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Nessuna misericordia – 7 – Lascia i morti dove stanno

Buongiorno, compagni demoni. Qui è il vostro arcidiavolo preferito, Berlicche. Cosa sono quelle facce? Vi aspettavate forse ancora il mio disgraziato nipote, l’ex demone di seconda classe Malacoda? O è sollievo, quello che vedo sui vostri volti? Vi capisco; quel buono a nulla non doveva far altro che seguire gli appunti che gli avevo lasciato ed invece ha fatto un pasticcio. Ovviamente tutte le affermazioni azzardate e le interpretazioni dubbie che ha proferito sull’argomento delle opere di misericordia corporale sono da attribuirsi esclusivamente a lui, ed è lui ad essere stato punito con la retrocessione alla terza classe. Se qualcuno aveva la recondita speranza che sarei stato io a finire sotto il torchio dei demoni guardiani per i miei punti di vista, immagino sia stato deluso.

Ma veniamo a noi, e concludiamo questa carrellata sulle depravazioni che il Nemico-che-sta-Lassù infligge ai poveri mortali che si accontentano delle sue promesse di gioia eterna. L’ultima è forse la più strampalata di tutte:

Seppellire i morti.

Un mortale che vivesse nelle tranquille contrade occidentali avrebbe sicuramente parecchia difficoltà a capire questa richiesta. Un po’ perché le opere di misericordia corporale sono ormai roba per specialisti, da esame di storia dell’arte, mentre al catechismo si insegna a colorare gli angioletti. Un po’ perché la morte, dove abbiamo potuto, l’abbiamo cancellata, rimossa, sepolta come si vorrebbero i cadaveri.
Oggi lassù sulla Terra si muore in modo discreto, senza troppo fastidio, e qualcuno provvede, dietro compenso, ad evitare anche solo di pensare a quest’azione misericordiosa.

Ma in altre parti del mondo, dove il Nemico-che-sta-lassù non è intervenuto con le sue intollerabili intrusioni, la vista di un morto non è così rara. Possiamo essere ben contenti che i defunti restino insepolti, anzi, più ce n’è meglio è. Disinteressarsi di un cadavere, per un essere umano, vuol dire fregarsene di lui: di chi è stato, della sua umanità, di quell’unicità che noi conosciamo bene: ogni anima ha un sapore diverso. L’indifferenza verso un morto è il supremo rigetto del Nemico, perché significa negare di fatto ogni proseguimento dell’esistenza in un mondo migliore. Meglio per noi: il lezzo della decomposizione ci è più gradito di ogni possibile altro profumo. Se l’uomo non si interessa del suo futuro oltre la morte, o nega che possa esistere, rifiuta ogni possibile bontà. Perché la fonte del bene non sta certo nel mondo mortale.

La morte è stata fin dal principio il modo con cui il Nemico si è rivelato alle sue creature, il modo con cui aggira tutti i nostri astuti tentativi di convincere gli umani che possono tutto, che sono degli dei. Nessun uomo può crederlo sul serio, quando ha davanti un morto. Quando vede di cosa è davvero fatto l’uomo.
Il seppellire, l’onorare, il ricordare, sono la base del potere che Quello-di-Lassù ha sulla terra. Gli esseri umani non riescono a concepire che davvero finisca tutto, che tutto si risolva in un marcire nella tomba, per quanto ci sforziamo di convincerli. In qualche modo, sanno. Possiamo solo allontanare per un po’ il pensiero di quanto corta sia la loro esistenza e quanto lunga l’eternità.

Occorre dire che, affinando sempre più le nostre menzogne, oggi questo risulta sempre più facile.
Quanto sono ridicoli questi uomini, che da un lato negano che esistano leggi eterne e dall’altro tentano continuamente di scriverne! Per noi diavoli la durata della loro vita è il breve intervallo prima che il cuoco abbia finito di cucinare.

Invece sono lì, che al posto dei cadaveri cercano di seppellire coloro che non sono ancora morti per potersene liberare come fanno per tutti i defunti. Ciò avviene non perché se ne freghino di ciò che è spirituale, ma perché non capiscono il valore di ciò che è materiale. Tutti questi materialisti in realtà sono dei gran teorici, con un’idea molto approssimativa di quanto conti quella realtà fisica che in fondo disprezzano.
E’ stato un grande errore del Nemico innalzarli sopra gli animali. E lo sanno bene, lassù.

Non per niente il Nemico si è fatto carne, non per niente si continua a far trovare come carne e sangue in quell’orrido miracolo quotidiano chiamato Eucarestia.
Perché, fissatevelo bene in testa demonietti miei, il Nemico è tutto per il presente. Quando esorta a seppellire i morti dice in sostanza che il passato va lasciato indietro, che la vita va vissuta nella sua pienezza. E’ il fondamento della civiltà che ha voluto costruire: onorare i morti, ma come memoria, non come oppressione. Lui stesso non è voluto restare morto, ma è ritornato vivo a rovinarci i pranzi e le cene.

E’ per questo che incita a seppellire i morti. Perché con i morti sulle spalle invece che alle spalle, per l’umanità non c’è presente. E se li si dimentica, li si lascia insepolti, l’uomo è perso in un futuro astratto, proiettato in un’illusione. Magari! Come sarebbe bello!.

Gli umani hanno inventato una potente metafora: gli zombie. Si immaginano che i morti insepolti camminino sulla terra, divorando i vivi. Confusamente capiscono che è proprio ciò che accadrebbe se tralasciassero quest’opera di misericordia. Non nel senso che orde di morti arriverebbero a mangiare tutti: non ci è permesso rianimare defunti e per il cibo non vogliamo concorrenza – Nel senso che loro stessi diventerebbero zombie, cadaveri viventi senza gusto per la vita e intenti solo a divorarsi l’un l’altro.

