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Non è Vangelo – XXXIII – I Nuovi Vangeli

Cari collaboratori nella nostra impresa di rendere i Vangeli meno antichi, meno assoluti, meno fondamentalisti, insomma, meno, non vorrei che abbiate frainteso le ragioni per cui noi abbiamo intrapreso questo importantissimo compito.

Il nostro scopo non è, come qualcuno degli amichetti del Nemico che sta Lassù vorrebbe farvi credere, quello di sostituirci a lui al comando dell’Universo: e chi lo vuole, quel posto? Troppe grane: a noi non piace lavorare, tanto meno compiere lavori inutili, figurarsi assumere la gestione del Cosmo stesso. Troppo grande e dispendioso. Fosse per noi, un colpo di spugna e via.

E neanche lo scopo è la corruzione dell’Uomo. Chi se lo fila, l’Uomo? Il nostro è un passatempo, un modo per ammazzare l’eternità in modo piacevole piluccando i bocconcini che di lassù il Nemico ci ha messo gentilmente a disposizione. Perché preoccuparsene? Il mondo è già nostro;  l’umanità ha il destino segnato e non manca molto al momento in cui si consegnerà per intero al nostro trastullo. Presto cesserà una volta per tutta di divincolarsi.

No, in realtà la nostra impresa è dettata dalla nostra continua ricerca di perfezione, dall’odio insanabile per tutto ciò che si discosta dalla nostra magnifica ed esatta visione di come dovrebbero essere questo garbuglio di spazio e di tempo ed i suoi abitanti.
Non sopportiamo l’approssimazione con cui è stato gestito: ed il Vangelo stesso è l’esempio più concreto ed immediato di questa faciloneria nel fare le cose, caratteristica del Nemico e dei suoi incapaci lacchè.

Perché non poteva essere G stesso, il falegname palestinese, a dettarlo? Che bisogno c’era di chiamare un nugolo di scrittorucoli dalla prosa pessima e dal vocabolario scarso a narrare il proprio punto di vista? Avrebbe potuto assumere le migliori penne dell’epoca, avrebbe potuto evocarle dai sassi! E, se guardiamo bene, perché delegare? Avrebbe potuto mettere per iscritto lui stesso quanto voleva rendere eterno, invece di costringere quei poveretti a fare l’impossibile con tavole di cera e stili. Quantomeno, in nome della pietà, dotarli di matite o di computer.

Avrebbe potuto fare ancora di meglio. Credete che lassù manchino le stampanti? Se quello di cui c’era bisogno fosse stato un compendio della dottrina, avrebbe potuto comodamente farne una copia per ogni individuo della terra e recapitarglielo la mattina, appena alzato, di fianco al letto. Avrebbe potuto scolpirlo sulla luna, accanto alla sua faccia, in maniera che sarebbe bastato alzare lo sguardo per avercelo davanti, a ricordare che è vietato sbagliare.

Invece no. Quel bischero di falegname non scrive neanche una riga. Preferisce incontrare le persone una per una, come un venditore porta a porta qualunque, e lascia che lo prendano in giro e ridano di lui. Oh, noi non l‘avremmo mai permesso. Li avremmo annientati molto prima.

Il suo metodo, quindi, non è gestire le folle tramite un libro sul quale ci sia scritto ogni cosa. E’ incontrare gli essere umani singolarmente, se non personalmente, allora tramite i discepoli.

E’ per questo che noi facciamo di tutto per far passare l’idea che lui ha fondato una religione del libro, come altre ce ne sono. Perché in questo modo tagliamo le gambe alla sua idea, al suo disordine. Rendiamo inutile averlo incontrato.
E’ per questo che noi dobbiamo abbassare i Vangeli. Perché la necessità di quell’incontro sia cancellata anche da quelle pagine, e i sacerdoti del Nemico non diventino altro che i guardiani di una serie di regole.

Regole che, staccate dalla presenza della loro fonte, possiamo allargare o stringere, alzare od abbassare a nostro piacimento, proprio come fossero i fili di una marionetta a cui si fa interpretare la parte che si desidera.

Perché è importante quindi questa nostra attività, far fuori il libro? Perché è molto più semplice far dire quello che vogliamo ad una pagina scritta che ad un testimone di ciò che è vero. Perché se ai seguaci del falegname G che si credono seguaci di un libro noi togliamo quel libro, essi diventeranno seguaci del nulla, cioè di noi.
Oh, mica se ne accorgeranno subito. Riempiremo della nostra retorica superiore quelle pagine ora vergate con uno stile così pedestre. Gli episodietti edificanti, le figure strappalacrime – il cieco, la ragazzina morta, la prostituta piagnona – cesseranno di essere persone reali per diventare prima esempi e poi simboli, irreali per definizione. Ne inventeremo di nuovi: faremo incontrare a G questo o quello, inventandoci la sua reazione, facendogli dire e fare quello che mai avrebbe acconsentito in vita. Perché è questo il potere della scrittura: è morta, è un oggetto, e un oggetto morto non protesta quando lo manipoli.
Così la gente leggerà il nostro nuovo vangelo credendo che sia come quello vecchio, o quantomeno vi assomigli.

Poi, poco a poco, lo renderemo sempre più distante, modificandolo appena infinite volte, fino a quando gli faremo dire l’esatto opposto. Pensate che se ne renderanno conto? Oh, no, anzi: dovessero capitare per errore su quanto ha veramente detto G o i suoi più stretti discepoli lo rigetterebbero con orrore, perché sarebbe così diverso da quanto abbiamo fatto imparare loro che non potrebbero accettarlo.

Perciò, andate in tutto il mondo e predicate il nostro nuovo vangelo. Vi diamo ampi fondi per farlo, i finanziamenti non ci mancano. Predicherete che la felicità passa per la libertà assoluta, che nessun sacrificio è necessario perché tutto è dovuto e vi sarà dato, che la verità non esiste ed è un’invenzione del demonio che sta lassù. Asserirete che è G che ha detto così, e se qualcuno vi chiede “dove”, presenterete le omelie dei nostri cappellani. Se dovessero osservarvi che non sono parole sue, obietterete che però avrebbe potuto dirle; non fossero ancora convinti, insultateli e colpiteli prima che contagino con i loro dubbi la brava gente che crede in noi.

E’ una tattica vincente; e non preoccupatevi per il futuro, perché quando la religione di G sarà indistinguibile da quella che il mondo predica, esse diventeranno una cosa sola. Allora anche i Nuovi Vangeli diverranno inutili. Nessuno li leggerà, perché la sola legge sarà la nostra. Preparatevi.
Ci siamo quasi.

Non è Vangelo – XXXII – Ma che ci frega, ma che ci importa

Cari nemici dei Vangeli, anche oggi discuteremo del modo migliore per rimuovere dalla faccia del nostro mondo quei nefasti libretti.
Dobbiamo essere realisti: dato che, nonostante tutti i nostri sforzi, sono stati scritti e diffusi, è inutile illudersi che possano essere cancellati. Oh, ci abbiamo provato. Più li distruggevamo più rispuntavano, come accade quando tentano di estirpare i mali che seminiamo: quello che è proibito diventa appetibile più di prima. Nel nostro caso il motore è la voglia di trasgredire, che non basta mai; nel caso dei Vangeli, l’inesplicabile fascino che il contenuto di quelle pagine esercita persino sulle anime marce dei nostri protetti, e le fanno apparire indecentemente desiderabili.

Se li vogliamo sul serio eliminare, la strada da seguire non è quella della forza, ma quella dell’insignificanza. Se li faremo apparire inutili, noiosi, antiquati chi mai vorrà perdere tempo a cercarli ed utilizzarli?
Per ottenere questo risultato dobbiamo per prima cosa indottrinare per benino quelli che sono i principali diffusori di quelle orrende pagine. Sì, parroci, catechisti, quella gente lì. Ogni volta che uno di loro prende le pagine di quei libretti e ne propina al pubblico la sua versione personale, la sua spiegazione edulcorata, la sua rielaborazione privata, asserisce che sono troppo difficili da capire per il volgo. Sta di fatto facendo il nostro gioco! Sta convincendo la gente di essere in presenza di vicende cervellotiche e complicate, che non si comprendono senza cultura teologica superiore. Ogni volta che, invece di partire dal Vangelo, un sacerdote si mette a declamare nell’omelia un tema di sua scelta, magari preso dalla prima pagina del nostro quotidiano preferito oppure udito da una nostra televisione, allontana un poco di più il pensiero di G, il falegname palestinese, da quello della gente.

Falegname che, badate bene, ci ha messo del suo. Sì, d’accordo, le parabole: così semplici che non siamo mai riusciti a trovare un modo funzionante per fare dire loro quello che a nostro giudizio dovrebbero. Ma G non ha sempre parlato con quelle favolette: talvolta ha detto le cose direttamente, ed è proprio in quelle circostanze che si è inimicato la gente. Come quando aveva dato da mangiare a tutta quella folla con pani e pesci, e volevano farlo re. Ha asserito che se non avessero mangiato la sua carne e bevuto il suo sangue non avrebbero avuto parte con lui. Che avreste fatto voi? Avreste pensato; questo è un cannibale, è pazzo, si è rincoglionito. A meno che, naturalmente, non aveste trascorso del tempo con lui vedendo quello che faceva e ascoltando quello che diceva. Come poteva uno che parlava con tanta chiarezza e autorità fare un simile passo falso? Come crederlo un illuso, un impostore, un folle? Allora i conti non vi sarebbero tornati, avreste capito che intendeva qualcosa di differente dal significato immediato, e sareste restati come gli apostoli, dicendo con Pietro: se andiamo via da te, da chi andremo? Solo tu hai parole che spiegano la vita.

Ma, cari miei, G non c’è più, a meno che non diate retta a quella favoletta dell’eucarestia. Quello che intendeva lo si può comprendere solo dai suoi discepoli. Ma se questi lo abbandonano, se questi non credono più nemmeno loro a quel miracolo continuo  e preferiscono parlare di tutt’altro… oh, magari anche bello e importante, sociale e culturale e via andare… cari miei, il Vangelo e colui del quale parla sono morti, perduti, e di loro non frega niente a nessuno.

Perciò, figlioli dell’abisso, capite la nostra missione? Parlare di pietà, parlare di morale, parlare di solidarietà e persino di misericordia, ma senza mai nominare la loro fonte. Dare l’illusione che siano qualità umane, garantite, ineluttabilmente acquisite. Che tutte le condividano. Senza mai nominare la loro fonte. E parlare solo di quelle, ed agire solo con quelle, senza, l’avrete capito, mai nominare la loro fonte.

Vi garantisco che nel giro di pochissimo quei librettini di cui sopra saranno dimenticati, perché cominceranno a dare fastidio. Non appariranno più così aggiornati, anzi, saranno obsoleti rispetto ai nuovi catechismi che noi avremo cura di elaborare basandoci sulle nostre idee. Quando entreranno in conflitto con le nuove regole, il vincitore sarà chiaro: il valore più aggiornato, più moderno, più vicino a quello che stampa, televisione, cinema e quant’altro dicono sia vero. Verrà il giorno, ve lo dico io, che i Vangeli saranno vietati nelle stesse chiese, almeno nelle loro parti più fastidiose.

Poi, è chiaro, ci si servirà della pietà per ammazzare i deboli, la solidarietà servirà a derubare finanziando solo ciò che ci interessa, la morale sarà utile per abbattere tutti quanti tentano di dissentire. Vorrete mica lasciar parlare quel fascio-omofobo cattolico, vero? Sarebbe contro la democrazia, contro la libertà, si faccia tacere. E’ una questione di misericordia. Diamogliela, e taccia per sempre.

Capite, miei cari maledetti? Se la risposta a “volete andarvene anche voi” sarà “e perché dovremmo rimanere?”, e questa replica riposerà su mille omelie insignificanti, diecimila appelli a volersi bene e nessun dio, allora la vittoria sarà nostra.

La colpa, chiaramente, sarà proprio di G. Avrebbe potuto legare i suoi discepoli a sé con promesse di salute, di ricchezza, di ogni tipo di piacere e goduria a spese degli altri come facciamo noi. I nostri discepoli ci sono fedeli finché agitiamo davanti a loro quelle illusioni di promesse che non abbiamo nessuna intenzione di mantenere. I suoi invece li ha lasciati liberi, ed ecco il risultato. Nutrirli con il proprio corpo e il proprio sangue, che assurdità. Come si può pretendere che leggano ancora di queste baggianate, quando  ci sono mille film, diecimila serie e un milione di video musicali molto più interessanti? Quando i suoi parlano del mondo al mondo, senza mai nominare ciò che mondo non è? Né il sopramondo, né il sottomondo, che siamo noi. Ma noi non ci offendiamo per questo, anzi. Ci conosceranno poi.

Non è Vangelo – XXXI – SìSìNoNoMaMa

Cari confratelli nella mancanza di fede, anche oggi ci occuperemo di dileggiare un pochino quei libretti presuntuosi e inutili noti come Vangeli. Non che di loro ci importi molto: a noi demoni piace il fumo più che l’arrosto.

Noi siamo più per il vedo-non vedo, per le trasparenze che nascondono, non tanto per il sì e per il no quanto per il ma. Le pagine che narrano le vicende di quel falegname palestinese che noi chiamiamo “G” sono troppo definite per i nostri gusti. Non lasciano spazio a dubbi, non supportano l’incertezza, non permettono tutti quegli equivoci che sono la nostra vera passione.

E’ una leggenda, infatti, che noi propendiamo per il male: noi preferiamo non schierarci, soprattutto non schierarci per ciò che chiamano bene. Quello davvero non lo sopportiamo: con la sua idea netta di come vanno fatte o non fatte le cose, e quella pretesa di essere addirittura la verità. Come se questa potesse essere qualcosa di diverso da ciò che noi vogliamo.

Perché poi la verità sarebbe da preferire alla menzogna? Ditemi una sola ragione. E’ vero o non è vero che i momenti più goduriosi della vostra vita sono stati almeno in parte dovuti ad una bugia? No, non mentite con noi: noi eravamo là, quindi lo sappiamo perfettamente.

Se quindi qualche piccola menzogna, qualche minuscola omissione aiutano a vivere meglio, perché non alzare il tiro? Pensate quanto sarebbe meglio se la verità fosse bandita una volta per tutte dalle vostre vite. Non più obblighi da mantenere, non più apparenze: voi diventate la vostra maschera, siete sinceramente ingannevoli.

Sai che noia a dire sempre e solo sìsì, nono. Nessuna inventiva. Con qualcosina in più, invece, il discorso diviene molto più variegato, Si può dire e non dire, accennare senza significare, anche lasciar capire non pronunciando affatto. Se per caso le circostanze cambiassero, ecco che anche l’interpretazione delle vostre parole muterà, e voi potrete negare con successo di avere mai inteso dire quello che lasciavate ad intendere. La doppiezza è una dote, la principale per l’uomo di mondo.

Pensate come potrebbe diventare interessante la vostra vita  servendo due padroni: doppio stipendio, doppie ferie, doppia tredicesima. Anche doppia fatica, voi direte; ma no, nessuna! Risponderò io: basterà essere sempre dall’altra parte quando c’è qualcosa da fare.
Se pensate che sia complicato vi sbagliate. Non faccio nomi, ma non immaginereste neanche quanti siano nei libri paga sia del Nemico-che-sta-lassù sia nel nostro quaggiù. Beh, non è che lassù non lo sappiano, ma lasciano fare. Piuttosto che spegnere il lucignolo fumigante quello là in alto preferisce lasciar bruciare tutta la sua baracca. A noi sta bene così: quanto fumo aromatico si sprigiona ultimamente da quei palazzi che pomposamente qualcuno definisce sacri.

Anche se, ad onor del vero (e detto da me è tutto dire), non è che nei tempi passati la caligine fosse meno densa. I successori del pescatore galileo hanno sempre mantenuto la tradizione di famiglia, accogliendo tra loro un buon numero di nostri sfegatati sostenitori opportunamente mimetizzati. In fondo, se G ha scelto Giuda, chi siamo noi per giudicare?

Mettendo una mano sul cuore, devo dire che noi li capiamo. Sì, loro vogliono fare opera di misericordia, vogliono praticare la carità, devono mantenere le persone bisognose: ma come potrebbero farlo, se si inimicassero i potenti? Come riuscirebbero a esercitare la bontà se dicessero la verità in faccia ai peccatori? Se venissero da voi a buttarvi in faccia i vostri misfatti, li ascoltereste? Li caccereste via appena cominciano ad elencarvi le vostre magagne, quei presuntuosi. Come si permettono di dirvi come dovreste vivere? Ci provino loro, se proprio ci tengono!
No, ascoltate me: se proprio volete seguire appieno i Vangeli dovete additare solo i peccati che sono più semplici da esecrare, condannare solo coloro che sono già condannati e le persone in disgrazia o fastidiose. Loro sono già perdute, non vale neanche la pena di provarci a cambiarle.
Mafiosi, trafficanti e ladri acclarati, purché poveri e lontani, vanno benissimo per esercitare il giudizio. Anche i politici della parte avversa sono imperdonabili. Come del resto ognuno di quei rigidi bacchettoni che pretendono di seguire quel che pensano giusto o tradizionale. Nessuna pietà per loro.

Per le altre persone, non è meglio che vi siano amiche? Bisogna comprendere le loro difficoltà, essere di mente aperta sui loro cosiddetti peccati. Se devono sforzarsi di capire precetti astrusi vi lasceranno. Semplificate, omettete ciò che è complicato da seguire, e ne farete vostri autentici fedeli.

E’ troppo difficile agire secondo verità, dovete rendervene conto. Se non tutti ci riescono, che razza di legge è? Diventa un’imposizione antidemocratica, un proposito insopportabile a cui nessuno con la testa a posto acconsentirebbe. Ovvio che poi ci sono pochi fedeli e le chiese sono vuote: chi farebbe mai del bene se c’è da rimetterci?

Date a Cesare quel che è di Cesare, non di solo pane vive l’uomo, sono frasi bellissime purché non vi venga in mente di completarle. In tal caso diverrebbero indigeste a chiunque: e la gente indigesta noi diavoli non riusciamo proprio a mandarla giù.

