali: ora, anche tra noi se ne è quasi dimenticato il senso.
Mi fa piacere: vuol dire che abbiamo lavorato bene.

Oggi affronteremo la virtù cardinale forse più importante di tutte:

2- Giustizia

Se la Prudenza è la virtù che distingue tra il bene e il male, la Giustizia è comprendere e fare la volontà del Nemico. Capite, diavoli miei? Da farci arricciare la coda, quello che potrebbe accadere se i mortali si mettessero sul serio a praticarla. Ci si spaccano le corna, a sbattere contro un uomo che la usa davvero. Ma non preoccupatevi: abbiamo millenni di esperienza nella perversione di questa virtù. Abbiamo a disposizione i migliori avvocati, quaggiù, e negli ultimi secoli abbiamo sviscerato ogni strada per portare alla dannazione persino un uomo giusto.

Per prima cosa dovete riandare con la mente al fatto fondamentale: la mente umana è troppo piccola per comprendere da sola la ragione del Nemico e il governo che questa esercita sul mondo, che si chiama appunto Giustizia. Se lo è la mente, figurarsi il suo spirito. Il mortale potrà anche tentarci, ma non può riuscirci. Quindi ripiegherà su una approssimazione, cioè le regole.

Le regole in fatto di giustizia sulla Terra sono chiamate Leggi. Per quanto limitate, se rimanessero fedeli allo spirito del Nemico sarebbero pericolosissime. Sino dall’inizio abbiamo lavorato perché non sia così.
Abbiamo sibilato dentro le orecchie di ogni legislatore fin dall’alba del tempo. Perché attenersi ai dettami celesti, quando è tanto più comodo le leggi crearle in proprio? Forse che una legge fai-da-te è meno bella di quella scritta dentro ogni uomo? Beh, in realtà sì: ma questo non impedisce agli uomini di farsele lo stesso, e di farsele piacere.

Ecco dunque il primo trucco: far sì che la giustizia che gli uomini adoperano non sia quella del Nemico, ma quella decisa da loro. Saranno convinti di essere giusti, e in realtà seguiranno una simulacro fabbricato ad uso e consumo di creature come loro stessi.

Questo abbiamo ottenuto: uomini che si dicono giusti non perché praticano la giustizia, ma perché l’adorano; invece di esercitarla, sacrificano ad essa. Spesso con il tipo di sacrifici che a noi piacciono di più: quelli umani.

Non è difficile convincere coloro che fanno le leggi a seguire il loro vantaggio; ancor meno difficile far credere che le loro leggi siano le più giuste, persino quando si scontrano con la Giustizia del Nemico.
E’ legge dello Stato, diranno. O meglio: glielo faremo dire. Fino a quando si dimenticheranno di quando quella legge non c’era, e delle vere ragioni per cui è stata scritta. La volontà senza una ragione diventa arbitrio; si troveranno a esercitare un’ingiustizia tanto più tremenda quanto più rigorosa sarà la loro dedizione ad essa.
Tutto ciò ha un interessante corollario: pensando di essere nel giusto, si metteranno ad accusare il Nemico stesso di essere in realtà ingiusto. Ci pensate, il Nemico ingiusto! Li ha creati, ha dato ordine alla loro vita, ha promesso loro un giudizio di misericordia invece di ributtarli nel nulla dal quale li ha tirati fuori, e viene maledetto per i suoi giudizi! Giudicato dalle sue stesse creature, con il loro intelletto da formica! Ah, son soddisfazioni.

Il metro che usa il Nemico per giudicare le sue creature è esattamente lo stesso che la creatura ha utilizzato nei confronti degli altri. Dà loro quanto desiderano: se nel loro occhio c’è lo scintillio del boia, difficilmente troveranno lassù quella misericordia che loro stessi non hanno esercitato.

Di un tribunale così insopportabilmente diverso dal loro metro di giudizio piccino piccino negheranno la stessa esistenza. Non crederanno più al Giudice finale, perché non si adegua a loro.

Se lo schema che ho fin qui descritto non funziona, c’è quello speculare. Ovvero: attribuire al Nemico stesso le leggi umane.

