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Piccole bugie

Il culto della verità è il più scrupoloso dei culti; essa è preziosa. Solo uno spirito grossolano si contenta di fare una distinzione fra le grandi verità, le verità esplosive, gloriose, che meriterebbero di essere difese, e la minutaglia trascurabile delle piccole verità.
Sono le piccole menzogne e le piccole ingiustizie lentamente infiltratesi che fanno marcire un paese ed esigono una rivoluzione. Non dobbiamo avere preferenza, un gusto malsano per la verità chirurgica, dobbiamo al contrario cercare modestamente di evitare l’azione chirurgica con la pratica regolare della verità igienica.

Ch. Péguy, «Lettre du provincial»

La bugia più grande è quella che ci raccontiamo quando sosteniamo che le piccole bugie sono necessarie.

Una fede sconfinata

L'uomo che mastica di scienza oggi crede a materia oscura e universo inflattivo come poco più di cent'anni fa credeva all'etere e duecento anni fa alla flemma. I pochi che sono consci del fatto che non abbiamo la più pallida idea di cosa sia il mondo ma solo di come si comporta sono guardati come scomodi idioti. Colui che irride chi crede negli angeli ha una fede sconfinata nella propria ignoranza.

Un piccolo dono

Spesso qualcuno accusa i cristiani (è più semplice un preconcetto che si applica ad un'entità generica) di avere una fede cieca, di non domandarsi mai quanto sia vero ciò in cui credono. Non nego che per qualcuno possa essere così. Nel mio caso è proprio la realtà cristiana in cui sono, il carisma a cui appartengo che mi spinge, stimola, incoraggia a verificare, a domandare le ragioni. Avete presente il post dell'altro giorno? Bene.
Dopo avere ascoltato dal vivo quelle parole ho fatto partire la verifica. Il domandarmi se veramente mi convenga essere cristiano. Se davvero i miei desideri siano realizzati, se davvero nei fatti della mia vita ci sia qualcosa di inspiegabile per la logica del mondo, qualcosa di precluso ai miei tanti amici non credenti, a cui non potrei altrimenti giungere.

Cosa si fa quando si ha bisogno di qualcosa a cui non si riesce ad arrivare? Si domanda.
Io ho domandato di potere vedere, un segno che mi facesse ri-capire che questa Grazia esiste. Non crediate che si sia trattato di un formalismo, di un "proviamo, tanto è lo stesso". E' la mia vita che è in gioco, e io gioco sempre seriamente.

La risposta è stata spettacolare. Nel giro di un quarto d'ora si sono realizzati tre eventi, tre miei desideri nascosti si sono realizzati, lasciandomi senza fiato, esaltato, stupito come un bambino al suo primo Natale.
 Non dirò cos'erano. Cose se vogliamo banali, mie, con probabilità di realizzarsi basse, bassisime o assolutamente straordinarie. Forse voi direte che si è trattato di un caso; forse direte che è stata fortuna, e che sono un illuso. Ma quando chiedi un regalo e lo ricevi, cosa è più probabile, che sia un caso o il segno che qualcuno ti vuole bene?

Sembra su misura

Ripensavo alla notizia, udita l'altro giorno, di come si sia riusciti a creare cellule sanguigne riprogrammando i tessuti della pelle di un donatore. Non appare così lontano il momento in cui riusciremo a rigenerare i nostri stessi organi; e senza sacrificare embrioni, senza uccidere altri esseri umani.
La soluzione è stata cercata e trovata perché non ci si è fermati alla prima risposta, quella apparentemente facile. E la soluzione"giusta" c'era.

Si cerca una risposta solo se si è certi che una risposta ci sia. Solo se si è sicuri che la realtà sia positiva, buona, accessibile alla ragione, compensibile. Nessuno spreca un briciolo di tempo nello ricercare quello che è convinto non possa esserci. Chi parte da una idea negativa non si muove. E niente troverà a meno che, inciampando per caso, non accetti di lasciarsi colpire dalla realtà, cambiare idea. A meno che non sia la realtà stessa a cercare lui.

Noi viviamo in un mondo che sembra fatto per noi. Le costanti fisiche sono tali che assicurano la nostra esistenza; se il nostro universo, il nostro sistema solare, il nostro mondo fosse anche solo leggermente diverso noi non ci saremmo. Non solo: se guardiamo certe caratteristiche dei materiali, dell'acqua, di atomi e molecole si resta stupiti di come si adattino perfettamente a questa o quella esigenza. Viene da pensare che il mondo sia fatto in modo segreto apposta per noi, su misura. Che quello che v'è di brutto è perché abbiamo troppa fretta, pretendiamo di imporci invece di cercare.

Sì, sembra proprio che la realtà sia progettata per essere buona. Come i regali la mattina di Natale, come una casa costruita per noi, da chi ci ama.

  

Il miracolo

NEW YORK – dal nostro inviato

Le reazioni all’incredibile miracolo realizzatosi in mondovisione non si sono fatte attendere. Il consiglio di Sicurezza dell’ONU si è riunito d’urgenza, ma non ha ancora deciso su un documento comune a causa dei veti incrociati di Stati Uniti e Cina. Sembra probabile che il risultato finale sarà una risoluzione generica di condanna per “l’inaccettabile interferenza divina verso la libertà umana” ma senza il discusso accenno ai diritti umani che fino alla tarda serata di ieri sembrava inevitabile. E’ comunque scontata la censura verso la Santa Sede per l’appoggio fornito all’evento. Sono numerosissime le mozioni presentate da oltre duecento membri dell’assemblea per denunciare il “complotto giudaico-crociato” (come sostenuto dal presidente iraniano), la “strumentalizzazione di un effetto naturale di natura ignota e non riconducibile, malgrado le apparenze, all’esistenza di un’ipotetica ed inesistente entità superiore” (Cina), “preoccupazione e sgomento per l’indebita interferenza ecclesiale negli affari umani” (Spagna).

Si segnalano saccheggi e violenze verso le minoranze cristiane in diversi paesi mediorientali, asiatici e africani. In India sono stati dati alle fiamme un orfanotrofio e un ospedale. Le vittime sarebbero almeno una decina.

In Francia le associazioni dei medici e fisioterapeuti hanno inoltrato una vibrata protesta, denunciando “l’inqualificabile abuso e l’indebito esercizio della professione medica”, e inoltrando una denuncia alla corte europea dei diritti dell’uomo. Francois Bregnac, direttore dell’agenzia “Medicine dans l’homme”, ha evidenziato i pericoli connessi all’evento miracoloso: “Già abbiamo avuto un calo dei ricoveri ospedalieri di oltre il 30%. Continuando in questa maniera si corre il serio rischio di vanificare tutti i nostri sforzi sulla prevenzione e cura tempestiva delle malattie. Sacrifici di decenni buttati al vento.” L’UE ha aperto un’inchiesta.