Togliendo ogni riferimento al  Nemico-che-sta-lassù anche i Vangeli diventano leggibili: le vicende di un predicatore carismatico anche se un po’ tonto e pretenzioso, una morale da seguire ritoccandola appena per adattarla di volta in volta al mondo che cambia. Perché occorre evolversi, aggiornarsi: sì, va bene quello che c’è scritto e no, non vogliamo dire che sia sbagliato, ma non ha senso pretendere che le cose non siano cambiate in duemila anni; adesso abbiamo internet, i satelliti, le automobili, il cellulare.

Dire che il cuore dell’uomo sia rimasto lo stesso, che il divorzio e l’aborto e l’omicidio e il furto siano gli stessi di allora è un artificio retorico che ci lascia indifferenti. Sì, può darsi; no, non è un problema; ma in ogni caso noi demoni sappiamo bene come renderlo nostro…

Non è Vangelo – XXX – Signori, si cambia

Cari disistimatori dei libricini volgari e supponenti noti come Vangeli, vi chiedo scusa per la pausa nei nostri lavori tesi a delegittimare una volta per tutte quelle paginette. Sono state settimane di fuoco: il lavoro è molto e il raccolto abbondante, tanto che quasi non sappiamo più dove mettere tutte le anime che ci arrivano in continuazione da ogni parte del mondo. Possiamo dire con tutta tranquillità che ormai è solo questione di tempo perché l’intera messe di mortali giunga direttamente qui sotto da noi. E il merito, lo diciamo con orgoglio, è in gran parte nostro.

Sì, perché noi abbiamo lavorato duramente per ridefinire e attualizzare quegli antichi racconti, in modo da renderli più facilmente comprensibili alle orecchie e alle sensibilità degli uomini contemporanei. E’ stato un lavoro durato anni, e che continua tuttora: ma possiamo dire che il grosso ormai è fatto.
Certo, sappiamo che esistono ancora alcuni chierici di altri tempi, certi relitti del passato si ostinano a pensare alla dottrina cristiana come qualcosa di immutabile, persino suggerita dall’alto: ma è solo questione di tempo prima che i nostri dottori, della legge o del corpo, abbiano la meglio su di loro.

Le ere cambiano, e quella dei Vangeli è un’era chiusa, passata, obsoleta, come quella dei dinosauri. Tutte le risibili convinzioni che quegli irriducibili nostalgici si ostinano a portare avanti vanno riviste dove possibile, eliminate altrimenti. Come potrebbe altrimenti la gente capirle? Come potrebbe praticarle, in un mondo così diverso da quello in cui G, il falegname palestinese fallito, predicava?

Prendete ad esempio tutta quella storia sull’adulterio. E così uno che guardasse una donna con desiderio avrebbe già commesso adulterio nel suo cuore? Ma andiamo, non c’è più nessuno in questo secolo che crede una cosa del genere. A quei tempi non avevano internet, non avevano le riviste, la televisione, il cinema. Va bene, allora si divorziava e si andava per bordelli anche più di oggi, ma erano libertinismi inconsapevoli, non c’era ancora una morale sviluppata. Adesso che c’è, possiamo rifiutarla consapevolmente.
Oggi si è molto più liberi e razionali, adesso le porcherie si fanno con molta più coscienza e conoscenza tecnica di allora. Psicologi, dottori, filosofi hanno ormai stabilito scien-ti-fi-ca-men-te senza ombra di dubbio che tradire fa bene, irrora di sangue il cervello e altri organi, raffina l’astuzia, facilita la vita di coppia e anche di triangolo, quadrupletta e via andare. Il peccato, per noi, sarebbe limitarsi al solo pensiero. Se all’epoca dei romani questo tipo di approccio era pericoloso per via della possibilità di piccoli fastidi indesiderati, oggigiorno tutto ciò è superato: se allora si gettavano via i bambini appena nati, adesso non è necessario aspettare: si può fare in ogni momento. La chimica e la medicina hanno fatto enormi progressi nella soppressione della vita: approfittatene!

Anche “adulterio” è una parola che non ha più senso. Noi pensiamo che il modo migliore di evitarlo sia non sposarsi del tutto, approccio che ormai è condiviso dalla maggioranza delle persone. Perché impegnarsi con qualcuno che sai già un giorno ti potrebbe venire a noia? E’ meglio anticipare il litigio e separarsi senza essersi uniti realmente – carne a parte, ovviamente. Tanto, perché aspettare, attendere cosa? La ragazza e il ragazzo che dal giorno in cui si sono messi insieme non siano ancora finiti a letto insieme sono sospetti, probabilmente hanno qualche disfunzione sessuale. E dopo essere finiti a letto insieme, che resta ancora da fare?

Il linguaggio evangelico è decisamente troppo duro per le orecchie sensibili che gli uomini hanno sviluppato. Meglio cavarsi un occhio, meglio tagliarsi una mano che assecondarli nel peccato? Assurdo. Intanto l’inferno non è così spiacevole, parola di uno che ci abita: e poi, non avete mai sentito la parola misericordia? Potete fare quello che volete, ogni possibile perversione, peggio è meglio è: tanto c’è la misericordia. La misericordia è qualcosa di automatico: non dovete preoccuparvene. Mortali, state sicuri, non vale neanche la pena di pensarci. Siate duri e malvagi, egoisti e pretenziosi quanto volete, con i vostri partner: c’è la misericordia. E se qualcuno vi dicesse che dovreste evitare i peccati, deridetelo per la sua durezza di cuore, per la sua mancanza di comprensione, per il suo mancato riallineamento al nostro nuovo modo di intendere quelle vecchie parole. E’ un fariseo, un fondamentalista, e come tale va trattato: emarginato senza nessuna pietà, messo in condizione di non nuocere per rispetto di coloro che invece hanno capito tutto.

Forse qualcuno potrebbe azzardare che si tratta innanzitutto di capire chi ami: e noi non possiamo fare a meno di dire che non solo chi, ma quanti: più ne ami meglio è, e più di tutto ama te. Perché nessun amore è brutto, e quindi bisogna diffondere l’amore, anche con la forza se è necessario. Perché anche questa è misericordia: come la democrazia, la bellezza dolcissima di abusare del proprio corpo e di quello altrui va diffusa con ogni mezzo a tutti quanti, insegnata fin dalla più tenera età in modo che, da adulti, non si posa più dubitare che l’unico modo di rapportarsi con l’altro è usare di lui, per il piacere o per il potere, oppure ambedue le cose insieme. Perché resistere all’inevitabile?

Perciò, rassicuratevi: G, il falegname, non ha mai inteso veramente proibire l’adulterio o il divorzio: erano modi di dire, frasi senza fondamento che poi i suoi discepoli, rigidi bacchettoni, hanno interpretato in maniera sbagliata. Meno male che noi, i veri interpreti del pensiero evangelico originale, abbiamo provveduto a rettificare quelle interpretazioni  erronee e ristabilire il primato dell’amore.
Avete ancora quella pagina del Vangelo? Bene, tirateci una riga sopra. Anzi, perché no: buttate tutto il libretto. A che vi serve? La nuova era è iniziata: non serve più la parola scritta, adesso ci sono i video.
E sì, rallegratevi: sono parecchio espliciti.

Non è Vangelo – XXIX – Buoni, buonissimi

Cari estimatori dei Vangeli, siete i benvenuti qui. Mi auguro infatti che, dopo avere letto queste righe, possiate cambiare idea e diventiate anche voi, come noi, gente che disprezza profondamente quei libercoli fuori moda colmi di idee inapplicabili e reazionarie.

Se non lo farete vi pentirete: non è una minaccia, è una constatazione.

Un esempio degli strani ragionamenti che si possono trovare all’interno di quelle pagine è l’affermazione che l’essere umano sia cattivo. Prendiamo l’esempio di una frase che “G”, il falegname con tendenze messianiche di cui discettano i testi di cui parliamo, biascica ai suoi ascoltatori:
Chi tra di voi al figlio che gli chiede un pane darà una pietra? O se gli chiede un pesce, darà una serpe? Se voi dunque che siete cattivi sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro che è nei cieli darà cose buone a quelli che gliele domandano!”

Possiamo tutti vedere come queste affermazioni siano parecchio erronee sotto diversi punti di vista, e depongano a sfavore dell’intelligenza del cosiddetto “salvatore”.

Prima di tutto, dove lo trovate un figlio che chiede del pane? Manco più nelle favole. I ragazzi di oggi chiedono patatine, il telefonino, la Playstation. Male che vada dei contanti per potersi comprare cosa vogliono, droga o alcolici. Siamo proprio fuori dal mondo.
E la risposta del genitore, poi, perché mai dovrebbe essere una cosa buona? Pur di levarselo dalle scatole un padre ormai è disposto a dare qualsiasi sozzeria al proprio figlio. Dovete capire che oggi i bambini, quei pochi che restano, si possono comprare, come gli oggetti; che amore si può avere per un oggetto? Anche quando arrivano in modo diciamo naturale i pargoli sono più spesso un incidente che un atto di amore, e comunque sono lasciati liberi di compiere qualsiasi perversione in nome della libertà.
C’è poi un requisito. Per dare delle cose buone ai propri figli bisognerebbe prima avere capito cosa si intende con buono; ma ormai abbiamo tanto mischiato le carte in tavola che il concetto risulta incomprensibile ai più. Buoni i fast food e i videogiochi più estremi, buoni alcol e il sesso, buoni farsi le proprie esperienze e lasciare l’educazione dei bambini in mano ad altri. Oh, noi non ci possiamo lamentare: questi progetti dei parenti sulla propria prole spesso coincidono con i nostri.

Di fronte a queste cose, perché mai il Nemico-che-sta-lassù dovrebbe concedere qualcosa a qualcuno? Se prendesse esempio da quanto fanno le sue creature, se li ripagasse con la stessa moneta (come sarebbe auspicabile), dovrebbe fregarsene completamente di loro; oppure dovrebbe riciclare questo mondo in qualcosa di più affidabile, che so, un parcheggio coperto.
C’è da dire che il vecchio là in alto è strambo forte. Capacissimo di esaudire persino le preghiere, pur di opporsi a noi.

Ma il concetto più risibile della frase da cui siamo partiti, l’abbiamo detto, è che l’uomo sia cattivo. Questo imprudente personaggio che parla dovrebbe fare mea culpa e rimangiarsi questa follia.

L’uomo è buono per natura, noi sosteniamo. Il male non esiste, è solo una fake news, un argomento fasullo per incolpare noi demoni di tutte le magagne del mondo. Si cerca di gettare la colpa addosso a noialtri diavoli quando è certo che invece essa giunge dalla situazione geopolitica, dal capitalismo, dall’imperialismo, dai padroni, oppure dai comunisti, dagli ebrei, dai fascisti o dai cristiani. Se qualcosa accade di sgradevole è certamente colpa di questi o di altri ancora: della società o di quegli individui così stolti da rifiutarsi di riconoscere che noi abbiamo sempre ragione. Certamente, sono anche loro liberi di esprimere la loro opinione, ma in privato. In realtà, se si potessero eliminare questi contestatori, dato che l’uomo è buono sicuramente giungerebbe la felicità per tutti.

Perciò i buoni di questo si dovrebbero occupare: eliminare senza pietà i cattivi, dopo averli attentamente individuati. Come fare a capire chi sono? Semplice: coloro che si oppongono a quanto diciamo.
Siccome siamo buoni, a quei pervertiti si deve dare l’opportunità di ritrattare, fare mea culpa, adeguarsi al nostro verbo. Festeggiare con noi il futuro felice e progressivo dell’umanità, quando rimossi l’ostacolo della loro esistenza ci rotoleremo in un’orgia continua nei nostri piaceri più segreti.
Non dovessero farlo, a malincuore li rinchiuderemo da qualche parte o, per il loro stesso bene,  li elimineremo. Tanto sono irrecuperabili. E poi il Nemico si prenderà i suoi.

Vedete, il problema vero è che il Nemico-che-sta-Lassù non ha veramente fiducia nella sua stessa creazione. Lui continua a ripetersi di avere fatto ogni cosa buona e giusta, ma non ci crede fino in fondo. Ne ha ben donde: non appena abbiamo messo alla prova le sue creature, non appena li abbiamo tentati solo un pochino, ecco che si sono subito allontanati dalla bontà perfetta, cioè, come afferma orgogliosamente, da lui stesso.

Oh, ha voglia ad accusarci di essere stati noi a corromperli: se non li avesse fatti difettosi, se non avesse lasciato loro la libertà, noi non saremmo riusciti a fare proprio niente. Per nascondere i suoi errori progettuali ecco che tira in ballo noi. Se sono cattivi, è perché avevano la possibilità di esserlo fin dall’inizio; e se avevano la possibilità di esserlo, è ovvio che è stato il tutto-buono lassù a volerli così.

Non volevi che si allontanassero da te? Legali per bene, rendili degli schiavi che ti dicono sempre sì: vedrai che dopo non avrai niente di cui lamentarti.

Per cui non è vero che gli uomini sono cattivi, se li ha fatti lui. Se asserisce che non rientrano nella definizione, noi siamo più che disposti a progettare e realizzare per conto suo un sistema perfetto in cui non sarà più necessario essere buoni. Ci avesse pensato prima avrebbe potuto anche evitare di incarnarsi e mettere su tutto quel baraccone descritto in quei Vangeli di cui stiamo discutendo. Sarebbe stato molto più semplice. Noi a quel progetto ci stiamo lavorando, comunque. Contribuite, votate per noi.

Spero di avere smentito a sufficienza la menzogna di G. Cattivo? L’uomo è buono, buonissimo. Ve lo posso giurare: non mi nutro d’altro.

Non è Vangelo – XXVIIII – Segreti di Stato

Per quanto inutili e pericolosi siano quei libretti che gli esseri umani conoscono come Vangeli, ciò nonostante noi demoni non siamo del tutto contrari ad essi. Essi riescono a fornirci sempre nuovi spunti su come attaccare il nostro Nemico giurato, quello che-sta-lassù; in fondo, non è conoscere ciò che dicono che è dannoso, ma metterlo in pratica.

Non c’è nostro maggiore alleato dell’uomo di Chiesa che crede di sapere tutto delle cosiddette Sacre Scritture ma segue solo ciò che gli fa comodo. Che coincide, di norma, con ciò che fa comodo a noi. Perché tutto ciò che va in direzione diversa da quanto spiegato da G, il falegname giudeo, a noi sta proprio bene. No, non saltate subito alle conclusioni. Questa predilezione non è per noi stessi. Noi abbiamo molto a cuore il destino ultimo degli esseri umani. E’ su di essi che si basa la nostra sussistenza, il nostro vitto potremmo quasi dire. Pensate forse che noi godiamo a tormentare le anime? Se sì, avete ragione, è il nostro godimento maggiore, perché ogni sofferenza che infliggiamo torna moltiplicata mille volte al loro odioso creatore. Quando gli uomini non fanno quanto lui suggerisce loro, il Nemico-che-sta-lassù è ferito ed umiliato.
Se chi ami soffre, tu soffri con lui. E’ questo il segreto del nostro successo, è per questo che è così bello essere demoni: noi non soffriamo mai.

G invece era un debole. Proprio per questo motivo deve essere evitato il più possibile, lui e il suo messaggio. Un personaggio ambiguo, che non si sa bene da dove provenga, ma che nella sua breve vita è riuscito ad inimicarsi la maggioranza di quelli che l’hanno incontrato. Nessuna meraviglia che sia finito come è finito.
Era un buffone, inadatto al ruolo che cercava di ottenere. Messia, salvatore del suo popolo? Ma quando mai! Manco è riuscito a salvare se stesso. Figurarsi se avrebbe potuto guidare un esercito vittorioso, o una nazione. Ci vuole fegato, per quello; indifferenza al destino altrui, coscienza che occorre sacrificare gli altri per ottenere il proprio scopo. G era un pappamolla, senza astuzia; si è mai visto un politico che rifiuti di occupare un posto d’oro come re della sua terra?  Colui che vuole il potere deve prima di tutto desiderarlo, ed essere disposto a qualsiasi bassezza per acquistarlo e tenerlo. Deve sapere difendere i suoi segreti, e quelli della fazione alla quale appartiene. Questo G invece che fa? Spiattella tutto in giro senza nessun  ritegno.

Prendiamo ad esempio il caso di quei due pellegrini che ritornano ad Emmaus dopo essersi sollazzati assistendo all’esecuzione di G sulla croce. Il Vangelo racconta di come vengano raggiunti da qualcuno che, si afferma, sia G stesso travestito. Il fatto che non l’abbiano riconosciuto dimostra come questa coppia di viaggiatori non avessero grande capacità di osservazione. G, senza dubbio offeso per questa loro mancanza di comprensione, decide di giocare loro uno scherzetto, alimentato dalla sua vena sadica.
Finge infatti ignoranza di quello che è accaduto a Gerusalemme, e si fa raccontare dai due allocchi i fatti successi. E poi accade l’incredibile. Comincia a spiattellare tutto! Tutti i suoi segreti! A due sconosciuti, che potevano essere chissà chi!

Vedete bene: un tizio del genere è inaffidabile. Noi esseri superiori dobbiamo restare sempre ben sopra i semplici umani. Cosa ne possono sapere, loro, di cosa significa essere immortali? Loro sono naufraghi del tempo, vivono pochi giorni come gli insetti. Sono fatti di carne: niente di più lontano dai puri spiriti che noi siamo. Avere rivelato a delle creature del genere i dettagli più nascosti del nostro ordine di vita si configura come tradimento.

Tutta la vita terrena di G è un attacco diretto alla sacralità dello spirito, uno svillaneggiare entità tanto superiori all’uomo quanto gli umani sono sopra le formiche. Se conoscete l’assoluta discrezione e limpidezza del nostro Padre-che-sta-Quaggiù non vi deve meravigliare il fatto che si sia risentito per la rivelazione a dei servi delle faccende private di noi padroni del mondo. Noi, appoggiandoci a lui, chiediamo a gran voce l’impeachment di quel cosiddetto Creatore per manifesta incapacità e per l’avere svelato ai peggiori tra gli uomini i suoi segreti. Dimissioni subito, per quel buffone cosmico.

