Vi Meraviglierete VII – La potenza della parola

Vi siete meravigliati di quello che abbiamo detto finora? Qualcuno potrà anche essersi stufato di questa serie di post: non è immediato capire cosa possa avere a che fare con la nostra vita di oggi, con tutti i problemi e i drammi che ci assillano ogni giorno una discussione su una enciclica nota a pochi, risalente a quasi duecento anni fa, redatta con un linguaggio che ci appare ostico e duro.

Eppure il suo contenuto è decisivo ancora oggi. Anzi, forse oggi più di allora. Quando è stata scritta molto di quello che sosteneva erano ammonimenti sulle conseguenze di prendere certe strade. Oggi possiamo vedere cosa è successo quando quelle strade si sono prese, percorrendole fino alla loro destinazione.

Il caso, ad esempio, della libertà di stampa. La Mirari Vos ammonisce che, come è sbagliato asserire che la menzogna abbia lo stesso diritto di cittadinanza della verità, così anche affermare che possa essere pubblicata ogni menzogna, ogni errore e non possa esserci su questo nessun limite è sbagliato e dannoso.

Ah, la libertà di stampa. Negli anni in cui Gregorio scrive l’Italia è letteralmente inondata di opuscoli da parte di “società bibliche” inglesi ed americane. Chi voglia farsi un’idea dell’incredibile quantità e numero può provare a consultare le biblioteche. E’ la prosecuzione di quella tecnica di cui l’Inghilterra elisabettiana è stata l’ideatrice e la prima realizzatrice, e ci ha “donato” la Leggenda Nera: l’insieme di tutte quelle palle anticattoliche che ancora adesso troviamo persino sui libri di testo.
Inondare di libelli il “nemico”; mettere in dubbio, diffamare, ideare e diffondere ogni sorta di menzogna che possa indebolire l’avversario. Queste sono le tecniche.

Probabilmente la Rivoluzione Francese non sarebbe mai avvenuta senza i pamphlet che hanno creato di Luigi e Maria Antonietta un’immagine negativa molto oltre i loro effettivi demeriti; e senza la straripante editoria del regno sabaudo e dei suoi alleati liberali anche l’immagine che abbiamo del Risorgimento sarebbe alquanto diversa e forse più vicina alla realtà.

Non è un caso se al gaudente e annoiato “spurcaciùn” Massimo D’Azeglio, arruolato dalla massoneria per “fare” l’Italia, per prima cosa viene chiesta pubblicistica contro lo Stato della Chiesa. E costui, che nel 1844 sosteneva essere la penisola il paese più libero del mondo, dove “qual è l’opinione, l’idea, il pensiero che non si possa dire o stampare oggi in Italia, e sul quale non si possa discutere e deliberare? (..) basta andare d’accordo con il codice civile e criminale; del resto potete a piacimento radunarvi, mettere fuori teorie politiche, teologiche, sociali, artistiche, letterarie (…); chi vi dice niente?” – costui, dicevamo, comincia a sfornare libelli diffusi capillarmente in decine di migliaia di copie sull’oscurantismo dello Stato della Chiesa…

Oggi appare impensabile qualsiasi tentativo di limitare questa “libertà di stampa”. Con la comunicazione digitale un testo può essere diffuso e copiato istantaneamente. Ma siamo veramente più liberi? Se possiamo scegliere tra mille versioni errate, ma ci manca quella giusta, cosa serve questa nostra libertà? Come facciamo a separare chi ci mente con malizia da chi cerca solo il bene? Come proteggiamo chi è troppo debole per farlo da solo?

Potreste anche dire: non con il proibire. E va bene: ma non sarebbe una risposta. Non sarebbe una risposta.

Informazioni su Berlicche

Ufficialmente, un diavolo che dà consigli ai giovani demonietti. Avrai letto anche tu "Le Lettere di Berlicche" di C.S. Lewis, vero? Attenzione, però: i diavoli CREDONO in Dio. E questo in particolare svolazza, un po' su un po' giù, ma complessivamente diretto verso l'alto, verso quel cielo di cui ha nostalgia.

Pubblicato il 2 gennaio 2012 su Vi meraviglierete. Aggiungi ai preferiti il collegamento . 70 commenti.

  1. Con l’educazione, Berlic, con l’educazione.
    Copio per brevità – tornerò a commentare meglio – quello che scrivevo commentando la Caritas in veritate, dove Benedetto XVI invita a una riflessione sui pericoli di una falsa visione “tecnica” dei mass media.

    Pensare di poter rimediare agli abusi e alle storture dei mass media con un controllo pervasivo e preventivo, con la censura, è sbagliato per almeno tre motivi.

    1) Anzitutto per una questione morale, e cioè perché cercando di impedire l’uso errato della libertà si va a finire quasi sicuramente per coartare la libertà stessa. Il Concilio Vaticano II ha espresso molto bene questo concetto, ma esso è respinto da una certa visione del cattolicesimo che si identifica con un ultra-tradizionalismo molto critico verso ogni forma di liberalismo, e che anzi a mio parere non riesce neppure a distinguere tra diversi tipi di liberalismo, e pertanto ritiene che un liberalismo cattolico non possa essere altro che una versione camuffata del liberalismo anticattolico. Ma in realtà questo “liberalismo cattolico”, o in qualunque modo lo si voglia chiamare, ha ben poco da spartire con la tipica mentalità liberal intrisa di relativismo. Quest’ultima basa la libertà di parola sull’equivalenza tra verità e falsità, sull’astratta tolleranza verso ogni idea qualunque purchessia (una tolleranza spesso ipocrita e selettiva, è da aggiungere); invece il Concilio Vaticano II lega la libertà di parola alla persona, non all’idea.Non sono le idee sbagliate ad aver diritto di essere diffuse, ma sono le persone che hanno la libertà di diffondere idee sbagliate perché hanno un libero arbitrio che non si può sopprimere senza provocare un danno maggiore. Naturalmente questo uso distorto della libertà è sbagliato, e da esso ci si deve difendere, ma senza che questa difesa sfoci nella negazione della libertà stessa.

    2) In secondo luogo è irrealizzabile, perché la storia insegna che bloccare la circolazione delle idee è fattibile soltanto nel breve periodo, mentre nel medio e lungo termine è impossibile. E se questo è stato vero per i periodi storici in cui la conservazione e divulgazione del sapere si affidava soltanto alla trasmissione orale e ai manoscritti, è esponenzialmente più vero per il presente momento storico pervaso dalla comunicazione globale immediata. I pastori hanno il dovere di proteggere il gregge dai lupi, ma non si può riuscire a tenere il gregge in un recinto che sia una campana di vetro.

    3) In terzo luogo la censura è controproducente, per vari motivi: per il perverso fenomeno del “frutto proibito” per cui ciò che è vietato diventa più attraente; perché chi viene censurato può spacciarsi per martire, e atteggiarsi a tale anche quando l’idea censurata era completamente sbagliata, ed anzi un’idea completamente infondata può ammantarsi di verità ed essere percepita come vera proprio in quanto è stata inizialmente censurata; e perché affidare a un’istituzione ecclesiastica un potere così grande, decidere a priori cosa deve o non deve essere obbligatoriamente conosciuto dalla totalità delle persone, rischia di corromperla, posto che la grazia di stato non implica che gli ecclesiastici siano automaticamente immuni dai difetti e dalle tentazioni del potere.

  2. Sono sostanzialmente d’accordo con le osservazioni di Claudio, eccetto che con questo passo:

    Ma in realtà questo “liberalismo cattolico”, o in qualunque modo lo si voglia chiamare, ha ben poco da spartire con la tipica mentalità liberal intrisa di relativismo. Quest’ultima basa la libertà di parola sull’equivalenza tra verità e falsità, sull’astratta tolleranza verso ogni idea qualunque purchessia (una tolleranza spesso ipocrita e selettiva, è da aggiungere);

    Chiedilo a qualche maestro del liberalismo come Mill o Popper se la libertà di parola si basa sull’equivalenza fra verità e falsità. Stai associando erroneamente il liberalismo e il relativismo con i deliri del postmodernismo.

  3. Molto ragionevole, oltre che ben articolato, il commento di Claudio. Mi iscrivo alla discussione per vedere se Berlicche condivide o meno, anche perché questo post, come altri simili, un po’ mi inquieta.

  4. Shostakovich, dubito che Claudio si riferisse al liberalismo di Mill o Popper, il liberalismo di cui parla è quello più antico e “duro”, ma anche quello ancora più recente dei due filosofi che è sfociato da liberalismo a “libertinismo” potremmo dire.
    Ad ogni modo il problema è molto complesso: è vero ciò che scrive Berlicche, ma altrettanto vere sono le obiezioni di Claudio.
    Il problema è, dunque, come combattere le idee “sbagliate” senza ricorrere all’inutile censura?

    In parte sono d’accordo con Claudio che all’ude all'”educazione”, ma questa è la solita soluzione a lungo (lunghissimo) termine che alla fine si dimostra sempre un terno al lotto.
    Poi considerato che dal ‘700 si è sempre fatto di tutto per impedire alla Chiesa di applicarsi in qualsiasi tipo di educazione la vedo dura, ricordo che gli atteggiamenti (forse spinti anche da punte di anticlericalismo) degli ultimi decenni di gente che ha deciso di calpestare con scarpe infangate studi e studi di scienza pedagogica per sostituire (ideologicamente) la collaudata e funzionale educazione omogenea con la “nuova” e pedagogicamente distruttiva coeducazione sono ancora ben presenti.
    E per di più, chi osa opporsi a queste macerie del 68 viene pure osteggiato, viene visto come un “bigotto”, solo perché si osa sostenere (blasfemia delle blasfemie) che bambini e bambine apprendono (dal punto di vista didattico ma, soprattutto, da quello educativo) in modo diverso…
    Poi nessuno si meraviglia che le medie scolastiche delle bambine siano (in media) ben superiori a quelle dei bambini, e nessuno collega questo alla maggioranza di insegnanti donne nelle scuole primarie…
    Ma si sa, provate a conciliare l’educazione del bambino (agitato, concreto, che pensa per modelli, instancabile, incapace di stare fermo) con quello della bambina (che già alla stessa età del bambino descritto sopra riesce a pensare per astrazione, quindi risulta molto più portata per la matematica, ad esempio, è più capace di controllarsi, ed ha, generalmente, bisogno di stimoli diversi da quelli prevalentemente fisici ed “eroici” del bambino), ciò che viene fuori è la tragedia giovanile che viviamo ora, ragazzi spesso assolutamente non-educati (poi dipende dai genitori, è vero, ma la scuola dovrebbe cercare di dare una mano, in teoria) e ragazze che, pur essendo state un po’ più fortunate, non possono non farsi trascinare da questi ultimi.
    Poi ci infilano la scusa (veramente degradante, perché chi la usa dimostra di NON sapere come funzionano i sistemi di educazione omogenea, fermo restando che io sono per l’intereducazione che è una cosa ancora diversa ma ancora molto più sperimentale) che la coeducazione aiuta a socializzare, che avvicina i generi e diminuisce le differenze…
    Boiate, i risultati della coeducazione oggi li vediamo più che mai: il sessismo ha raggiunto vette inimmaginabili, ed il brutto è che le ragazze non se ne accorgono, e che ai ragazzi non importa.
    Questo perché comunque, nella scuola della coeducazione, il modello educativo è spesso la ragazza, ma il modello che attira, quello carismatico, è invece più spesso il ragazzo, e non accade di rado che le ragazze siano portate incosciamente a cercare di imitare i ragazzi in diversi modi.
    Così si costituisce un’uguaglianza oltraggiosa, un’uguaglianza che definisce uno standard e ci appiattisce tutto sopra, un’uguaglianza che non conosce e non rispetta le differenze: le azzera soltanto.
    L’educazione di Mussolini era probabilmente migliore di quella attuale in Italia (e quella di Mussolini era davvero orribile, a parer mio), e questo dice tutto, poi penso non ci sia nemmeno bisogno di analizzare il nozionismo dilagante, il concetto di scuola-strumento dell’azienda, ed il progressivo disinteresse da parte della nazione al problema educativo.
    L’educazione, Claudio? L’educazione è uno dei pochi campi in cui ho un’esperienza concreta, e la mia opinione è che per raggiungere risultati decenti (in relazione a quest’argomento) dovremo passare attraverso più di una rivoluzione (ma vera) dei sistemi educativi (magari anche strizzando l’occhio alla Montessori, che nella sua patria è snobbata dall’ideologia dominante) e che un secolo di impegno serio non basterebbe.
    E l’impegno è tutt’altro che serio, i pedagogisti fanno la fame…