Tutte le opere di misericordia sono fatte più per chi le compie che per chi ne è il destinatario. In quest’ultimo caso è tanto più esplicito, perché il defunto o è lassù assieme al Nemico o è quaggiù a godersi la nostra buona compagnia. Spero di avervi convinto a non sottovalutarle.
Conclusione? Non cessate mai di incoraggiare gli umani a disfarsi dei vivi fastidiosi, minuscoli o grandi che siano, e a delegarne lo smaltimento. A quello possiamo provvedere noi; per il pagamento del servizio, passeranno più tardi.

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Nessuna misericordia – VI – Lasciare da soli i carcerati

Abbiamo quasi finito, cari amici demoni! Che faticaccia! Ci rimangono solo due opere di misericordia corporale da distruggere ed avremo terminato. Mio zio, l’arcidiavolo Berlicche, ha lasciato me, Malacoda, demone tentatore di seconda classe, da solo a fare il suo lavoro. Ma non vi pare che io sia finora stato un grande? Certamente avrò una promozione, specialmente dopo che Laggiù avranno sentito la conferenza di oggi, che è su

Visitare i carcerati.

E’ chiaro che il Nemico-che-sta-Lassù, inserendo nell’elenco quest’opera di misericordia, ha voluto provocarci.
Il carcere è il nostro regno. Nella peggiore delle ipotesi è il luogo dove, purtroppo, si rinchiudono quelli che hanno compiuto qualche malvagità. Nell’ipotesi migliore il posto dove i nostri amici di maggior talento angariano e torturano degli innocenti, cercando di spezzarli. In tutti i casi il nostro dominio, che lo si voglia vedere da una parte o dall’altra.

Perché un essere umano vorrebbe andare in un posto del genere? A meno che non sia un sadico, o un masochista, è chiaro. Ma un normale mortale avrebbe tutte le ragioni per passare alla larga. Cosa viene richiesto poi dal Nemico? Non di confortare, o tentare di liberare, ma semplicemente visitare. Quale scopo mai può avere una semplice visita? Davvero incomprensibile. A meno che, naturalmente, il Nemico non voglia che i suoi tocchino con mano cosa succede a dare ascolto a noi. Una visita per prendere esempio, come in uno zoo. Approfittandone magari per tormentare e umiliare i condannati. Allora però perché chiamarla opera di misericordia? Non capisco.

Mio zio Berlicche, nelle sue note, suggerisce che il Nemico abbia in realtà motivi completamente diversi e a mio modo di vedere assurdi. Lassù non vogliono che nessuno si senta abbandonato, dice. Per quanto in cielo facciano cose strane, questa mi sembra grossa. In fin dei conti, dopo che la vita dei mortali è trascorsa, i dannati li lascia a noi. D’accordo che fino a quando non hanno tirato l’ultimo respiro lui ci tenta, a portarseli nel suo paradiso, ma cosa conta?
E l’altra motivazione che mi scrive mi sembra lo stesso priva di senso. Quella di fare vedere ai suoi che quelli che sono caduti, che hanno sbagliato, non sono poi così diversi da chi l’errore non l’ha commesso. Che tra l’essere fuori e l’essere dentro c’è solo un confine sottilissimo. Ma si può? Mio zio si è rincretinito: quelle nelle carceri sono persone che i servi del Nemico dovrebbero disprezzare, o temere. Roba nostra.

Anche se prendessimo per buone le parole di mio zio, resta il fatto che non è così difficile convincere gli umani a starsene alla larga dalle prigioni. Cos’ha a che fare un buon cittadino e un buon cristiano con quella marmaglia che sta rinchiusa in un carcere? E’ solo ragionevole rimanerne il più lontano possibile. Non dobbiamo fare altro che assecondare questa tendenza.

Il nostro intento sarà perciò rendere inutile l’andare a visitare i prigionieri, o sconsigliabile, o praticamente impossibile. Vado a spiegare come.

Noi demoni lo sappiamo bene quanto sia scivolosa l’anima umana. Pensi di essere riuscito a conquistarla, di averla corrotta per sempre, ti rilassi e zac! Uno sguardo, un incontro, un attimo e quella ti rientra nella grazia. A ben pensarci, potrebbe essere proprio questa la ragione per cui il Nemico in persona ha invitato a visitare i carcerati: per dare anche loro la possibilità di quello sguardo puro.

Bisogna quindi negare che l’uomo possa cambiare. Dobbiamo mettere in testa agli uomini che sbagli una volta, sei fregato per sempre. Inutile stare dietro a della feccia del genere: i carcerati sono solo da disprezzare, si deve avere vergogna di loro, ci si deve dimenticare che esistano. La Redenzione è una balla: prova a dare loro fiducia, vedrai come ti imbroglieranno.

L’odio del moralista per chi sbaglia è più appiccicaticcio persino della pece dei nostri pozzi ardenti. Se esalteremo quelli che non fanno mai errori, i giusti per definizione, i campioni della legge e dell’ordine, basterà qualsiasi mancanza per scagliare il nostro carcerato, ancora vivo, in un inferno umano più profondo perfino del nostro. Segnato per sempre. Irrecuperabile.

Sconsigliabile quindi associarsi con simile spazzatura. Chi va a visitare qualcuno in carcere sicuramente ha con lui traffici innominabili, si sporca, è qualcuno da tenere d’occhio. E’ una questione di reputazione, e non solo. E’ un mettersi volontariamente sotto l’occhio della legge, un occhio che noi facciamo di tutto per mantenere miope e strabico. Ed attirare l’attenzione di qualcuno miope, strabico, sospettoso e pure armato è molto pericoloso.