Noi non ci siamo mai regolati così. Ai nostri maghi, ai nostri adepti, ai nostri stregoni forniamo poche gocce di conoscenza, se possibile falsa. In questo modo li teniamo sempre in pugno, attraverso l’illusione che stiamo per confidare loro chissà quale rivelazione. E’ una forma efficace di controllo: informare di ogni cosa i propri schiavi significa mettersi in mano loro, decidere di non esercitare su di essi alcun potere.

E quindi, come mantenere la propria superiorità? Come piegarli al proprio volere? No, il tradimento di G verso i suoi pari e superiori è completo e definitivo: meritava certo la pena di morte, per questo.

Forse, nel caso dei pellegrini di Emmaus, si è reso conto di avere sbagliato. Quando, come un dilettante, si fa riconoscere, rivelando il suo travestimento, fugge a gambe levate. Ormai però è tardi: tutti i misteri del suo stato sono ormai stati spiattellati. Per quale motivo ha compiuto un simile sfregio?

La risposta è presto detta: è il genere di incidenti che accade quando ci si immischia troppo con gli umani. Quando si entra in confidenza con essi, quando si vive con loro, quando si giunge a considerarli non più schiavi ma quasi propri pari, quasi amici o persino (Nostro Padre Infernale non voglia!) fratelli, allora non c‘è più religione. La religione è tremore e timore di chi ti è superiore; se si toglie la sacralità tutti finiranno per considerarsi quasi divini. Ma non come piace a noi, giungere a pensarsi degli dei; come piace al Nemico, figli di un padre che sta lassù.

Tutto sta a cosa si mangia: se il frutto del peccato originale o il pane che quel disgraziato di G asserisce essere il suo corpo.

Bene ha fatto G a scomparire, dopo avere spezzato quel pane. Potessimo farlo sparire davvero.

Non è Vangelo – XXVII – Pozzi neri

Dite la verità: ci leggete perché siamo attraenti. E’ questa la migliore qualità di noi demoni. Siamo come la gravità: attraiamo verso il basso.

Così anche oggi vi intratterremo proponendo una lettura alternativa di quei romanzetti immaginari senza pretese che chiamano i Vangeli. Come sa bene qualsiasi teologo o sacerdote che sia solito frequentarci, quelle pagine infatti non sono che fantasie, illazioni, metafore, la sublimazione di sogni di fondamentalisti sotto acido e scrittori senza talento. E’ chiaro che godono di fortuna non per proprio merito, oppure per il fascino del personaggio, quel “G”, falegname palestinese di dubbia moralità; ma solo per moda, per spinta pubblicitaria, per ignoranza di cosa sia una vera opera letteraria.
Noi demoni, che siamo per definizione i veri critici da cui tutti gli altri prendono esempio, siamo i più titolati a esprimere su di essi una valutazione. Seguite le nostre indicazioni: leggete altro, non sono adatti ad un pubblico adulto.

La loro prosa stanca finge di essere cronaca di fatti realmente accaduti, ma è evidente  che si tratta di qualcosa di diverso. Quando mai si è sentito parlare di miracoli, di guarigioni, di resurrezioni persino? Mai; se gli uomini mai vissuti sono cento miliardi, allora la probabilità che cose simili siano accadute davvero, in forza di un singolo essere umano, è una su cento miliardi, cioè nulla. Mancano di realismo, e la loro morale è inadatta all’uomo moderno.

No, quelle frasi, quelle situazioni sono false, e solo chi è male consigliato può ritenerle vere. Sono metafore. Ad esempio, dove si racconta di quel giorno che G si è trovato da solo in compagnia di una donna samaritana che era andata a prendere l’acqua da un pozzo, pensate che si parli di persone reali, di un pozzo autentico?
No, qui l’autore ha voluto simboleggiare la condizione femminile; il pozzo è un’apertura, e così anche quello del testo rappresenta l’apertura della condizione femminile all’incognito, allo straniero che passa, in un chiaro gioco di riferimenti sessuali. Tutto il dialogo tra il predicatore folle e la donna è un crescendo di ammiccamenti più o meno espliciti: ovvio che menti pure non se ne possano rendere conto. Solo chi come noi è di casa nella parte più perversa dell’animo umano può comprendere il messaggio subliminale contenuto in quelle righe. Il nostro mestiere è proprio quello: portare allo scoperto il lato più nascosto e tenebroso della psiche degli uomini, sia o non sia presente.

Quello che, ad una lettura superficiale, può sembrare uno scambio di battute del tutto banale, per un demone che conosca il suo mestiere assume tutt’altro significato. Il lettore che voglia seguire le nostre orme non ha che da chiedersi cosa abbia voluto veramente dire G con il “dammi da bere” rivolto a quella femmina, che cosa si intenda con acqua, cosa rappresenti il secchio che la samaritana rimprovera G di non possedere.

L’intento evidente dell’autore, come noi lo vediamo, è sdoganare l’amore libero da tutti quei vincoli che una morale troppo perbenista imponeva all’epoca in cui è narrata la storia, e che subiamo ancora adesso. Non potendo scriverne direttamente usa simboli e parafrasi che noi dobbiamo interpretare.
G appare allo stesso tempo ardito e timoroso di quella donna così disinvolta. Se la donna implora G di darle quell’”acqua” che la soddisferà per sempre, la risposta è di andare a chiamare chi normalmente la soddisfa, cioè il marito. Ma G sa bene che la samaritana fornisce i suoi servizi ad un numero ben più ampio di persone e quindi tutto il brano non è che una celebrazione del comportamento disinibito delle donne del luogo e della libertà totale di giacere con chiunque. In un crescendo finale, G allargherà all’intero paese questo suo invito a godere dell’”acqua”, un un’orgia indifferenziata dove non si fa distinzione di genere, razza, religione o altro genere di preferenze. I giudei non hanno rapporti con i samaritani, chiosa il testo; è evidente che è una situazione che lui vuole cambiare.

G sta piuttosto senza mangiare, ma questo vuole fare: portare il suo amore a tutti quanti. Parole come “spirito”, “verità”, “credere” non sono che simboli che il narratore usa per indicare azioni molto più materiali. Si inganna chi afferma che qui si parli di realtà spirituali, di una fantomatica salvezza; e vi assicuro che di inganni nessuno se ne intende più di noi. Per darci ragione non avete che da considerare il testo dei Vangeli, questo o un altro, nella nostra stessa maniera, con la maggiore malizia possibile.

Tutto l’episodio celebra l’apertura al diverso, all’altro, al non convenzionale: il pozzo finalmente liberato dai legami oppressivi della civiltà patriarcale. E’ un inno all’accoglienza di chi un tempo si considerava peccatore e che ora, nel nuovo modo di concepire le cose, è diventato chi ci insegna il modo corretto di godere della vita. Tutte le perversioni che la samaritana ha G “già le conosce”: senza nascondersi dietro moralismi, le accetta per quello che sono.

Se non condividete con noi questa interpretazione del brano è ovvio che siete degli ignoranti, che non avete studiato. Non siete dei veri sapienti, i soli che per la loro conoscenza del mondo dovrebbero essere autorizzati a commentare. Non conoscete strutturalismo e destrutturalismo, non siete adepti dello studio di genere, siete come quei babbei dei discepoli che si meravigliavano di vedere G parlare con una donna. E’ giunta l’ora che anche voi vi aggiorniate, che iniziate a seguirci per potere essere anche voi esegeti alla moda. Non vorrete restare indietro, ancorati ad una visione dei testi medievale? Altrimenti non solo non avete idea di cosa state dicendo, non avete nemmeno l’umiltà di ammettere di essere qui in acque troppo fonde per le vostre competenze. Qui la profondità è abissale, infatti solo l’abisso domina.

Se v’inabisserete con noi nel nero fondo del nostro pozzo vi assicuriamo una piena comprensione su quanto G ha inteso dire. Ve lo assicuriamo: ne sarete così presi che non riuscirete più a tornare indietro.

Non è Vangelo – XXVI – I predatori della tomba perduta

Cari equilibrati commentatori e ragionevoli revisori, cosa ci fate qui? Queste righe non sono per voi. Non ci interessate. Siete troppo di parte, troppo ostili al dubbio e allo scetticismo a priori per poter prendere parte alla nostra discussione. Via, andate altrove, nel vostro buco. E, mi raccomando, zitti. Il vostro pontificare ci disturba, perturba il nostro giudizio e ci irrita profondamente. Se avete delle ragioni, non ci interessano. Siete troppo fondamentalisti per noi, e quindi certamente in errore.

La nostra forza, invece, risiede proprio nella certezza che qualsiasi cosa dica o faccia dire ai suoi cagnolini il Nemico-che-sta-Lassù deve essere rifiutata. Non ci stiamo ad imparare cosa dovremmo fare per essere felici. Siamo contro i maestri, quaggiù. Come osa impicciarsi, il parruccone della causa prima persa? Noi stiamo bene dove stiamo. Qui comandiamo.

Se invece volete affiancare noi demoni nella nostra marcia contro l’oppressione divina dovete anche voi fare come noi: prendere atto che occorre rifiutare in blocco i Vangeli. Soprattutto nella loro ultima parte, quella sorta di appendice di fantasia dove si parla della fantomatica resurrezione dalla tomba di “G”, quel falegname finito inchiodato sul legno.
La nostra posizione l’abbiamo già chiarita: si tratta del tentativo commerciale di prolungare le vicende del supposto messia oltre la sua ovvia conclusione, usando una discutibile sceneggiatura. Quante volte avete visto il vostro eroico serial killer morire e risorgere nel film successivo mediante un’improbabile espediente? Stessa cosa.

Aggravata dal fatto che detta sceneggiatura è piena di buchi, scritta male, con personaggi abbozzati, senza drammaticità o una vera trama.
Prendete ad esempio la mancanza del cadavere dal sepolcro. Un bravo sceneggiatore avrebbe creato una suspense, un colpo di scena,  avrebbe usato effetti speciali. Invece qui quello che doveva essere il culmine narrativo è ampiamente telefonato: si comincia a preannunciarlo già molte pagine prima. Perché rovinare tutto con degli spoiler? Quando poi accade avviene di notte, senza testimoni, e tutto ciò che si vede è un lenzuolo piegato e una pietra rotolata. Viene da pensare che avessero finito i fondi, o forse la fantasia.

E la scoperta della mancanza del cadavere? C’è un tentativo di compiacere il pubblico – sono delle donne a farla – ma queste non appaiono particolarmente sexy e neppure richiamano avventuriere alla Lara Croft. Personaggi sprecati, praticamente delle comparse. Avevamo una tomba violata, c’erano delle guardie armate, un paesaggio esotico, pure delle ragazze: si poteva fare molto meglio. Un inseguimento, una lotta almeno.

Quando lo scrittore fa un tentativo nella direzione che indicavamo sbaglia tutto. Compare uno sconosciuto,  forse il guardiano del giardino, e una delle femmine cerca di abbracciarlo credendo che sia G. Questo però la rifiuta, urlandole di non toccarlo. Forse perché la crede pazza. Oppure perché è ben brutta.
Vi pare la maniera di inventare una storia? Niente sesso?

Noialtri demoni facciamo fatica a capirvi, voi umani. Per quale motivo si possa rifiutare una tentazione è per noi motivo di perplessità. Se imparaste a cedere quando vi viene proposto qualcosa avreste tutto da guadagnarne, e anche noi. Si poteva fare di quest’appendice un vero best-seller, un successo planetario, e tutto quello che vi è stato dato sono pochi capitoletti mosci in cui l’eroe spaccatutto risorto non fa altro che parlare e mangiare. Un vero spreco. Fosse stato per noi, avrebbe dovuto fare irruzione nel Sinedrio con uno spadone. E chi lo avrebbe fermato, uno che si prende i colpi di lancia nel petto e non muore? C’era materiale potenziale per almeno una trilogia di film, una serie tivù, per non parlare degli eventuali spin-off. Se hai per le mani un buon successo di pubblico, inventati qualcosa di decente! Non questo.

Ma non è solo la trama. Gli interpreti… che disastro.

Ad esempio, che dire dei discepoli? Tutti terrorizzati, rintanati in un buco, demotivati. Diciamo la verità: erano una massa di cretini creduloni senza spina dorsale. Certamente non il materiale per una bella storia. Il capo del personale, che li aveva assunti, avrebbe dovuto essere licenziato in tronco, crocefisso, oh oh.
Quanto li avevamo spaventati, ammazzando il loro capo. Alcuni se l’erano fatta letteralmente sotto. Anche vomitato, a vedere il loro amichetto appeso. Non degli eroi. Neanche dei comprimari. Appena delle comparse, quelle che vengono ammazzate a mazzi durante le scene d’azione. Certo non il materiale per una serie di successo.

E così, d’un colpo, pof! Diventano tutti coraggiosissimi e se ne vanno a morire, uno dopo l’altro. Solo perché c’è una tomba vuota. Perché delle donnette isteriche dicono di avere visto il loro capo, massacrato poche ore prima. Mentre le autorità danno  la colpa a loro, ed è un’accusa che certo non si può trascurare. Ci sono le guardie a testimoniare, ufficiali pubblici certo più affidabili.

Capite che non c’è giustificazione. Per quale motivo avrebbero dovuto cambiare di colpo atteggiamento, sviluppare un’arte oratoria mai dimostrata prima, immolarsi per una causa persa? Chiunque abbia scritto il copione non comprende un accidente di psicologia umana, come invece noi, che abbiamo millenni di esperienza. Non puoi cambiare così d’un colpo il carattere di un personaggio. La gente non capisce.

Se hai degli interpreti che fanno schifo, una trama già vista, zero budget per gli effetti speciali, che ti resta? Nessun premio ai festival, ti tolgono dalle sale dopo la prima settimana. Sei fortunato se acquistano i diritti televisivi.
E’ per questo che tutta la storia della resurrezione si può dire un flop. Ascolti bassissimi all’epoca, anche se sul lungo periodo qualcosa hanno rimediato.

La nostra recensione, perciò, non può essere che negativa. La visione è sconsigliata a tutti, e regista ed attori sono cordialmente invitati a scegliersi un altro mestiere. Non è così che si salva il mondo.

Almeno per noi.

Non è Vangelo – XXV – Mi è sembrato di sentire un gallo

Amici e collaboratori dell’Inferno, siete sopravvissuti alle feste? Sì? Sarà per un’altra volta. Riprendiamo i nostri discorsi.

Quest’oggi ho intenzione di portare alla vostra attenzione un aspetto di quei libercoli chiamati Vangeli che è di solito poco evidenziato. Ovvero, l’esaltazione del tradimento.
Sì, perché, come vi dimostrerò con ampi esempi, la bellezza del tradimento è una componente essenziale del messaggio di “G”, il falegname predicatore, che gli autori dei sunnominati librettini vogliono sostenere.

Partiamo dal caso più eclatante: quell’episodio conosciuto come “il rinnegamento di Pietro”.
Forse ricorderete quanto è descritto. Simone detto Pietro, un pescatore ignorante e facinoroso, è il braccio destro di “G”. Per quale motivo una persona tanto rozza è a capo di quel manipolo di delinquenti? E’ presto detto. Pietro – detto così perché ha la testa dura come una pietra – non perde occasione per sviolinare il Capo. “Io ti amo, io ti seguirei ovunque, blah blah blah”. Ha pure azzeccato qualcuno dei quiz a sorpresa che G organizzava tra i suoi discepoli (“Chi dite che io sia?”) ma pare che in quell’occasione sia stato aiutato con suggerimenti. Il presunto messia un po’ lo sopporta un po’ lo trancia, dato che la sua irruenza è eccessiva perfino per la sua banda di fuorilegge.

E’ lui infatti, ricordate, che lavora di coltello come il peggior teppista un poliziotto che sta compiendo il suo dovere là nell’orto degli ulivi. E’ lui che G accusa di essere uno di noi – vade retro Satana, gli dice – quando questo si permette di contraddirlo sulle sue manie suicide; ma noi neghiamo decisamente che sia uno dei nostri, non avrebbe passato il test di accettazione. Infine è lui che, nell’orgia alcolica dell’ultima cena, banfa asserendo che, anche se tutti abbandonassero G, lui non lo farà mai.

La domanda che sorge spontanea è: ma perché G se lo tiene? Uno potrebbe pensare, è perché non ha niente di meglio, figurarsi il livello degli altri. La nostra risposta è differente: G vuole dare un esempio a tutti. Di come sia utile il tradimento.

Quando, durante l’ultima cena, G dice a Pietro che prima che il gallo canti lo rinnegherà tre volte, non sta facendo una predizione: sta dandogli delle istruzioni.
Lui vuole essere rinnegato. Lui vuole essere tradito. Tant’è che anche a Giuda, il traditore per definizione, dà precise disposizioni: “Quello che devi fare fallo in fretta”.

Avrebbe detto così, se il suo non fosse stato un piano preordinato? Sicuramente no. La faccenda del bacio e del processo è un episodio studiato a tavolino, progettato per ottenere il massimo effetto mediatico.

Quando Pietro mischiato tra la folla nega, parlando con i servi, di conoscere G, non fa altro che confermare quanto ci si aspettava da lui. Sarebbe stato una idiozia fare altrimenti, e G stesso, pur nella sua malata pazzia, lo sa bene: infatti non rimprovera Pietro, si limita a guardarlo con approvazione. Le lacrime di gioia di Pietro sono come un amaro dopo un degno pranzo, un modo per concludere e mandare giù l’intera esperienza.

Tutto il messaggio del falegname consiste in questo: pensate al suo autolesionismo spinto, decidendo di andare laddove è praticamente certo di essere ammazzato; insulti al potere e ai saggi, profanazione delle leggi più sacre, assunzione consapevole di atteggiamenti estremamente provocatori. Tutto fatto in vista di quell’insegnamento finale: se volete sopravvivere, se volete prosperare, se volete essere miei discepoli dovete tradire e rinnegare ogni cosa: quello in cui credete, o pensate di credere, le persone che vi stanno vicino, vostro padre e vostra madre, tutto e tutti.