  5. @ Michele

    Tralascio il tuo lungo discorso sull’educazione, perché si basa molto su una valutazione più o meno opinabile, la cui verità mi pare che dipenda da molti fattori eterogenei. D’altra parte, paragonare i sistemi educativi di due epoche differenti mi pare piuttosto fuori luogo, poiché non è dato sapere se un sistema più vecchio sarebbe necessariamente più proficuo oggi, se non alla luce di mere congetture personali. Le istanze del Ventennio sono diverse da quelle attuali.

    Shostakovich, dubito che Claudio si riferisse al liberalismo di Mill o Popper, il liberalismo di cui parla è quello più antico e “duro”, ma anche quello ancora più recente dei due filosofi che è sfociato da liberalismo a “libertinismo” potremmo dire.

    “Libertinismo” è più un gioco di parole. Ma perché parlare del liberalismo, che è un insieme molto ampio, in vece del più adatto sottoinsieme che sostiene qualcosa di molto simile all’uguaglianza fra vero e falso? Questo genere di istanze sono il frutto del postmodernismo anarchico. Ma il liberalismo non è libertarismo. Tacciare il liberalismo di essere la fonte di queste contraddizioni è come incolpare il cristianesimo di aver posto le basi per l’esistenza dei preti pedofili.

    Il problema è, dunque, come combattere le idee “sbagliate” senza ricorrere all’inutile censura?

    Veramente, il problema più grande è trovare un metodo completo, coerente e condivisibile per capire quale idea è da considerarsi sbagliata e quale no. Solo dopo si può discutere su cosa fare delle idee sbagliate. Finché si tratta di discutere se 2 + 2 = 5 o se per un punto esterno ad una retta passa solo una parallela, si possono usare i formalismi logico-matematici. Tra l’altro, anche usando sistemi formali si possono affermare due cose diverse eppure entrambe corrette, pensa alle formulazioni del V postulato nella geometria euclidea e in quelle non-euclidee. Nessuno dei vari teoremi di un sistema è più vero dell’altro, sono veri nel loro proprio dominio, ma sono tutti relativamente corretti.
    Più complicato diventa stabilire una verità nell’ambito delle scienze sperimentali, della ricerca storica, dell’etica o della morale o dell’estetica. Se si parte da dei postulati, questi vengono dati per veri sostanzialmente per mezzo di un accordo e, volendo, ci si può prendere la libertà di rifiutarne qualcuno o inventarne altri e costruire altri sistemi alternativi, anch’essi formalmente corretti. Sono le note questioni dell’epistemologia.
    Kant aveva trovato diverse antinomie che non consentono la fondazione di un sistema del tutto autosufficiente. Riguardo la legge morale, da un lato era consapevole dell’impossibilità – teoretica – di fondarla oggettivamente, dall’altro era pressato dal desiderio di averla – pragmaticamente – a disposizione. Finirà per affermare che serve una fonte esterna che faccia da legislatore incondizionato, che lui chiama Dio. Ma se è possibile non credere in Dio poiché Dio non è dimostrabile (e che non lo sia, è lo stesso Kant a spiegarlo), smette di esserci un imperativo categorico oggettivo.
    Sembra proprio che il problema non sia risolvibile e piuttosto che rimanere in stallo tanto vale lasciare che le diverse istanze trovino modo di realizzarsi, pur nella reciproca incompatibilità. La storia prenderà il corso emergente, che non è determinato (in questo ha ragione Popper quando smonta i vari storicismi), come è sempre stato.

    Con questo non intendo dire che tutte le idee sono equivalenti quanto a verità o corrispondenza con la realtà, personalmente ho scelto dei valori e delle metodiche che mi permettono di decidere se una certa cosa è giusta o sbagliata, vera o falsa, fondata o infondata; sono conscio della fallibilità dei miei giudizi e strumenti ma non ho il desiderio di mettere a tacere qualcuno che la pensi diversamente, né mi interessa imporli qualcuno che ha deciso dapprincipio di non adottarli. Mi interessa discutere e seminare un dubbio metodologico, uno scetticismo costruttivo, un confronto entro le norme logiche del dibattito. Chi sarà in grado di capirmi potrebbe rivalutare ciò che crede così come potrei farlo io al suo posto.
    Questo in un mondo ideale in cui queste norme dialettiche fossero conosciute e applicate in modo onesto e corretto.

    Nella realtà, accade più spesso che due opinioni si scontrino e continuino a scontrarsi. In questo stato di cose, non sopravvivono le idee o le opinioni vere e fondate, ma quelle più popolari, diffusibili, facilmente instillabili, che non sono necessariamente vere. Un tempo questa situazione avrebbe coinvolto i soli dotti, perché il proliferare dei dibattiti è un frutto più recente, dovuto, secondo alcuni intellettuali antimoderni di varia estrazione, all’educazione e alla cultura di massa, dove tutti, anche gli stupidi, sono chiamati a dire qualcosa e guai a dire che non ne hanno diritto. In qualche modo è vero, ma è anche vero che con meno attori in gioco la questione principale resta in piedi, è solo più circoscritta. Altri ancora ritengono che, in fondo, non c’è nessun problema di natura gnoseologica se si vanno diffondendo menzogne o se si sragiona in massa. Ma non mi pare, questa, una posizione seria, poiché si agisce anche in base alle conoscenze e noi viviamo in una realtà che mutiamo e che muta noi stessi. Bisogna venire a patti con la pragmatica: che ne diremmo se il ministero della salute riconoscesse a uno stravagante il suo diritto di farsi curare a spese dello stato presso un esorcista à la Milingo, giacché lo stravagante crede che la sua malattia sia causata dai demoni e non ripone alcuna fiducia nella scienza medica? Chiederemmo che le cure rimborsabili dovrebbero essere quelle con un buon fondamento scientifico, che è una buona garanzia. Ma se un uomo volesse sposare un altro uomo con tanto di riconoscimento statale, quale metodologia affidabile potrebbe dirci che questo è inammissibile?

  6. fili della storia

    quale metodologia affidabile potrebbe dirci che questo è inammissibile?

    NON una metodologia lo dice, ma precisamente la LEGGE di DIO, che è al di sopra di tutte le leggi umane, (che da ESSA soltanto prendono misura di giustezza =ratio), e che è immutabile fino alla fine della storia umana.

    Ma da quando il relativismo è entrato nella Chiesa, (dal concilio V2)con il liberalismo religioso, (prima sempre condannato, dal primo papa Pietro fino al 1962), anche nella società civile si è perso il senso del “peccato”: il senso della Legge di Dio, fatta da Dio stesso, che è dunque immutabile e non si contraddice mai
    (NON si aggiorna ai tempi, ovvero al PANTA REI).

    Da 50 anni ormai ognuno si fa la propria religione e il dio a propria misura, secondo le proprie opinioni e i personali “basic instincts”.

    OGNUNO oggi SI FA LA PROPRIA LEGGE MORALE, di cui si ritiene l’unico giudice insindacabile, appellandosi alla propria coscienza, senza più alcun riferimento a Dio, che di quella coscienza è il vero Giudice e ultimo Termine di riferimento: l’ Origine. (cfr. Facciamo l’uomo a Nostra immagine e somiglianza )

  7. fili della storia

    Dal 1962 la Chiesa docente non condanna più con autorità e chiarezza INEQUIVOCABILE nessuna opinione. Essa ha perso , lasciato alle sue spalle, l’aggancio al passato, alle certezze dei dogmi.
    Per cercare solo “ciò che unisce” tutto a tutti, in nome del dialogo conciliante tra diversi ed anche opposti, Essa ha mollato l’aggancio (che prima era indefettibile) al principio di identità e di non contraddizione:
    l’aggancio al LOGOS.
    Essa ha voluto accogliere al suo interno Vero e falso in PAR CONDICIO: tutti in pista con pari rispetto, gli stessi DIRITTI CONCESSI sia alla Verità che all’errore, in nome del dialogo e dell’INCLUSIVITA’ a 360°, senza più condannare con chiarezza alcun ERRORE.
    Oggi, nella Chiesa come nella società,
    tutto è vero, tutto è falso, tutto è OPINABILE, tutto è accettabile in nome del DIALOGO CON I DIVERSI (diversamente credenti, opinanti e oranti-celebranti):
    Impero del relativismo, in cui tutte le menzogne sono accettabili se presentate come “diverse verità”.
    Non viene insegnato più, come si faceva fino al 1960, il retto DISCERNIMENTO del Vero dal falso, del Bene dal male, esercizio della ragione che illuminava la coscienza, con riferimento costante alla Legge di Dio; e le coscienze si vanno oscurando da allora, in un marasma relativista, uno smog sempre più denso e buio, in cui tutti si chiedono:

    ….quale metodo affidabile ci dirà ecc…?
    (= CHI ci potrà dire che cosa è ammissibile o no, che cosa è Vero e che cosa è falso ?
    Dove andremo ? chi ci indicherà una Verità assoluta e inoppugnabile a cui TUTTI devono far riferimento per sentirsi nel GIUSTO?)

    Nell’inesorabile fiume del PANTA REI, che tutto travolge e TRASFORMA, è necessario l’aggancio ad una ROCCIA che rimane ferma e incrollabile, immutabile, punto fermo e solido, aggancio sicuro, che salva da ogni mutamento travolgente che annulla ogni IDENTITA’, rendendo tutto diverso da ciò che era, ogni cosa e persona irriconoscibile a se stessa, in-identificabile, non-definibile.
    Roccia che salvi i figli degli uomini dall’essere continuamente divorati da Xronos.