E’ proprio per evitare pericolosi contatti che lo Stato che noi amiamo farà di tutto per rendere difficoltoso o impossibile andare a trovare i carcerati. Li spedirà lontano, in posti irraggiungibili, chiederà permessi folli per poterli contattare, renderà le visite quanto più rade è in suo potere. Tutto per il bene del cittadino, e per dimostrare che ha il potere assoluto sulle vite di quanti da lui dipendono. Lo Stato esemplare il carcerato lo fa sparire; se farlo ricomparire, lo deciderà a suo tempo.

Mio zio qui la fa un poco lunga. Per come la vedo io, basterebbe che in carcere ci finissero solo i servi del Nemico e i nostri amici restassero fuori, ed il problema sarebbe risolto alla radice. Altro che visite ai prigionieri! Quelli si visiterebbero solo più tra di loro, perché di libero e misericordioso non rimarrebbe nessuno.

E’ una tecnica che nel passato anche recente abbiamo applicato più volte, ma che stiamo continuamente perfezionando. Proprio mentre vi sto parlando ci sono demoni legali e politici amici che lottano strenuamente per fare approvare sempre nuove leggi che facciano proprio questo: mandarne in carcere il più possibile. Com’erano belli quei tempi e quei paesi in cui tutti i servi del Nemico erano imprigionati o tremanti e nascosti, e noi fuori a spassarcela. Chissà se torneranno.

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Nessuna misericordia – V – Mai visitare gli infermi

Ciao a tutti, demoni e simpatizzanti. Qui è sempre il vostro Malacoda, diavolo tentatore di seconda classe, che vi spiega come impedire agli umani di realizzare quegli atti schifosi noti come “opere di misericordia corporale”.

Credo che ormai mio zio Berlicche, il famoso arcidiavolo, il vero titolare del corso, non si farà più vedere. Siamo già alla quinta puntata,

Visitare gli infermi

e si fosse degnato una volta! Per fortuna basta seguire i suggerimenti che mi ha mandato.
Che questa volta me la cavavo anch’io, tanto è facile. Chi ha voglia, tra gli uomini, di stare dietro agli ammalati? I nostri capi hanno fatto uno splendido lavoro in proposito. Sono secoli che martellano il genere umano su quanto è meraviglioso stare bene e sulla bellezza di essere perfettamente in salute, suggerendo che chi non è sano è solo un peso inutile. E’ per questo che gli infermi non li vedi mai; i nostri li tirano fuori solo quando serve, ovvero per dire quanto sarebbe meglio che se ne andassero fuori dai piedi una volta per tutte.

La persona di successo non può ammalarsi. E non può permettersi di badare agli infermi.
Abbiamo riempito l’uomo moderno di cose da fare, sempre più pressanti e urgenti; l’idea di perdere il suo prezioso tempo dietro a qualcuno che sta male, fosse anche chi gli ha lavato il sedere quando era piccolo, è per lui il peggiore degli incubi. Oltretutto gli rammenta che anche lui è fatto di carne, ricordandogli che presto potrebbe toccargli la stessa sorte. Ah, Nostro Padre che sta Quaggiù non voglia! A noi i mortali piacciono ignoranti della loro mortalità, convinti di avere davanti tutto il tempo di questo mondo per raddrizzare le loro vie. Non sapete quanti ci dicono “ma stavo per confessarmi”, “stavo proprio per cambiare vita”, sulla barca che li sta portando nella loro nuova bolgia.
E vi do una ragione di più per impedire questa opera di misericordia. Ricordate che, oltre al visitante, c’è anche il visitato: abbandonati, da soli, bisogna essere dei santi per non sentirsi inutili e disperati. E la disperazione è il migliore condimento per un’anima destinata alle nostre tavole.

La migliore maniera di evitare queste dannosissime visite agli infermi è esaltare la repulsione che ispirano agli altri mortali. Il tentatore, ci suggerisce il mio saggissimo zio, qui dovrà usare prudenza: lo schifo provato non lo si può, ancora, raccontare in pubblico. L’umano non del tutto corrotto, invece di ammettere il ribrezzo, cercherà una maniera di giustificarsi.
Questo perché il Nemico, per renderci le cose difficili, ha nascosto dentro i mortali la pietà per i loro fratelli. Condizionamento difficile da superare anche per noi. Ma non impossibile. Basta convincerli che abbandonare il sofferente rientra nel grande ciclo della vita, e che in fondo è meglio per loro essere affidati a professionisti dell’assistenza piuttosto che a quanti li tengono cari.
Che sia socialmente accettabile fregarsene del prossimo, questo è ciò a cui devono mirare i nostri amici giudici e legislatori. I risultati sono ottimi, ma la strada è ancora lunga.

Il disgusto si nutre della paura della morte, della sofferenza, del contagio. Le paure vivono dell’ignoranza; più riusciremo a fare sì che il dolore sia tenuto distante dalla quotidianità più aumenterà la riluttanza a condividerlo. Dobbiamo disabituare i mortali al contatto umano, alla realtà vera; impareranno a volere più bene ad un cagnolino, un gattino, un albero che al vecchietto della porta accanto.