In Italia la CGIL ha indetto uno sciopero generale di quattro ore ed una manifestazione a Roma per il 10 giugno.

Mentre negli ambienti laici e scientifici ci si interroga e si indica “doverosa prudenza” verso un avvenimento indicato via via come un “clamoroso effetto speciale”, “una allucinazione collettiva di scala mondiale” e in ogni caso “di natura ancora inspiegata e di cui probabilmente mai giungeremo a conoscere la vera sorgente”, su Internet e Facebook si possono già trovare centinaia di siti che parlano di “energie spirituali umane che si mascherano come cristiane”, di “alieni”, “complotti atlantidei”, “secondo avvento” e “bufala del secolo”.

L’UARR ha chiesto le scuse ufficiali del Vaticano e delle reti televisive che hanno trasmesso l’evento. Il portavoce radicale ha affermato: “Se Dio si spinge sino a fare un miracolo in pubblico vuol dire che ormai è proprio ridotto alla frutta.”

L’ufficio stampa della comunità valdese ha affermato che “da parte di Dio è stata un’azione sconsiderata. Così si mette in discussione la nostra fede, che non si può basare sui miracoli”.

Il vescovo di Parbianise, Mons. Gino Polenzi, ha fortemente stigmatizzato “un avvenimento che ci riporta ai tempi del medioevo e non tiene minimamente conto della dialettica pastorale”. “Fatti come questo”, ha aggiunto, “mandano indietro di cent’anni il dialogo ecumenico”.

L’operato divino è sotto indagine anche da parte del parlamento e della magistratura. “Insomma”, è il commento di un parlamentare che intende restare anonimo, “questo Dio chi si crede di essere?”

Una piccola richiesta

Cari amici laicisti che sostenete con assoluta certezza che la Sindone è un falso, posso farvi una richiesta piccola piccola?
Vedete, io sono cattolico e la mia fede non poggia su quel telo; se saltasse fuori che è stata fatta nel medioevo, come sostenete, ne prenderei nota e basta.

Però se fosse stata realizzata da qualche ignoto protoscienziato del milletrè allora quello che vorrei veramente è il brevetto.
Già, perchè sai che figata? Una procedura per imprimere un’immagine su un telo. Che non usa pigmenti. Con una nitidezza di particolari impressionante. E con informazioni tridimensionali! Ci pensate alla applicazioni di questa tecnica? Sai le T-shirt, le lenzuola? Se è stata fatta settecento anni fa probabilmente è stata anche usata una tecnologia primitiva, facilmente riproducibile con gli immensi mezzi odierni. Sì, so che parecchi ci hanno tentato, ma i risultati sono molto lontani dall’originale. Chissà quante prove, quanti esperimenti deve avere fatto quel lontano scienziato per ottenere un simile risultato. Davvero strano che solo la Sindone sia rimasta.

Certo, visto che l’immagine è quella di un corpo morto torturato orribilmente posso capire che il suo artefice non si sia rivelato. Un criminale. E geniale, per avere elaborato questa tecnica unica che nessuno, nè prima nè dopo, ha usato per altri scopi.
Tecnica che adesso vorrei.
Allora, me la fate brevettare?

Satana su rotaia

La fede è il mezzo con cui normalmente conosciamo le cose. Non siete d’accordo? No? La mia è solo l’opinione falsa e reazionaria di un cattolico? Allora vi chiedo questo: in quale parte del film "Casablanca" Humphrey Bogart dice la famosa frase "Suonala ancora, Sam?"
Risposta: mai. Non ci credete? Guardate il film…

Altra domanda. E’ universalmente noto che Papa Gregorio XVI vietò a Roma, durante il suo pontificato, i lampioni a gas e la ferrovia. La ferrovia, in particolare, venne da lui definita "satanica".
Bene, e quando lo disse?
"In un’enciclica"
Bene, ce le abbiamo tutte qui. Quale in particolare?
"Ehm…no, era una bolla".
"Ecco qui le bolle. Mi sapresti indicare…"
"Dammi un minuto…questo no, neanche questa…"
Mi sapresti almeno dire la frase esatta di condanna?
"La definì infernale. Anzi, satanica. No, infernale…"
Esatta, avevo chiesto…
"Ah, ecco: all’inaugurazione della ferrovia Napoli-Portici, la prima strada ferrata italiana! Disse che si trattava di "Satana su rotaia". Addirittura!"
Che strano. Ferdinando II era ben cattolico, trovo curioso che avesse acconsentito ad una pratica condannata dalla Chiesa. Poi, guarda, una citazione di un giornale d’epoca:

Dopo questo primo viaggio (prova) fu preparato un altare per la solenne benedizione, e a ciò vi adempì Monsignor Giusti, Vicario di Napoli. Una salva di artiglieria annunziò al pubblico l’adempimento di quell’atto religioso

Non è strano che addirittura il Vicario abbia benedetto ciò che il suo diretto superiore definiva satanico?
"Uh…aspetta, aspetta: ecco qui, disse "Chemin de fer, chemin d’enfer".
Interessante. Quindi un frate camaldolese sancì la condanna delle diaboliche ferrovie facendo un gioco di parole in francese?
"Sia come sia…intanto tutta Europa ne rideva."
Ah, sì, questo lo scrisse Massimo d’Azeglio, delegato dalla massoneria a propagandare la causa della distruzione della casa pontificia presso i Savoia, in un saggio sull’ammodernamento dello Stato Pontificio del 1846. Strano però: dice che il Papa non aveva fede nelle ferrovie, ma niente accenni a Belzebù…boh! sarà stato male informato…
"Intanto il Papa scrisse al primo ministro inglese Gladstone che le ferrovie causavano la tisi…e lo dice addirittura Wiki, figuriamoci!"
Questa un pochettino la trovo diffile da credere. Non fosse altro che, all’epoca della morte di Gregorio, Gladstone aveva trentacinque anni ed era da poco entrato in politica. Sarà primo ministro per la prima volta 22 anni dopo. Aggiungerò che nella biografia di Gladstone questo aneddoto proprio non si riesce a trovare.
"Però credeva che il motore a vapore fosse opera del demonio! Questo non lo puoi negare! Tutti quei fumi, il fuoco…"
Non si spiega allora come mai promosse il servizio dei battelli a vapore sul Tevere. E da uno di quei battelli sputacchianti fumo salutava la folla…
"Ma allora, perchè vietò le ferrovie?"
Non le vietò. Semplicemente non ne autorizzò la costruzione. Una commissione fu istituita nel 1840, ma i progetti presentati erano tutt’altro che vantaggiosi.
Ti ricordo che era scoperta nuova e tutt’altro che sicura; anzi si erano verificati incidenti anche piuttosto gravi.  Lo Stato pontificio non aveva nè il ferro nè il carbone nè la tecnologia, che si sarebbe dovuta fare arrivare dall’estero; vale a dire quell’Inghilterra che ai cattolici l’aveva giurata e che, qualche anno dopo, finanzierà l’avventura garibaldina. Il costo era spropositato, specie per le magre finanze romane. C’erano dei timori economici, e probabilmente anche politici.
Malgrado ciò, Gregorio ebbe a dire che sicuramente il suo successore avrebbe dovuto metter mano alla faccenda. Di fatto, appena insediato Pio IX diede il via alle costruzioni che, con alterne vicende, terminarono dieci anni dopo.
Alla morte di Gregorio il totale delle strade ferrate italiane era 260 chilometri. Il Regno di Sardegna – sì, proprio quello degli avanzatissimi Savoia –  non ne aveva alcuna.
"Insomma! Era un bieco oscurantista antiscientifico! E’ noto che il cattolico ha paura della scienza, nuove tecnologie, degli avanzamenti nei trasporti!"
Intendi dire delle centrali nucleari, degli OGM, del ponte sullo Stretto di Messina, della TAV…? 
"Ma…cosa c’entra…ci sono buone ragioni…ragioni…"
Sì?
Allora, dicevamo all’inizio: la fede è il modo con cui si conosce normalmente. Ma credere senza prove, solo basandosi sulla fede in copiaincolla wikipedici scritti da laicisti menzogneri può essere pericoloso…per i creduloni.