    Nel buio mare del relativismo, è necessaria una Luce che non si spegne MAI.

  8. Chi si arroga il diritto di lasciare in giro solo ciò che è bene? Non lo ha fatto neanche Dio.
    E se un giorno questo diritto toccasse a chi pensa che quello che dici tu sia falso?
    Anche a me fa paura l’idea che ciascuno possa dire quello che vuole tanto è la sua idea. E mi fa un po’ rabbia il pensiero che la gramigna debba essere lasciata crescere tra l’erba buona.

  9. NON una metodologia lo dice, ma precisamente la LEGGE di DIO, che è al di sopra di tutte le leggi umane, (che da ESSA soltanto prendono misura di giustezza =ratio), e che è immutabile fino alla fine della storia umana.

    La legge di dio secondo chi?

  10. il tuo è vaste programme, berli’…in questi tempi di alfabetismo diffuso – seppur rudimentale – e di computer, e di blog…
    perché non ti attieni al possibile?
    dai berli’, venimose incontro…
    lascia perdere la libertà di stampa; impiega le tue forze in un obiettivo più ragionevole:

    il ripristino dell’ INDEX LIBRORUM PROHIBITORUM

    ti faresti un sacco di amici, sai… conosco un sacco di gente che farebbe (hihi) il patto col diavolo pur di finirci dentro…

  11. pensa: in assenza di eresia conclamata potreste vendere le iscrizioni all’indice come fossero stelline michelin. e non sarebbe NEMMENO SIMONIA!!!!

    un cespite onesto, per una volta… dillo ai tuoi capi…

  12. Fili, non mi pare proprio. La Chiesa dice esattamente quello che diceva prima. Ma in ogni cosa, e nell’educazione è chiarissimo, bisogna dare delle ragioni. Ragioni per credere.
    La Legge di Dio, che c’è, dev’essere capita; dev’essere verificata; altrimenti il nostro aderire ad essa rimane solo un fideismo che alla prima avversità, non avendo vere ragioni sotto, viene spazzato via. Se non vedo la mia convenienza umana a seguire la Legge di Dio, quanto mi fa grande, allora dopo un po’ mi domanderò “e chi me lo fa fare”? E diventerò la specie più accanita di ateo, il fideista deluso, o l’indifferente.

    Sho, il libertinismo deriva dal liberalismo. Non è un gioco di parole, sono gli stessi libertini che lo sostengono, e (come vediamo chiaramente oggi) l’uno è la conseguenza logica dell’altro.
    Il fatto che Dio non sia dimostrabile – e qui non sono d’accordo – non implica affatto che non esista un imperativo morale oggettivo. Il bene e il male non smettono di esistere; il vero e il falso neanche. Anche tu lo dici. Concordi sul fatto che non sia ammissibile che all’errore sia data la stessa dignità. E ti chiedi “Ma se un uomo volesse sposare un altro uomo con tanto di riconoscimento statale, quale metodologia affidabile potrebbe dirci che questo è inammissibile?”. Bene, la risposta non può essere che “la verifica della realtà”.
    Se il vero e il falso esistono, non può essere che la realtà a dire dove stiano. Su questo di più in seguito.

    Sull’educazione – e ne parlerò più diffusamente nei prossimi giorni – dò ragione a Michele sulle obiezioni, un po’ meno su alcune soluzioni. Intanto consiglio questo bellissimo libro che contribuisce moltissimo a chiarire le idee: “Di padre in figlio”. di Franco Nembrini.

    E che l’educazione sia “il” modo, Claudio, non c’è dubbio. Ma non basta. Purtroppo. Ovviamente sottoscrivo in pieno tutto quelo che dici. Un piccolo terreno di prova pratica è questo blog.
    Nel mio piccolo, con esso io cerco di dare agli altri quanto è stato dato a me: tutte le verità che mi sono state passate e che ho capite nel corso del tempo. Non ho la pretesa di essere infallibile, nè esaustivo. Questo è semplicemente il meglio che posso dare, con onestà. Non troverete mai una menzogna conscia e deliberata qui sopra perché sarebbe contro il motivo stesso per cui scrivo.
    E come fare allora quando un commentatore pone un punto che io penso sicuramente errato? Si discute, io spero con l’intento di arrivare alla verità. Ma quando il commentatore porta consciamente un punto errato, e quindi introduce la emnzogna nella discussione? Quando anzi nega che possa esistere una verità, quando sostiene che mentire per portare acqua al proprio mulino è lecito?
    Cosa fare allora? Come impedirgli di nuocere?
    Se non si può educare lui, educare gli altri a rifiutarlo? Ignorarlo?
    Impedirgli di dire le sue menzogne?
    E’ il vecchio dilemma del troll.
    Allora come adesso.

  13. La chiave per capire l’atteggiamento giusto su censura/libertà di parola è l’osservazione che l’evolversi dell’umanità ricalca la crescita di una singola persona.
    All’umanità bambina si danno limiti ben precisi (da parte di chi rappresenta l’autorità paterna o divina). Non sa e nemmeno spesso desidera scegliere liberamente. All’umanità adulta al contrario si dà piena libertà.
    Oggi siamo una umanità adolescente. Che ha voluto e si è strappata frammenti di libertà, anche _giustamente_ forzando la mano per uscire dalla condizione parternalistica di tutela. Ed è giusto che non ci sia più la censura, che invece in passato era giusta! Ma la libertà che abbiamo non la sappiamo minimamente usare. Passeranno secoli prima che maturiamo. Dobbiamo essere già liberi, ma non siamo ancora capaci di farne un uso decente.

  14. Sho, se c’è una cosa che non può permettersi di cambiare per assecondare i tempi (e con questo non dico che non possa cambiare, anzi, deve farlo, ma deve farlo perché si trovano metodi migliori, non perché “la società è questa”) è proprio l’educazione, l’organo principale di ogni comunità umana.
    E negli ultimi anni in campo educativo sono stati commessi errori atroci, segnalati fin dagli anni ’70 dai pedagogisti (soprattutto quelli all’estero) e riconoscibili ora anche dalla tendenza di quasi tutti gli stati “del primo mondo”, se così vogliamo chiamarli, a dare più spazio alle “antiquate” metodiche dell’educazione omogenea.
    Poi sono d’accordo, di problemi ne presenta anche quella, di fatto la soluzione che adotterei io (in questo campo preciso) è un’intereducazione che tenga separati bambini e bambine nel momento dell’educazione a sé stessi (ed in gran parte delle materie didattiche) ma che al tempo stesso preveda dei momenti di condivisione nell'”educazione all’altro”.
    Capisco anche che in Italia non si tornerà mai (sono un po’ pessimista oggi, che ce posso fa) a cancellare quell’orribile “ministero dell’istruzione” per creare quello dell’educazione, in Italia il fine è “istruire” riempire i ragazzi di nozioni su nozioni trascurando il vero obiettivo della scuola.

  15. E, a scanso d’equivoci, il riferimento alla scuola del ventennio era una mera provocazione, dopotutto è quella la base della scuola di adesso.
    Il discorso è un’altro, non punto al recupero di antiche formule, punto al lasciare la gestione dell’apparato educativo statale (perché quello pubblico non statale, grazie al cielo, può funzionare anche benissimo, a seconda di chi ci mette le mani, vedi www. faesmilano.it/ togliete lo spazio dopo il punto) in mano a chi di educazione se ne intente e non a politici, politologi o, anche peggio, ad avvocati.

  16. Perché l’Indice dei libri proibiti è stato soppresso?

  17. xCerutti: Per le ragioni che ha detto Claudio: era più dannoso che utile.

    Può essere utile un’occhiata a questo commento (e a quel post in generale)

  18. @ berlicche

    Sho, il libertinismo deriva dal liberalismo. Non è un gioco di parole, sono gli stessi libertini che lo sostengono, e (come vediamo chiaramente oggi) l’uno è la conseguenza logica dell’altro.

    Uhm, il libertinismo, nella sua accezione storico-filosofica viene molto prima del liberalismo nella stessa accezione. Non vedo una conseguenza logica. Casomai, è più facile essere libertini in una società liberale che in una che si fa guidare da un moralismo totalitario. In questo senso, un certo liberalismo morale impedisce che venga impedito un comportamento libertino, ma questo non implica che il libertinismo sia causato dal liberalismo. Così come una società totalitaria non causa un ipotetico antilibertinismo, semplicemente, ostacola i compartamenti libertini, che hanno origine altrove.

    Il fatto che Dio non sia dimostrabile – e qui non sono d’accordo – non implica affatto che non esista un imperativo morale oggettivo. Il bene e il male non smettono di esistere; il vero e il falso neanche.

    Aspetta, se l’imperativo categorico è intrinsecamente fondato sull’esistenza di Dio, che ne sarebbe fattore e garante, e se Dio non esiste, quell’imperativo smette di essere categorico, smette di essere un imperativo (ricordati di Dostoevskij). Analogamente, se Dio non è dimostrabile, l’imperativo categorico non è una necessità. Kant non dimostra l’esistenza di Dio per affermare la necessaria esistenza della morale oggettiva; semmai, inverte i membri: affinché si possa dare una morale oggettiva serve postulare l’esistenza di un dio garante. Ma questo genere di argomento potrebbe valere allo stesso modo se, invece che di dio, si parlasse di una proprietà della natura, quasi una legge fisica, un po’ come sosteneva Spinoza.
    In questo modo, dio non è condizione necessaria se può essere sostituito dalla natura-panteismo.
    Analogamente, smettono di esistere il bene e il male come caratteristiche oggettive di un fenomeno o di una azione. Se queste esistessero oggettivamente, non avrebbero bisogno di un dio per essere interpretate.
    Quanto al vero e al falso, il discorso è più complesso: in logica la verità esiste come nozione ed è una funzione formalizzata. Ma la verità di un enunciato dipende dal sistema in cui questo è espresso, non si può dire che la verità esiste a prescindere da questo. Esistono sistemi logici formali in cui la verità si può esprimere per mezzo di più valori oltre a V e F, ci sono anche logiche formalizzate paraconsistenti che rifiutano il principio di non contraddizione. Inoltre, la logica non ci aiuta da sola a dire qualcosa di vero sul mondo, poiché non è suo compito. La proposizione composta “Nevica e fa caldo”, per la logica, è vera quanto falsa, e a seconda del valore di verità delle sue parti è possibile calcolare quale valore avrà il tutto. Ma la contraddizione fra il nevicare e il fare caldo non emerge dalla logica, bensì dal dato scientifico. Ora, non voglio impelagarmi sulle discussioni a proposito dei limiti e della generalizzazione di un dato scientifico, mi pare che possiamo essere d’accordo sul fatto che non necessariamente un risultato scientifico è un risultato universale ed assoluto. In questo modo, anche una logica formalmente corretta può portare a risultati non veri se la verità del contenuto delle proposizioni è stabilito per mezzo di metodi non corretti.

    Anche tu lo dici. Concordi sul fatto che non sia ammissibile che all’errore sia data la stessa dignità.