Se non si vuole che gli infermi siano visitati, un buon modo è eliminare gli infermi. Se convinciamo l’anziano o l’ammalato che il mondo se la caverebbe meglio senza la loro presenza, saranno essi stessi a implorare di eliminarli. Con quanto sollievo il figlio si libererà della madre, vecchierella inutile! Me lo ha chiesto lei, dirà: e per una volta l’erede obbedirà prontamente.
Non parliamo poi di quelli che l’amore è tutto. Vediamo quanto dura l’amore per i begli occhi blu quando questi guardano fisso un soffitto. La Chiesa del Nemico era saggia a pretendere che quel “in salute e in malattia” fosse preso sul serio dagli sposi. Per come abbiamo ridotto le coppie oggi è già tanto se non si mollano al primo raffreddore.
Abbiamo fatto perdere l’abitudine a soffrire; e con essa la sofferenza volontaria, che si chiamava sacrificio. Gli umani non si sacrificano più neanche per coloro che dovrebbero avere a cuore, figurarsi gli estranei come vorrebbe il Nemico. Odiano il dolore, che non capiscono, e pretendono che sia soppresso; e con soppresso intendo proprio questo.

Naturalmente non possiamo sempre sperare in una eliminazione definitiva dell’infermo. Ai nostri fini, abbandonarli in una bella casa di cura o un ospizio può andare altrettanto bene. E pensare che i seguaci del Nemico-che-sta-Lassù avevano pensate certe strutture per ospitare quelli che non avevano nessuno; oggi, servono ad accogliere a pagamento quelli che qualcuno vuole rendere nessuno.

Ma il progresso non si ferma: in futuro riusciremo anche ad eliminare sempre più bisognosi con azioni preventive. Siamo riusciti a far passare il concetto che le infermità si possono debellare eliminando l’infermo. Pur di non averne uno in casa molte madri e molti padri sarebbero disposti ad ogni sacrificio, ad esempio sacrificare loro figlio e l’essere padri e madri.
L’ultima frontiera è sterminarli all’origine, selezionando un embrione a spese degli altri. Un concetto, lasciatemelo dire, molto diabolico. Oltre a massacrare innocentissimi produce caini inconsapevoli; bimbi oggetto fabbricati con la pretesa che siano sani, ma che, potete contarci, si ammaleranno come gli altri.
Il Nemico ha previsto un tempo nel mondo per ciascuna delle sue creature; pensare di poter eliminare il metodo principale che usa per portarsele lassù è da sciocchi.
Ma gli umani sono sciocchi, facili da illudere e prendere in giro. Se no, come faremmo noi diavoli ad acchiapparne tanti?

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Nessuna misericordia – IV – Respingere i pellegrini

Sono ancora io, Malacoda, il vostro demone preferito.

Mio zio Berlicche sembra proprio che non abbia nessuna intenzione di comparire, neanche stavolta. Mi ha mandato ancora il solito bigliettino con su scritto cosa dire. Sarà anche un arcidiavolo, ma se la piglia comoda. Mi sa che toccherà ancora a me spiegarvi come eliminare dalla Terra le opere di misericordia corporale. A che punto siamo? Ah, già, la quarta.

Ospitare i pellegrini.

Mah.
Per prima cosa, dicono gli appunti di mio zio, bisogna chiarire chi siano i pellegrini. Non tutti i viaggiatori lo sono.
I pellegrini sono coloro che arrivano da lontano, e sono in cerca di qualcosa per loro stessi in posti a loro sconosciuti.

E’ tanto più comodo per noi quando gli umani sono abitudinari. Se stanno fermi sono comodissimi da corrompere, mentre un bersaglio in movimento è decisamente più complicato da colpire. Un umano che rimane seduto sul suo divano tra le sue quattro cose è il nostro ideale diabolico. Ama di più la sua comodità, le sue idee, quanto possiede, di tutto il resto. Non cerca di meglio. Tutti sappiamo quanto marcisca in fretta il cervello dei mortali se non viene mai rimescolato.
Per questo spesso è proprio il Nemico-che-sta-Lassù a spingerli a partire. Ha ficcato dentro loro questo tarlo, muoversi per capire e migliorare loro stessi.
Il viaggiare è pericoloso e difficoltoso, sia per il corpo che per la mente degli umani. Sconvolge le loro abitudini. Se il Nemico davvero tenesse a loro avrebbe dovuto trovare un altro metodo che non li affaticasse troppo. E’ quello che spesso suggeriamo ai mortali, assieme alla tentazione che in fondo non ne vale la pena. Ci credereste? C’è chi parte lo stesso.

Questi pellegrini, come ho detto, partono senza sapere dove andranno a finire. In un pellegrinaggio difficilmente è tutto pianificato, tutto già saputo. Se no si chiama gita, passeggiata, scampagnata. Non ci fossero novità verrebbe a cessare l’intento che il Nemico ha: far vedere le cose in modo diverso. Il pellegrino non sa cosa troverà nel posto dove sta andando. Non sa dove dormirà, come si sfamerà. Il pellegrino è uno straniero in terra straniera.

Va bene che il pellegrino deve mettere in discussione se stesso, ma il Nemico non vuole distruggerlo. Ospitare un pellegrino significa aiutarlo. Significa favorire questa sua ricerca, incoraggiarlo, spingerlo avanti. Misericordia verso di lui, che vuol dire simpatia verso il suo scopo. In una certa maniera ospitare il pellegrino vuol dire partecipare del suo viaggio e delle sue scoperte. Farlo sentire atteso.

Questo chiaramente noi non lo vogliamo. Il nostro scopo è interrompere quel viaggio. Respingere indietro, rendere impossibile proseguire. Questo genererà a sua volta odio: un umano che si trova rifiutato coverà rancore e ricambierà il trattamento subìto. Vi è chiaro perché qualsiasi accoglienza è da sabotare?

Veniamo alla parte pratica. Come impedire che i pellegrini vengano ospitati?