Non è semplice, è un tipo di tentazione per demoni esperti. Ma quando riesce il risultato è spettacolare. Credendo di esaltare il Nemico, questo tipo di giusti esalteranno la loro stessa idea; credendo di fare il bene, faranno il nostro gioco. E non crediate che siano al sicuro dai nostri forconi perché non sanno quello che fanno. In fondo al loro cuore lo conoscono bene – è il Nemico stesso che si preoccupa di dirglielo. Ma cosa volete che sia un piccolo prurito di coscienza, quando si è convinti di essere assolutamente nel giusto? Otteniamo così un triplo effetto: ci guadagniamo l’anima dell’implacabile persecutore orgoglioso della propria giustizia e l’odio verso il Nemico di coloro che vengono perseguitati in suo nome. E, in aggiunta, tutto il dolore provocato. Che, come sapete, è seme di altro odio se non temperato da quella giustizia che noi stiamo demolendo.

Così, che sia l’imporsi dello Stato sul Nemico, su ciò che è, oppure l’innalzamento di false idee a Legge, il risultato è la rinuncia dell’uomo a ciò che è giusto in nome della giustizia. Trasformiamo la legalità in giustizia e otterremo per mezzo dei giusti l’inferno in terra.

Sappiamo che il Nemico riequilibrerà la vita degli uomini dove loro non vedono. Essi scorgono solo una faccia della sua giustizia, quella terrestre. La celeste, che mette ogni cosa al suo posto, è nascosta dove non possono arrivare mentre sono in vita. Quando la vedranno e capiranno, non avranno più così fretta a dichiarare il Nemico ingiusto; ma quel giorno saremo noi a reclamare Giustizia su di loro.

Si deve pur mangiare, no?

Pollaiolo,_giustizia

Dannate virtù – I – Uomini prudenti

Amici demoni e amici dei demoni, benvenuti a questo nostro corso avanzato di Guida alla Dannazione. I temi con cui ci cimenteremo sono più complessi e arditi rispetto a quelli fino ad ora trattati. Infatti, mentre fino a questo momento vi ho insegnato come rovesciare le migliori intenzioni degli uomini per condurli a condividere la nostra tavola, ora vi educherò alla perversione di quelle stesse intenzioni. E’ mia intenzione prendere una ad una le virtù che si suppone portino infallibilmente al Nemico-che-sta-Lassù e mostrarvi come si possa, con pochi suggerimenti diabolici, trasformarle in una scorciatoia per i nostri laghi di pece.

Le virtù dalle quali voglio partire sono quelle che vengono chiamate, dagli umani colti, cardinali. Ovvero, cardini di quello che i filosofi mortali indicavano essere una vita vera e degna. E’ chiaro: queste virtù arrivano direttamente dal Nemico, come tutto quello che ci ripugna. Se l’umano attingesse a quella fonte saremmo spacciati. Ma c’è quel vecchio difetto di progettazione: il mortale è costretto a metterci del suo. Qui possiamo intervenire noi.

I – Prudenza

Cominceremo dalla Prudenza. Chi è l’uomo prudente? E’ colui che esercita il discernimento. Distingue il male dal bene, il falso dal vero, e sceglie quest’ultimo.
Il tentatore comune potrebbe semplicemente reindirizzarlo verso le falsità. Ci può anche stare: esiste però un approccio più sofisticato che alla fine garantisce persino maggiori soddisfazioni.

La prudenza infatti chiede di fare una scelta. Quanto difficili sono le scelte per gli umani, con la loro vista limitata! Sono veramente creature penose e incomplete. L’importante per noi è che non scelgano il bene. La mancanza di bene è quello noi chiamiamo male.

Sarà quella la mia vera lei? Sarà quello il mio vero lui? Prudenza. Non impegniamoci troppo, potremmo sbagliare. Per sempre? Prudenza. Per sempre è troppo lungo. Stiamo insieme per un mesetto rinnovabile, poi si vedrà. Amore eterno? Prudenza, non leghiamoci. E così, di prudenza in prudenza, mireranno sempre più in basso, fino a fallire completamente il bersaglio.

La prudenza che non vuol dire scegliere bene, ma non scegliere affatto: quella è la prudenza che piace a noi. Quella della virtù diventa una scusa per non rischiare, per non mettersi in gioco, per non vivere.