    Lo dico, ma in funzione del sistema di riferimento, non lo dico in termini assoluti, altrimenti avremmo fra le mani un sistema assoluto. Se mi rifiuto di credere nell’astrologia è perché, nel mio sistema, questa non mostra alcuna capacità predittiva reale e dimostrabile. Ma per uno che rifiuta il mio sistema, perché rifiuta la validità di un’analisi scientifica, quello che per me è vero (l’astrologia non funziona), per lui è falso (l’astrologia sembra non funzionare secondo la scienza, ma la scienza è inadatta a valutare l’astrologia). I due sistemi sono fra loro incompatibili, benché io continui a ritenere superiore il mio e inaccettabile il suo, resta il fatto che non si possono commensurare se non ci sono punti di verifica comune. In poche parole, non posso dire che io ho senz’altro ragione e lui torto anche fuori dai nostri reciproci sistemi di riferimento.
    Questo per quanto riguarda la parte teorica. Nella parte pratica, per esempio le spese sanitarie, dove non ci sono risorse infinite per accontentare i desideri di ognuno, si deve o no scegliere una metodologia di discrezione e demarcazione? Visto che parliamo di salute e i risultati di una terapia sono in qualche modo verificabili e spiegabili, il metodo scientifico mi pare il più adatto per decidere se una terapia è fondata o meno. Se si decide di rimborsare solo quelle terapie fondate (quindi si limita la libertà di farsi curare da un mago esorcista), io non ho nulla da obiettare, poiché in questo modo si fa riferimento ad un dato esterno alle valutazioni personali pregiudiziali, che è lo stato di salute.

    E ti chiedi “Ma se un uomo volesse sposare un altro uomo con tanto di riconoscimento statale, quale metodologia affidabile potrebbe dirci che questo è inammissibile?”. Bene, la risposta non può essere che “la verifica della realtà”.
    Se il vero e il falso esistono, non può essere che la realtà a dire dove stiano.

    Non è detto che per ogni asserzione si possa dire che sia falsa o vera perché il vero e il falso esistono (secondo me non esistono al di fuori delle nostre definizioni, non hanno status ontologico indipendente). Se dico che la Sinfonia n. 6 di Mahler è la più bella sinfonia mai scritta, sto dicendo il vero o il falso? Cosa posso verificare nella realtà per stabilirlo? E in funzione di che cosa? Forse che esiste un canone oggettivo per decidere se una composizione è più bella di tutte le altre? C’è l’opinabilità del gusto personale, che pone in relazione alcune caratteristiche oggettive (p. es. la struttura della composizione) a criteri non oggettivi (p. es. mi piace la struttura quadripartita in forma-sonata invece di quella unificata per giustapposizioni). La morale soffre degli stessi problemi dell’estetica. Non c’è sempre qualcosa che si possa osservare nella realtà per decidere che un certo comportamento è moralmente reprensibile. Tanto meno si può cadere nella fallacia naturalistica per quanto riguarda i comportamenti umani.

  19. @ Michele

    Sho, se c’è una cosa che non può permettersi di cambiare per assecondare i tempi (e con questo non dico che non possa cambiare, anzi, deve farlo, ma deve farlo perché si trovano metodi migliori, non perché “la società è questa”) è proprio l’educazione, l’organo principale di ogni comunità umana.

    Sono totalmente in disaccordo. L’educazione istituzionalizzata di cui parli, l’educazione di massa, è un’invenzione moderna, nata in funzione del tipo di società che ci si trova e che si vuole modificare. In epoche in cui non vi era educazione obbligatoria, in cui non vi era nemmeno l’esigenza di valutare i sistemi educativi e tutto era lasciato all’inventiva del maestro o della scuola, non solo l’educazione non era un organo principale di ogni comunità, ma c’erano sistemi educativi differenti, anche modi asistematici di educare.
    Il rapporto fra educazione e tempi/società è un rapporto reciprocamente dinamico, l’una cosa cambia l’altra e vice versa. Una certa educazione forma un certo tipo di membri della società, ma al contempo questi membri cambiano la società e al sistema educativo si pongono dei problemi da affrontare, il sistema educativo deve mutare. “Adattarsi” è un concetto ambiguo: per come la intendo io, un sistema educativo si adatta quando scopre di essere insufficiente ad affrontare un nuovo stato di cose, perciò si modifica.

  20. Intendevo un’adattamento di altro tipo, è ovvio che in un ambiente diverso i metodi per agire sull’educazione possano essere diversi.
    Il problema è appunto che questo non accade, e che l’adattamento va sempre più verso la direzione del giustificazionismo di tutti i problemi, e mentre in passato l’educazione (non parlo solo di quella di massa ed istituzionalizzata) puntava comunque ad e-ducare, a tirar fuori il carattere dei ragazzi per farne degli uomini (purtroppo per i pochi che potevano beneficiarne, e con gli errori caratteristici delle varie epoche e classi sociali) ora si punta ad istruire, non penso che ci sia bisogno di illustrare le differenze…

  21. @ Michele

    Credo di aver capito, parli di un’educazione molto pervasiva, di una scuola che faccia quasi le veci della famiglia, spesso assente nelle sue funzioni, spesso incapace, spesso deleteria. In effetti, la famiglia queste funzioni educative le ha sempre delegate a qualcun altro, se c’è la possibilità (scuole oppure precettori). Quando le possibilità non ci sono o sono insufficienti, è il mondo che educa, nel suo caratteristico modo anarchico e asistematico. Evoluzionistico.

    Ti sei senz’altro reso conto di come sia difficile definire meglio i tuoi propositi (cosa fa di un ragazzo un uomo?). Ha diritto la scuola a plasmare le coscienze secondo una direttiva? O deve offrire spunti affinché lo studente abbia modo di farlo in proprio? C’è il rischio di una educazione-plagio.

    Per altro, alcune scuole private sono mediamente più efficienti anche perché non devono venire a patti fra ristrettezze finanziarie e risorse educative.
    A mio parere, l’istituto della scuola pubblica può essere effciente e di qualità anche senza dover rivoluzionare i sistemi educativi. Il problema delle scuole statali è, oltre alle risorse scarse, la mancata selettività a monte ed in itinere. Un buon sistema educativo può fallire con studenti che non si impegnano, non sono interessati, hanno troppe deficienze pregresse. Una scuola selettiva non può prendersene sempre carico, finirebbe per trascurare quegli studenti che, invece, si applicano e sono interessati. Ma da noi vige, purtroppo, il malinteso fra obbligo e diritto: poiché gli studenti sono obbligati a frequentare la scuola, essi hanno diritto a terminare gli studi e prendere il pezzo di carta. E perché mai? Un insegnante deve sforzarsi, deve aiutare chi è in difficoltà perché ne esca, ma non può impegnare troppe forze in questo obiettivo se per far farlo dimentica gli altri. Poi ci sono altri problemi concreti di cui la scuola pubblica si fa carico e che nelle private non si pongno affatto. Rimando ad un paio di letture non esaustive del mio blogger cattolico preferito (senza offesa berlicche, è insegnante di scuola media):

    leonardo.blogspot.com/2009/06/i-want-your-sex. html
    leonardo.blogspot.com/2008/11/6-6-6-number-of-beast. html
    leonardo.blogspot.com/2010/06/i-want-your-sex-2010. html
    leonardo.blogspot.com/2008/10/yu. html

  22. Solo un troll come shostakovich poteva linkare un tale insieme di cazzate. Vero, censore?

  23. Proprio per questi motivi punto (e non solo io) ad un’educazione anti-concettualistica, molto diversa da quella attuale.
    L’educazione sognata da Rousseau, teorizzata dalla Montessori, perfezionata da tanti altri tra i quali R. Baden-Powell of Gilwell:
    l’autoeducazione, l’educatore non è più l’insegnante alla cattedra, ma semplicemente un osservatore, un elemento vigile che fornisce gli strumenti ed assiste la crescita (sotto tutti i punti di vista) del ragazzo, una buona metafora potrebbe essere quella del bastone legato al busto della pianta ancora giovane che serve a farla venire su diritta.
    Ovviamente, poi, si presentano altri problemi (tra i quali l’efficienza delle nozioni, il sistema autoeducativo è comunemente più lento di quello “classico”), per questo non si può proporre il metodo Montessori alla scuola statale, sarebbe un atto rivoluzionario, rischioso, e ci sarebbe bisogno di educatori notevolmente preparati in materia pedagogica mentre qui abbiamo insegnanti che al massimo sono preparati in quelle didattiche.
    Però non per questo bisogna rinunciare a migliorare anche il sistema didattico rendendolo educativo (e ti assicuro che le famiglie IMPLORANO che questo accada, avendo a che fare con diversi genitori posso testimoniarlo, spesso i genitori hanno un disperato bisogno di aiuti), e se questo accadesse posso assicurarti che le possibilità che vengano fuori studenti che non si impegnano e che non sono interessati sarebbero davvero minime, ma questo esula anche dalla maggioranza delle scuole private (non è che le ho messe automaticamente al di sopra di quella pubblica, semplicemente si apprezzano i tentativi di applicare nuovi metodi, il faes che ho linkato non è una scuola a caso).
    Tanto meno vuol dire che si può trascurare una scienza come la pedagogia in nome di convinzioni ideologiche (l’accettazione aprioristica della coeducazione in Italia di cui ho già parlato è un esempio lampante)

    Ad ogni modo, non è che io non abbia definito i miei propositi: penso che siamo già abbastanza off-topic così; ma se proprio vuoi saperlo sono convinto che ciò che fa di un ragazzo un uomo è il raggiungimento della capacità della scelta indipendente e consapevole, e per raggiungerla è d’obbligo un’educazione al singolo (e ti assicuro che a livello statale è probabilmente la cosa più difficile da adempiere) e non alla massa; un’educazione che faccia conoscere al ragazzo non un’infinità di nozioni, ma le peculiarità che lo caratterizzano; un’educazione che si concentri sul carattere, che ponga il ragazzo di fronte ad una moltitudine di ostacoli di diverso tipo così che sappia comprendere ciò a cui è portato.
    L’intereducazione (o, al più, l’educazione omoegenea) è anch’essa tesa a questo obiettivo: le stesse proposte spesso non sono adatte a ragazzi e ragazze, la già difficile educazione al singolo diventa praticamente impossibile con le classi miste, l’educatore si trova nella condizione di non sapere che tipo di linguaggio adottare perché bambini e bambine parlano (e quindi comprendono) linguaggi diversi, la coeducazione è una classica educazione massificata, quindi è abbastanza normale che sfoci nell’istruzione svuotata di funzioni educative.

  24. Ahaha, ago86, ancora con questa storia del censore, è una tua paranoia, non sono quel blogger che dici tu, non ho un blog pubblico.
    Ma perché cazzate? Sono le riflessioni di un insegnante di scuola media, tu che ne sai per dire che si tratta di cazzate?

    Ma oltre agli attacchi personali conosci qualche altro metodo di confronto?