Andiamo, G stesso non ha forse tradito la religione dei suoi padri? Non ha forse sovvertito le disposizioni mosaiche, prendendone in giro gli antichi fondamenti? Non ha irriso tutti coloro che cercavano di essere coerenti con essi, come i farisei? Per lui non c’è niente di sacro, infatti rompe l’ultimo tabù fingendo di essere lui stesso un dio: proclamando insomma che la sola maniera in cui valga la pena vivere è tradire quanto viene prima per esaltare se stessi.

Perché questa è l’essenza del tradimento: la consapevolezza che il proprio interesse sta al di sopra di quello di qualsiasi altro. Perché si dovrebbe seguire l’agenda di altri? Se non è nel proprio tornaconto, per quale motivo si dovrebbe agire? E’ questa la legge della vita, che i Vangeli tentano di passarci e il cui significato nascosto è stato così spesso frainteso. O meglio: tradito per gli interessi di quei discepoli che l’hanno visto come un modo per lucrarci su. Il che, se vogliamo, ci sta pure bene.

Capite bene allora che la cosiddetta ribellione di Nostro Padre che Sta Quaggiù nei confronti del Nemico che sta Lassù non è altro che un prendere sul serio le disposizioni evangeliche. Non c’è miglior cristiano del nostro Capo Infernale, perché lui è il più grande traditore di tutti.

Rompete anche voi con gli schemi. Proclamatevi dei. Tradite amici e conoscenti, ma solo quando questo possa portarvi il massimo vantaggio. Aspettate il momento giusto, e poi accoltellate come ha fatto Pietro, vendete come ha fatto Giuda, i vostri modelli.
Se andrà tutto bene sarete felici: avrete un posto in Parlamento, vi libererete dei soci scomodi e prospererete negli affari, avrete rapporti sessuali magnifici e freschi con persone sempre nuove. Se la gente non si fidasse più di voi, non vi crucciate. Due lacrime, un falso pentimento e potrete di nuovo infinocchiarli anche meglio di prima. Gli umani hanno la memoria corta e danno troppa fiducia. Noi lo sappiamo bene, non si ricordano ciò che gli è stato detto l’attimo precedente.

Se le cose andassero male, potrete venire sempre da noi. Per voi la nostra casa è sempre aperta, e vi accoglieremo quaggiù con il massimo dell’onore, come si confà a chi ha capito appieno la nostra lezione. Potrete trascorrere nella gioia con noi il resto dell’eternità. Di noi vi potete fidare.

Se il gallo canta, canta anche per voi.

Non è Vangelo – XXIV – Non sono cieco

Compari e compagni, voi che come noi volete impegnarvi a trovare sempre nuovi metodi per mettere in cattiva luce quei libercoli chiamati Vangeli, tratteremo oggi di quell’episodio che da qualcuno è chiamato “guarigione del cieco nato”.

Cosa viene raccontato in quelle pagine? Che “G”, il falegname disoccupato, passeggiando con i suoi sgherri per la città di Gerusalemme, nota una persona visivamente svantaggiata, un mendicante. I rozzi bulli che usa come portaborse cominciano immediatamente a prendere in giro il pezzente, usando il dispregiativo “cieco” e sostenendo che è così a causa del peccato. Questo dimostra la scarsa comprensione delle cose della vita da parte di quegli uomini: noi sappiamo che i veri peccatori sono in realtà i più fortunati e favoriti della terra, perché godono del sostegno di quaggiù. Fa parte del nostro pacchetto standard: cos’è l’anima di fronte alla salute, ai soldi, al successo? Noi demoni siamo più che disposti a concedere tutte queste cose a coloro che vogliano davvero impegnarsi con noi per un mondo più libero e aperto mentalmente, non condizionato da dubbi religiosi e moralismi. Ma torniamo alla narrazione.

Per una volta il preteso messia fa la cosa giusta: confessa, infatti, che la disgrazia di quell’ipovedente è dovuta ad un atto di malvagità divino, perché lui potesse mettersi in mostra guarendolo.
Comincia così lo spettacolo, degno di un imbonitore. Dapprima fa lo splendido, atteggiandosi a luce del mondo. Il che è uno sgarbo nei nostri confronti: è noto che il solo vero portatore di luce, Lucifero, è nostro padre che sta Quaggiù. Se Nostro Padre ha deciso di non proiettare più la sua luminosità ma fasciarsi di tenebra è stata solo per delicatezza nei confronti del genere umano, per evitare di abbagliarlo con la sua magnificenza. Per stizza il Nemico-che-sta-Lassù, che fa? Prova a sostituirlo con un essere umano, il falegname appunto. Ma è noto che gli uomini sono opachi e spenti.
Infatti subito dopo quel discorsetto in cui si atteggia a lampadina globale G dimostra tutta la sua rozzezza e provincialità. Per guarire l’ocularmente ipodotato avrebbe potuto usare effetti speciali, fumo, lampi, saette. Stupire, insomma, manifestare chiaramente chi è. Noi avremmo fatto così. Lui invece che fa? Sputa.
Non sto scherzando. I medici tra voi staranno rabbrividendo per la mancanza di igiene, per la tecnica più simile a quella di uno primitivo sciamano che di una persona civilizzata. Come fosse un bambinello un po’ tardo con la saliva fa una tortina di fango, che spalma sugli occhi del malcapitato. Si possono immaginare i germi, gli agenti patogeni che entrano in contatto con le delicate mucose… voi vi sottoporreste mai volontariamente ad una simile abiezione, senza avere neanche antibiotici a disposizione? Eppure è quanto avviene: dopo avere imbrattato la faccia del poveretto con quella poltiglia sudicia lo manda a lavarsi in piscina.
Che dopo un trattamento del genere riacquisti effettivamente la vista è sicuramente una casualità.

Immediatamente le autorità cominciano ad indagare sul caso. Oltre alle ovvie accuse di mistificazione, G è evidentemente colpevole di circonvenzione di incapace, abuso della professione medica, svolgimento di pratiche terapeutiche al di fuori delle strutture e dei tempi stabiliti, attentato alla salute pubblica e molti, molti altri capi di imputazione che, ormai avrete capito, gli sono abituali. Se qualcuno volesse pensare che, va bene, in fondo ha guarito una persona, noi che siamo sempre attenti alla lettera della legge diciamo NO! Non possiamo condonare un simile cumulo di atti nefasti contro l’ordine costituito. Senza ordine dove si andrebbe a finire? Pensate se a chiunque fosse permesso di esercitare la medicina, senza laurea, senza regolamenti: come sarebbe tutelato l’utente? Il galileo è sicuramente colpevole di avere infranto le regole della convivenza civile per effettuare la banale guarigione di un disgraziato qualsiasi.

Pensate che spreco. Un simile sfoggio di potenza per una persona inutile, forse anche dannosa per la società; sicuramente irrispettoso dei suoi saggi governanti, come si vede nel seguito dell’episodio.

Fa un poco di tenerezza il tentativo di difesa di G da parte dell’uomo che è stato guarito, un accattone dai precedenti poco chiari. Osa infatti contestare gente moralmente e socialmente migliore di lui per scusare il suo guaritore. Con le sue parole si condanna da solo: si qualifica come complice del falegname, ed è perfettamente legittimo l’intervento da parte delle autorità che lo gettano fuori dai sacri recinti. E’ infatti compito dei custodi della legge definire ciò che sia vero oppure no, basandosi sulle circostanze e sulle opportune convenzioni.
Non esiste infatti niente di oggettivo, perché non esiste la verità; chi meglio di loro può quindi definire cosa sia meglio per le altre persone? Badate bene, non chiunque può essere giudice: solo coloro che ci sono graditi, i più autorevoli e neutrali, cioè quelli che fanno la nostra volontà.
Il compito dei giudici infatti non è seguire pedissequamente una legge: loro sono la legge, e non spetta a un nessuno qualsiasi discutere i loro pronunciamenti. Che sono per definizione veri e giusti, indipendenti da convincimenti politici o personali. Non inventati: creativi. Si potrebbe pensarli non corretti solo se fossero contro i nostri suggerimenti.
Prendendo le difese del suo sprovveduto guaritore, asserendo che esso possa aver saputo cosa stava facendo mentre i saggi farisei no, l’ex handicappato si mette dalla parte del torto. Una testimonianza di uno così di parte è sicuramente da rifiutare. E’ condizionato: inutile ascoltarlo.

Anche G asserisce di essere venuto nel mondo per giudicare, perché coloro che non vedono vedano e quelli che vedono diventino ciechi. Noi, di fronte a queste parole violente, dobbiamo prendere una posizione ferma e decisa. Minaccia di accecare tutti; quello è un uomo pericoloso che andrebbe immediatamente incarcerato prima che possa compiere un atto disperato. Questa sarebbe la luce che propone il Nemico–che-sta-Lassù? Allora noi preferiamo il buio; piuttosto di vedere lui preferiamo rimanere ciechi.

Non è Vangelo – XXIII – Non ti fidar di un bacio a mezzanotte

Carissimi odiatori e simpatizzanti dell’odio, oggi continueremo nella nostra allegra demolizione di quei libretti noti come Vangeli. Non capirò mai perché debbano destare tanto interesse nelle persone: non sono che un’accozzaglia di episodi sconnessi, con un protagonista discutibile e mal caratterizzato, e propongono un modo di vita insipido e noioso. Potrei fare il nome di decine di libri molto più interessanti, che esplorano nei particolari tutte le possibilità che ha un umano di fare quello che vuole. Il finale di solito lo scriviamo noi, qui sotto.

Abbiamo detto che i Vangeli sono noiosi e ripetitivi. C’è però una parte di essi che piace anche quaggiù. Nello sfacelo di quelle pagine c’è qualcosa che anche noi, i più raffinati tra i critici, possiamo salvare.
Sto parlando naturalmente dell’ultima parte, quella che conduce al vero finale: la morte atroce del protagonista. Tradimento! Sangue! Violenza!
Avevamo lasciato “G”, il falegname che si è improvvisato predicatore, a pasteggiare ubriaco fradicio con i suoi compari. La cena è finita, e il gruppo decide di andare a smaltire la sbornia in un vicino agriturismo noto per i suoi ulivi.
Qui la maggior parte di quei buzzurri si lascia andare, si sbottona le braghe e si mette a russare sull’erba. Il falegname, però, è agitato.
Sta male, suda, si lamenta. Dolori di stomaco, chiaramente.

Non si conoscono i motivi della sua indisposizione, ma possiamo intuirlo: avrà mangiato troppo, probabilmente ha un principio di congestione. Sarà per questo che si allontana da solo. O forse è preoccupato perché le sue spie l’hanno informato che la polizia lo bracca da vicino. Fatto sta che non riesce a dormire il sonno del giusto, ma vagola tra gli alberi chiamando il papà. Capisce di avere esagerato con le bevute: dice, infatti, “allontana da me questo calice”. Stravolto, piglia a male parole i suoi discepoli che invece se ne fregano e ronfano tranquillamente, almeno fino a quando non arriva qualcuno.

E’ una retata delle guardie! Prova a mimetizzarsi tra i suoi compaesani, ma il trucco stavolta non gli riesce. C’è infatti un eroico collaboratore di giustizia che lo identifica come il mandante dei tanti crimini che gli vengono imputati. Si tratta di quel Giuda che rappresenta per noi il punto più alto della nostra civilizzazione, l’uomo che comprende i valori dello Stato e sceglie consapevolmente di lavorare perché la ribellione sia cancellata. Togliamoci dalla testa l’idea che quello di Giuda sia un tradimento:  chiamereste traditore un mafioso pentito? Lui è un idealista, e non lavora certo per soldi: quei miseri trenta denari, infatti, li rifiuta e li ridà indietro, conscio che basta avere fatto il proprio dovere.

E’ noto il segnale che Giuda dà per indicare il malfattore che deve essere arrestato: un bacio. Che G e Giuda siano “amici” è certo: il falegname stesso lo indica con quel termine. E allora, perché scandalizzarsi per i baci tra uomini? E’ una pratica che il predicatore fasullo stesso accetta con favore. Non dobbiamo lasciarci andare a falsi moralismi, e giudicare negativamente quei gesti. Se poi l’amicizia diventa qualcosa di più, è nella logica delle cose.

Il parapiglia che segue indica chiaramente che i discepoli di G erano un’accozzaglia di violenti. Pietro, pazzo di gelosia, si avventa con una spada addosso ai poliziotti intenti a svolgere il loro dovere ferendone seriamente uno. Non si deve credere che l’episodio sia casuale: poco prima G stesso aveva invocato la guerriglia, suggerendo di vendere persino i propri abiti per comprarsi armi. Diciamocelo, l’odierno pacifismo e vogliamoci bene non ha fondamenti evangelici. G stesso ha invocato l’uso della forza contro i suoi oppositori, e i membri del suo circolo interno sono i più violenti di tutti.

Ma la giustizia trionfa e G, dopo essersi umiliato a curare quel valente servo dello Stato ferito dai suoi masnadieri, viene condotto via mentre i suoi accoliti fuggono.
Cosa ci vuole insegnare qui il Vangelo? Che di fronte a chi ti si oppone bisogna scappare, senza sognarsi di fare resistenza. Guai a sostenere la propria parte di fronte allo Stato, o a chi è più forte. Anche G, davanti alle accuse che gli vengono mosse, sceglie il silenzio di chi sa di non avere nulla di serio da dire.

Il giudizio susseguente, le botte, gli insulti, la flagellazione e la crocefissione probabilmente non sono mai avvenuti o, se pure lo sono stati, certamente in forma molto meno cruenta di quanto qualcuno potrebbe immaginare. In fondo parliamo di una civiltà basata sul diritto, e risulta difficile da credere che veramente si sia potuto operare su un imputato secondo modalità violente. Sarebbe un falso storico, per come noi raccontiamo la storia. Ma a noi quaggiù piace immaginare che siano vere, come punizione ben meritata per chi si è opposto in maniera tanto spudorata al buon governo e ai saggi sacerdoti.

Oggi, con la maggiore consapevolezza dell’età moderna, G probabilmente non si sarebbe ostinato nelle sue folli idee e avrebbe abiurato da esse molto prima di raggiungere l’ultimo giudizio. Sicuramente avrebbe messo su un blog, al limite avrebbe fatto il tuttologo alla televisione o sui giornali. Se pure si fosse impuntato non sarebbe stato condannato a morte, ma ad essere internato in un manicomio criminale. Quella sua ostinazione del volere morire per degli esseri umani dei quali non dovrebbe importargli niente non è che una condizione psicologica che all’epoca non poteva essere curata ma che oggi, con l’opportuno mix di farmaci e chirurgia, non dovrebbe essere difficile da eliminare.

Così avrebbe potuto evitare quella morte che avrebbe dovuto mettere la parola fine alle sue assurde avventure. Su questo contavamo tutti. Non avevamo però considerato la vena inventiva di quei personaggi ambigui noti come evangelisti. Pur di vendere qualche copia in più e predisporsi per un eventuale sequel hanno aggiunto capitoli posticci. Un assurdo lieto fine, almeno per loro. Per noi, niente che ci riguardi.

Non è Vangelo – XXIII – Indovina chi viene a cena

Cari discesisti nell’abisso, nella nostra rubrica di oggi tratteremo uno dei capisaldi della narrazione dei Vangeli così come l’insegnavano una volta, ora un po’ meno: quella fatale cena in cui “G”,  il falegname autoproclamatosi figlio del Nemico-che-sta-lassù, gioca con il cibo attribuendo a pane e vino doti divine.

Quando parliamo di “trattare” è chiaro che intendiamo parlare dello stesso trattamento che si è soliti riservare ai rifiuti. Dimostreremo infatti come tutta la vicenda non sia altro che una goliardata, un gioco di barcaioli ebbri. Noi demoni siamo persone molto più serie di quel salvatore posticcio finito appeso ad un palo: non ci ubriachiamo mai quando siamo in servizio, siamo entità assolutamente morali al di sopra, e anche al di sotto, di qualsiasi vizio.

I fatti ai quali ci riferiamo si svolgono appena prima che G sia finalmente consegnato alla giustizia per subire la meritata pena. Lui e i suoi amichetti pescatori si sentono tanto al sicuro dall’autorità costituita che decidono di affittare una sala per i loro bagordi. E’ a tutti noto che il gruppo del falegname è un giro di dissoluti festaioli: non perdono occasione per mangiare e bere alla facciazza dell’austerità. G non va troppo per il fino quando sceglie le persone che gli offrono il pranzo: mafiosi, intrallazzatori, ruffiani e prostitute sono l’abituale accompagnamento delle sue serate e, si presume, anche nottate. Evidentemente lo stimolano: i suoi discorsi più importanti li fa a tavola, di solito dopo qualche litro di rosso.

Ora, noi demoni non disdegniamo certo gli ubriaconi. Il nostro programma di recupero degli alcolisti è vasto e funzionante: non avete idea quanti ne recuperiamo, di solito dopo che sono schiattati per cirrosi epatica. Ma noi non saremmo mai giunti al livello di virtuosismo di G che giunge a definire il vino “suo sangue”. Ma che razza di tasso alcolemico doveva avere, quel tizio? Sicuramente, avesse guidato, gli avrebbero ritirato subito la patente.

Questa storia di identificarsi con il contenuto dei fiaschi e delle botti è palesemente una assurdità, uno scherzo fatto all’indirizzo dei suoi compagni di bevute troppo creduloni. Come dire, ricordatevi di me mentre sbevazzate. Loro, sprovvisti di senso dell’umorismo, l’hanno presa troppo seriamente.
Così come definire il pane suo corpo: perché proprio il pane? Perché non la marmellata, o l’arrosto, o il burro? Non ha pensato ai celiaci? Anche qui, chiaramente scherzava. Avrà fatto qualche battuta del tipo “date pane al pane” e quegli altri, troppo fusi, l’hanno presa nel verso sbagliato. Perciò, cristianucci, trovatevi altri modi di ricordare G. Va bene che non avete registrazioni, foto, filmati, e quindi non sapete né che aspetto aveva né che ha detto davvero; ma pretendere di associare la sua memoria al cibo è imbarazzante. Neanche si fosse a masterchef. A noi diavoli questa pretesa fa tanto schifo che preferiamo girare al largo ogni volta che abbiamo il sentore di quelle vivande.

