Novantaquattro semi

Il seme è già albero. il seme è albero che sogna un terreno fertile per potere crescere. E’ già tutto lì, basta nutrirlo. Quello che desidera è una possibilità.
L’albero cresce con la bruna terra, l’acqua, il sole. Un bambino ha pure bisogno di tutte queste cose, e insieme il caldo di una madre, la forza di un padre, l’amore. Un uomo non è che un bambino che ha avute queste cose, in mancanza delle quali cresce rattrappito e storto come un albero su una roccia. O non cresce affatto.

Gli embrioni morti qualche giorno fa a Roma erano semi lasciati in un sacchetto. Sul perché fossero lì non so: qualcuno frutto dell’amore, qualcuno dell’egoismo, o del caso. Non so neanche quanti fossero voluti e quanti la riserva di una procedura troppo arida, di una tecnologia che dell’amore di un padre e di una madre non può dire niente. Quanti sarebbero sbocciati? Quanti sarebbero rimasti dimenticati nel gelo o discretamente eliminati come si getta la semenza in soprannumero?

Nelle mie campagne si vedono tanti alberi che il gelo di quest’inverno ha ucciso, i rami senza gemme, le foglie dei sempreverdi brune e torte. Quello che ha invece ammazzato quegli uomini-che-sarebbero-potuti-essere è stata la mancanza di gelo.
Quanto siamo fragili.
Semi non nati dall’amore ma dalla tecnica; che non il vento, non la pioggia disperde, ma la mano di un uomo come loro.
Loro sono più della scienza che li ha generati. Più della speranza che li ha desiderati. Non sono nostri.
Non dimentichiamoci dei nostri fratelli più piccoli e indifesi, i nostri semi.

Qualche anno fa avevo già parlato alcune volte dell’argomento. Vorrei riproporre uno di quei post

Fratello embrione

Fa freddo qui
e se avessi
abbastanza cellule
tremerei
abbandonato
non scelto
scartato
ignorato.
Fuori c’è il sole
o cosi m’han detto
e un corpo di madre
che non è la mia.
Ero voluto
ma non desiderato
adesso attendo
un Destino buono.
Se sarà per me
il vetrino impietoso
o l’oblio
ricordatevi
di vostro fratello
che sognava
nel buio gelido
farfalle d’azoto.

Informazioni su Berlicche

Ufficialmente, un diavolo che dà consigli ai giovani demonietti. Avrai letto anche tu "Le Lettere di Berlicche" di C.S. Lewis, vero? Attenzione, però: i diavoli CREDONO in Dio. E questo in particolare svolazza, un po' su un po' giù, ma complessivamente diretto verso l'alto, verso quel cielo di cui ha nostalgia.

Pubblicato il 3 aprile 2012 su meditabondazioni. Aggiungi ai preferiti il collegamento . 15 commenti.

  1. Lasciami dire semplicemente un grazie prima che la pagina venga deturpata…

  2. Denise Cecilia S.

    Ricordo questi versi, li avevo trovati (tragicamente) bellissimi già a prima volta.
    Ti chiedo di spiegarmi, però. il significato di quelle “farfalle d’azoto”.

  3. Denise Cecilia S.

    * la (prima volta).

  4. L’azoto liquido è il refrigerante usato di solito per congelare gli embrioni. Tutto ciò che quegli embrioni “conoscono”.
    Trovo in un certo senso tragico che il nome “azoto” significhi “privo di vita”.

  5. Denise Cecilia S.

    Okay. Pensavo che quell’ultimo pensiero fosse un’aspirazione, non il “presente”.

  6. Denise Cecilia S.

    Vedo ora l’integrazione al commento.
    Non immaginavo che azoto significassi questo; in effetti è paradossale e appropriato insieme (un embrione conservato è “trattenuto” dallo svolgersi della sua vita, ma al tempo stesso è preservato dalla morte).

  7. L’immagine delle “farfalle d’azoto” è stato il seme della poesia. Mi venivano in mente i miei figli piccoli, che avevano sospesa sulla culla uno di quelle giostrine per bebè con farfalle colorate. Ho pensato che un embrione congelato non farà mai esperienze di quei colori, ma solo di un grigio freddo bruciante, l’azoto appunto…ma che aveva lo stesso desiderio dei miei piccoli di qualcosa di lieve da afferrare.
    Il resto è venuto da sè.

  8. Denise Cecilia S.

    Già. Un desiderio indefinibile, di cui non sa il nome e che non riconosce per tale, ma che avverte con pienezza.
    Come ogni persona di limitata intelligenza o capacità di interazione; che però conserva consapevolezza.