  25. Ho letto (un po’ sbrigativamente, tra poco devo uscire) le riflessioni dell’insegnante, ma non vedo l’attinenza al discorso.
    Dopotutto nella scuola utopica di cui parlo io (molto spesso, poi mi tocca tornare alla realtà e segnalare semplicemente dei modi per correggere quelle esistenti) non esistono voti, non esistono bocciature, esistono solo ragazzi che lavorano per diventare chi vogliono essere.
    Niente a che fare con il mondo capitalista odierno, lo capisco, ma mi sento ancora di combattere per far capire ai miei ragazzi che sono persone, non individui, e che se si educano, anche quando vanno a scuola, non devono farlo per l’azienda o per lo stipendio, e nemmeno per lo sbocco lavorativo.
    Ma la scuola oggi serve a questo, l’aspetto secondario dell’educazione è ormai quello principale, e la persona non ha più importanza, se non come ingranaggio dell’azienda, dello stato, di quel che vuoi.
    Ora spero che la mia posizione sia un pelo più comprensibile :P

  26. Eh, Michele, dovevi dirlo prima. Pensavo che anche tu puntassi all’efficienza, dato che avevi linkato il sito delle scuole FAES, e quando si parla di efficienza viene sempre fuori il problema della valutazione.

    Comunque, dici bene che il tuo è un ideale utopistico, poiché nella realtà (e la realtà è una cosa cocciutissima), ci si deve misurare con tanti fattori, e il professore-blogger che ho linkato ne menziona diversi. Del resto, anche una società senza classi sociali è una bella utopia, ma scontrandosi con la realtà finisce per dimostrarsi una favola e basta.

  27. Beh, un sistema educativo è efficiente (nella mia definizione, almeno) quando il ragazzo che ne esce è in grado di utilizzare al meglio le sue abilità, da qui è indispensabile che le conosca.
    Costruire un apparato educativo statale che punti a questo? Sono d’accordo che è quasi impossibile, ma esiste anche l’educazione non formale, e comunque si può auspicare un movimento delle posizioni del ministero, ad esempio.

  28. Mi sembra ragionevole la tua posizione, Michele. Ma, ahinoi, quando si vuole passare dell’idea alla prassi ci si deve misurare con un sistema organizzato e istituzionalizzato, e qui le istanze sono molto articolate ed eterogenee.

  29. Sigh.
    Le parole sono importanti.
    Devo chiedere scusa a Berlicche e tutti quanti perchè una mia parola usata superficialmente ha fatto completamente deragliare la discussione, portando tutti OT rispetto al senso del post.

    Quando dicevo “educazione”, non intendevo l’educazione scolastica, o almeno non intendevo solo quella. Intendevo l’educazione che si fa ogni giorno dai mass media, dalle cattedre dell’agorà pubblica, rivolta anche e soprattutto a quelli che non sono più sui banchi di scuola.
    E’ educazione scrivere un editoriale, è educazione tenere una conferenza, è educazione – si parva licet – gestire un blog.
    Probabilmente educazione non è la parola più corretta, suggeritemene voi una migliore, ma spero di aver reso il concetto.
    Si era partiti dal problema dei giornali che sparano falsità conclamate nella più totale impunità, discettare se i maschi e le femmine possano essere compagni di banco c’entra come i cavoli a merenda.

  30. Siamo abbondatemente OT, e vorrei cercare di riportare un attimo il tema in carreggiata.

    Sho, ti è sfuggito il senso della mia affermazione.
    Il fatto che Dio non sia dimostrabile – e qui non sono d’accordo – non implica affatto che non esista un imperativo morale oggettivo.
    Anche se l’esistenza di Dio non fosse dimostrabile ciò non significa che Dio non esista. Che esistano differenti opinioni non significa che una opinione non sia più vera delle altre. Un imperativo morale oggettivo può esistere se l’uomo è fatto in una determinata maniera: l’imperativo “morale” per un ombrello è riparare dalla pioggia, e l’ombrello è “felice” (raggiunge il suo scopo) se fa esattamente questo. Allora forse è possibile passare dal fatto che l’uomo sia felice quando fa qualcosa alla scoperta della maniera in cui è fatto, e quindi da chi è fatto.

    Se questa morale esiste, allora tutto ciò che cerca di distogliere l’uomo da questo bene è un male. Se io, con un mio scritto, perseguo questo male perché sono convinto torni a mio vantaggio allora dovrei essere messo in condizione di non nuocere. Questo può essere fatto in tre maniere: agendo su chi compie l’azione, sull’azione stessa, o sul recettore dell’azione.
    Il primo modo si chiama “legge”, il secondo “censura”, il terzo “educazione”.

    Il metodo scientifico può essere usato solo per una piccola parte della realtà e in casi molto limitati. Quante volte, durante il giorno, usi il metodo scientifico? Per sapere se ami qualcuno, per capire se prendere l’ombrello, per educare un figlio, non puoi usare il metodo scientifico. Il metodo scientiifico dice come, non spiega perché. Il metodo scientifico non può dire quale dei tre metodi sopra sia il migliore.

    Allora qual è il solo metodo possibile? Come ho detto, la verifica della realtà. Ogni teoria, di qualsiasi tipo, è nella realtà che si prova se sia corretta o errata.
    Noto che “verifica” implica un criterio di verifica oggettivo.

    Ad esempio il tuo commento delle 16.53 è, oggettivamente, sbagliatissimo. Ad esempio dire che le “scuole private sono mediamente più efficienti anche perché non devono venire a patti fra ristrettezze finanziarie e risorse educative” è sbagliato da qualsiasi profilo, e dimostra di non conoscere affatto ciò di cui si parla. I link al fondo sono poi effettivamente abominevoli, perché dimostran un completo disinteresse per quello che dovrebbe il punto fondamentale dell’educazione: la persona da educare. Se si dimentica il soggetto si ha solamente una ideologia morta in partenza, che non può che generare disastri – appunto.

    Prendiamo questo caso come esempio.
    Abbiamo una persona che scrive cose errate, ma del cui letale approccio ci si può rendere conto solo quando si sia a contatto con una realtà più vera, con un maestro di quelli che fanno brillare gli occhi e la mente.
    Eppure scrive, viene letto, e c’è chi queste cose le approva totalmente. Oso dire, in mancanza di un contatto come quello sopra detto.
    Cosa dovrebbe fare, dunque, una ipotetica autorità che di questo sia conscio?
    Proibire a “Leonardo” di scrivere? Inaccettabile, qui e ora.
    Censurare il sito? Con Internet non è che sia possibile. Non ci riescono con i siti pedofili (a proposito, sarebbe interessante sapere quanti ricerchino tali siti proprio attirati dall’ultimo proibito). Rifare un Indice che ne sconsigli la lettura? Pubblicità gratutita.
    Ed in ultima analisi, educare. E qui ci si scontra con coloro che non sono d’accordo, che trovano Leonardo il non plus ultra, e magari rigettano a priori ogni cosa che può sconfessarli dal loro giudizio. L’educazione è quindi un rischio: affidare le proprie ragioni alla libertà della persona sperando che il vero trovi la sua strada.

    Se l’educazione non è amore per chi ci sta di fronte, fallirà. Nessun apparato riesce a trovare la strada del cuore.

  31. Faccio un esempio concreto.
    Leggendo oggi la rassegna stampa sul sito del Governo, ho trovato questo articolo sul quotidiano Milano Finanza, che ci informa di come sia appena stata pubblicata una valutazione ufficiale, tecnica, dal Ministero dell’Economia, su quanto ammonta il mancato introito ICI da parte di tutti gli enti non commerciali – non solo quelli “dell Vaticano”, come dicono gli incolti di diritto internazionale, ma anche tutti gli altri, dai circoli dell’arci ai sindacati. Si tratta grossomodo di 100 milioni di euro, che l’articolo definisce “una mancanza dì gettito quasi ininfluente per il bilancio pubblico”. Forse lo è, forse no, ma certo la differenza con i favoleggiati 2 miliardi di euro lucrati dalla Chiesa a spese nostre si sente.
    La relazione è disponibile sul sito del ministero del tesoro, io l’ho scaricata (vi metto pure il link), ma sono 463 pagine. Non ho ancora avuto l’ardire di leggiucchiarle, ma immagino che siano in un linguaggio fittissimo e tecnicissimo.

    Ora, sarebbe bello, sarebbe deontologico, sarebbe aperte virgolette educativo chiuse virgolette, se i mass media impegnati nella battaglia contro “il Vaticano evasore” dessero contezza di questa relazione, anche criticandola (che mica c’è il dogma dell’infallibilità ministeriale), comuque provando a spiegarne il contenuto ai propri lettori.
    Aspettiamo tutti assieme di vedere se, cosa, come e quanto ne scriveranno Repubblica eccetera. E poi parliamo concretamente della libertà d’informazione.

  32. Non riesco ad accedere al link, Claudio.
    Andando OT a tutto spiano (ma ormai ci sianmo già… scusa Berlicche) credo che i sindacati abbiano l’esenzione solo per i locali adibiti a consulenza previdenziale. Un po’ come gli enti religiosi, che hanno l’esenzione per i locali adibiti alle loro funzioni religiose e sociali. IL porblema nasce dagli edifici a destinazione d’uso mista e, senza voler offerendere nessuna categoria associativa, da chi fa il furbo.

    (AGENPARL) – Roma, 09 dic – “Gli Enti non commerciali , tra i quali rientrano anche le associazioni sindacali, sono chiamati a corrispondere l’ imposta ICI.” Lo precisa il Segretario confederale della Cisl, Piero Ragazzini.
    “Una bugia detta una volta, non può trasformarsi in mille bugie. Il sindacato ha sempre pagato regolarmente l’Ici. La normativa in questione prevede l’ esenzione da ICI dei fabbricati che siano utilizzati da enti non commerciali, destinati esclusivamente ad attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, nonché di enti ecclesiastici. Non è il caso del sindacato.
    Nelle esenzioni non rientrano infatti certamente le associazioni sindacali trovando conferma in molteplici sentenze della Cassazione, tutte univoche (5102 del 09/03/05; 18837 del 30/08/06; 10646/2005; 18549/2003; ecc.)

  33. Il link lo leggerò domani Berlicche. Grazie (per oggi non mi hai ancora convinto)

  34. @ berlicche

    Anche se l’esistenza di Dio non fosse dimostrabile ciò non significa che Dio non esista. Che esistano differenti opinioni non significa che una opinione non sia più vera delle altre.

    Ma io non affermo che se dio è indimostrabile allora non esiste. Se è indimostrabile, non si può, secondo ragione, essere ragionevolemente certi della sua esistenza, se non per mezzo di una fede che colmi i buchi della ragione, e può anche essere lecito non credere. Senz’altro, o dio esiste o non esiste, chi sostiene l’opinione “più vera” non è dato saperlo per mezzo di argomenti. Anche escludendo i non credenti o gli agnostici, ci si potrebbe chiedere quale delle opinioni dei credenti è quella “più vera” ed un ginepraio.

    Un imperativo morale oggettivo può esistere se l’uomo è fatto in una determinata maniera: l’imperativo “morale” per un ombrello è riparare dalla pioggia, e l’ombrello è “felice” (raggiunge il suo scopo) se fa esattamente questo. Allora forse è possibile passare dal fatto che l’uomo sia felice quando fa qualcosa alla scoperta della maniera in cui è fatto, e quindi da chi è fatto.