Anche tra i seguaci di G c’era qualcuno a cui questa associazione proprio non andava giù: il più serio della compagnia, tanto che era quello che aveva la responsabilità della cassa. Sì, proprio Giuda Iscariota, che tanto ha sofferto per le ingiuste accuse che gli sono state rivolte persino durante quell’ultima cena. Traditore? E’ il nome con il quale sono sempre stati chiamati i collaboratori di giustizia da parte di mafiosi e camorristi. Ma la legge e l’ordine non sono opinioni, e c’è bisogno di qualcuno che si metta personalmente in gioco perché possano trionfare.

Si è sempre detto che Giuda abbia tradito, ma in realtà ci è stato costretto: è stato venduto lui per primo, ben prima che spinto dal dovere patrio si mettesse in gioco portando in tribunale il suo precedente datore di lavoro. Infatti, non era stato proprio G ad accusarlo di tradimento davanti a tutti, a tavola? Un caso eclatante di mobbing: non si può certo dire che sia stato trattato con equità, e fosse stato iscritto ad un sindacato le cose non sarebbero andate lisce per la banda dei galilei. Gli ha reso pan per focaccia, non lo poteva più digerire.

Espulso dal cerchio magico, se ne va, forse anche per evitare di sentirsi l’interminabile pistolotto del suo ex-capo su quanto lui sia figo, su quanto sia bello essere uniti, sul fatto che sono una manica di cretini che senza di lui non possono niente. Sempre così alle cene aziendali: il boss che si autoesalta, i sottoposti che lo sviolinano, il discorso programmatico su quanto la ditta deve fare se vuole continuare a dominare il mercato. Non vale neanche la pena di parlarne; sono solo banalità proferite da parte di un G evidentemente sotto l’effetto dell’alcol e in crisi con i riferimenti paterni.

Anche perché, a posteriori, il ricordare il tema trattato diventa imbarazzante. Non basta essersi lavati i piedi  – il fetore doveva essere terribile perché G stesso si abbassasse a sciacquarglieli – per smettere di essere di pescatori puzzosi e diventare dirigenti o aristocratici. Non basta un generico richiamo all’unità per unire gli uomini. Ora, noi siamo abbastanza favorevoli alle unioni civili, sebbene riteniamo che siano un po’ troppo vincolanti e limitanti la libertà delle persone. Ma qui non bastano: come sono fuggiti, dopo! L’errore del dilettante: se invece di dire ai suoi discepoli di rimanere nel suo amore li avesse costretti a farlo sarebbe stato molto più difficile per noi riuscire a farlo catturare. Parole, parole, parole, quando sarebbe bastato un po’ di forza. Ma non per niente siamo noi i padroni del mondo: perché sappiamo come ci si comporta con gli esseri umani.

Perché è chiaro che pane e vino sono un simbolo potente, dobbiamo dare atto all’inventiva del falegname, ma nient’altro. Un promemoria, ma sicuramente non una presenza reale, in grado di rassicurare quei quattro deficienti che lo seguivano. La sola presenza reale nel mondo siamo noi demoni, sempre lì dove un essere umano lotta contro i suoi scrupoli e le inutili convenzioni per riacquistare la sua libertà.
Perché anche noi dobbiamo mangiare.

Non è Vangelo – XXI – Che asini!

Ci chiedete: perché tanta ostinazione da parte vostra a volere rivedere il contenuto dei Vangeli? Voi demoni non avete niente altro da fare, che so, possedere fanciulle, tentare santi, suggerire leggi a politici? Perché perdere tanto tempo dietro a dei libercoli che ormai nessuno legge, e lasciano il tempo che trovano?

E una domanda lecita. Non crediate che a noi faccia piacere rileggere quelle vicende che, se fossero davvero avvenute, ci avrebbero dato un bel mal di pancia. Il senso di nausea e i brividi che ci colpiscono quando scorriamo il capitolo sugli esorcismi, o sul perdono ai peccatori, è di difficile comprensione per quanti non conoscano la nostra passione per il male degli esseri umani. Quando vediamo un peccatore che, sviato, parte verso il cielo invece di condividere con noi l’eternità proviamo un dolore quasi fisico. E’ proprio per questo che non ci fermeremo finché non avremo dannato tutta l’umanità, e la strada maestra è proprio rendere inutili e ridicoli quei libretti di cui sopra. Le persone dei santi sono molto più pericolose; ma se togliamo loro questi strumenti avremo ostacolato la loro guerra contro di noi. Anche la migliore guida fallisce se usa una mappa che lo porta nel luogo sbagliato.

Se non distruggiamo le loro armi rischiamo che succeda come in quella primavera di tanti anni fa, quando “G”, il falegname disoccupato, ha deciso di sfidarci direttamente entrando in gran pompa a Gerusalemme. Il popolo che l’acclamava, illudendosi che portasse la salvezza.

Una mossa arrogante, che ha pagato cara; ma che non avremmo potuto neutralizzare senza l’attenta regia di Nostro Padre che sta Quaggiù. Il Nemico-che-sta-lassù non è, contro le apparenze, uno sprovveduto.

Già da tempo, infatti, avevamo mosso tutti i nostri migliori agenti per prepararci contro questa eventualità. Nel potere civile avevamo attentamente coltivato la paranoia e l’orrore per tutto ciò che potesse turbare la tranquillità. Nei sacerdoti e nei farisei avevamo esaltato il moralismo, l’interpretazione letterale delle norme, il disprezzo per tutto ciò che non era la loro interpretazione.
Come siamo riusciti a renderli così ciechi di fronte ai miracoli? E’ stato semplice, in fondo: gli esseri umani non vedono che ciò che vogliono vedere, e non ascoltano che ciò che vogliono sentire. Messi di fronte alla realtà, sceglieranno sempre la loro idea di essa. A nostro vantaggio, è complicato fare sì che un uomo comprenda qualcosa quando il suo lavoro dipende dal non comprenderla.
Non abbiamo costretto nessuno: chi si accorda con noi è libero, più libero di chiunque altro, purché faccia cosa noi suggeriamo.

Stupisce che G, che si accredita come l’uomo perfetto, non ci abbia pensato. E’ venuto a gettarsi nella nostra bocca, letteralmente; con tutta la sia preveggenza è venuto a cacciarsi nella trappola che avevamo predisposto.
Questa la dice lunga sull’arroganza di quell’uomo. Che si vede fin dall’inizio: avvicinandosi alla città per prima cosa manda i suoi a rubare un’asina, oltretutto incoraggiandoli a mentire: “te la prendo in prestito, te la restituisco”… Sì, come no. Sottrae la bestia al suo proprietario e la costringe ad un compito umiliante, portarlo sulla schiena durante il suo ingresso nella città. Non lei sola, ma anche un giovane puledro! Nessun rispetto per gli animali, solo maltrattamenti che oggi gli costerebbero una sanzione penale.

Pensate alla fatica, al peso per quelle due povere bestie. Nessuna pietà per loro. E’ perché? Perché aveva piovuto, e non voleva sporcarsi i piedini. Addirittura esige – non si vede come possa essere volontario – che gli astanti mettano per terra i loro mantelli perché ci possa camminare sopra.

E’ ovvio che i sostenitori di G sono dei fanatici reazionari con nessun rispetto per l’ambiente. Non solo acclamano allo sfruttamento servile di bestie sensibili, animali come loro, non solo ricoprono il suolo con materiali difficilmente riciclabili, ma tagliano anche fronde di alberi danneggiandoli irreparabilmente. E’ qui che comincia la deforestazione, è qui che inizia il cambio climatico e i disastri conseguenti: da questi atti irresponsabili verso cui il presunto messia ha un atteggiamento quantomeno condiscendente.

“Osanna”, inneggia la folla: tale e quale le acclamazioni ai peggiori dittatori, in uno sconsiderato populismo che sa di fondamentalismo terrorista. E’ come fosse un tentativo di colpo di stato, condotto nel nome di un non meglio precisato “Signore” che si configura come il capo nascosto di una organizzazione plutocratica estremistica.
Qualunque cittadino sensato dovrebbe rifuggire simili entusiasmi per personaggi oscuri e secondari, che in fondo rappresentano solo se stessi. Il suo modo di accreditarsi come fosse per investitura divina è senza dubbio un metodo per evitare vere elezioni, il solo metro di quanto voglia davvero il popolo. A meno che, naturalmente, il risultato di simili consultazioni sia irragionevole, nel qual caso gli autentici interpreti della volontà collettiva devono intervenire.
Così come, su nostra amorevole sollecitazione, hanno fatto le legittime autorità della città di Gerusalemme. Identificato il pericoloso dissidente, lo hanno arrestato su indicazione dei suoi stessi collaboratori. Ma questo lo vedremo poi.

Quello che a noi preme è l’insegnamento che ci trasmette tutta questa vicenda: che, nonostante possa apparire gratificante per il proprio ego entrare acclamati in una città, se ci si pone contro l’autorità costituita si va a finire male. A coloro che ancora credono in G consigliamo di non lodarlo pubblicamente, in quanto non si tratta che di un gesto sconsiderato inadatto al pubblico decoro. Meglio sarebbe stato se fosse rimasto in incognito, e se invece di parlare se ne fosse stato zitto evitando di indisporre il governo legittimo.

Ricordate sempre: la legittima autorità siamo noi. I prìncipi di questo mondo, che non sopportano che qualcuno cerchi… non di metterci in ombra, perché l’ombra è il nostro dominio. Di portarci alla luce.

Non è Vangelo – XX – Agganci in alto

Vedo con piacere che è grande la vostra mancanza di fede se anche oggi siete qui con il fior fiore degli intellettuali infernali a sbertucciare i Vangeli, quei libretti malscritti che conterrebbero la vita di ‘G’, il falegname. Quella della presa in giro dei Vangeli è un’attività molto diffusa tra le nostre bolge e gironi: siccome molti dei dannati erano abituati a praticarla prima di scendere quaggiù da noi, ci è sembrato un bel gesto permettere loro di mantenere l’abitudine. Vedete, noi non siamo crudeli come dicono: non togliamo ai nostri graditi ospiti tutto, ma solo quanto non si addice ai nostri appetiti e alle nostre tradizioni. Il bene ha un sapore amaro; la critica esegetica, invece, dà un gusto speziato alle anime, molto ricercato. Non si finisce mai di apprezzarlo.

Quale brano prenderemo in esame oggi? Uno assai emblematico e istruttivo. C’è G che ha un attacco di masochismo e decide di andare a Gerusalemme nonostante lassù abbiano deciso di fargli la pelle. E se ne compiace pure! Afferma che sarà consegnato a scribi e sacerdoti e condannato a morte. Profezia? Macché, è appena logico. Sarebbe come se un ladro andasse a rubare al commissariato, non ci vuole un genio per capire che si fa una brutta fine.
Si lamenta per la sorte di Gerusalemme? Che ipocrita! Con i poteri che millanta avrebbe potuto farla diventare la più grande e potente città del mondo. Avrebbe potuto renderla un impero con uno schiocco di dita. Meglio: se ce lo avesse permesso, saremmo stati lieti di fare noi il lavoro per lui. Ieri come oggi, le nazioni più potenti sono quelle che ci offrono di più. Noi diamo, poi riprendiamo per ricominciare altrove. Siamo per la circolazione delle capitali. Capite quindi che opportunità ha gettato via G per il suo popolo. Le sue sono lacrime fasulle: ha rifiutato la possibilità di essere davvero grande.

Schernito, flagellato, crocefisso? Fosse stato per noi, anche di peggio. Come sarebbe stato migliore per noi il mondo, se lui non ci fosse stato. Ognuno avrebbe fatto quello che gli pareva, senza preoccupazioni per vite eterne o bontà di sorta. Alla fine, tutti vincenti: noi, specialmente noi, alla fine.

“G” ha appena finito di piagnucolare che arriva la madre dei figli di Zebedeo. Una donna secondo i nostri gusti, un’autentica eroina che si batte per i suoi piccoli. Ecco i miei gioielli, annuncia orgogliosa, ragazzi che si sanno far largo nella vita ma che non ricusano una piccola spintarella quando ce n’è bisogno. Occorre essere orgogliosi di questa figura che si erge a difesa della sua prole chiedendo per loro appena un poco di potere.

E G che fa? Nicchia, secondo suo solito. Invece di lodare la donna, fornirle il prezzo per le cariche richieste, assecondare il suo istinto di madre che lotta per la propria discendenza comincia a fare discorsi strampalati.
Prima di tutto offre ai due raccomandati da bere, chiedendo se avranno il coraggio di usare il suo stesso calice. Che orrore! Pensate ai germi, ai denti non lavati… probabilmente gli puzzava pure l’alito. Ma i due sono disposti a qualsiasi sacrificio per il posto fisso, e acconsentono.
Forse sperava di dissuaderli, ma subito dopo, di fronte alla loro fermezza, deve confessare di non essere lui il titolare.
Che il nepotismo sia diffuso nell’entourage del preteso Messia è evidente: persino per quelle cariche minori bisogna essere raccomandati da un parente del titolare, il padre, di cui il figlio sembrerebbe essere solo un prestanome senza potere. Succede sempre così nelle aziende a conduzione familiare: il fondatore non accetta di essere messo in un angolo dal figlio, spesso una mezza figura viziata e senza qualità, e continua a decidere ogni cosa. Non stupisce quindi la richiesta della donna, certa di trovare terreno fertile per le sue macchinazioni.

Ma non aveva fatto i conti con l’invidia degli altri cosiddetti discepoli. Questi, essendosi visti scavalcati, rabbiosi per non avere avuto loro per primi l’idea, sono lì lì per pestare a sangue i due laidi opportunisti.
Per cercare di mantenere unita la sua base di consenso allora il falegname raccoglie attorno a sé il suo circolo magico e li rimette in riga. Ricorda loro che i grandi capi politici governano le nazioni, ma che loro sono solamente delle figure di secondo piano, degli sgherri senza potenziale, e che se vogliono avere ancora un posto nella struttura di potere che lui sta mettendo su devono comportarsi come degli schiavetti, come dei piccoli servi. E che lui stesso dà per primo l’esempio, pronto a mettersi al servizio di chiunque glielo chieda, ad un prezzo stracciato o persino per niente. E’ così che li spera di fare carriera, di diventare un grande, e incita anche i suoi sottoposti a fare altrettanto. Che cosa non si farebbe per il potere!

Che insegnamento possiamo trarre da tutta questa vicenda? Che per farsi strada nella vita ci sono sostanzialmente due metodi: uno è la raccomandazione, il favoritismo; l’altro la sviolinata del lecchino, che esegue ciecamente gli ordini del padrone come fosse uno schiavo. Sono ambedue suggerimenti che possiamo dare anche noi: abbiamo sempre sostenuto che uno dei peggiori inconvenienti degli esseri umani sono il ragionare troppo, il chiedersi il perché delle cose. Chiaramente un inconveniente di progettazione, insieme con quella deprecabile pratica della libertà che permette simili atteggiamenti.
Un servo? Noi abbiamo sempre pensato che l’uomo dovrebbe comportarsi più come un padrone, senza lasciarsi mettere i piedi in testa da creatori o messia che gli spiegano come comportarsi.

La vera statura dell’uomo è colui che non deve chiedere mai, mai piegarsi, specie volontariamente. A chi ci provasse, a chi gli dicesse cosa deve fare, magari con la scusa del suo stesso bene, questo gigante che noi ci augureremmo di trovare in ogni essere umano deve reagire con sacrosanta ira, con giusta violenza.
Promettiamo fin da ora a chi seguisse questa strada la massima assistenza. Male che vada, potrà rifugiarsi da noi: un pasto caldo all’inferno non lo neghiamo a nessuno.

Non è Vangelo – XIX – Lettucci e peccatucci

Grazie per avere preferito ancora una volta il nostro gruppo di studi sugli effetti nefasti della lettura dei Vangeli, quei librettini sgangherati che riportano le vicende di “G”, il falegname disoccupato. In tutte le bolge e i gironi – sola andata – di casa nostra ormai non si parla d’altro: quale orrendo episodio i nostri antieroi commenteranno oggi?
La scelta è caduta sulla nota storia del paralitico e del suo lettuccio. Ne facciamo un rapido riassunto.

G è nella villa di un suo amichetto imprenditore nel settore della pesca e sta tenendo corte. C’è sovraffollamento di curiosi, perditempo e disgraziati di ogni genere. Una coda mostruosa, peggio delle attrazioni di un parco divertimenti durante i ponti. Così le persone serie che avrebbero voluto sentire lo pseudoprofeta per capire la sua inconsistenza devono rinunciare. Un tale disprezzo per il popolo è tipico di una certa concezione elitaria della religione: dispiace che il cosiddetto messia non abbia voluto affittare un luogo più ampio per i suoi interminabili sproloqui. D’altra parte forse ciò era voluto: la sua parola è per pochi, solo per quanti ne sono degni, vale a dire quelli che arrivano per primi.
Noi stessi siamo favorevoli a un numero chiuso per le cose religiose; più quel numero si approssima a zero meglio è.

Ma torniamo alla vicenda. Vista la folla, un gruppo di furbetti decide di aggirare l’ostacolo. Sale sul tetto della casa, fa un buco nel soffitto e cala giù un lettuccio con sopra un paralitico, in maniera da saltare la fila e passare avanti agli altri. Invece di rimproverare i vandali maneggioni per la loro distruzione – ma in fondo il tetto mica era suo – il sedicente messia che fa? Li loda per la loro fede!

Per lui, capite, questa è la fede: irrompere in casa d’altri con la forza e l’inganno, prevaricando quanti hanno pazientemente fatto una coda per giungere fino a lì. Questo quindi dovrebbe fare il seguace del falegname secondo il suo maestro: ricorrere ad ogni stratagemma, non importa quanto discutibile, per ottenere il risultato voluto. Sarà sempre e comunque giustificato.
Chissà quelli gabbati. Ma di loro a G non importa; importa il suo compiacimento che siano lì per lui, che lo porta a trascurare anche il danno causato. Non solo trascurarlo, ma persino a perdonarlo. Sì, perdonarli! Infatti rimette prontamente i peccati per i suoi ultrà scatenati. Al che la gente intorno giustamente si indigna. Ehi, gli dicono, non hai il diritto di comportarti così: nessuno può rimettere i loro peccati. Lui che fa, allora? Per dispetto, non solo perdona il paralitico ma lo guarisce pure: questi prende su il suo lettuccio e scappa via prima che la folla lo linci.