La prima soluzione che possiamo scegliere è trasformare lo straniero in un estraneo.
Lo straniero, per una comunità umana, è qualcuno che viene da fuori, ma porta con sé valori ed opportunità. Fa, in qualche maniera, parte di una famiglia allargata: lo si riconosce come qualcuno che viene da distante ma condivide qualcosa. L’estraneo invece è del tutto “altro”. Qualcuno di incomprensibile, nemico, da eliminare.
Non hai bisogno dell’altro, dobbiamo suggerire agli umani che ci sono affidati. Tu possiedi già tutto quello che è necessario. L’estraneo vuole impossessarsi della tua vita, del tuo mondo, del tuo lavoro, della tua casa. L’estraneo arriva per rubare la tua roba. Tienilo distante. Non hai fatto tanti sacrifici perché qualcun altro ne approfitti. Fallo restare fuori. E’ pericoloso.

Questo pellegrino, che cosa vuole? Da dove viene? I suoi nonni hanno fatto la guerra (una a caso!) contro di voi; Il vostro e il loro popolo si sono odiati, e anche oggi sono cattivi e soggetto di barzellette.

Concetto che può essere espresso anche con giri di parole. Accoglienza del diverso? Vuol dire che il pellegrino è già diverso, è già altro, non è più un fratello. Quel cuore dove dovrebbe trovare posto è già tutto pieno. Carità pelosa, cioè nessuna carità. Aiutiamoli a riempirsi la bocca di belle parole, ché le parole sono dolci ma costano e nutrono poco.

Naturalmente, essere “altro” funziona nei due sensi. Se viene trattato da “altro” l’umano deve davvero essere un santo per perdonare chi lo rifiuta. E’ tentato di ripagare con la stessa moneta, respingere chi e cosa incontra. Così smette di essere un pellegrino e diventa davvero un invasore.
Il pellegrinaggio può fallire non solo perché non si raggiunge la meta, ma anche se non si impara niente da esso. Non solo perché si deve tornare indietro, ma pure perché il viaggiare non ha più nessun senso.

Il pellegrino vero è uno di quei deboli che piacciono tanto al Nemico. Ricordiamoci che sfruttarlo è per noi quasi un dovere. Ogni sevizia, ogni difficoltà, ogni sofferenza che gli infliggeremo sarà uno sberleffo nei confronti di Lassù, una orgogliosa rivendicazione della nostra autonomia. Con un vantaggio, se riusciremo a renderle intollerabili. Come si eliminano le sofferenze dei pellegrini? Eliminando i pellegrini, è chiaro. Coloro che sono assuefatti alle comodità approveranno con sollievo qualsiasi misura che impedisca loro di ricordare che talvolta occorre muoversi.

Esiste poi un ultimo semplicissimo mezzo per impedire l’ospitalità ai pellegrini. Renderla commercialmente vantaggiosa.

Una volta che il viaggio sarà completamente pianificato, plastificato, pagato in anticipo non ci sarà più necessità di ospitare nessuno per carità. Sarà un bonifico con carta di credito, tra un turista e un albergatore. Senza imprevisti che possano disturbare.

Nessuna opera da compiere, nessun cuore da cambiare, niente da cui farsi colpire. Non vi sarà più né pellegrinaggio, né pellegrino, né misericordia. Molto più comodo così, no?

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Nessuna misericordia – III – Non vestire gli ignudi

Buongiorno, compari diavoli. Sono sempre Malacoda, demone tentatore di seconda classe, incaricato dal grande arcidiavolo Berlicche, mio zio, di spiegarvi il modo di eliminare quelle curiose usanze umane che sono le opere di misericordia.

Il mio famoso zio ha inviato anche questa volta qualche appunto che userò come traccia del mio discorso. Non che ne abbia bisogno, ma Berlicche tende a diventare irritabile se faccio le cose di testa mia. Oggi quindi vi istruirò su quell’atto chiamato

Vestire gli ignudi.

Mio zio mi dice sempre che, dovendo avere a che fare con gli uomini, dobbiamo capire meglio come ragionano, comprendere la loro cultura, e quindi cancellarla e sostituirla con quello che ci fa comodo eliminando quanti resistono.
L’idea che per gli umani ci sia bisogno di abiti è una di quelle loro curiose caratteristiche di cui noi diavoli fatichiamo a cogliere il senso.
Alcuni demoni credono che sia una sorta di sistema d’allarme rudimentale installato dal loro creatore: apprendi che esistono il bene e il male e subito cerchi qualcosa da metterti addosso.

Mi raccontava mio zio che, quando ai tempi dell’Eden riuscimmo a far ribellare gli uomini al Nemico-che-sta-lassù, questi lo capì subito proprio perché quegli scimmiotti si erano vestiti di foglie. Quell’atto di coprirsi ci colse di sorpresa. Non riuscivamo assolutamente a comprendere che bisogno ci fosse di indossare qualcosa.

La cosa è davvero strana. Non è questione solo di freddo, o di protezione. Gli umani si vestono anche quando fa caldo, e non hanno bisogno di difendersi da niente. Se però il Nemico ha messo dentro di loro questo meccanismo una ragione ci deve essere: non si indossa foglia che il Nemico non voglia. Quindi è nostro interesse prima capirlo, e poi romperlo.

L’essere umano che si scopre nudo capisce di essere bisognoso. Chi è costretto alla nudità non ha nulla, gli deve venire dato tutto. Per questo è nel nostro interesse rendere normale, banale, il rimanere spogliati: perché si abituino a credere di non avere bisogno di nessuno.
Ma non solo.

Per l’essere umano l’abito è legato al rispetto. E’ come se il vestito indicasse che chi lo indossa è più di un animale o di una cosa, e quindi non può essere usato come lo fosse.
Se il Nemico invita gli uomini a dare abiti a chi non ne ha è perché afferma che c’è più del sopravvivere. Non bastano cibo e acqua. Vuole che ai bisognosi sia dato anche il rispetto. Vuole sia riconosciuto che i poveri sono persone, con la dignità di un indumento. Che sia detto loro che non saranno schiavi, neanche schiavi di un desiderio.