    Mi pare un’analogia fallace. Si dà già per scontato che vi sia un creatore cui l’uomo dovrebbe indirizzare i suoi sforzi, e che questo creatore abbia proprio creato l’uomo per questo fine. Ma donde proviene questo assunto? Non vi è evidenza se non alla luce di un testo sacro, uno fra i tanti.

    Resta il fatto che l’imperativo categorico, mancandogli una base certa (la certa esistenza di dio) finisce per non essere così categorico agli occhi di chi dovrebbe rilevarne il fondamento. Se è possibile e ragionevole non credere in dio, l’imperativo perde la sua garanzia, e diventa una scommessa.

    Il metodo scientifico può essere usato solo per una piccola parte della realtà e in casi molto limitati.

    Non ho mica detto che è il metodo universale per tutto quanto, anzi.

    Quante volte, durante il giorno, usi il metodo scientifico?

    Se conto anche quelle volte che faccio uso di strumenti che da questo metodo sono derivati, debbo dire molto spesso.

    Per sapere se ami qualcuno

    Basta il sentimento.

    per capire se prendere l’ombrello

    Osservo fuori, leggo la pressione atmosferica, consulto le previsioni meteorologiche.

    per educare un figlio

    Sarei lieto di insegnargli, tra l’altro, e il metodo scientifico e le norme dei ragionamenti.

    Il metodo scientiifico dice come, non spiega perché.

    E’ un luogo comune. A volte, come e perché coincidono. Altre volte, i perché sono domande per speculazioni, non per risposte. Cosa ti fa credere che vi sia qualcos’altro di più affidabile per rispondere a certi perché? Finché i perché riguardano te e i tuoi scopi, puoi rispondere benissimo, chi più di te. Il perché dell’ombrello lo può dire il suo inventore. Ma il perché di un glioma cerebrale chi può dirlo? E deve esserci per forza un perché? La teleologia non è una caratteristica del mondo, è una categoria dei nostri pensieri. Pensiero e mondo non sono necessariamente coincidenti.

    Il metodo scientifico non può dire quale dei tre metodi sopra sia il migliore.

    Certo che può dire se un metodo è migliore di un altro: in funzione di un dato misurabile. Se il dato non è misurabile, se non può esserci raffronto, diventa insensato chiedersi quale sia il migliore.

    Allora qual è il solo metodo possibile? Come ho detto, la verifica della realtà. Ogni teoria, di qualsiasi tipo, è nella realtà che si prova se sia corretta o errata. Noto che “verifica” implica un criterio di verifica oggettivo.

    Ma la teoria deve riguardare un dato concreto da analizzare in modo oggettivo. Vi possono essere teorie che, pur parlando del reale, lo fanno in termini difficilmente identificabili, così da impedire l’applicazione del criterio oggettivo di verifica. Di fatti, Popper ha introdotto la nozione di falsificazione contrapposta alla verificazione, poiché le teorie inverificabili possono essere ambiguamente verificate (cioè dimostrate apparentemente vere), ma non possono essere falsificate in linea di principio. Mancando la possibilità di falsificazione, la data teoria non può davvero essere verificabile.

    Ad esempio il tuo commento delle 16.53 è, oggettivamente, sbagliatissimo. Ad esempio dire che le “scuole private sono mediamente più efficienti anche perché non devono venire a patti fra ristrettezze finanziarie e risorse educative” è sbagliato da qualsiasi profilo, e dimostra di non conoscere affatto ciò di cui si parla.

    E perché mai? Tu questo non lo spieghi. Ti limiti a sostenere che è sbagliatissimo oggetivamente. Non è un’argomentazione la tua. Ma cosa può esserci di sbagliato nel considerare che le scuole private mediamente funzionano anche perché eccetera? Per quel che riguarda la mia esperienza, gli istituti privati sono in genere limitati a 100-200 studenti in totale, di famiglia pagante (e presumibilmente benestante). La scuola privata non è finanziata in funzione di tagli ministeriali, per certi versi è immune dal corso economico nazionale, poiché si foraggia per mezzo della ricca clientela. Ma non disdegna di chiedere anche finanziamenti statali diretti o indiretti (contributi alle famiglie).

    Ma poi, sul fatto che le private siano mediamente migliori delle pubbliche devo correggermi, il documento “Education at a glance 2011” mostra una situazione di parità, se non a favore dell’educazione pubblica.

    I link al fondo sono poi effettivamente abominevoli, perché dimostran un completo disinteresse per quello che dovrebbe il punto fondamentale dell’educazione: la persona da educare. Se si dimentica il soggetto si ha solamente una ideologia morta in partenza, che non può che generare disastri – appunto.

    Vedi, tu passi subito al giudizio sommario, hai una voglia matta di emettere una sentenzza, specie se di condanna. Ho linkato alcuni post di Leonardo che descrivono la situazione dell’insegnante nel caos burocratico istituzionale. Sono problemi che un docente deve affrontare, dove sta l’abominio? Nel fatto che non si parla degli allievi? E chi ti ha detto che quei quattro link sono un trattato esaustivo di didattica e pedagogia? Cosa ti fa pensare che le opinioni di quel blogger-insegnante in materia di scuola siano tutte esaurite in quei quattro post? Cosa ti fa credere che Leonardo non scriva post dedicati agli allievi? Ce ne sono parecchi, alcuni molto toccanti. Quei quattro post non dimostrano “un completo disinteresse per quello che dovrebbe essere il punto fondamentale eccetera”, eppure per te lo fanno. Non starai forse sbagliando grandemente, Berlicche?

  35. No Claudio, sono io che devo scusarmi.
    La ragione è semplice, quando sento o leggo certe parole istintivamente faccio deragliare verso quegli argomenti qualsiasi discussione, meglio uscire dall’OT ora.

  36. @ claudio

    Tu cosa suggerisci di fare quando taluni sostengono che l’uso del profilattico aumenta il rischio di contrarre una patologia venerea citando, e opportunamente alterando, una qualche ricerca scientifica? Detta così, sembra che chi usi il preservativo rischi più infezioni di chi non lo usa, pur facendo attività sessuale alla stessa frequenza. E’ colpevole non specificare che il raffronto è fra uso del preservativo (e quindi attività sessuale) e astinenza sessuale. Se il profilattico non funziona sempre al 100%, gioco forza ci sarà qualche limitatissimo caso di infezione. Ma ciò non toglie che fare sesso senza preservativo aumenti molto di più la probabilità di contrarre un’infezione che usando il condom. Allo stesso modo, si potrebbe dire che il coito aumenta del x% la probabilità di infettarsi rispetto all’astinenza. Bella scoperta.

  37. “Il metodo scientiifico dice come, non spiega perché.”

    già. per il perché c’è la vedova di naim.

    “Allo stesso modo, si potrebbe dire che il coito aumenta del x% la probabilità di infettarsi rispetto all’astinenza.”

    eheh… mia madre me lo diceva sempre: il modo migliore per non cadere con la moto è non andare in moto…

  38. fili della storia

    Inondare di libelli il “nemico”; mettere in dubbio, diffamare, ideare e diffondere ogni sorta di menzogna …
    …………..
    Oggi il nemico è DENTRO, propaga le menzogne dall’interno, essendo penetrato nella Città Santa ben nascosto dentro quel cavallo di legno che è stato il CV2: le sue numerose ambivalenti enunciazioni, interpretabili in modi OPPOSTI, che finora nessun papa ha voluto o saputo spiegare in modo UNIVOCO, hanno favorito l’avanzare del relativismo dottrinale, liturgico e morale, nella Chiesa e nella società, con una deriva apostatica senza freni, fino al 27 ott.2011 (Assisi, pari valore di tutte le religioni, dette “diverse vie alla Verità”, compreso l’ateismo, di cui il papa si è sorbito una solenne “catechesi” dall’illustre scrittrice presente al meeting, molto stimata dal pubblico e dalla stampa,…tutto in stridente contrasto con il Vangelo e la Mortalium animos: sono dolente caro Berlic, di ricordare che contra factum non valet argumentum….).
    Come possiamo difendere i piccoli dal dilagare delle false verità, dal male presentato oggi come bene (v. matrimonio tra omosex che “si amano” come sostengono molti, presumendo che il peccato sia un diritto civile, come il suicidio e l’eutanasia) come possiamo far luce agli ignari ed erranti, se il Faro della Verità eterna viene deliberatamente spento ?
    Se i Papi post-cv2 avessero seguito la strada del Magistero infallibile -Magistero vivo e perenne- di Gregorio XVI, S. Pio X (Pascendi Dominici Gregis, Giuramento antimodernista) e Pio XI (Mortalium animos) non avremmo assistito alle giornate di Assisi1-2-3, che contraddicono palesemente, coi FATTI, quelle parole magisteriali perenni (=sempre valide, perchè sono la Traditio, trasmissione del Depositum Fidei, immutabile e inalterato) di condanna aperta dell’indifferentismo-relativismo religioso.
    Da allora (1962-65 e 1986-2002-27ott2011) il Magistero della Chiesa ha perduto la certezza della Verità eterna: il Faro di Verità è stato ricoperto di un pesante drappo nero.
    E’ vero e accettato come “diversamente-buono” tutto ciò che si dice e il suo contrario.
    Lo chiamano anche pluralismo, o ecumenismo…ed è molto simile al massonismo, anzi della stessa pasta ed “officina”.

  39. fili della storia

    Molti, moltissimi fili della storia sono contenuti, in modo implicito o temi di pressante attualità scaturiscono naturalmente da questo interessantissimo post di Berlic; per impegni familiari non posso seguire puntualmente il dibattito che spero continuerà, come il prec. relativo all’enciclica, e leggerò ancora nei giorni prossimi.
    Molti fili connessi a questa trama storica che fa da sfondo all’enciclica si addensano in modo tra loro coerente, nel seg. Art. che vi linko qui sotto, e che può riferirsi sia al tema (Vi meraviglierete…) sia anche a diversi post precedenti (in part. a quello che si chiedecon sgomento: Che cos’è quest’Europa?), e alla deviazione dialogica che trattava del giudaismo e suoi rapporti col cattolicesimo.
    La Trama della storia ormai si infittisce, ci interpella, moltiplica i dilemmi di portata non solo esistenziale, ma soprannaturale, per ciascuno di noi, lettori e protagonisti della STORIA CHE SI FA, momento per momento e di fronte alla quale nessuno può ritenersi indifferente o non-responsabile, che abbia o non abbia Fede ; i fili stanno per convergere nelle mani del prossimo “padrone del mondo”, che per ora è un “gruppo” non ben identificato o dichiarato, ma sempre più intuitivamente noto ai comuni cittadini del mondo intero.
    Ecco dunque l’ art., di cui vi consiglio vivamente la lettura:
    IL COMPIMENTO DELLA GLOBALIZZAZIONE:

    2011 SECONDA FASE ‘MONDIALISTA’DELLA SVOLTA GIUDEO-CRISTIANIZZANTE

    Globalizzazione finanziaria liberista o la ‘Repubblica universale’
    LINK1:…/doncurzionitoglia.com/fase_2_giudeo_cristianesimo.htm

    LINK2:(alcuni commenti)../chiesaepostconcilio.blogspot.com/2012/01/2011-seconda-fase-mondialista-della.html
    ———-
    (leggete in part. il rif. a Benson e al suo preveggente romanzo, che si va già avverando nella indecifrabile Europa …e fate le opportune riflessioni, se avete occhi aperti, come li ho dovuti aprire anch’io negli ultimi 30 anni….)