PS: in effetti, un uomo di religione contrario alla ferrovia c’è stato. In questo secolo. Si chiamava Gandhi.

La prova scientifica dell’esistenza di Dio

No, non ce l’ho. Ma vi pongo questa domanda: e se ci fosse? Se sulle cellule un nuovo microscopio rinvenisse il copyright stilato in caratteri monoatomici ? Se scrutando il cielo con l’ultimissimo satellite si scoprisse la sua mano intenta a tracciare scritta "Va bene, mi avete trovato" in lettere alte tre anni luce? Se il nuovo telescopio a neutrini di Higgs risalendo indietro nel tempo confermasse i racconti evangelici fino all’ultima virgola, resurrezione compresa?

Per voi, cosa cambierebbe? Nella vostra vita, nel vostro comportemento di tutti i giorni, nella maniera con cui vi rapportate alle persone, cosa cambierebbe?

Siate onesti con voi stessi, e sinceramente rispondete.

Le colonne della Repubblica

I giornali di oggi scrivono che è finalmente nata la Terza Repubblica. Non sono d’accordo: la Terza Repubblica è nata già quell’autunno, quando gli scandali denunciati da queste colonne ebbero la loro conclusione nelle dimissioni del governo e nuove elezioni. Ricordiamo tutti le provvidenziali iniziative giudiziarie che tolsero ai corrotti despoti della Seconda repubblica la possibilità di ingannare ulteriormente gli italiani. E poi le scosse dell’ondata moralizzatrice: le ronde della pulizia, le leggi sempre più restrittive sulle lunghezze delle gonne, l’assalto agli studi televisivi dove veniva registrato il famoso programma; e, dopo la sostituzione delle veline con le velate, il divieto di classi miste nelle scuole, la Bonino in abito lungo che inneggia alla castità, Scalfari Presidente, Di Pietro Giudice Supremo…

Il tempo è passato, e ormai quei provvedimenti indispensabili sono entrati nelle abitudini di ogni italiano. Non si può negare che la sicurezza sia molto migliorata. Il coprifuoco è universalmente rispettato, senza più i deplorevoli incidenti causati in passato da facinorosi; ed è molto raro ormai vedere la polizia dare la giusta punizione ad una donna trovata senza la prescritta cuffietta, o arrestare una coppia sorpresa senza la sua PaCA – Patente Convivenza Approvata.

Nessuno si può permettere di discutere i valori di dirittura morale che fondano la nostra nuova Repubblica: nè i vescovi dalle loro celle nè gli sparuti rimasugli dell’opposizione in esilio.
Dove saremmo finiti se non si fosse data una ripulita a tutta quella sporcizia dilagante? Se non si fosse provveduto ad educare, ad inquadrare la gioventù? La lettura obbligatoria dell’organo ufficiale della Repubblica stessa, una Repubblica fondata su Repubblica come ebbe a dire con una bella frase il compianto direttore, è il passaggio indispensabile per plasmare le menti delle giovani generazioni.

E oggi, con l’esecuzione per Depravazione Reiterata dell’ex-premier, possiamo dire di esserci tolti di dosso una volta per tutte il retaggio del passato.

Noi italiani finalmente oggi possiamo entrare nel novero delle nazioni civili, dove una cosa come il peccato contro lo Stato e la Morale semplicemente non può essere permessa.
Chi non si sa controllare deve essere controllato. E chi ha qualcosa da dire, lo dica adesso.

Filosofia spicciola

La tigre alza la testa. “Qual’è lo scopo della vita?”, domanda.
Il filosofo apre i sacri testi. Parlano di selezione naturale e nichilismo. “Divorare vivo l’altro”, replica.
“Ah”, dice la tigre leccandosi i baffi, “Mi piace come risposta.”

I fatti e l’amore

Fatto:
Il preservativo ha un tasso di sicurezza intorno al 90% (85-93%). In altre parole, usato per la prevenzione delle nascite in ambiente ottimale ed informato in un caso su 10 il risultato è una gravidanza. Notare che una donna è fertile per un numero limitato di giorni al mese e che comunque anche in periodo fertile non ogni rapporto conduce alla gravidanza
Fatto:
I virus, ad esempio quelli dell’AIDS, sono molto ma molto più piccoli di uno spermatozoo, e sono attivi sempre. A differenza dello spermatozoo, non hanno bisogno di un posto predefinito per attecchire, basta il contatto con una mucosa.
Fatto:
Studi che dimostrano che in una elevata percentuale (circa un terzo) dei preservativi intatti ci sono micropori o imperfezioni sufficienti a lasciare passare microorganismi di dimensioni virali
Fatto:
In condizioni non ottimali (clima troppo caldo, polvere, età del dispositivo, non corretta conservazione, uso non corretto, riuso) il preservativo offre protezione appena superiore al rapporto non protetto
Fatto:
Le campagne di uso del preservativo hanno creato la mentalità per cui chi lo usa si sente completamente al sicuro e quindi è spinto a comportamenti a rischio con la senzazione dell’invulnerabilità
Fatto:
I paesi africani dove le campagne anti-AIDS hanno fatto affidamento sull’uso esclusivo del preservativo hanno visto il proprio tasso di sieropositività crescere a dismisura.
Fatto:
Dichiarazioni del Papa durante il viaggio aereo verso l’Africa
Domanda: "La posizione della Chiesa cattolica sull’argomento Aids viene spesso considerata non realistica e non efficace". "Io – ha risposto il Pontefice – direi il contrario: penso che la realta’ piu’ efficiente, piu’ presente sul fronte della lotta contro l’Aids sia proprio la Chiesa Cattolica, con i suoi movimenti, con le sue diverse realta’. Penso alla Comunita’ di Sant’Egidio che fa tanto, visibilmente e anche invisibilmente, per la lotta contro l’Aids, ai Camilliani, a tutte le Suore che sono a disposizione dei malati… Direi che non si puo’ superare questo problema dell’Aids solo con slogan pubblicitari. Se non c’e’ l’anima, se gli africani non si aiutano, non si puo’ risolvere il flagello con la distribuzione di profilattici: al contrario, il rischio e’ di aumentare il problema".
Fatto:
"La Francia esprime la sua più viva inquietudine per le consequenze delle dichiarazioni di Benedetto XVI", "Crediamo che tali dichiarazioni mettano a rischio le politiche della salute pubblica e gli imperativi di protezione della vita umana"
"I preservativi salvano la vita, tanto in Europa quanto in altri continenti" (Germania)
il preservativo "è uno degli elementi essenziali nella lotta contro l’Aids e la Commissione Ue ne sostiene la diffusione e l’uso corretto" (UE)
"Queste parole sono inaccettabili. E’ una negazione dell’epidemia. (…) Chiedo che queste parole vengano ritirate, in modo chiaro". (Fondo mondiale per la lotta contro l’Aids)
Spagna: un milione di preservativi in Africa