Ora capisco meglio perché odiare questa opera di misericordia. E’ inaccettabile che non si possa utilizzare qualcuno come si vuole. E’ l’usuale complotto del Nemico per innalzare quelle ributtanti creature mortali al nostro livello.
Per questo l’opera di misericordia corporale che stiamo esaminando è così dannosa per noi. Io pensavo che consistesse solo nel non farli morire di freddo; invece il disegno del Cielo è molto più pericoloso.

Quello che in fondo dice il mio autorevole zio è che vestire gli ignudi non è solo donare gli abiti. E’ aiutare a coprire ciò che è vergognoso. E non sto parlando solo di pelle nuda.
Quando un essere umano sta facendo vedere il suo lato peggiore – per il Nemico, si intende – allora l’opera di misericordia consiste nel farglielo notare, e aiutarlo come possibile a rivestirsi.

Avete idea quanto questo dà fastidio ai nostri affari? Perfino io me ne rendo conto. A noi piace che le vergogne rimangano il più possibile all’aria, visibili e ostentate.
E’ per questo che abbiamo cercato di fare sì che vestire gli ignudi diventi un’attività sconsigliabile ed illegale. La nudità deve essere incoraggiata, stimolata, insegnata. Fin da piccoli agli umani deve essere inculcato che non c’è niente di cui vergognarsi. Che anzi bisogna essere orgogliosi del proprio corpo, e nessuno deve provare a dire a qualcuno che farebbe meglio a rivestirsi. Quando non c’è più intimità, quando non esiste più privato e mistero, quell’essere umano di cui si conosce ormai ogni centimetro di pelle può essere usato come fosse solo un pezzo di carne.

Cosa proponiamo ai mortali? Che nudo è bello, nudo è libertà! Gli abiti sono costrizioni sociali di cui liberarsi. Invece di rivestirci, denudiamoci e saremo tutti uguali.
Sono stato consigliere di molti umani che si sono liberati dai vestiti e dalle inibizioni, ma sapevano ancora cosa fossero bene e male. Senza niente addosso è però abbastanza semplice confondere l’uno con l‘altro. Basta chiamare amore la ricerca del proprio piacere e ci si può spogliare di abiti e coscienza con la medesima mossa.

Nella nuova società che stiamo costruendo, dare indumenti a qualcuno dovrà essere inaccettabile, un sopruso culturale. Al limite sarà sopportabile elargire gli abiti fuori moda o inservibili – termini che abbiamo reso largamente intercambiabili – a quei poveretti che ancora si ostinano a vestirsi.
Per il resto, nessuno deve permettersi di dire che il re o il vicino di casa sono nudi. Ormai abbiamo convinto tutti che farebbero la figura degli stupidi. Non perché il re o il vicino di casa siano vestiti di stoffe invisibili, ma proprio perché sono davvero nudi. Ogni tentativo di rivestirli, o l’invitarli a mettersi qualcosa addosso, sarebbe considerato come frutto di una mentalità arretrata, un’ingerenza nella libertà altrui, una patologica nudofobia da stroncare anche con la forza, se necessario.

La nudità viene talvolta considerata come sinonimo di innocenza. Certa gente che ama ostentare le proprie vergogne si dice innocente non perché senza colpa o peccato, ma perché vuole credere che cose come il peccato o la colpa non esistano. Che è un po’ come credere che non esista il freddo. Ma quando il gelo li morderà, quaggiù con gli altri dannati negli stagni ghiacciati dell’inverno eterno, quanto desidereranno avere accettato gli abiti di cui qualcuno voleva rivestirli!

KZ Mauthausen, Sowjetische Kriegsgefangene

Nessuna misericordia – II – Non dare da bere agli assetati

Cari compari demoni, eccellentissime autorità infernali e anime mortali in collegamento con noi, grazie per essere intervenuti a questa seconda lettura del seminario sulle cosiddette opere di misericordia corporale.

Mio zio l’arcidiavolo Berlicche si scusa per non essere potuto intervenire personalmente neanche questa volta, ma mi ha di nuovo inviato un messaggio con tutto quello che devo dirvi. E l’argomento di oggi, vediamo, è…

II – Dar da bere agli assetati

All’inizio a me pareva quasi uguale a quell’altra cosa, il cibo agli affamati. C’era proprio bisogno di distinguere?
Ma poi mio zio scrive: “E’ superficiale chi non vede differenza tra quest’opera e dare il cibo agli affamati”. Beccati anche voi, eh? State a sentire come continua.

“Ho già spiegato la volta scorsa che gli esseri umani hanno necessità non solo dello spirito ma anche delle cose materiali per sopravvivere. In particolare, hanno bisogno di acqua. Cos’è quest’acqua di cui si parla? Un particolare tipo di materia, un’invenzione del Nemico. Quaggiù all’inferno non ne troverete. Chi frequenta gli umani sa di cosa sto parlando. Il loro mondo è pieno zeppo di questa roba sgradevole.

Penso che la fantasia del Nemico-che-sta-lassù in questo caso sia stata proprio perversa. Passi per il cibo, passi per l’aria che brucia insieme al cibo per dare energia. Ma l’acqua? L’acqua non brucia. L’acqua non dà forza. E’ solo una sostanza usata dal Nemico per impastare gli umani. E’ inerte, eppure senza di lei i corpi dei mortali si disseccano e si separano dalle anime. C’è da domandarsi a quale scopo il Nemico l’abbia inclusa non solo tra gli ingredienti, ma anche tra le cose che devono essere continuamente fornite agli umani per farli sopravvivere.”