  9. Vorrei citare alcuni passaggi da un articolo di Luca Doninelli che ho letto oggi (qui). Sono concetti che abbiamo già discusso, ma non fa male ripeterli.

    Lo scandalo di cui parliamo non riguarda, infatti, i novantaquattro embrioni e i centotrenta ovociti distrutti. Riguarda uno solo dei novantaquattro embrioni: quello che doveva essere impiantato proprio in questi giorni nell’utero di una donna.
    In altre parole: novantaquattro embrioni sono andati «distrutti», ma uno solo di essi è stato «ucciso», perché quello soltanto era destinato a diventare un essere umano. La donna che lo attendeva ha, come si dice, perso il bambino.

    uno di questi novantaquattro, perfettamente uguale, sarebbe diventato un uomo a sua volta: uno di noi. Sarebbe cresciuto, avrebbe studiato e lavorato, forse avrebbe avuto figli senza bisogno della fecondazione artificiale.
    Tutto giusto e legittimo. Ma, come si vede, qui una risposta all’antico interrogativo, «che cos’è l’uomo?» emerge a chiare lettere: l’uomo è quello che noi decidiamo che sia. La differenza tra «uomo» e «non-uomo» non sta in un fattore oggettivo, ma in una decisione che qualcuno ha il potere di prendere.
    Potremmo dire, più semplicemente: l’uomo è un’entità mentale, una pura astrazione, la cui consistenza è definita dal progetto che ha su di esso. Altrimenti, è letteralmente niente.
    Nessuno aveva in mente, infatti, di trasformare novantatré di quegli embrioni, mentre per il novantaquattresimo esisteva un progetto, o meglio: un programma. È il programma che conferisce all’embrione lo statuto di «uomo». Ma l’uomo come realtà ontologica non esiste

    Ecco il problema. Questo, più della finanza, è il nodo culturale su cui probabilmente si deciderà il futuro della nostra civiltà.

    Mi ha colpito perchè anche nel famoso paper di Giubilini e Minerva si esprimeva (ma lì per davvero, per sostenerlo e aderirvi) lo stesso concetto: l’uomo si definisce in base al progetto che ha per sè stesso. E chi non può darselo da sè, è solo una subpersona che rientra nel progetto di qualcun altro.

    O sei potente, o sei succube dei potenti. Questo è l’uomo.

    Mi pare che sia lo stesso tema di fondo dei tuoi master di Nemicologia, giusto Berlicche?

  10. Dice Miłosz: «Si è riusciti a far capire all’uomo che se vive è solo per grazia dei potenti. Pensi dunque a bere il caffè e a dare la caccia alle farfalle. Chi ama la res publica avrà la mano mozzata». Sì, è esattamente il tema dei miei “corsi”: o dipendi da Dio, la tua consistenza sta in Dio, o da chi è potente. Non c’è altra scelta.

  11. Complimenti per il post. Anch’io sono un fiero cattolico anti abortista, ma devo dire che sarei anti abortista anche se fossi ateo, perchè la logica porta inevitabilmente in quella direzione. Se l’embrione fosse un semplice ammasso di cellule, come un tumore o un qualsiasi tessuto o organo del corpo, dopo nove mesi non diventerebbe un bambino. Gli abortisti lo sanno, e allora rispondono che l’embrione non è un essere umano perchè non ha coscienza. E certo, dico io, se non gli dai il tempo di svilupparla, non potrà mai averla! Ne sto discutendo qui (http://bioetiche.blogspot.it/2011/12/giuliano-ferrara-ha-ragione.html). A un utente pro aborto ho detto che, in pratica, per lui l’essere umano è tale solo se ha coscienza, ragion per cui in sua assenza o è tumore (l’embrione) o è carogna (il cadavere). E lui mi ha risposto: “Certo, se un essere umano non ha coscienza è altro. E, di converso, se un tumore o una carogna di qualsiasi animale avessero una coscienza, non si vede perchè non dovrebbero essere equiparabili agli esseri umani”. Una simile considerazione dell’ essere umano è davvero agghiacciante.

  12. Caro Simone, dalle mie parti si dice che è inutile lavare la testa all’asino. Quando si arrivano a dire certe cose è finita la possibilità di dialogo….la “verità” la maggior parte delle persone che frequentano “bioetiche” non la cercano: ce l’hanno in tasca molto più di tanti “integralisti”.

  13. Cara Annarosa, qualcosa mi dice che tu sei la stessa Annarosa che ha partecipato a quella discussione che ho linkato. Dico bene? :-)

  1. Pingback: Del perché non mi piace la poesia - L'estinto

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