Alla luce di quando sopra, ci si domanda se le dichiarazioni del Papa siano state lette, se lette siano state capite, e se pur capite, le reazioni esposte siano dettate da odio, cecità, semplice ignoranza, i cospicui milioni di qualche azienda o da un progetto globale di chi ha tutto l’interesse in un Africa povera e malata.
Ma questi non sono più fatti: è il giudizio che, da poveri esseri umani bisognosi non di gomma ma di amore, con i fatti davanti ci tocca dare.

Vietato

La tensione era palpabile nella sala stampa. Il verdetto era atteso da un momento all’altro. Alcuni dei giornalisti raccoglievano scommesse.
"Quanto sono le quote?" "Due ad uno."
Il vecchio cronista estrasse un paio di biglietti dal portafoglio e li porse al collega. "Duemila che passa".
"Non ha senso. Perchè mai un giudice dovrebbe legittimare una sentenza che lo delegittima?"
Il giornalista anziano guardò con disgusto il pivello che avevano mandato a seguire il caso, un ragazzino con appena un’ombra di barba sulle guance, e sospirò. Li spedivano in prima linea sempre più giovani, il ricambio era frenetico. Era un mestiere duro. "Tutto questo è cominciato molto tempo fa, ragazzino. Cominciarono con sentenze che non punivano gli stranieri quando infrangevano leggi in conflitto con le loro usanze…"
"Non capisco che cosa c’entra questo…"
"Shhhh, ragazzo, lascialo continuare". Alcuni altri, con uno strano sogghigno sul volto, si erano avvicinati alla coppia. Era sempre interessante vedere un professionista del giornalismo all’opera.
"…poi la cosa andò avanti con i pronunciamenti che autorizzavano quei disabili eccetera ad ammazzarsi…o ad essere ammazzati…basta che lo volessero."
"Ancora non capisco."
"Perchè sei troppo giovane. Non ti ricordi com’era una volta, quando non c’era il diritto al suicidio. Pensa che un tempo addirittura c’erano leggi che imponevano cose come le cinture di sicurezza."
"Le cinture? E perchè imporle? Se uno desidera viaggiare senza che male c’è? Il corpo è suo."
"Appunto, adesso ragioniamo così. Ma allora si pensava che se uno voleva farsi male non ne aveva il diritto."
"Mi sembra davvero incredibile. E quanto tempo fa questo?" chiese, prendendo appunti.
"Oh, credo che tu non fossi ancora nato. Vedi, una volta assodato che le leggi dipendevano da dove uno era cresciuto, o che la libertà era più forte della vita, il resto è stato discesa. Non esiste una verità, o una legge valida per tutti, e questo si è capito, alla fine. E quindi…"
"Ma la libertà di ognuno di noi finisce dove inizia la libertà dell’altro. Dice così…"
Il vecchio cronista liquidò con un gesto eloquente la frase del suo interlocutore. "Stronzate. Se non esiste una verità neanche questa è una verità. E quindi tutto dipende da chi ha la libertà più grossa" disse, strizzando l’occhio agli astanti. Gli altri cronisti esplosero in una risata collettiva. Un paio si diedero di gomito. Ci sarebbe stato da divertirsi, adesso.
"Ma la nostra civiltà è basata…" Le parole gli morirono in bocca. Tutti si erano fermati a guardare lo schermo collegato con l’aula del tribunale, dove un giudice stava leggendo un foglio. Un sospiro collettivo segnò la fine della lettura.
"Visto, pivellino?" disse il veterano, riscuotendo la vincita "I giudici hanno appena giudicato che è illegale imporre qualunque cosa ad un individuo, ledendo la sua libertà. In altre parole, nessuna legge può dirmi cosa fare o non fare."
"Ma è mostruoso! Hanno appena abolito la loro stessa autorità!"
"E credi che non lo sappiano? Ma sono fatti così: non possono resistere di fronte ad una sentenza che li farà passare alla storia, o ad un talk-show. E adesso togliti dai piedi, che devo postare il pezzo."
"Scusa, nonno, ma ero prima…"
La ginocchiata sollevò il ragazzo di quasi mezzo metro. Il vecchio cronista infierì per un po’ con le scarpe chiodate, poi perse interesse quando l’apprendista smise di lamentarsi. Gli altri giornalisti anziani ridacchiavano. Non c’era più la gioventù di una volta. Erano ben pochi quelli che riuscivano ad uscire senza ossa rotte dal loro primo incarico.
Il veterano terminò l’articolo e lo mandò al giornale, quindi uscì dalla sala stampa scavalcando il corpo del pivello che ancora non si muoveva.
Si accese una sigaretta, e si mise a fumarla guardando la città dalla balconata. Già si alzavano le prime nubi di fumo dei saccheggi. In lontananza una donna urlava, e sembrava che il grido non avesse mai fine. Sul muro di fronte, sopra i sacchi di immondizia ammucchiati si intravedeva una scritta stinta di tanto tempo prima, quando l’anziano giornalista aveva l’età di quel pivello cretino, o forse meno. Diceva "vietato vietare". Il cronista sogghignò. Chi diceva che il passato non ritorna?

Il triste caso del dottor Goebbels e della sua famiglia

Il dottor Goebbels era sicuramente un uomo straordinario. Mente brillante, grande oratore, l’uomo che più di ogni altro nel secolo scorso ha saputo sfruttare la grande arma della propaganda politica. Coraggioso e coerente fino alla fine con i suoi principi. I quali includevano, tra l’altro, la superiorità della razza ariana, la celebrazione della potenza dell’uomo come valore primario, il disprezzo per il cristianesimo, la certezza che andassero eliminati tutti gli ostacoli al miglioramento della umanità come malati mentali, storpi ed ebrei.
Goebbels era totalmente devoto alla causa di Hitler. Suo ministro della propaganda, fu anche grazie a lui e alla sua travolgente retorica che la Germania resse così a lungo anche di fronte a tremende sconfitte. Un grande, nel male.