Quelli stanno facendo il male? Stanno distruggendo ogni cosa buona? Prudenza. Potrebbero avere le loro ragioni. E poi non è prudente parlare troppo forte, esporsi. Potrebbe capitarci qualcosa di brutto.

La vulnerabilità dell’uomo prudente è nella paura. E’ la paura che dobbiamo instillare nei cuori. Paura di prendere decisioni. Paura che qualcosa vada storto. Paura di disturbare, di rompere, di giudicare, di giocarsi tutto. Prudenza, dovrete sussurrare agli orecchi degli indecisi. La prudenza è una virtù, suggerite sorridendo. Vuoi mica sbagliare? Tramite la prudenza ingigantite ogni dubbio, ogni perplessità. Sarà vero? Non sarà vero? Meglio rimandare, posporre, aspettare fino ad un momento più favorevole. Cioè mai.

Se i nostri vessilli – ce ne sono tanti, di ogni foggia e colore – sventolano sull’alto di mille edifici è perché abbiamo convinto tanti buoni ad essere prudenti invece di usare la Prudenza.

Invece di giudicare, preferiscono voltarsi dall’altra e attendere. Invece di invocare il Nemico che dia loro la Sapienza, vogliono usare la loro, che non è mai stata gran che. Buon per noi.

Se la Prudenza è una virtù, certo non vincola noi creature infernali. Noialtri non vogliamo averci niente a che fare. Quindi, all’arrembaggio: prendiamoci quello che non ci spetta. I nostri fedeli seguaci non si lasciano distrarre da perplessità e ripensamenti. Si deve afferrare il frutto quando è maturo, e se il caso anche abbattere la pianta. Noi non siamo prudenti: siamo astuti. I prudenti sono la nostra cena.

So che non è la vostra lettura preferita, ma sappiate che una volta il Figlio del Nemico ha parlato ai suoi discepoli di vergini prudenti. Delle ragazze che avevano previsto dei possibili problemi e si erano premunite: acquistando olio in più per le loro lampade.

Ma la saggezza delle vergini sagge non consiste nell’avere accumulato olio per lampade, quanto nell’esserselo portato dietro. Così come la stoltezza delle vergini stolte non è non avere olio, ma l’avere lasciato spegnere la lampada. Guai a voi se questo dovesse essere compreso! L’idea che dovete far passare è invece che quelle stolte erano tali perché non avevano acquistato abbastanza roba.

La prudenza, nel mondo moderno, è avere lo spazzolino da denti di riserva. Magari anche due o tre, nel caso di qualche strano incidente. E’ prudenza un buon conto in banca, una provvista di commestibili, una casa grande, un paio di servizi da tè, un set completo di piatti buoni nel caso venisse a cena il Presidente. E’ prudenza non fare figli perché ce la si vuole ancora godere, e poi vuoi farli venire in questo schifo di mondo? E’ prudenza avere due auto e cinque vestiti belli. E’ prudenza non dare la carità a quel povero, caso mai si affezioni. Se diamo, poi rimaniamo senza noi. Prudenza è conservare quello che si ha, e procurarsene altro. Non si sa mai.
Vi piacciono? Le ho suggerite io.

Vedete bene, cari aspiranti satanelli: ho trasformato l’uomo prudente, che sa bene giudicare e, quando lo fa, si impegna tutto senza lasciare indietro niente, in un avido accaparratore troppo impaurito del mondo per riuscire a vivere. Si riempirà la casa di idiozie, e si rifiuterà di fare alcunché che ritiene imprudente per paura di perderle.

Quando l’unico modo per possederle davvero, per avere davvero una vita, sarebbe perderle.

Spero di essere stato convincente. La Prudenza, che normalmente sarebbe per noi un veleno dei peggiori, può essere trasformata in preziosa alleata. E se qualche umano, leggendo queste righe, si domanderà dubbioso se la sua prudenza sia quella buona per il Cielo o per L’Inferno, bene! Massima prudenza nel decidere, figliolo. Prenditi il tuo tempo.

prudence
Anche queste dannate virtù le potete leggere prima su “La Croce