Già, zio, perché? Non ci avevo mai pensato. Ma, come scrive zio Berlicche, non è una domanda oziosa. Quest’acqua di cui ho parlato il Nemico la fornisce a tutti in quantità immense. Non devono fabbricarsela, coltivarla, allevarla, cucinarla come il cibo: come vi dicevo, nel loro mondo si trova ovunque. Allora, vi chiederete, perché l’insistenza su questo “dare da bere”?
Sembra che il Nemico voglia che gli uomini capiscano che è un regalo che arriva di lassù, proprio perché non hanno fatto niente perché ci sia. Qualcosa che piove dal cielo, da dividere con chi ha difficoltà a procurarselo. Come se volesse togliere loro ogni possibile scusa. Come li allenasse a capire cosa vuol dire dare gratuitamente a chi chiede.

Questo atteggiamento, capirete, è ben lontano da quanto il Nostro Padre che sta Quaggiù ci ha sempre insegnato. Cioè che tutto deve sempre essere a nostra disposizione, che ogni cosa ci deve essere fornita come è nostro diritto, ma non dobbiamo niente a nessuno. Proprio quello che dovrebbe fare una vera divinità: invece di affidarsi alla buona volontà delle sue creature, fornirle di tutto in cambio della cieca obbedienza. Invece di quell’abominio chiamato libertà, la sana rilassatezza del dominio assoluto. Invece della ricerca della verità, imporre loro ciò che devono pensare, e distruggerli se sgarrano.

Come ci insegnano alla scuola di dannazione, quel cristallino egoismo è ciò che dobbiamo ricercare nella nostra missione di demoni. Non sappiamo che farcene di quelli che ci dicono cosa dovremmo fare. Ci è data la libertà, e noi l’usiamo per eliminare la verità. Quella verità che, come il Nemico dalla quale proviene, odiamo più di ogni altra cosa. Una volta negata lei, negare un bicchiere a chi ha sete non è di nessuno sforzo.

Lo sforzo che invece deve fare chi ha pietà di qualcun altro. Attività innaturale, dico io. Persino i delegati del Nemico hanno bisogno continuamente di intervenire in proposito. Sono sempre lì a scrivere encicliche e bolle, proclamare che la misericordia ha una faccia eccetera eccetera. E noi dietro per evitare che gli umani capiscano quelle parole, sempre indaffarati a correre di qua e di là per distorcere e minimizzare. Che gran fatica!

Lasciatemelo dire da tentatore: allontanare la carità è ancora più difficile per l’acqua che per il cibo. La roba da mangiare da dare via il mortale la può comprare e fregarsene, ma il bere coinvolge di più. Per togliere i rimorsi al futuro dannato lo si deve far concentrare non sull’atto in sé, non su cosa gli è chiesto di fare, ma sulla giustificazione che lui stesso si dà per non farlo.

Una volta pensavo che bastasse impedirgli di compiere il gesto, ma mio zio Berlicche mi ha spiegato che è molto più interessante lavorare sulle scuse. “Impedisci loro di fare il giusto, e avrai un peccato; fagli giustificare il male, e avrai un dannato”, dice sempre.

Per farli sentire a posto con la coscienza quando fanno qualcosa di sbagliato basta dirottare la loro attenzione su qualcosa di differente, suggerire che il loro interesse conta di più di quello del bisognoso. Certo, con il dare da bere è più complicato dargliela a bere, ma…

C’è il “non spetta a me”, il “devo pensare prima alla mia famiglia”, il “sono troppo lontani” e pure “è per il suo bene”. La paura di sporcarsi o di attentati. La legge. A volta la scusa migliore è quella più semplice e idiota. Perché, come mi spiegava mio zio, gli umani in fondo vogliono fare il male. E’ nella loro natura. Si aggrapperanno ad ogni pagliuzza, pur di non affaticarsi a fare il giusto.

L’acqua, l’ho detto, è vita. Negare dell’acqua ad uno è come negargli la vita. Pochi spettacoli affascinano e rendono felici noi demoni come il vedere qualcuno fatto morire di sete. E’ una delle sofferenze che preferisco perché, oltre a sentire il dolore del corpo che si disfa, il mortale prova l’abbandono da parte dei suoi simili. Mio zio dice che le anime di coloro che hanno fatto morire di sete qualcuno, che hanno proibito di dissetare il bisognoso, hanno un sapore particolare di crudeltà che è tra i più dolci da succhiare.
Perché anche noi abbiamo sete, una sete eterna ed inestinguibile. Aiutateci a mitigarla un poco: non date da bere agli assetati.

eutanasia

Questi inviti a tutti gli aspiranti dannati a non praticare le opere di misericordia corporali possono essere lette in anticipo su la Croce

Nessuna misericordia – 1 – Non dare da mangiare agli affamati

Buongiorno, vorrei presentarmi. Mi chiamo Malacoda, e sono demone tentatore di terza classe aggiunto.

So che vi aspettavate Berlicche, ma sfortunatamente oggi non poteva essere presente. Mi ha quindi mandato qui per sostituirlo e presenziare a questa sessione di lavoro che riguarda…lasciatemi consultare gli appunti…le opere di misericordia corporale.

Mio zio…cioè l’illustrissimo arcidiavolo Berlicche, mi ha fornito il testo di ciò che dovrò dire. Cominceremo quindi proprio con il definire queste opere. Di misericordia. Corporale.