Goebbels aveva una bellissima famiglia. Aveva sei figli, uno più splendido dell’altro. Sono struggenti i filmini in cui si vedono questi bei bambini biondi insieme alla madre e al padre, la loro vita, i loro giochi.  Il gerarca nazista non si faceva scrupolo ad usarli per propagandare le sue idee.
Sono struggenti anche le foto che li ritraggono come li trovarono le truppe alleate entrando a Berlino. Ancora con i loro pigiamini indosso. Il padre li aveva avvelenati con il cianuro il 1 maggio 1945, prima di uccidersi a sua volta con la moglie. La più grande, Helga, aveva 12 anni; la più piccola, Helde, appena 4.

Aveva certo voluto risparmiare loro l’onta di quello che sarebbe successo dopo. Non poteva immaginare la loro vita in maniera diversa da quella che aveva sognato. Nella lettera in cui annunciava la decisione di non fare fuggire la sua famiglia da Berlino, dice che "i bambini avrebbero di certo approvato questa decisione se fossero stati abbastanza grandi per parlare per sé stessi". A questo, talvolta, può portare l’ideologia; a questo può portare il dolore; a questo, talvolta, può portare l’amore quando è colmo solo della sua misura.

Un privilegio raro

E’ il decimo anniversario della morte di Fabrizio de Andrè. Quando ero di parecchio più giovane di adesso ero un suo grande ammiratore; e il primo concerto a cui sia mai stato, ad una festa dell’Unità di troppi anni fa, uno dei suoi.

Mi è venuta in mente in questi gioni una sua canzone, o meglio una ballata che lui aveva tradotto e cantato. E’ una melodia semplice e struggente, il suo titolo è "Geordie"

Ciò che me l’ha richiamata alla mente è questa strofa:

Nè il cuore degli inglesi nè lo scettro del re
Geordie potran salvare,
anche se piangeranno con te
la legge non può cambiare

Quando ero giovane, e udivo queste parole, riuscivo a stento a comprendere che potesse davvero esistere qualcuno che mettesse la legge sopra la vita e la pietà. Allora pensavo che la legge dovesse essere in funzione dell’uomo, e non viceversa; e che se essa incatenava il buon senso andasse cambiata.
Se non si poteva cambiare, se neanche il cuore di un popolo e le scettro del re potevano farlo, che mostro era questa legge, che serviva questo scettro?
Erano anni di grandi ideali. Allora ero giovane. Adesso, la penso ancora così.

***

Come accenno nel post, non credo veramente che supplicare in questo caso serva, e ormai probabilmente è tardi. Ma il pony proviamo a sellarlo lo stesso, perchè non si può lasciare qualcosa d’intentato:
http://www.appelloanapolitano.enter.it/

I vicini

Credo che ci sia qualcosa che sfugge a molti dei commentatori che si sono variamente espressi sulla vicenda della Fraternità San Pio X, i tradizionalisti levefriani per intenderci. Lo scisma non è rientrato; queste persone sono le stesse che, in nome di un ideale di purezza, rifiutano tutto ciò che dicono di difendere. Sono tradizionalisti ma rifiutano il custode della tradizione; parlano in nome della Chiesa ma da essa si sono separati. E’ il guaio dell’ideologia, cioè il fare assurgere una parte alla dimensione del tutto.

E’ come fossero figli ribelli, che se sono andati da casa perchè in disaccordo con il padre.
Ora, a questi figli ribelli questo padre ha detto: questa è ancora casa vostra, se vorrete. Anche se rifiutate la mia autorità potete ancora entrare, sedervi al tavolo, mangiare il cibo che preparo. Anche se continuate a non riconoscermi come padre, anche se stiamo ancora litigando, per me siete ancora figli miei.
Ma ci sono i vicini. Sono dei poveretti, i vicini. Perchè non conoscono come può essere l’amore di una famiglia, l’amore di un padre. Uno di questi figli li ha offesi; ha detto una parola sconsiderata, esagerata, cattiva…

L’avvocato Faria ringhiò. “I DeBenedetti stanno ancora litigando.”
Le voci irate arrivavano nitide attraverso i muri. Oh, come non li sopportava. Ecco cosa succede quando si hanno troppi figli: si finisce sempre per discutere con qualcuno di loro.
Faria figli non ne aveva. La moglie era morta qualche anno prima, dopo una dolorosa malattia. Adesso conduceva una vita solitaria, alimentata da un carattere irascibile ed abitudinario che lo portava spesso in contrasto con i vicini. Aveva cause aperte con mezzo condominio; e anche con i suoi dirimpettai, peraltro lontani cugini, il rapporto non era facile.
Aprì la porta del pianerottolo e sbirciò fuori. A quanto pare, questa volta le cose erano peggiori del solito. Anche la porta antistante era aperta. Sembrava che due dei ragazzi stessero rimproverando al padre qualcosa sulla conduzione familiare, con parole pesanti. Attraverso lo spiraglio potè vedere l’anziano genitore tendere una mano, e uno dei giovani allontanarla con uno scatto del braccio. La madre, su una sedia, singhiozzava piano. Faria scosse la testa. Tante chiacchere sul valore della famiglia, di qua e di là, e guarda che spettacolo indegno. Quei due stavano pretendendo di insegnare al padre come doveva comportarsi, sfidandone l’autorità. Nessun rispetto delle leggi e delle regole. Sentiva dentro di sè il disprezzo, mischiato a qualcosa che poteva anche essere invidia, o forse desiderio, da qualche parte in fondo al cuore.
La porta di casa DeBenedetti fu spalancata di colpo del tutto, con violenza. “Basta, non capisci niente! Consideri solo le nostre sorelle, e le nostre esigenze non le guardi nemmeno! Ce ne andiamo! Viaaa! Non voglio più entrare in questa casa!” Le parole furono urlate dalla soglia. A quanto pare la frattura si era consumata.
I due fratelli uscirono sul pianerottolo. Reggevano delle borse da viaggio piene: stavano proprio andando via. Uno dei due si voltò e scorse il vicino fissarlo attraverso la fessura della porta semiaperta. Faria fece per ritrarsi, ma ormai era tardi. Il ragazzo si girò verso lui, furente. “Embè? Si può sapere che hai da guardare, vecchio bastardo? Fatti gli affari tuoi, che tua moglie ti faceva le corna con tutto il caseggiato.”
L’avvocato Faria prima sbiancò, poi divenne tutto rosso per l’enormità della menzogna. Se c’era una cosa che non avrebbe mai messo in dubbio era la memoria della sua defunta moglie. Richiuse la porta di scatto. Questa non gliel’avrebbe fatta passare liscia, proprio no.