Permetteteci di avere qualche dubbio su tutta questa storia. Uno che fa simili trucchetti, farsi calare con il lettino, secondo voi è un malato vero? Macché, date retta, quello era un furbone, un attore, un finto invalido. Se ne va  perché l’hanno riconosciuto.
Poniamo poi che fosse un invalido vero. Ma, secondo voi, è giusto quello che ha fatto G? Solo perché uno taglia la fila deve essere per forza guarito? Pensate per esempio alle conseguenze che avrebbe un comportamento del genere sul vostro sistema previdenziale. Cosa accadrebbe se i più furbi passassero davanti agli onesti? Se uno facesse tutto secondo le regole e poi fosse superato da un amico dei potenti?

Questa storia della remissione dei peccati non funziona da parecchi punti di vista. Anche se davvero l’invalido è stato guarito, chi lo dice che di conseguenza G abbia anche il potere di perdonare? Non è che uno si reca dal primario di ortopedia quando ha peccato.

Che poi anche parlare di peccato non ha molto senso. L’abbiamo già detto, ma è meglio ribadire: il peccato non esiste. Le persone fanno semplicemente quello che è più conveniente per loro. Perché dovremmo giudicarle se in coscienza prendono una decisione che a loro parere è la migliore? Vogliamo sindacare la libertà? Mettiamo che loro non sappiano davvero quello che stanno facendo: allora non hanno colpa, sono immacolate. Il vero cattivo sarebbe il cristianuccio moralista che volesse rivelare loro che stanno compiendo il male. D’improvviso quegli innocenti si troverebbero in colpa, e il nostro moralista d’accatto sarebbe il vero responsabile per avere inviato giù da noi qualcuno che senza il suo intervento sarebbe finito ad annoiarsi lassù tra le nuvolette.
E invece quelli che sapessero di stare commettendo un peccato ma non volessero cambiare? I casi sono due: o non cambiano a ragione veduta, e questo vuol dire che hanno delle forti motivazioni per fare come fanno, non possono agire diversamente, e quindi non sono colpevoli; oppure non lo fanno per qualche futile motivo, ed in tal caso sono malati mentalmente perché non si rendono conto delle cose come stanno, e quindi ancora una volta non colpevoli.

Conclusione: in nessun caso il peccato esiste.
Se non esiste peccato non esiste neanche colpa o assoluzione, e quella di G e del suo clero è solo una complicata truffa. Qualsiasi azione possiate compiere è giustificata dalla vostra libertà, dalla vostra ignoranza o dalle vostre motivazioni. A volte anche tutte e tre assieme. Noi demoni siamo comprensivi, sappiamo bene che talvolta si è come costretti a fare il male. Siamo noi che vi spingiamo.
E se qualcuno asserisse che però il peccato esiste, quello sì che farebbe peccato! Sarebbe una mancanza di misericordia, di comprensione, una colpevolizzazione del povero peccatore innocente frutto di durezza di cuore e di aridità d’animo. Nessuna pietà per quei vili, meritano tutto il nostro disprezzo.

Perciò, voi tutti che facevate la coda in quel pomeriggio laggiù in Palestina, se siete mai esistiti rassicuratevi: non avete perso nulla. Si può fare quello che si vuole con la propria vita senza nessuna conseguenza. Volete gettarla via? Potete farlo. Non andrà persa: noi la raccoglieremo e sapremo sfruttarla al meglio. E’ il bello di essere diavoli: del peccatore non si butta via niente.

Non è Vangelo – XVIII – Alzati, Lazz…

Ditelo. Dite anche voi che non riuscite a sopportare lo stile falsamente diaristico in cui sono scritti i Vangeli, come se trattassero di fatti accaduti davvero e non di fanfaluche inventate da ignoranti in crisi mistica.
Levatevelo, questo pensiero. Ammettetelo: per quanto possano apparire al principio affascinanti gli episodi della vita di “G”, il carpentiere disoccupato diventato predicatore girovago, alla fin fine sono tutti uguali. Ripetitivi: arriva là, guarisce questo e quest’altro, raccomanda di non dire niente a nessuno e se ne va. I miracolati blaterano a destra e a manca, i discepoli non capiscono niente, gli onesti farisei sono accusati di tramare nell’ombra. Insomma, trame poco originali, senza vero pathos, senza approfondimento psicologico. I colpi di scena sono pochi e telefonati: dai, non mi dite che non l’avevate capito subito che il colpevole era Giuda. Perché hanno avuto tanto successo? Ve lo dico: effetti speciali, torbide storie di sesso e di orrore, un’azzeccata campagna pubblicitaria.

Guardate l’episodio di Lazzaro. Forse una volta poteva fare impressione ma oggi, dopo notti di morti viventi, risvegli di mummie e cadaveri che passeggiano nei supermercati sembra solo l’ennesimo remake di Romero, una serie tivvù con poco budget e sceneggiatura ritrita.
Non ve lo ricordate? Vi ravvivo io la memoria.

A G giunge notizia che un suo amico, tale Lazzaro, è malato gravemente. Chiunque abbia un minimo di pratica cinematografica già lo sa cosa accade dopo: se viene descritta la famiglia c’è da scommettere che questo crepa. Infatti. Ma G qui dimostra la sua vena perfida. Invece di precipitarsi a casa dell’amico morente lascia trascorrere il tempo necessario perché questo tiri davvero le cuoia. Perché ha aspettato? Possiamo tranquillamente leggere in questo atteggiamento da parte dell’autoproclamato Messia un appoggio al testamento biologico, alla sospensione dell’alimentazione per i malati terminali e in generale alle pratiche di eutanasia. Voleva evitare di salvare qualcuno già condannato, qualcuno che magari aveva pure espresso la sua volontà di non essere rianimato in caso di incidente. Non lo sappiamo con certezza, perché la Chiesa ha probabilmente nascosto le prove. Fosse vero sarebbe gravissimo. E’ appunto per evitare casi come questi che serve una legge: per potersi assicurare che non solo tutti quelli che devono morire muoiano davvero, ma che possibilmente lo facciano per propria mano o per mano di qualcun altro. Ambedue le possibilità a noi demoni stanno bene: suicida oppure omicida, qualcuno giù da noi arriva.

In ogni caso, alla fine il carpentiere si mette in marcia per la casa di Lazzaro, in Giudea, dov’è giustamente considerato nemico pubblico. I discepoli lo seguono malvolentieri; rischiano la vita. Ma a lui non importa, e non esita a metterli in pericolo tutti per raggiungere il capezzale del suo amichetto.

Lazzaro aveva due sorelle, un’arrogante maniaca del lavoro chiamata Marta e un’altra che di nome faceva Maria, una feticista dei piedi, pigra e piagnona.  E’ Marta che lo va ad accogliere, e lo cazzia violentemente sul fatto che non fosse stato presente alla dipartita del suo caro. Adesso arrivi? Sono tre giorni che è morto, gli rinfaccia. Non te ne frega niente, dice tra le righe. Getta addosso  a G tutta la colpa di quella morte, e noi non possiamo che essere d’accordo.
Il falegname abbozza qualche debole scusa tardiva. Arriva poi anche Maria, che replica il cazziatone. Umiliato, G si mette anch’esso a frignare come una ragazzina. Soffiatosi il naso, chiede di potere profanare il sepolcro dove giace il suo cosiddetto amico ormai decomposto.
L’evangelista si lascia qui scappare anche una perfida considerazione sull’igiene personale del defunto, che a quanto pare puzzava. Forse un sottile riferimento razzista?
Giunto alla tomba, G chiama il suo occupante: “Vieni fuori, lazzarone!” e questi esce dalla tomba drappeggiato come Boris Karloff ne “La Mummia”. Uh, il morto vive!

Questa la narrazione. Ovviamente, se l’episodio non è del tutto inventato, non si tratta che di una messinscena. Ma che, nella sua cruda essenzialità dilettantesca, rivela qualche accenno delle vere convinzioni del figlio del falegname

Vi pare che G rispetti la libertà di scelta di Lazzaro? E se lui non avesse voluto essere resuscitato? Perché non ha chiesto un consenso preventivo? C’era proprio bisogno di farlo uscire dalla tomba? Non poteva lasciarlo riposare in pace? Quello attuato dal presunto Messia si prefigura come accanimento terapeutico, dimostrato dal fatto che non solo era ineluttabile la morte del soggetto, ma che questo era davvero defunto.

Il falegname sarebbe anche imputabile di vilipendio di cadavere e di procurato pericolo per la salute pubblica. Il defunto già puzzava, lo si è detto. A voi farebbe piacere che un risorto se ne vada in giro a disseminare liquami necrotici ovunque? Immaginiamo cosa avranno detto i vicini. E’ quindi del tutto comprensibile che i migliori elementi della comunità si siano subito attivati per stroncare sul nascere questa minaccia all’ordine pubblico. Andando a denunciare il novello Frankenstein e i suoi esperimenti di rianimazione hanno compiuto il loro dovere.
Si capisce quindi che le autorità ricerchino il predicatore errante come un pericoloso terrorista in grado di minare la convivenza civile.

Cosa succederebbe, infatti, se tutti se ne andassero in giro a resuscitare parenti e amici? Pensate solo all’effetto sulla sovrappopolazione, per non parlare dei conti delle pensioni. L’INPS fallirebbe subito, gettando sul lastrico milioni di poveri pensionati.

Il comportamento folle e dissennato di G doveva essere quindi fermato. Per il bene  di tutto il popolo, come giustamente espresso dalla legittima autorità religiosa, quel folle doveva morire.
Perciò anche voi, umani, concordate con me. Meglio scrivere un bel testamento biologico che dica “se dovessero tentare di resuscitarmi, impeditelo”! Potrete così marcire in pace nella vostra tomba. Anche in caso di miracoli.

Non è Vangelo – XVII – Giovane ricco, mi ci ficco

Stanchi di sentire prediche sull’essere buoni? Decisi a fracassare e rovinare ogni cosa che vi sta attorno? Desiderosi della libertà assoluta, senza regole e leggi, che sola può dare soddisfazione ai vostri istinti animali, alla scimmia che sta in voi? Allora questo è il posto giusto. Qui da me potete trovare parole che prendono in giro chi pensa che la vita sia una cosa seria, e financo eterna.
Come quelli che prestano davvero ascolto a quei libercoli chiamati Vangeli. Illusi. Noi diavoli vi diciamo la verità: la verità non esiste, e l’eternità è un’illusione. Venite con noi, e vi faremo scoprire nella pratica quanto affermiamo.

Prendete ad esempio quell’episodio evangelico noto come “del Giovane Ricco”. Ne rammento brevemente la trama per coloro tra di voi che non l’hanno presente.

“G”, il figlio disoccupato del falegname, il protagonista dei libercoli di cui sopra, ha plagiato con le sue parole un giovanotto di buona famiglia. Questi, desideroso di compiacere il suo idolo, lo accosta e gli chiede cosa debba fare per guadagnarsi questa famigerata vita eterna. G è chiaramente in difficoltà, e dà una risposta banale, biascicando qualcosa sul fatto che occorre rispettare i comandamenti. Ma il giovane a quanto pare è un fanatico fondamentalista, e quindi gli replica che già lo fa. Il predicatore è preso di sorpresa – ma come, qualcuno che rispetta i comandamenti? Impossibile! – però intravede un possibile affare. Lo invita infatti a cedere i suoi beni e venirgli dietro. Il giovane, compreso l’inganno, gli risponde che non è così fesso e se ne va.

G a quel punto, per mascherare il suo fallimento, butta tutta la colpa addosso alla ricchezza. Essere ricco è incompatibile con il suo progetto politico, proclama. I discepoli, nella loro naturale avidità, sono perplessi per queste frasi populiste dall’impronta comunista: “Impossibile” dicono.  Il carpentiere fallito, con la sua innegabile astuzia, comprende che c’è aria di scissione. Smentisce subito le sue parole precedenti sostenendo che però al Nemico-che-sta-Lassù tutto è possibile. Tipica irrazionalità religiosa: a questo punto il Nemico non potrebbe far entrare direttamente nel suo ridicolo regno tutti quanti, senza sforzo? Cosa sono queste preferenze per alcuni ricchi? Quanto hanno pagato?

G rincara ancora la dose. Coloro che l’hanno seguito avranno un giorno cento volte tanto rispetto a quello che hanno lasciato, asserisce. Non è chiaro cosa intenda: se esproprieranno i legittimi proprietari fregandosi quanto quelli posseggono, oppure se auspica un’elevatissima inflazione .

Fino a qui la narrazione. Ma nel testo possiamo trovare diversi altri spunti. La prima osservazione che facciamo è che G elenca i comandamenti da rispettare, tralasciandone alcuni. E’ ovvio che questi ultimi si possono infrangere senza conseguenze. Ad esempio, nell’elenco manca quello di amare il Nemico-che-sta-lassù. Questa disposizione noi demoni l’abbiamo sempre rispettata, e dovreste fare così anche voi. Odiatelo pure, non ci sono conseguenze.

Da notare che se un ricco dà i suoi beni ai poveri questi non saranno più poveri, ma ricchi. Questo ci fa capire che G non conosce molto bene l’economia. Tant’è che ha anche affidato la cassa della sua ditta ad un ladro, tal Giuda Iscariota. Non sapeva proprio scegliere i collaboratori.

Bene ha fatto quel giovane, da imprenditore accorto, a fuggire da quel covo di sovversivi avidi e ladri. Si può fare filantropia e volontariato anche per conto proprio, ed essere onorati e ammirati per questo.
Perché essere tristi buttando via le proprie ricchezze, quando si può gioire facendo del bene con esse, soprattutto a se stessi? Perché sprecare i soldi per gente che non è stata capace di guadagnarne a sua volta, approfittatori incapaci, sanguisughe e parassiti?

In ogni caso, la richiesta del predicatore errante è una idiozia. A meno che, naturalmente, non intendesse proporsi come povero lui stesso, o come intermediario per la vendita di case, campi e del resto. Allora tutto quanto acquisterebbe un senso: dove ci si possa procurare i soldi per dare il centuplo ai propri collaboratori e la ragione della richiesta di cedere i beni. Furbetto, il tipo. Non c’è da stupirsi che i suoi seguaci abbiano fondato quella holding, la Chiesa. Ne hanno accumulata roba, loro, con la scusa dei poveri. Per forza avverte che ci saranno persecuzioni: quelle degli uffici delle imposte e degli antitrust che si attiveranno contro l’ ammasso di risorse.
A noi demoni, invece, il denaro non interessa: per noi i soldi sono come sterco, e li concediamo volentieri a quelli che ce li chiedono.

Nell’escludere quanti hanno guadagnato la tranquillità con il sudore della fronte dal suo progetto filomonarchico, il Regno, G usa un paragone ardito a base di cammelli e aghi. Che orrore! Che estrema crudeltà antianimalista nel voler far passare un cammello, una creatura vivente, per la cruna di un ago. Tutte le associazioni ambientaliste dovrebbero indire manifestazioni di protesta per un linguaggio così palesemente disumano.

La confusione però non finisce qui. Se “molti dei primi saranno ultimi e molti degli ultimi saranno primi”, non è più chiaro cosa conviene essere in classifica. Al fondo? All’inizio? A parte l’esaltazione dell’arbitraggio di parte, del favoritismo e della raccomandazione clientelare come sistema di vita, a questo punto risulta ovvio che la strategia migliore è la mediocrità, il rifiutarsi di eccellere. Evitando di prendere posizione potremo stare sicuri di non cadere nella parte bassa delle classifica se questa si dovesse rovesciare. Guardarsi quindi dal compiere atti meritevoli: non si sa mai, come la potrebbero prendere lassù. Piuttosto converrebbe cercare a tutti i costi di essere ultimi tra gli ultimi. Coloro che seguono davvero G dovrebbero non primeggiare in niente, ed essere i peggiori possibile. L’ha detto lui, eh.

Accompagnatevi quindi a noi demoni. Vi assicuro che più in basso di quaggiù è difficile arrivare, anche scavando.

Non è Vangelo – XVI – Fuori tempio

O voi tutti che odiate con tutto il cuore quel pateracchio insulso sulla vita di un piccolo predicatore palestinese noto come “Vangelo”, ben trovati! Anche oggi prenderemo un episodio di quella sottospecie di diario per cercare di estrarne il succo, calpestandolo e macinandolo nel processo.
Adesso esamineremo quanto pare sia accaduto a Gerusalemme la prima volta che G, il predicatore che si atteggiava a Figlio del Nemico-che-sta-Lassù, la visitò dopo avere cominciato a causare guai in giro.

Sì, in precedenza c’era già stato; come quella volta che si era perso ed era stato trovato nel Tempio di quella città a frignare con i dottori della Legge. I quali, poveretti, tentavano di tenerlo buono assecondando i suoi capricci.

Ma questa volta è diverso. Vuole acquistare visibilità per il suo progetto politico, quindi si presenta davanti alla cittadinanza con fare arrogante e pretenzioso, come se gli fosse tutto dovuto.
Ecco una lezione per i suoi seguaci: se volete impressionare le persone, conquistare consensi, usate la violenza verbale e fisica. Cosa fa infatti il figlio del falegname per prima cosa? Sale ancora al Tempio, luogo che evidentemente ha per lui un significato nostalgico, e dà fuori di matto.

Davanti al cosiddetto luogo sacro ci sono venditori che si guadagnano faticosamente da vivere nonostante la crisi. Hanno allegre bancarelle tramite le quali commerciano del tutto legalmente dando soddisfazione ai bisogni della popolazione. Ci sono coloro che espongono teneri animaletti, dolci colombe dal gaio richiamo, morbide pecore e buoi dagli occhi buoni com’è tradizione dei contadini di ogni dove; e poi quelli che svolgono il necessario lavoro di cambiavalute, servendo gli avventori con la cortesia e la discrezione che sono da sempre associati al loro mestiere.