  40. Sì, ma il complotto dei rettiliani è più divertente, gli ebrei ormai hanno fatto il loro tempo.

  41. @Fili della storia: non vedo, nei link, una reale novità: è forse una novità che la Chiesa trovi dei nemici anche al suo interno? E’ forse una novità che il “Mondo” faccia di tutto per cancellare il cristianesimo? E’ forse una novità che ci siano membri del clero disposti a cedere al mondo piuttosto che a Dio?
    Ricorda il Vangelo, la Buona Novella: Satana è il principe di questo mondo, tuttavia le porte dell’Inferno non prevarranno sulla Chiesa di Cristo (e di Pietro suo servo).
    Dobbiamo avere Fede, perdere tempo per preoccuparci di ciò che avverrà è inutile, dobbiamo agire laddove possiamo ed al resto ci penserà la Provvidenza.

    Ne è bastato uno di Cristiano per mettere in ginocchio il Mondo, ed Egli ancora vive tra noi nonostante tutto: cosa temiamo?

  42. Non c’è bisogno di inventarsi dei complotti. Riguardo il presunto indifferentismo della Chiesa attuale, io non farei di tutta l’erba un fascio, visto che ad Assisi non si è fatto il panegirico del relativismo o di chissà cos’altro. Che ci siano velleità relativiste in alcuni uomini di Chiesa è ovvio: siamo immersi in questa subcultura, e molti fraintendono l’apertura al mondo con l’accettazione del relativismo, ma è un fatto fisiologico, visto che i chierici non provengono da Marte, ma dal mondo reale. L’ecumenismo non è affatto quel “smettiamo di essere cristiani perché ogni religione vale l’altra” come lo dipingi tu, è negli intenti un dialogo per evitare fraintendimenti e conoscersi meglio, subordinato allo sforzo missionario della Chiesa. Sui presunti complotti non intendo spendere una sola parola, non meritano nulla.

  43. “Ma siamo veramente più liberi? Se possiamo scegliere tra mille versioni errate, ma ci manca quella giusta, cosa serve questa nostra libertà?”

    La libertà è un rischio, Berlic. A parte il fatto che non è vero che ci sono mille versioni errate ma ci manca quella giusta: togliendo alcune versioni versioni totalmente errate, ce ne saranno centinaia che contengono una più o meno ampia frazione di verità – o di non errore: sta a noi separare il grano dal loglio.

    A meno che tu non proponga un unico testo – diciamo il CCC, per comodità – a cui attribuire l’autorità del vero assoluto.

    “Come facciamo a separare chi ci mente con malizia da chi cerca solo il bene?”

    A parte il fatto che chi cerca “solo” il bene non esiste (o è un presuntuoso come pochi), come non esiste nemmeno chi trova “solo” il bene, dovresti essere tu, a separare il mentitore dal cercatore di verità: o preferisci che ci sia qualcuno che la fa per te, questa cernita preliminare? O preferisci che ci sia solo un unico cernitore, che separi i mentitori maliziosi dai cercatori del vero?

    “Come proteggiamo chi è troppo debole per farlo da solo?”

    A parte i bambini e i malati di mente, chi sarebbe “troppo debole per farlo da solo”? Chi stabilisce quali sono gli incapaci di cercare e trovare il vero e il giusto e quali sono invece quelli che ne sarebbero capaci? Chi sono e come si individuano questi misteriori essere “troppo deboli”? Test di intelligenza? Scanning cariotipici? Variazioni sul tema lombrosiano? Commissione paritetica Stato-Confessioni Religiose Maggioritarie?

    Le domande bisogna porle bene, Berlic: altrimenti non si può nemmeno rispondere.

    Massimo

  44. xSho: Hai capito male quello che ho scritto, e stai comunque usando argomenti errati.
    Una cosa può essere indimostrabile e insieme ragionevole. L’amore di tua madre, ad esempio.
    Io poi partivo dalla realtà, e da questa deducevo delle conseguenze. Non dando per scontato niente, anzi.

    Da come parli del metodo scientifico mi viene il dubbio che tu veramente l’abbia capito. Potrei sbagliarmi, certo. Ti dispiace darmi la tua definizione, e farmi un esempio di come lo usi quotidianamente?

    Mi piacerebbe comunque capire se, avendo stabilito che è insensato un raffronto, non consulti mai le recensioni prima di guardare un film.

    Non spiego perché è sbagliato perché non volevo andare troppo OT. Per questo mi limito a pochi accenni: La mia esperienza della scuola “privata” è che è popolata di figli di gente preoccupata della loro educazione, e che sono disposti a sacrifici anche molto grandi – diciamo fino a togliersi il pane di bocca – pur di dare loro il meglio. Perciò “si foraggia per mezzo della ricca clientela” è un esempio di quello che si diceva pocanzi: una menzogna ideologica che è facile confutare, se solo si va a vedere. Il finanziamento statale alla parificate è risibile, anzi, sono bersagliate di gabelle e ostacoli burocratici di ogni genere. Per questo, alla faccia della Costituzione, sono costrette a chiedere il contributo degli allievi. Se lo Stato non pretendesse tanto le rette potrebbero essere abbassate, e forse anche i “meno benestanti” potrebbero permettersele un po’ di più. Se veramente fosse tanto conveniente avere una scuola privata dovrebbero essere molte di più, vero? E ce ne sarebbero meno che sono costrette a chiudere.
    Vedi, dunque: esempio pratico di ideologia che la realtà smentisce, che una educazione può confutare, e tuttavia è diffusa nonostante il fatto che sia semplice provare il contrario. A chi è ragionevole.

    E perché si preferisce mandare i figli nelle parificate? Perché nelle statali l’insegnante inetto, o dannoso (“ragazzi, non ho voglia di spiegare, fate quello che cazzo volete”) è più facile da eliminare. Ad esempio l’insegnante che invece di occuparsi degli allievi si occupa del caos burocratico. Che invece di educare instilla odio. Così che magari si può scambiare l’educazione per un bel corteo o sciopero contro il ministro. O un post contro di esso, come fai tu. E’ questo l’abominio. E’ questa la ragione per cui la scuola pubblica va male, e purtroppo questa gioventù peggio.

    ***

    Massimo, non ti riconosco più. Non eri tu quello che disprezzava il popolo bue, appena un mesetto fa? Che esaltava quei pochi illuminati in grado di capire, loro soli, la verità? O era il tuo sosia?

    Se sia un errore che i tuoi commenti si vedano lo dirà il tempo, e dipende da te.

    ***
    Cerutti, adesso i link ci sono (Claudio, attento al loro numero o vai a finire in approvazione!)

    ***
    Fili, sono in disaccordo con te. Sono 2000 anni che potenti e filopotenti di ogni sorta insegnano al Papa come si fa ad essere Papa, mica solo oggi. Ma in generale solo lo Spirito Santo si fa ascoltare. Ti invito a considerare la storia nella sua intierezza, a leggere attentamente il Magistero odierno, e non appiattirti su considerazioni che sembrano fatte da un Nemico della Chiesa e magari lo sono.

  45. @ berlicche

    Hai capito male quello che ho scritto, e stai comunque usando argomenti errati.

    No guarda, mi sa che quello sei tu.

    Una cosa può essere indimostrabile e insieme ragionevole. L’amore di tua madre, ad esempio.

    Berlicche, ho detto che se la base dell’imperativo categorico non è dimostrabile, smette di essere un imperativo. Non ho contrapposto ragionevolezza e indimostrabilità.

    Io poi partivo dalla realtà, e da questa deducevo delle conseguenze. Non dando per scontato niente, anzi.

    Dai per scontato che l’ombrello e l’uomo sono fatti per qualcosa e da qualcuno. E la realtà da cui dice di partire è un’invenzione umana, un ombrello.E se guardi un invenzione inutile, cosa ne deduci? Non stai partendo dalla realtà, ma da un caso di realtà inadatto a dire qualcosa sull’uomo, e non vedo nemmeno per quale ragione dovrebbe essere valida la stessa deduzione che hai fatto, partendo da un caso isolato, umanizzato (l’ombrello felice), e per analogia trasferendo il tutto all’uomo. Ma questi sono paralogismi.

    Da come parli del metodo scientifico mi viene il dubbio che tu veramente l’abbia capito. Potrei sbagliarmi, certo. Ti dispiace darmi la tua definizione, e farmi un esempio di come lo usi quotidianamente?

    Berlicche, quando hai da criticare se qualcuno ha capito o meno, a tuo dire, non ti fai nessuno scrupolo. Secondo te non so cos’è, quando molti post fa ne ho descritto alcune caratteristiche? Ho detto che se contiamo quelle volte che uso strumenti (o anche conoscenze) che da esso derivano, direi che lo uso spesso. Si capisce che non lo uso direttamente, non devo mica fare esperimenti meteorologici per capire che tempo farà domani (ma guardo il meteo), si capisce che non me ne faccio niente del metodo scientifico per capire se sono innamorato (lo so già da me, non servono conferme esteriori), per educare mio figlio posso far uso del metodo scientifico come insegnamento, ma anche come metodo: esistono studi psicologici sulle “tecniche di educazione”, che sono appunto metodi. Ciò che intendevo dire è che, in senso lato, i prodotti del metodo scientifico sono pervasivi e onnipresenti, non che mi comporti da scienziato 24 ore su 24.

    Mi piacerebbe comunque capire se, avendo stabilito che è insensato un raffronto, non consulti mai le recensioni prima di guardare un film.

    Esattamente. E lo stesso per quanto riguarda recensioni di dischi. Faccio eccezione con le recensioni di libri, ma in questo caso salto tutte le parti dove il recensore spiega perché quel libro è inadatto al suo gusto, poiché del suo gusto m’importa poco.

    Sulle scuole private, io ho esperienza parecchi, troppi, istituti parificati che non richiedono nessun sacrificio se non il pagamento della retta. Qui al sud c’è un proliferare di diplomifici per ricchi svogliati. Ci sono anche istituti seri e rigorosi, ma questa storia del togliersi il pane di bocca, seriamente, non si vede proprio. Li conosco i frequentatori del liceo delle suore, ho una cugina iscritta ad un linguistico, questa situazione patetica che hai descritto non si vede proprio, le famiglie poco abbienti non davvero questo desiderio di far andare il figlio per forza nella scuola esclusiva, lo mandano alla scuola statale come ci vanno il figlio del medico o dell’avvocato.
    Magari da te la cosa è diversa, da te la famiglia che a stento riesce ad arrivare a fine mese può perseguire il grande desiderio di mandare il figlio genietto a scuola dai gesuiti. Dalle mie parti questa cosa semplicemente, se esiste, è assolutamente marginale.