Alma DeBenedetti posò l’ultima forchetta vicino al tovagliolo poi, con una lieve esitazione, si diresse verso la grande finestra che illuminava il salone. La donna scostò le tende. Suo figlio era là fuori. Da quando se n’erano andati di casa spesso li sorprendeva – a volte uno, a volte l’altro – a passare davanti come per caso, spesso all’ora dei pasti. Un tempo questi venivano consumati tutti insieme, al grande tavolo della sala da pranzo, e se non erano mancati i contrasti anche l’allegria era grande. Ma ora era messa in questione la stessa autorità del capofamiglia. Il suo ruolo veniva negato. Ciò, per l’unità della famiglia stessa, non poteva essere permesso. Volontà ostinate, parole forti. E un figlio dagli occhi tristi sotto la finestra.
Sentì una presenza alle sue spalle. Suo marito Giuseppe era anche lui lì, in piedi, che guardava.
“Cosa possiamo fare?” Mormorò lei, guardando quel ragazzo così vicino eppure così distante.
Il padre scosse la testa. “Non sai quanto vorrei che fosse con noi, Alma. Ma sai bene che non posso cedere. Anche se avessi torto, e non ce l’ho, non posso permettere il loro atteggiamento. Una famiglia è fatta così: non è una costruzione immaginaria, non è una finzione, non è un gioco delle parti. Non si può starci dentro e pretendere di fare quello che si pare. Una famiglia, nel bene e nel male, è seguire.”
“Non vuoi dunque cedere, Giuseppe?” chiese la madre
“Non posso cedere,” rispose il padre “perchè l’unità di questa famiglia è attorno a me e a te, non contro di noi. Altrimenti si sfascerebbe tutto il resto.”
“E cosa possiamo fare, allora? Guardali, lì fuori. Neanche loro cederanno mai, per le loro convinzioni, e per orgoglio. Li perderemo.”
L’uomo si voltò, in silenzio. La tavola era imbandita. C’erano due posti mancanti.
“Prepara anche per loro,” disse rivolto alla moglie “e lascia la porta aperta.”
“Questo vuol dire che li perdoni?”
“Li ho già perdonati da un pezzo. Voglio che sappiano che possono ancora fare parte della famiglia, se vogliono, che tutto sta alla loro volontà."
“Se riconoscono il loro torto?”
“Se riconoscono di essere figli.”

L’avvocato Faria uscì di casa, e si arrestò immediatamente. Rumore di risa, di bicchieri. L’uscio dei suoi vicini era aperto, e si intravedeva una tovaglia apparecchiata, la famiglia seduta. Due posti erano vuoti, ma il cibo era nei piatti.
L’uomo sentì montare dentro la rabbia. Come osava. Come osava???
Entrò, spalancando la porta con tale impeto che le stoviglie tintinnarono. Le conversazioni si arrestarono e la famiglia DeBenedetti fissò l’estraneo che quasi non riusciva a prendere fiato per l’indignazione.
Faria indicò con il dito che tremava per l’ira i posti imbanditi e vuoti. “Questi…questi, cosa vogliono dire?”
Il padrone di casa, seduto a capotavola, si alzò in piedi. “Sono i posti di due miei figli che adesso non sono qui.”
“E’ oltraggioso! Dopo quello che le hanno detto, dopo quello che le hanno fatto! Avrebbe dovuto denunciarli! E poi, quello che hanno detto a me!”
Giuseppe DeBenedetti scosse la testa. “Ho sentito le frasi ingiuriose di mio figlio, e mi dispiace sinceramente. Nessuno di noi pensa qualcosa del genere.”
Faria spalancò gli occhi. “E perchè allora è disposto a riaccoglierli? Perchè è disposto a cedere? L’avviso, se continuerà ci scapperà la denuncia. Quel delinquente deve stare lontano da qui, e non vi rivolgerò più la parola fino a quando non si sarà umiliato pubblicamente. Non si deve permettere di riabbracciarlo.”
Il capofamiglia lo guardò negli occhi, e nei suoi occhi c’era dolore.
“Quello che mio figlio ha detto e fatto è responsabilità di mio figlio. E’ testardo, cocciuto, iracondo, ha idee sbagliate e condannabili; ma ognuno di noi può sbagliare. Non posso cambiare quello che è, solo lui lo può fare. Tutto quello che posso fare io è accoglierlo, perdonarlo, e dargli la possibilità di capire e crescere.”
“E’ un infame!” urlò Faria.
“E’ mio figlio.”, replicò DeBenedetti.
Con una esclamazione rabbiosa Faria si voltò e marciò verso l’uscita.
“Aspetti!” La voce della padrona di casa lo fece arrestare sulla soglia. “Qui abbiamo molto da dividere, da mangiare e di posto ce n’è in abbondanza. Vuole fermarsi con noi a cena?”
L’avvocato Faria esitò. Per alcuni lunghi istanti rimase in bilico tra l’accogliente ingresso della casa e il pianerottolo poco illuminato. Poi, senza voltarsi, senza mostrarsi in volto, uscì.
“Forse un giorno accetterà”, disse uno dei figli, rompendo il silenzio. “In fondo è una brava persona, e siamo parenti.”
“Speriamo,” disse il padre, guardando i posti ancora vuoti. “Forse un giorno saremo ancora tutti una famiglia.”

Un’umanità diversa

Oggi mi hanno mandato per mail una lettera comparsa su "Il Manifesto" intitolata "Follie di un missionario". E’ un commento scandalizzato dell’articolo di Tempi "Ecco il mio piccolo Gesù deforme".

La domanda è sempre quella: a che serve una vita così? Ma anche la risposta è sempre quella: a che serve la tua vita?

Non c’è alternativa. O odi tutto quello che ti richiama alla tua mortalità e alla tua imperfezione, anche un bambino idrocefalo, e pensi che l’unica soluzione sia sopprimerlo, o lo ami: ma questo è possibile solo in Cristo, perchè solo con la possibilità di una Redenzione è possibile non odiare la nostra imperfezione o quella altrui.
La sola soluzione che il Manifesto propone è bestemmiare il Creatore e, si legge tra le righe, sopprimere la creatura. Deridendo chi la ama. E rimanere così irrimediabilmente soli, irrimediabilmente rabbiosi, irrimediabilmente deformi.