Cosa fa allora G, questo arrogante falegname di campagna? Comincia a vandalizzare questi caratteristici negozietti, rovesciando i banchi, frustando i poveretti capitati lì per caso! Chissà quante famiglie ha rovinato, magari immigrati giunti lì a prezzo di grandi sacrifici e ora gettati sulla strada a causa di una singola testa calda! Vi potremmo mostrare fotografie di bambini in lacrime, di donne disperate, di cuccioli schiacciati: ne abbiamo quante volete.

La sua violenza è del tutto simile a quella dei contestatori odierni che devastano locali e spaccano vetrine. E’ uno squadrista ante litteram, un estremista, probabilmente ha simpatie naziste. Siamo sicuri che oggi G si metterebbe un passamontagna nero e tirerebbe molotov.
E con quale scusa, poi? Che facevano della “casa di suo padre” un luogo di mercato.
Capite? G rivela la sua vera natura di gretto populista contro il libero mercato e la circolazione delle idee. E’ un protezionista, un fondamentalista, uno zelota che si arroga il diritto di cambiare uno status-quo riconosciuto dalle più alte autorità del Tempio stesso. Al posto di aprire la casa di famiglia ai bisognosi, la chiude. La chiude perché è chiuso alle novità: ha una mentalità medioevale e brutale.

Invece di adeguarsi a quanto deciso da gente più esperta di lui va allo scontro, lasciando cadere quella maschera misericordiosa con il quale aveva tentato di ingannare tutti. Che però nascondeva il suo vero volto di intollerante fanatismo.
Che la follia alberghi in quell’uomo lo si comprende anche dalla risposta che dà a quanti gli chiedevano con quale autorità compisse tali gesti vandalici: che, se avessero distrutto il Tempio, lo avrebbe ricostruito in tre giorni.
Noi demoni siamo noti per fare le cose in fretta. Edifichiamo ponti e palazzi nel giro di una notte, al prezzo di appena qualche anima. Ma quella di G è chiaramente una boutade, una mancanza di serietà. Infatti diventa il primo capo di accusa contro di lui quando, arrestato per vari reati, sarà portato in tribunale.

Hai una bella voglia a dire che “parlava del suo corpo”: è solo una pezza messa dagli scrittoruncoli che hanno redatto quelle pagine per giustificare la dissennatezza del loro predicatore preferito. Un trucco difensivo che però alla prova dei fatti  non sta in piedi. Interpretiamola invece in senso letterale. Quando qualcuno fa una promessa di edificare qualcosa deve mantenerla: dov’è, adesso, quel Tempio che aveva preannunciato avrebbe rimesso in piedi? Ah-ah! Non esiste più! Vedete bene quanto ci si può fidare.

Dal suo comportamento in questa occasione possiamo trarre altre conclusioni per i suoi seguaci.

Intanto, che il Tempio è roba per puri e quindi quanti non lo sono andrebbero cacciati via a frustate.
Il che vuol dire che è inutile per gli esseri umani cercare il Nemico-che-sta-Lassù: sarà sempre fuori dalla loro portata. Se uno commercia, cambia soldi, vende animali, meglio se ne stia alla larga da quanto è sacro.
Per coerenza, la Chiesa dovrebbe perciò evitare accuratamente queste categorie, e tutto ciò che ha a che fare con il maneggio dei soldi. Non dimentichiamo che Giuda, secondo i Vangeli, “teneva la cassa”. I veri cristiani dovranno perciò cavarsela senza soldi, anzi, dovrebbero dare tutto ciò che hanno a chi solo li può sfruttare, cioè coloro che non credono. La povertà assoluta, meglio, la miseria è il vero traguardo  evangelico.

Secondo, è riportato che i suoi discepoli capirono la frase sui tre giorni solo dopo la (supposta) resurrezione. Questo vuol dire che, nel frattempo, non avevano compreso niente e pensavano che il loro maestro fosse un malato mentale. Così dovrebbero fare degli autentici seguaci: accogliere tutto ciò che dice l’autorità senza mai domandarsi se sia assurdo.
Non è vero che noi demoni siamo contro la fede: se è cieca ci sta bene.

Per ultimo, è assolutamente inutile costruire chiese. Se davvero Il Nemico volesse, e i suoi cosiddetti discepoli avessero abbastanza fede, in soli tre giorni e senza soldi sarebbero in grado di terminare qualsiasi cattedrale.
Male che vada, potrebbero chiedere il nostro aiuto. Già ora di chiese in giro per il mondo ne costruiamo un sacco. Non avete idea quanti architetti impieghiamo.

Se seguirete noi, invece, potrete recarvi nei centri commerciali proprio come se fossero chiese, anche di domenica. Nelle case del nostro Padre che sta Laggiù non abbiamo problema a far entrare quanta più gente possibile. Per noi, tutto si può vendere: anche l’anima.

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Non è Vangelo – XV – Allargate la via

Cari confratelli infernali e amici del peccato, nel nostro usuale appuntamento di oggi continueremo l’esame di quello che è conosciuto come “Discorso della montagna”: un assemblaggio di frasi sconnesse di “G”, il noto carpentiere disoccupato che in antico scorrazzava per la Palestina con i suoi amichetti.

Sarebbe demenziale, per il cristiano, prendere quel sermone del figlio del falegname e tentare di applicarlo alla vita moderna. Fermo restando che si tratta di elaborazioni successive di fatti mitici mai avvenuti, risulta evidente che chi lo ha pronunciato era in uno stato di esaltazione mistica, forse dovuta a consumo di alcolici o sostanze stupefacenti. Deve venire inteso come un idealismo spiritualista, non come un concreto modo di vivere la vita. E’ compito della Chiesa e dei suoi sacerdoti, che noi demoni non disdegniamo di consigliare di tanto in tanto, di spegnere i facili entusiasmi e ricondurre quelle parole azzardate ad un più sano realismo ecclesiale.

Sì, va bene essere la lucerna del mondo: ma con umiltà, senza esagerare. Ci sono tante persone più intelligenti: meglio lasciar parlare loro, evitando di sbagliare. La Legge e i profeti non sono aboliti, è chiaro, ma devono essere costantemente modificati perché siano al passo con i tempi. Cosa dice alle nuove generazioni il Vecchio Testamento o, se è per questo, il Nuovo? Niente. G ha dato ampio spazio ai suoi discepoli per reinterpretare quello che lui ha esposto, ammesso l’abbia fatto. Discernimento, ci vuole. Se una frase ci pare troppo dura è evidente che non può averla pronunciata davvero, e anche se fosse non riteniamola obbligante. Non si tratta di trasgredire la Legge, quanto di permettere a quelli che non fossero in grado di seguirla di considerarsi in piena comunione.  Sappiamo tutti, noi diavoli per primi, quanto sia pesante e insopportabile quella ideologia  che è nota come cristianesimo. Se poi uno ne ignora delle parti, come è giusto e auspicabile, non deve essere mai ritenuto in peccato. E’ ignorante, non può sapere che sbaglia. Lasciatelo stare così: vi assicuro che nell’ultimo giorno noi demoni avremo un occhio di riguardo sia per lui che per voi.

Perché correggere qualcuno spiegandogli che fa qualcosa di male, con il rischio che si rafforzi nell’errore? Non toglietelo dall’illusione, questi non hanno bisogno di redenzione. Se non può fare a meno di peccare non può, e basta. Dovrebbe scusarsi perché è fatto così?
Perché proclamare regole assurde, dicendo che chi insulta il proprio fratello commette peccato? Che chi lascia la moglie e si risposa fa adulterio? La psicologia si è aggiornata, non si può considerare una colpa quello di cui tutti i giornali alla moda dicono un gran bene.

Dovete amare i peccatori, e anche quello che li rende tali, il peccato. Chi invece pretende di indicare il giusto e lo sbagliato, di quelli nessuna misericordia. Se qualcuno ti da uno schiaffo, tu devi porgere l’altra guancia; non solo, ma devi accompagnare questo tuo fratello prendendo a tua volta tu stesso a schiaffi qualcun altro. Se ti si oppongono, per prova togli loro la tunica: se non ti danno anche il mantello non sono redenti e quindi puoi essere con loro duro quanto vuoi. Pregate sempre i vostri persecutori; se fate anche loro dei doni e vi adeguate alle loro richieste ancora meglio.
Per i cristiani bisogna amare i propri nemici: quindi, per essere amati, dovete perseguitare i cristiani. E’ scritto chiaramente,  volete andare contro le parole di G?
“Guardatevi dal praticare la vostra giustizia davanti agli uomini”: quindi evitate di praticarla e avrete la ricompensa. E anche l’elemosina, è detto “non sappia la tua sinistra quel che fa la tua destra”. Per evitare disguidi il modo migliore è non farla del tutto.
La preghiera va fatta nel segreto; non in pubblico. Chi prega in pubblico, in chiesa o altrove, va ripreso severamente. Che sia così segreta che voi per primi non vi accorgiate neanche di farla. Se ne doveste avere l‘impulso, sopprimetelo. Volete andare contro G, voi che ci credete?

Le ricchezze sulla terra sono soggetti a tignola e ruggine: a meno che non siano un conto bancario, preferibilmente segreto in maniera da non suscitare l‘invidia di coloro che sono meno abili di voi. Badate quindi a procurarvi un tesoro su nel paradiso fiscale. Là dov’è il vostro tesoro, là sarà il vostro cuore: e, diciamolo chiaramente, il vostro cuore non desidera spiagge tropicali sulle quali folleggiare?

Non preoccupatevi quindi di cosa mangiare e cosa vestire: affidate il tutto alle riviste di cucina e di moda, che dietro il giusto pagamento vi libereranno dell’affanno di pensarci voi stessi. La preoccupazione non può aggiungere una sola ora alla vostra vita, quindi non preoccupatevi di niente. Fatevi i fatti vostri, per dirla un po’ brutalmente: non immischiatevi nelle disgrazie altrui. Non cercate la pagliuzza nel loro occhio, lasciate pure che trovino la loro strada senza giudicarli.

Se vi troverete nel bisogno, bussate e troverete; nel caso quelli dentro non sentano, buttate giù la porta e prendete liberamente, è nel vostro diritto. Se non fossero in casa la colpa ricada su di loro. Tutto quello che volete gli uomini vi facciano, fatelo voi a loro: una mano lava l’altra, e c’è sempre bisogno di complici.

La via larga conduce alla perdizione, la via che conduce alla vita è stretta. E vi pare bello? Datevi quindi da fare per allargare quella via stretta, che diventi una comoda autostrada dove sia semplice passare. Lasciate perdere le porte anguste, inadatte ai volumi di peccatori del mondo contemporaneo, così i milioni di persone che si trovano nella colpa non avranno bisogno di cambiare e sforzarsi per accedervi.
Manco dovranno accorgersi di quella porticina,  se voi farete per bene il vostro lavoro. Se non sanno che esiste, se nessuno gliene parla, il loro flusso sarà enormemente facilitato.

E’ il momento di aggiornarsi, in maniera che il peccatore, non sentendosi giudicato, possa tornare in una Chiesa che non lo indica più come tale, ma lo accolga senza pretendere pentimenti.

Come quella Chiesa così rinnovata lo riceve, così anche noi, non più nemici ma collaboratori, lo ospiteremo in casa nostra. Per sempre.
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Non è Vangelo – XIV – Un beato…

Colleghi demoni e simpatizzanti umani che condividete con me il progetto di mettere in luce, una volta per tutte, le incongruenze e le menzogne di quei libretti chiamati Vangeli, benvenuti ad una nuova tappa del nostro cammino.

Quest’oggi ci occuperemo di quell’episodio, ovviamente immaginario, della vita di G, il figlio disoccupato del falegname, chiamato il ‘Discorso della Montagna’.

Cosa viene raccontato in esso? Che G si imbatte in una folla di illusi e di falsi invalidi, che pretendono da lui guarigioni miracolose, autografi e cercano di avvicinarsi per farsi i selfie. Il carpentiere non si lascia sfuggire l’occasione: ammalato di protagonismo com’è, si siede su un sasso e comincia ad arringare i presenti.

E comincia a dire, beati questi, beati quelli.
Ora, ci potete credere? Qualcuno ha pensato che lo intendesse sul serio.
Vi rendete conto di quanto sono fessi i seguaci del Nemico-che-sta-Lassù? E’ ovvio che quello di G fosse un discorso retorico.
“Beati i poveri di spirito”. Cioè beati i deficienti. Beati quelli che non si fanno una loro idea del mondo, non sono pro-attivi e si lasciano mettere i piedi sulla testa. Ci siete caduti: stava chiaramente scherzando. Il mondo è dei furbi, di quelli che vi fregano la sedia da sotto il sedere.

Beato chi ha fame, beato chi piange? O uno è masochista – e data la propensione di G per farsi flagellare può anche darsi – o si capisce che essere beato così non conviene proprio. Quando mai se si piange si viene consolati? Allora bisogna evitare di frignare, anzi, darsi piuttosto da fare perché siano gli altri a piangere al posto nostro.

Beato chi cerca la giustizia? Da compatire, piuttosto! Se avete mai avuto a che fare con giudici ed avvocati, e non siete uno di noi, non avrete difficoltà a mandare a quel paese chiunque vi dicesse una cosa come questa.

Beati i miti? Solo se i forti li lasciano vivere. Per gli altri, è meglio se si procurano una buona arma.

Beati i puri di cuore? No, davvero, quando ne avete trovato uno ditemelo. Noi godiamo particolarmente a rendere loro la vita un inferno, a sporcarli, in modo che dopo all’inferno ci vengano volentieri.

Beati gli operatori di pace? Talvolta sì: posso nominare parecchi Nobel per la pace e altri pacificatori di professione che certamente se la passano bene. Abbiamo provveduto noi a questo, dopo esserci assicurati che la pace che intendevano fosse quella eterna dei loro oppositori. Ah, difficilmente troverete un manipolo di assassini guerrafondai peggiore di loro.

Che poi ai perseguitati appartenga il Regno dei Cieli, questa gliela possiamo concedere. Sulla nostra terra infatti gliene abbiamo fate passare di cotte e di crude. Che se lo tengano, il loro Regno: sarà nostra cura mandarli lì il prima possibile. Da quello al nostro dominio, e viceversa, abbiamo chiusa l’immigrazione.

Noi siamo assolutamente d’accordo nell’insultare, perseguitare, dire ogni falsità contro quei poveri imbecilli che si ostinano a credere alla favolette di G. Se lo meritano tutti! E’ loro la colpa, non la possono gettare su altri. Beati? Beati un… cavolo! Quello che il Nemico vuole è solo sofferenza insuperabile, inadatta all’uomo moderno.

Oggigiorno è assurdo il dover soffrire per qualcosa. Si chiama progresso, cari. Perché prendersela a cuore? Risparmiate e risparmiatevi guai e mal di pancia: evitate di chiedere cose impossibili.
Sarò più chiaro: quello che è tratteggiato nel discorso delle beatitudini forse poteva andare bene duemila anni fa, non certamente in una Chiesa moderna al passo con i tempi. La filosofia e la teologia hanno da molto superato la nozione che tutto quello che G diceva fosse da intendersi letteralmente. Ci sono le interpretazioni; ci sono i distinguo; è compito dei sapienti istruire il popolo. Seguirlo ti dà problemi? Ripensaci, mica vuoi fare il martire.

Designare oggi come “beate” certe categorie di persone è un’inaccettabile discriminazione verso chi non è in grado di raggiungere un simile ideale. Dovrebbe essere impedito ai fedeli, per il loro stesso bene, di perseguire vette irrealizzabili. Sarebbe irrispettoso verso i peccatori, che devono essere sempre accolti. A riguardo di questi, guai a insistere troppo che quello che fanno è male. Non si sa mai: potrebbero offendersi. E che accoglienza sarebbe?

La frase sul sale della terra, che se perde il sapore non vale niente, poteva andare forse duemila anni fa, quando non si conoscevano le spezie. Non siete sale? Embè, siate pepe, origano, finocchio! Il credente che si limita ad essere sale non sa cosa si perde.

G voleva dare compimento alla Legge: ma è chiaro che una Legge di così tanto tempo fa non ci vincola. I tempi sono cambiati, sarebbe ridicolo. Modernizziamoci. Le nuove leggi dei nostri illuminati statisti valgono molto di più di quegli antiquati relitti di un’era oscura.

Tipo “Chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio”. Non vedo perché ci sia da scandalizzarsi. La psicologia insegna che un po’ di adulterio è consigliabile, la legge lo permette. E’ ora che anche la Chiesa si adegui. O vorreste (ah!) giudicare?

Avrete capito ormai che G era un illuso, anche se a ben guardare qualche cosa giusta in quel discorso l’ha detta.
Non opponetevi al malvagio, è scritto, quindi non opponetevi a me, se lo fate siete poco evangelici.
Amate i vostri nemici, è scritto: se mi considerate nemico amatemi, dunque: non chiedo di meglio, io vi abbraccerò stretti stretti.

Se poi asserisce che quanto è di più di “sì sì, no no” viene dal Maligno, siamo d’accordo. Ma distinguiamo: siamo davvero sicuri che non esistano le sfumature, che il male sia sempre male e il bene sempre bene? Per ogni vostro impuntarvi su valori assoluti io posso tirarvi fuori eccezioni e contestazioni a profusione. Posso sommergervi di obiezioni, citare santi e lo stesso Vangelo. Sono io il maggior esperto di sacre scritture e di teologie. Non avrà un poco di ragione, questo benedetto Maligno che vi parla?
Non rispondete subito con un sì o con un no. Discutiamone.

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Non è Vangelo – XIII – Chi semina vento

Cari colleghi che seguite questo corso per diffamatori dei Vangeli, ovunque voi siate, nelle calde profondità di casa o sull’inospitale superficie del mondo degli umani, sappiate che vi penso e vi apprezzo per il vostro sforzo di superare la naturale ripugnanza che noi tutti abbiamo nel trattare materia così ributtante.