Si chiamano corporali perché, leggo qui, riguardano il corpo. Il che è strano, vero? Cioè. Il Nemico-che-sta-lassù lo sappiamo bene quanto tiene ai corpi, anche se non si capisce il perché. Voglio dire, noi demoni siamo esseri spirituali, giusto? E quindi ci fa parecchio godere tormentare la materia. Almeno, a me piace. Mio zio dice sempre che non capisco niente, che far soffrire la parte fisica serve solo per impadronirci meglio delle anime. Che il Nemico ha unito corpi e anime così strettamente che…

Ma torniamo al nostro argomento. Allora. La prima delle opere di cui vi ho detto è…vediamo…dare da mangiare agli affamati. Ecco, questo è strano. Voglio dire, il vecchio…il Nemicochestalassù ha fatto tutto questo mondo, no? E l’ha riempito di ogni cosa. Ma allora perché non poteva fare sì che gli umani prendessero il cibo che so, dall’aria? Ha fatto quella cosa lì, la manna, e poi ha moltiplicato pani e pesci. Che gli costava? Stiamo parlando del Nemico, mica di…va bene, lasciamo perdere. Però poteva escogitare un sistema migliore per fare le cose, no? Così tutti avrebbero mangiato, e più nessuno avrebbe avuto bisogno di essere buono. Sempre così perfettino, perché non stavolta?

Ecco, qui mio zio mi ha lasciato un appunto: “per fare sì che usino la misericordia”. Non lo capisco bene. Cioè, è un po’ come se il Nemico volesse che gli umani provassero a fare questa cosa al posto suo. E che è, stanchino? E anche egoista, un po’ come quando mio zio pretende che sia io a capire come dannare gli umani. Se lui lo sa, perché non lo fa al posto mio? Perché devo essere io a faticare?
Comunque, il fatto che permetta la fame e pretenda che siano gli altri umani a pensarci, lascia a noi diavoli un sacco di opportunità. Soprattutto visto che lega proprio a questo sfamare l’ingresso al suo regno.

Naturalmente la prima cosa è fare sì che questa opera di misericordia non ci sia.

Come? Facendo dire agli uomini “Questa roba è mia, perché dovrei darla ad un altro che manco conosco?”
In ciò ce la caviamo benissimo. Il trucco è che dell’affamato all’umano non importi niente. Che sia lontano, che sia diverso, che sia straniero, magari nemico…dobbiamo suggerire una qualsiasi scusa che lo lasci rimanere indifferente e a posto con la coscienza. Dovevo intervenire? No, è uno di quelli che ruba. Dovevo dargli qualcosa? Ma no, fa finta. Ci pensa lo Stato. Ci pensa la Chiesa. E poi è sporco. Se gli do dei soldi poi si droga, o se li fuma, macché mangiare.

Insomma, mi avete compreso. Mio zio dice sempre che se arrivano a domandarsi se devono dare qualcosa significa che ho fatto male il mio mestiere. Cioè. Capite, manco devono chiederselo.

Un altro metodo è suggerire che ci siano modi migliori per nutrire. Avete presente? Quella roba che se dai un pesce ad uno lo sfami per un giorno, ma se gli insegni a pescare lo sfami per tutta la vita. Mio zio dice che è uno degli slogan che gli sono venuti meglio. Racconta sempre di quella volta che hanno mandato diecimila canne da pesca a dei tizi che morivano di fame nel deserto. Cioè, avete presente, no, nel deserto!

Mio zio dice che quelli che ci credono non hanno mai provato ad avere fame. Che credono, che se ci fosse un pesce a disposizione gli affamati non cercherebbero di prenderlo prima di morire? Che poi ad insegnare a pescare è sempre qualcun altro, perché loro di pesci non ne hanno mai catturato uno. E’ tutto nella loro testa, ed è questo l’importante.

Perché è quello che mi raccomanda sempre mio zio: non devono mai pensare davvero alla persona che muore di fame. Lì rischiano di capire. Se però avremo indurito abbastanza il loro cuore, anche di fronte ad un bambino scheletrico non gliene fregherà assolutamente niente, sarà per loro trasparente. Al massimo invocheranno l’ingiustizia del mondo.

Se gli affamati per loro sono nulla, possiamo farli usare. Per arricchirsi. Per ottenere la vittoria politica. Sfruttarli, vivi o morti. Chi crepa di fame farà di tutto per mangiare, e chi possiede il cibo ha potere su loro. Vittime o aguzzini, diventeranno ciò che abbiamo scelto siano. Avete idea quanto odio si riesce a produrre in questa maniera? Il cibo dovrebbe dare vita e dà morte. Bello!

Noi odiamo la vita. Nutrirsi di materia, che ribrezzo: viva l’anoressia. Davvero, ci fanno proprio schifo questi mortali. Sarebbe magnifico il mondo senza di loro.

A forza di ripeterlo agli umani anche alcuni di loro adesso la vedono come noi.

Mio zio dice che una delle migliori campagne mai realizzate dal suo dipartimento è la finta carità di quelli che dicono “Siete in troppi sulla Terra. Non possiamo nutrire tutti, se volete che vi aiutiamo dovete fare meno figli”, che fa meno impressione che seppellirli.
Invece di produrre più cibo, produrre meno uomini.

Ammazzare i bambini, prima o dopo che sono nati. Evitare che siano concepiti. Togliere loro il posto dove potrebbero essere amati, la famiglia. Suscitare dissidi tra coloro che potrebbero metterli al mondo. Convincere i poveracci che possono fare di tutto, ma generare altre bocche da sfamare no. A noi piace infecondo.
E questo odio per l’umanità, per ciò che è vivo, mascherarlo da diritto e da pietà. La pietà dell’avvoltoio, la chiama mio zio ridendo.

Tutto ciò che può evitare agli uomini di avere misericordia è benemerito. Per noi.

Sempre affamati di anime. Dateci anche la vostra da spolpare.

Biafra, Nov. 1969 Medical clinic in Mabaitoti - Owerri.
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