«L’avvenimento di Cristo diventa presente “ora” in un fenomeno di umanità diversa: un uomo vi si imbatte e vi sorprende un presentimento nuovo di vita, qualcosa che aumenta la sua possibilità di certezza, di positività, di speranza e di utilità nel vivere e lo muove a seguire. Gesù Cristo, quell’uomo di duemila anni fa, si cela, diventa presente, sotto la tenda, sotto l’aspetto di una umanità diversa. L’incontro, l’impatto, è con una umanità diversa, che ci colpisce perché corrisponde alle esigenze strutturali del cuore più di qualsiasi modalità del nostro pensiero o della nostra fantasia: non ce lo aspettavamo, non ce lo saremmo mai sognato, era impossibile, non è reperibile altrove»

Luigi Giussani

Eluana, e le parole

Mi mancano le parole.

Quando il diritto è storto, quando si nega la possibilità della libertà in nome della libertà, quando si nega la speranza in nome della speranza;

quando si uccide chi non è considerato degno in nome della sua stessa dignità, quando non si chiama uomo ciò che uomo è, quando si chiama pietà la crudeltà;

quando l’uomo è fatto dalla legge ed è disfatto dalla stessa legge, quando si definisce civiltà ciò che nega la base della civiltà stessa, quando si pensa di essere padroni della vita solo perchè si è dispensatori della morte,

allora per definire tutto questo mi mancano le parole, perchè le parole si mostrano ingannatrici quando sono usate con malizia o ignoranza per deformare ciò che è.

Quindi starò in silenzio per un po’, e pregherò.

Contra Paperonem

Siamo in pausa, sto mangiando con i colleghi.
Uno di loro si volta verso di me e mi dice: "Hai visto che cazzata che ha detto il Papa oggi?"
Sospiro, conto fino a tre e gli rispondo: "No, ho lavorato e non ho perso tempo a guardare i notiziari. Cosa avrebbe detto?"
"Che i soldi non contano nulla. Nessun rispetto per quei poveretti che hanno perso migliaia di euro con la crisi…"
Ah, ho capito. Sorrido (quando i bambini mi vedono sorridere si mettono a piangere e cercano di nascondersi dietro qualcosa).
"Ma i soldi sono effettivamente poco importanti. Bisogna vedere come hanno detto o travisato le agenzie, ma c’è qualcuno che ha detto che "Non di solo pane vive l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio". E ancora: "Che serve all’uomo se guadagnerà tutto il mondo e poi perderà se stesso?". Il tizio che ha detto queste cose è lo stesso a cui il Papa fa di solito riferimento, si chiama Gesù. Se poi certi giornalisti il Vangelo non lo hanno mai letto, e quindi si dimostrano stupiti quando viene citato…"

Eh sì. I nuovi pagani si dimostrano scandalizzati dalle parole mai udite come i farisei ai tempi di Gesù. Come osa dire il Papa che i soldi sono meno importanti di Dio. Che fare affidamento su di essi per costruire la propria esistenza è quantomeno azzardato. Oh, sì, i soldi servono: ma se sono la cosa a cui si tiene di più, la fonte del nostro essere, il giorno del crollo dei mercati noi rimaniamo senza una vita. Non ci rimane che buttarci dal balcone.
Ma la vita c’è. E solo fondandosi su colui che ce la dà il nostro essere non è in balìa del caso. "Chi solo in Te spera non resta deluso".
Resta una constatazione: coloro che rimproverano al Papa di ribadire l’importanza di Dio sugli idoli sono gli stessi che pensano che la Chiesa dovrebbe occuparsi solo di Dio…  

Parla come mangi

Il postmoderno, in quanto condizione generale e non stile artistico, dev’essere valutato come un depotenziamento verso il grado zero della circolazione dei significati sociali che conduce verso il massimo dolore, la massima insignificanza dei significati sociali, la massima insignificanza dell’esistenza. E’ l’epoca della sussunzione reale: la società è diventata fattore di produzione capitalistica, perciò tutti gli elementi sono intercambiabili nella funzione di valorizzazione.

[E’ l’]esaurimento dei valori collegati ad una società capitalistica progressiva. Proprio l’inattualità, nella misura in cui si fa attraversare la tragedia della non realizzazione, impone l’essere.

Il movimento verticale di queste nubi cromatiche crea un’equivalenza tra i valori morali e temporali, imposti dalla struttura gerarchica della nostra mente.

(…) analizzate attraverso un’analisi storica a posteriori.

Dà al concetto un senso esistenziale e all’atto esistenziale un valore concettuale

Sopra alcune frasi tratte dal numero antologico di questo mese della rivista Flash Art. Personalmente, penso che l’arte sia come una barzelletta. Una barzelletta che non capisci e ti devono spiegare non è una barzelletta. Quando vedi un’opera d’arte ti devi accorgere che è un’opera d’arte, se te la devono spiegare un dubbio al fondo rimane. E così la scrittura, l’esporre un’idea, se è fatta solo per compiacersi e non per far capire è solo inchiostro o eco di voce. Certamente non è vita.

Follia

Cos’è questa follia per cui la verità dipende dall’uomo che l’enuncia? Dalla sua coerenza, dal suo carisma? Forse che se un elettricista è scarso le leggi dell’elettricità sono abolite? Quando un aereo cade sono invalidate quelle dell’aerodinamica? Un cristiano che non si comporta come tale non dice nulla della verità del cristianesimo, ma solo sulla sua coerenza personale. Se ruba ed uccide non è perchè così dice Cristo, ma nonostante quello che dice Cristo.
Ho già ricordato questo gustoso aneddoto:

A Londra, ad Hyde Park, un predicatore predica all’aria aperta, ma è interrotto ogni tanto da un individuo mal pettinato e sporco. – Sono duemila anni che esiste la Chiesa, sbotta ad un tratto l’individuo, e il mondo è ancora pieno di ladri, di adulteri, di assassini! ” Avete ragione, rispose il predicatore, ma sono due milioni di secoli che c’è l’acqua al mondo, e guardate in che stato è il vostro collo!”
In altre parole: ci sono stati dei cattivi papi, dei cattivi preti, dei cattivi cattolici. Ma questo che significa? Che è stato applicato il Vangelo? No, che viceversa, in quei casi, il Vangelo non è stato applicato!

Tutta questa follia ha però un risvolto, cioè che condanna gli uomini a vivere con una maschera, a dovere essere sempre all’altezza. E’ la follia di chi vive di moralismo. Di ruoli, anzichè di ragioni; di regole, anzichè di misericordia. Per cui quando uno si scopre incapace di essere all’altezza dell’immagine che si è costruito diventa un incapace, un fallito, un reietto.

“(…) Maledizione del ruolo sociale per il quale siamo stati istruiti ed educati, ed abbiamo recitato “per tutta la vita”, cioè per la metà del nostro tempo da vivere: toglieteci il ruolo, non siamo più neanche l’attore.”
(Daniel Pennac, Diario di scuola)

Quanti falliti, falliti nella propria illusione, sacrificatisi sull’altare dell’assurdo.
“Non sacrificio, ma misericordia io voglio”.  Quanto è più grande il sapersi amati, comunque, con tutti i difetti, tutte le incoerenze; e con il sorriso cercare di correggersi, per essere santi, per essere degni di tanto amore.