Non è da ogni demone riuscire a vincere l’orrore per il buono e per il bello. Immagino che anche voi come me qualche volta abbiate pensato di lasciar perdere tutto. Che diamine, se quei fessi degli esseri umani preferiscono la schiavitù del Nemico-che-sta-Lassù alla nostra libertà, ebbene, che se la tengano la loro Verità! Rimangano pure legati ad essa, invece di accettare la nostra ricchezza, il nostro piacere, il nostro potere! Eppure no, non possiamo estraniarci dalla lotta. Cosa mangeremmo, altrimenti? Quanto ci punirebbero i nostri superiori, il nostro Padre-che-sta-quaggiù? Come possiamo migliorare la nostra posizione, se non siamo disposti a qualsiasi cosa per essa?

Prendiamo G, il figlio disoccupato del falegname, il protagonista di quei libercoli che vorremmo cancellare dall’esistenza. Forse che si stancava di fare discorsi che quei pezzenti dei suoi paesani manco capivano? Si stufava di guarire quelle loro malattie ripugnanti? Aveva tedio a rovinare tutte le nostre rovine, a spossessarci dalle nostre possessioni? Certo che sì! Non era che un debole ometto. Quindi, ci lasceremo battere da un Figlio del Nemico qualsiasi?

Prendete quella volta che era a predicare vicino alle sponde del lago, e c’erano così tanti fessi che stavano ad ascoltarlo che rischiavano di schiacciarlo. Una persona normale, che avrebbe fatto? Certamente pagare il biglietto! Il fatto che non ci abbia pensato dimostra la sua incapacità a condurre un’attività di successo, e quindi a dare consigli. Non un professionista, ma un dilettante. Un ingenuo, un semplice ai limiti dell’idiozia, o forse dentro.
Invece di approfittare del favore del pubblico lui si limita a farsi imprestare una barca, per poter parlare senza tutti quei puzzolenti disturbatori addosso. Snob da parte sua: lanciare i suoi deliranti proclami da bordo di uno yacht. Fatto sta che, una volta terminato di urlare le sue farneticazioni piene di livore contro noi poveri diavoli, esige dai barcaioli di essere portato al largo.

Immaginiamoci lo stato d’animo di quei poveri pescatori di fronte a pretese del genere. Stanchi morti dopo una notte di lavoro devono eseguire gli ordini arroganti di un predicatore da strapazzo. Plagiati o troppo distrutti per reagire, acconsentono. E questi che fa? Dice loro di buttare le reti.

Vi rendete conto? E’ un carpentiere, vive in montagna, non è praticamente mai salito su una barca eppure si comporta come il padrone, e pretende di spiegare a dei lavoratori professionali come fare il loro mestiere.
Però è questo il modello che ci viene proposto dai Vangeli. E’ per questo che i presuli e i teologi sono  sempre a pontificare su argomenti che non conoscono sulla base della loro superiorità morale: seguono l’esempio del figlio del falegname.
Potrebbe capitare anche a loro la botta di culo che ha avuto G: per una combinazione fortuita quei pescatori acchiappano un banco di pesci che passava di lì. E’ certamente la fortuna del principiante.
Barcaioli creduloni: di fronte ad un fatto che solo agli sprovveduti potrebbe parere miracoloso rimangono impressionati. Ora, qualsiasi matematico di nostra conoscenza potrebbe fornirvi una statistica da cui risulti che una pesca del genere rientra nella curva di probabilità e che i dati sono sicuramente esagerati, trattandosi di pescatori. Non è difficile: questi scienziati riescono a prevedere qualunque cosa, si tratti di riscaldamento globale o di risultati elettorali. L’importante è non farsi distrarre da notizie false e finire per credere che ci sia qualcosa di soprannaturale nell’acchiappare tanti pesci.

Pensate poi al danno ambientale causato dal sottrarre al loro ambiente così tanti esemplari di fauna selvatica. Se oggi i nostri fiumi e i nostri mari sono inquinati e privi di vita la causa deve certo essere addossata a quella noncuranza con cui G se ne serve. Chiaramente Il figlio del falegname, abituato ad abbattere alberi innocenti per il suo lavoro, non ha una coscienza ecologica. Oltre che della deforestazione il cristianesimo deve anche rispondere  per l’estinzione di molte specie animali. Quei poveri pesciolini!

A G piacciono le crociere: infatti sono più di una le volte in cui si fa scarrozzare in barca dai suoi amichetti velisti. Eppure ci viene suggerito che poteva camminare sull’acqua. Se fosse vero, perché preferire la nave? Probabilmente per pigrizia. Lo si capisce dal modo in cui si è addormentato durante una di queste gite: Neanche una tempesta riesce a svegliarlo. L’imbarcazione rischia di affondare e i suoi schiavetti del remo sono giustamente incavolati: come si permette di ronfare, mentre loro rischiano la pelle per portarlo in giro? Da questo atteggiamento di G possiamo dedurre che il bravo cristiano deve essere sempre indifferente ai pericoli in cui il suo sonno getta coloro che lo circondano. In fondo, che cosa importa il mondo materiale?

Ma è quello che accade dopo che smaschera definitivamente la mancanza di rispetto per l’ambiente del cosiddetto messia. Si afferma infatti che sgrida il vento e la tempesta si calma.

Capite anche voi che il presunto profeta intervenendo sul tempo atmosferico crea un precedente drammatico per l’invadenza umana nella natura. L’inquinamento, gli incidenti nucleari, lo smog, il riscaldamento globale arrivano proprio da atti inconsulti come questo. Se G avesse avuto una vera coscienza ecologica non avrebbe ostacolato il libero esprimersi degli elementi.

Domandiamoci quindi: gli esseri umani del XXI secolo possono davvero seguire chi dimostra una simile indifferenza per le tematiche ambientali? Una così evidente trascuratezza dei sentimenti dei sottoposti? Una tale indolenza nel compiere il proprio dovere?
La risposta è no. L’uomo è solo un ospite su questo mondo.
Siamo noi, i suoi padroni, che ve lo ricordiamo.

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Non è Vangelo – XII – Lebbroso chi legge

Sinceramente, come tutte le cose che faccio, quale demonio devo domandarmi come mai gli umani subiscano il fascino di G, il figlio disoccupato del falegname. Non è mai stato un bell’esempio: non ricco, non bello, non potente, non particolarmente simpatico; per certo non a noi diavoli, ma neanche a quegli uomini importanti, nostri amici, con cui ha avuto a che fare. Quello che bisogna ammettere, leggendo quelle operette da quattro soldi note come Vangeli, è che invece i disperati, i problematici, la gente che non vale niente accorreva a lui, forse riconoscendo di essergli simile.
Il fenomeno si può spiegare facilmente: non avevano di meglio da fare. Senza televisione e giornali a riempire la giornata, senza intellettuali a spiegare loro il mondo, senza attori e cantanti a proporre i loro video in streaming, come avrebbero potuto passare il tempo tutte queste persone in passato? Fortuna che ora abbiamo colmato la Terra di distrazioni, e quindi predicatori erranti come quell’antico palestinese sono diventati obsoleti ed inutili. Pensiamo noi, adesso, a insegnare come si vive e perché si vive, senza che il popolo debba più pensarci sopra o farsi domande alle quali, tanto, non può dare risposta. L’uomo è una bestia, dice sempre Nostro Padre Infernale; è solo un’anima da succhiare.

Un aiuto ad ammaliare gli ignoranti era dato a G dalla sua abilità nella pratica abusiva della professione medica. Dato che asseriva di esser Figlio del Nemico-che-sta-Lassù pretendeva di avere l’autorità su ogni cosa, ogni aspetto della realtà. Persino quella sulle malattie e le deformità, che sono sempre state cose nostre. Capite l’arroganza? Ditemi voi se non abbiamo tutte le ragioni per odiarlo. E’ stato lui a dichiararci guerra per primo, invadendo il nostro territorio e minando il nostro business.

Così, è raccontato, arriva questo lebbroso. Lebbroso… riuscite a pensare a qualcosa di più disgustoso? Se sì, vuol dire che non avete ben presente la lebbra. Le persone sensibili tengono a distanza gente così. E’ scritto anche nella Legge di quei cosi, gli ebrei, di cui G faceva parte. Sebbene la Legge sia un’idea del Nemico-che-sta-lassù, noi spesso prendiamo come punto di orgoglio che sia rispettata letteralmente. Non c’è niente che faccia rigettare la giustizia come una Legge feroce che si dimentica dello scopo per cui è scritta. Siamo specialisti, noi, in quel tipo di decreti. La nostra giustizia può essere un poco differente da quell’altra che arriva da lassù, ma in fondo che gusto c’è ad avere il potere se non lo si esercita? Tutto quello che facciamo è per il bene del popolo. In una certa maniera, noi siamo il popolo.

Ad ogni buon conto, c’è questo incontro. Il lebbroso che domanda di essere guarito e G che, disgraziatamente, acconsente.

Intanto, qui dobbiamo intenderci: è avvenuto o no questo episodio? Anche se G fosse davvero vissuto, cosa che non è, chi ce lo dice che quello fosse sul serio lebbroso? E chi assicura che poi, dopo, quel tizio fosse proprio risanato? Un po’ di sano dubbio è obbligatorio. In fin dei conti abbiamo solo la narrazione dei Vangeli; già il fatto che non si citi nessun certificato medico, nessun elenco di testimoni, nessun consulto di primari di fama internazionale ci fa capire che si tratta di una notizia esagerata, quasi sicuramente falsa. Non è che non ci fidiamo. Vorremmo; ma senza una ufficialità, senza il bollino dello Stato, senza una discussione e un timbro ministeriale non ci sembra possibile. Faremmo un cattivo servizio a informare i nostri lettori di questa supposta guarigione miracolosa, o di altri episodi simili: rischieremmo di creare scompiglio, e non si capirebbe più dove sia la verità. Che non esiste, è chiaro, e quindi va difesa da tutti coloro che saltano troppo velocemente alle conclusioni.

Voi adesso potreste pensare che siamo di parte. Invece no: è G stesso che corre in aiuto alla nostra tesi, perché ribadisce e ripete al presunto lebbroso guarito di non dire niente a nessuno. Lui stesso, evidentemente, pensava che un fatterello del genere non fosse da pubblicizzare. Per quale motivo? Non lo sapremo mai. Certo è che gli uomini di Chiesa dovrebbero imparare. Qualsiasi azione loro compiano di bene dovrebbe essere tenuta rigorosamente riservata; piuttosto di lamentarsi del fatto che i mezzi di comunicazione non danno loro il minimo rilievo, dovrebbero esserne grati fino a domandare loro stessi di non comparire affatto nelle cronache. Protestando, vanno contro il dettame evangelico; ed è doloroso che proprio loro non se ne rendano conto, pur con tutti gli sforzi che facciamo per aiutarli.

Anche dal lebbroso c’è da imparare. Sebbene gli fosse stata fatta una raccomandazione (Non dire niente! Presentati all’autorità!) questi non dimostra la minima gratitudine e provvede subito a fare il contrario di ciò che gli è stato richiesto. Non è un caso che questo episodio sia compreso nei Vangeli: essi vogliono insegnarci che non si devono ascoltare gli uomini di Chiesa. Dobbiamo trarre spunto ed esempio da questo episodio, perché ci insegna che qualsiasi cosa ci venga chiesta da quei signori deve essere rigorosamente ignorata o, ancora meglio, va fatto l’inverso. Usate la vostra testa, e fate quanto vi suggeriamo!

In questa maniera, come il presunto lebbroso, diventerete padroni del nostro destino e completamente autosufficienti. Guariti? E’ nel vostro diritto essere sani, e non è dovuta la minima gratitudine a chi provveda eventualmente a ristabilire questo stato. La vostra non può essere una preghiera, che riconoscerebbe il vostro dipendere. E’ una richiesta anzi, meglio, una pretesa. Se Il Nemico-che-sta-lassù è buono non può non ascoltarvi, dato che sapete meglio di lui di cosa avete bisogno. Deve quindi darvi quello che desiderate, senza che voi concediate niente. Se grazia, che miracolo sarebbe se voi doveste fare qualcosa per meritarvela? E allora guardatevene bene.
Meno male che noi demoni non siamo costretti a tanto. No, non siamo buoni, noi.

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Non è Vangelo – XI – E io pago

Cari cultori della dannazione, anche oggi esamineremo uno degli episodi dei Vangeli al fine di trarne ispirazione per il nostro lavoro di portare anime all’Inferno. Come vi ho già detto altre volte, non stupitevi se usiamo proprio i testi più sacri del Nemico-che-sta-Lassù a questo scopo. E’ la prova che non esiste niente che noi non possiamo pervertire, nessuno che non siamo in grado di portare dalla nostra parte con l’opportuna tentazione. Alcuni si considerano santi e perciò al sicuro. Illusi! Noi siamo stati in grado di far cadere persino i discepoli di G, il figlio del falegname di cui tanto si parla. Lui era con loro, eppure hanno ceduto lo stesso. Quindi, amici dell’Inferno, non perdete la speranza: qualsiasi bersaglio è nelle vostre possibilità. Tentate.

Oggi esamineremo quella storiella raccontata da G nota come “parabola del figliol prodigo”. Non si tratta dell’ennesimo episodio inventato della vita di quel predicatore populista ma di un raccontino moralistico a lui attribuito. Anche qui, però, si tratta di rettificare la solita predicazione demagogica con una versione nuova, sincera quanto noi.
Molti di voi la storia l’avranno già sentita. Un ragazzo dinamico, in cerca di libertà, decide di allargare i suoi orizzonti e fare nuove esperienze. Ottenuto da suo padre quanto era suo diritto in fatto di contante va con questo gruzzoletto in tasca a risiedere all’estero, in un ambiente meno oppressivo e illiberale della dimora paterna. E’ un cervello in fuga, simile a tanti giovani d’oggi.
A causa della crisi, però, ha delle difficoltà finanziarie e deve ripiegare su lavori a tempo determinato. Preda dello sfruttamento capitalistico, a questo punto decide di tornare a casa per superare il momento difficile. Qui è accolto come un trionfatore dal suo genitore.
Suo fratello, però, giustamente si risente per la disparità di trattamento a cui è sottoposto e litiga violentemente con il resto della famiglia, invocando il suo diritto all’eguaglianza. Il babbo abbozza, rimarcando però la giustezza della scelta del figlio minore di spendere i soldi in turismo sessuale e altri divertimenti.

Normalmente la vicenda è lo spunto per predicozzi moralistici sulla necessità di accogliere chi sbaglia. E’ una interpretazione riduttiva. Intanto, chi lo dice che il cosiddetto “fratello prodigo” abbia sbagliato? Non certo il testo, dove la sua scelta di seguire il sentimento in un paese diverso è guardata con simpatia. Il giovane infatti finanzia manodopera locale, incrementa i consumi, scopre nuove usanze e si rende prossimo a gente straniera. La sua è quella generosità, spregiudicatezza, libertà dalle convenzioni sociali che tanto deve essere lodata nella gioventù. Si fa le sue esperienze, distante dai dogmatismi della società. Cosa rimproverargli, dunque? La carestia? Andiamo. Quel giovane è un modello da imitare per tutti i ragazzi di oggi. Viene da pensare che, nel mondo contemporaneo dove esistono telefoni e banche, sarebbe bastato chiamare il padre per ottenere altri fondi e continuare la sua permanenza all’estero senza dover per forza ritornare.

Così non è stato: e se un rimprovero al “figliol prodigo” va fatto è quello di essersi arreso troppo presto, di avere rinunciato al suo sogno on the road di fronte alla difficoltà. Se veramente cercava l’indipendenza avrebbe dovuto ostinarsi a negare il ritorno a casa. Infatti non c’è niente di più vergognoso di chiedere perdono. Un vero adulto deve dimostrarsi orgoglioso di quello che è, e non cedere mai. Contestare piuttosto, lagnandosi della cattiveria dei tempi. Avrebbe potuto pretendere un sussidio statale, invece che andare via con la coda tra le gambe. Occupare un alloggio, espropriare cibo decente, fingersi rifugiato. Insomma, arrangiarsi.

Ma cosa fatta capo ha. Se il figlio si è dimostrato molle, è così anche il padre, che invece di cacciarlo via come avrebbe dovuto fare lo riaccoglie in casa, dimostrando in questa maniera di non essere che un debole. Possiamo pensare che il padre in realtà approvasse le scelte del figlio. Forse pure lui stesso avrebbe molto volentieri mollato tutto per andare a godersi i soldi in quel paese straniero. E’ sicuramente un cattivo educatore: gli è mancato il coraggio. Sia quello di seguire il figlio intraprendente come forse sarebbe stato suo desiderio, sia quello di sbarrargli la porta come avrebbe meritato quando ha mollato. Non sarebbe stato meglio se si fosse accodato a lui nei suoi viaggi, per consigliarlo, per sostenerlo, per condividerne la ricerca del piacere? Non avendolo fatto, non avrebbe forse dovuto essere coerente e negargli ogni possibile facile perdono?
E’ ovvio vedere come questa ambiguità, questo tirarsi indietro non sia che un riflesso di quel Nemico-che-sta-Lassù che si permette di fare le pulci al comportamento di noi demoni e degli umani e nel contempo ci permette di fare il male.

Quanto più dignitosa è invece la figura del fratello maggiore: che, ricordiamo, è colui che eredita.
E’ lui che è nel giusto: disprezza con tutto il cuore quel fratello che gli ruba quanto sarà di sua proprietà, e che ritorna quando sperava di essersene liberato una volta per tutte. “Va a lavorare, barbone!” sembra dire con tutto il suo comportamento. E’ lui il motore dell’economia e certamente si può permettere il risentimento verso chi mangia pane e vitello grasso a tradimento. Non bisogna essere teneri con chi approfitta delle sue stesse disgrazie per suscitare pietà. No, pietà non bisogna averne.
Il suo disprezzo è anche per quel padre che finanzia gli amorazzi del figlio ma non concede neanche una briciola per le sue esigenze. Possiamo dargli torto? Non sarebbe stato molto meglio per tutti che quel figliol prodigo fosse restato perduto, invece di essere ritrovato?

Capite bene che tutta la storia della misericordia non sta in piedi. Che siate il fratello maggiore o il minore, il punto è: bisogna spassarsela, e all’inferno tutto il resto. Il che a noi sta bene.
E io pago, dice il padre.
Detto tra noi demoni: se lui paga, io incasso.

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