Barbone_dito_medio

Disordine

Mi parlavano di una persona che per lavoro era a contatto di grandi mali, quei mali che ripugnano all’anima, come un colpo allo stomaco.
E che diceva: Dio non c’è. Se no come potrebbe esistere questo disordine?

Ma nel mondo c’è ordine, tanto è vero che quando questo si rompe noi riconosciamo immediatamente questo disordine, questa rottura, riconosciamo il male.
Allora forse Dio è malvagio?
Ma se Dio è malvagio, allora il bene del mondo da dove arriva? Chi è che fa il bello? Perchè il bene c’è, se no potremmo lamentarci della sua mancanza. Chi lamenta solo il male distoglie la faccia dalla luce. Allora la domanda diventa piuttosto: perchè non impone il Suo ordine?
Ma se Dio impedisse ogni atto che non fosse benigno, dove finirebbe la nostra libertà?

Se invece Dio non esiste, allora le sofferenze, e il dolore, che pure ci sono, non hanno senso. Nessun senso. Quindi è inutile lamentarsi di esse, perchè accadono. Dobbiamo subirle tutte, e poi sparire nel buio della tomba dove prima o poi andremo. Anche il cielo stellato finirà.

Però prendiamo il caso che Dio esista, e che sia buono. Che per riscattare il male del mondo, per mostrarci che esiste qualcosa oltre si sia fatto uomo, e per questo sia morto in modo orrendo, ucciso da quegli stessi uomini che era venuto a salvare. Che questo suo sacrificio ci abbia redento. Che abbia dato un senso alla sofferenza. E annunciato la giustizia futura, quella che equilibrerà il dolore del mondo.
Già, perchè senza un Dio e una redenzione, chi ce lo leva il male? Il male, che prova che Dio c’è come il buio prova che esiste la luce.

Chiedimi se sono felice

Quando ci si saluta di solito si chiede "Come va?", o "Come stai?", e uno va giù di giri di parole o di frasi di circostanza. N’accidenti se qualcuno mai ti chiede se sei felice.
Forse perchè normalmente non ce ne frega niente (ed è parte del problema); e perchè poi si è scettici che la felicità possa esistere.
Però, se a me chiedono "come stai" rispondo uhm, o così così; se mi chiedessero "sei felice" dovrei rispondere .
Perchè la felicità sta al "come va" nello stesso rapporto in cui il mare sta ad una pozzanghera. La prima è faccenda molto più profonda.

Di felicità ne vedo però in giro poca.
Qualcuno dirà che è felice chi è ricco, chi ha i soldi; questo o quel politico, o attrice, o calciatore.
A giudicare dal tasso di divorzi, scandali e ricoveri in cliniche di disintossicazione permettetemi di dubitarne. Guardateli in faccia quelli, o meglio, negli occhi.

Qualcun altro potrà dire: è felice chi vive rettamente e fa del bene. Anche di questo dubito. C’è gente retta e giusta che sembra mangi rospi a colazione.
Hanno il mal di pancia per la rabbia di non potere essere un po’ ingiusti anche loro oppure sono tristi, tristissimi e incavolati con il mondo perchè il loro essere giusti non è riconosciuto, non solo, ma sono anche presi in giro per questo.

Se cerco di mettere nomi e cognomi i soli che conosco che siano felici sono cristiani. Può essere un caso, può essere parziale, ma questo è quanto io vedo.
Perchè i cristiani (i veri cristiani, non i moralisti) sanno che loro consistenza non è nell’essere giusti o ingiusti, ma nell’amare, e nel fatto che chi ti ama ti perdona. Chi si perdona da solo è disperato, perchè sa che cattivo soggetto sia l’oggetto del suo amore, se stesso.
Sei felice quando non hai paura del mondo e sai che la misura di te non è nei tuoi sbagli. Insomma quando sei figlio nelle braccia di un Padre che ti ama.

La folla

E’ tardissimo quando finalmente riesco a sedermi sul divano. Accendo la TV, c’è il telegiornale della notte. Una manifestazione “spontanea" viene commentata da un giornalista evidentemente simpatetico. Alcune donne sfilano, urlano, issano cartelli. Gridano di avere diritti, minacciano, protestano. Alcune spingono dei poliziotti a loro volta spinti da dietro da un nugolo di fotografi.

Ad un tratto, però, succede qualcosa di strano. La folla comincia a correre via, prima le donne, poi dietro la polizia e quindi i fotografi che continuano a scattare come ossessi.

La strada rimane vuota, completamente vuota. Non si vede più nessuno.

Poi, un movimento. La telecamera inquadra.

E’ una folla che s’avanza, molto ma molto più grande di quella di prima. Strabocca dalle vie laterali, riempie il viale alberato fino dove l’occhio giunge. Si muove silenziosamente, lenta, senza un suono. Sono bambini.

Bambini piccolissimi. Non potrebbero camminare con quelle gambette sottili, eppure lo fanno. I più grandi sono alti forse venti centimetri, tutti gli altri meno. Portano in braccio manciate di quelli che sembrano pescetti, bottoncini rossi. Tutti sono coperti di sangue.

Avanzano, avanzano. Sotto i miei occhi cominciano a cambiare. Si allungano, crescono. Lasciano cadere in terra i bottoncini che diventano pescetti e poi assumono anch’essi forma umana, alzandosi su esili arti. Adesso sono come neonati, e nel giro di qualche istante sembrano avere un anno, poi cinque, sono già ragazzi. Parecchi hanno gli occhi allungati e un sorriso dolcissimo. Alcuni si appoggiano gli uni agli altri, storti, continuando a sfilare come un fiume che non finisce mai. Ma in maggioranza sembrano solo infinitamente tristi mentre camminano senza voce.

La ripresa si avvicina, e una figura tra quella folla si ferma. Viene inquadrata in primo piano.

Compare un microfono, si ode la voce dell’intervistatore: “Diteci cosa volete. Volete aiuto?”

La ragazza è pallida, con i capelli lunghi e gli occhi scuri, e parla rivolta alla telecamera.

“Un aiuto sarebbe servito, ma non ci è stato dato.”

“Volete vendetta?”

“E che vendetta potremmo volere dalle nostre madri? Di loro abbiamo pietà: noi ormai siamo oltre la sofferenza, ma loro no.”

“Volete giustizia?”

“E che giustizia umana potrebbe mai esserci per noi? E chi potrebbe giudicare?”

“E allora, diteci, cosa volete? Cosa volete?”

Mi sveglio di colpo. La schiena mi fa un po’ male, e il telegiornale è finito da un pezzo. Mi sono addormentato. E’ proprio ora di andare a letto.

Mentre spengo la TV mi echeggia ancora in testa l’ultima frase del mio sogno, la risposta alla domanda finale.

“Volevamo solo crescere amati. Ma per questo ormai è tardi.”

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