    Ma poi le scuole statali non sono sempre questo schifo, è Michele che ci ha un po’ plagiati con i suoi alti lai. Se uno non può permettersi di pagare la scuola esclusiva al figlio, non è che lo rovina se lo manda al liceo pubblico, glielo mandi e basta. Oppure si tolga il pane di bocca per pagare la retta, faccia il sacrificio e creda nel suo sogno piccolo-borghese del figlio diplomato alla scuola di prestigio. Poi magari questo figlio è uno stronzo come tanti.

    Mi anche fatto lollare il video dei “VIP” della scuola FAES, sembra gente da televendita di crema dimagrante, con tanto di nome e cognome, professione e conquiste. C’è lo psicologo dello sport che ha vinto la gara di corsa, c’è il cantante sconosciuto, c’è la dipendente Mediaset e c’è l’imprenditrice… Tutta gente che non si sporca le mani, eh, tutta gente che sembra proprio figlia di papà. Che squallore.

  46. Ho letto il link sull’Indice. Mi illudevo che la Chiesa cattolica, anche quella gerarchica, avesse una posizione più rispettosa della libertà. Questo mi amareggia.

  47. Cerutti, la sola libertà è quella che arriva dalla verità. Che libertà c’è nell’errore?

    Sho, siamo alle solite? Saprò bene cosa ho scritto, no? Non sei tu che hai scritto “Se è indimostrabile, non si può, secondo ragione, essere ragionevolemente certi della sua esistenza”? La fede non è in contrasto con la ragione, non è la tappabuchi della ragione.
    Nel caso dell’ombrello ho usato una analogia. Stai guardando il dito invece della luna. In ogni caso il fatto che tu linki la “macchina inutile” dimostra che non è inutile, visto che l’hai usata per uno scopo.

    Noto che NON hai definito il metodo scientifico e NON hai descritto il suo uso, visto che fai solo esempi di NON usi di questo metodo. Usare una macchina non vuol dire applicare un metodo. Proprio questo mi fa dubitare che tu sappia di cosa stai parlando, e che il tuo esaltare di esso sia solo la ripetizione di concetti non compresi.
    Come ho detto, attendo che tu mi sconfessi. Spero, per te, di avere torto.

    Non trovi che sia un pochino ideologico rifiutare parte della realtà – le recensioni? Ti privi dell’esperienza di quanti sono passati di lì prima di te; sei un poveretto che ricomincia sempre da capo. E’ l’esatto contrario del metodo scientifico, dove invece vengono raccolti tutti i dati e poi valutati. Se il tuo sistema fosse stato adottato dall’umanità fin dall’inizio…(“Non mangiare quelle foglie, Gurgh! Mi hanna fatto stare male!” “Tua opinione, non ascolto…Aaaagh!”)

    Sho, tu hai una cugina che va ad una scuola privata. Io invece ci sono stato – e i sacrifici fatti dai miei furono notevoli – e ci mando mio figlio – ed arrivare a fine mese non è facile. Conosco personalmente moltissimi nella mia situazione, e ovviamente le famiglie dei compagni di mio figlio. Certo, ci sono anche dei benestanti; ma per la gran maggioranza è un sacrificio non indifferente. Che non si compie a cuor leggero, ma per dare una educazione migliore. Non è forse che tu semplicemente non conosci bene questa realtà? E i tuoi insulti sono solo il modo di nasconderlo?
    E non dico neanche che la scuola pubblica non sia mai valida. Può esserlo o non esserlo. Dipende dal docente. Ma il fatto che alle medie pubbliche, ad esempio, avessi un professore di scienze che ne sapeva meno di me (alle medie!) la dice lunga.
    Non è questione di figlio genietto. E’ desiderio di qualcosa di buono per il proprio figlio. Se non riesci a capire questo non sai cosa significhi essere padre.

  48. Mi aspettavo la tua risposta. Il discorso quindi si sposta dalla libertà alla verità. Bene: non sono affatto convinto che la Chiesa cattolica sia sempre in grado di distinguere il falso dal vero. E anche se lo fossi, non è detto che lo sarei tanto da proibire agli altri una lettura, per quanto la Chiesa la ritenga falsa.
    Non è la prima volta che tocco l’argomento con cattolici di un certo tipo, e so già che non concorderemo mai.
    Simone Weil si sentiva attratta, fortissimamente, da alcuni aspetti della Chiesa cattolica e rispinta da altri. Per me è lo stesso, e i tuoi scritti, che a volte trovo meravigliosi, altre aberranti, me lo confermano.

  49. Il punto fondamentale è se la Chiesa sia di origine divina oppure no. Se tu non credi che Dio abbia a cuore gli uomini, che si interessi alle vicende umane, che non assista ciò che Lui stesso ha fondato allora certo che non c’è da essere convinti.
    Poi sulle cose umane si può sempre sbagliare, ma personalmente sono convinto che Dio prima o poi lo faccia capire. Ha i suoi metodi.
    E’ questione di fede.
    PS: la Chiesa di per se non proibisce la lettura di certe cose in generale. Come per gli esplosivi, dice solo che alcuni testi è meglio che li tocchino solo chi sono in grado di maneggiarli senza farsi esplodere e devastare tutt’attorno.

  50. fili della storia

    non è detto che lo sarei tanto da proibire agli altri unalettura, per quanto la Chiesa la ritenga falsa
    …….
    S. Paolo dice: “Tutto mi è lecito, ma non tutto giova” : questa frase, che per i cattolici ha un grande valore educativo, per gli atei non ha alcun senso, credo.

    Non so se il blogger Gino ha figli, ma vorrei chiedergli:
    faresti vedere questo spettacolo (v. sotto) ai tuoi figli ?
    e se sì, come gliene spiegheresti il significato ?
    Passo qui un po’ di corsa e vi linko questa notizia (per me tremenda e sconvolgente, per voi non so….)

    Arriva a Milano lo spettacolo blasfemo [termine leggero, secondo me] di R. Castellucci, già andato in scena a Parigi:
    *LINK- //unafides33.blogspot.com/2012/01/fermiamo-urgentemente-lo-spettacolo.html
    ( notizia riportata già su molti blog cattolici, v.
    *LINK: /blog.messainlatino.it/2012/01/impediamo-la-blasfema-rappresentazione.html
    *LINK: /chiesaepostconcilio.blogspot.com/2011/12/marco-bongi-mi-ha-preceduta.html
    (Nello spettacolo una gigantografia del Volto Santo di Gesù viene fatta bersaglio di escrementi e oggetti vari):

    che direste se l’immagine di vostra madre o altra persona a voi carissima subisse quel trattamento “in nome dell’arte” , che bisogna considerare sempre buona, o al di sopra del Bene e del male ?
    Ora prego Berlic di farsi portavoce, come già per la preghiera alla Madonna, presso i blog cattolici amici, e sensibilizzarli all’urgenza di rispondere all’APPELLO rivolto a tutti i cristiani del web (e delle parrocchie, dove c’è una diffusa narcosi su questi argomenti), che dimostrino di amare Nostro Signore Gesù Cristo sopra ogni cosa al mondo, ora che è colpito da oltraggi inauditi, diffondendo l’invito alla protesta, secondo l’appello di questo sito:

    *LINK: /bastacristianofobia.blogspot.com/p/la-battaglia.html

    Ecco, oggi in nome dell’arte tutto è permesso: lanciare insulti, fango ed escrementi contro il Figlio di Dio che ha versato il Suo Sangue sulla Croce per salvarci, espiando i nostri peccati, ora di nuovo in modo simile a quel Venerdì Santo dell’anno 33, sulla via del Calvario…..la storia si ripete
    (e tutto accade mentre il clero rimane a guardare senza dire una parola, nè in Italia nè altrove….)
    Forse voi NON vi meraviglierete di tutto questo ? sarà indifferente per voi un evento simile ? chissà……forse sì, perchè stiamo facendo il callo a sacrilegi ed abomini di ogni specie, in nome dell’arte e del vietato-vietare 68ino…
    e allora mi ricordo di quella Parola di Gesù che dice:
    “Per il dilagare dell’iniquità l’amore di molti si raffredderà”: è sempre valida, come tutto il Vangelo, ma soprattutto per questo tempo di indifferenza generale, che vuole spegnere la tenue fiammella della Fede.

    Buona Epifania;
    prego che vi risuoni nel cuore la domanda del Salvatore:
    “VOI, chi dite che Io sia?”

  51. @ berlicche

    Non sei tu che hai scritto “Se è indimostrabile, non si può, secondo ragione, essere ragionevolemente certi della sua esistenza”?

    Certo, così come se è indimostrabile che un tal dei tali abbia commesso un certo delitto non si può essere ragionevolmente certi della sua colpevolezza.

    La fede non è in contrasto con la ragione, non è la tappabuchi della ragione.

    Spesse volte lo è. Quando la fede non contrasta con la ragione, donde ricavi la validità di ciò che è creduto vero, dalla fede o dalla ragione? Non puoi dirmi da entrambe, perché la fede non argomenta, la ragione sì. Se la ragione non può dirti se il tal dei tali è colpevole o innocente, la fede può farti propendere per l’una o per l’altra opzione, senza argomenti fondati su evidenze esterne alla fede medesima (altrimenti sarebbe ragione).

    Nel caso dell’ombrello ho usato una analogia. Stai guardando il dito invece della luna.

    E infatti ho detto che come analogia è fallace, e per mezzo dell’analogia trasferisci significati validi entro l’analogia in un ambio che non è analogico col tuo esempio. Il tuo è un paralogismo.

    In ogni caso il fatto che tu linki la “macchina inutile” dimostra che non è inutile, visto che l’hai usata per uno scopo

    No, tu hai assunto che l’ombrello è fatto per essere aperto, e quando fa ciò che per cui è stato inventato è “felice” perché raggiunge il suo scopo. E che l’uomo, parimenti, è felice quando fa qualcosa nel modo in cui è fatto e quindi da chi è fatto. La macchina inutile è fatta per non servire a niente. Se io la uso per uno scopo diverso da niente, non la sto rendendo “felice”.

    Ciò non toglie che la tua analogia sia falsa e fuorviante.

    Noto che NON hai definito il metodo scientifico e NON hai descritto il suo uso, visto che fai solo esempi di NON usi di questo metodo. Usare una macchina non vuol dire applicare un metodo.

    Abbassa la cresta. Tu non mi hai chiesto di definire il metodo scientifico, hai insinuato che io non ne sapessi niente. Secondo me sei tu che ne capisci poco oppure ne capisci ma, ed è quello che credo, vuoi solo fare intendere che il tuo interlocutore, il sottoscritto, non sappia ciò che dice. Ora, ti invito a leggere i miei commenti del 3 gennaio alle 02:30 e alle 23:49. Non ho descritto il metodo scientifico, ma ho citato diverse questioni che ne riguardano il dibattito, perché non ne sono digiuno, come vorresti far credere tu.

    Se proprio vuoi una risposta da me, sappi che il “metodo scientifico” non esiste come strumento univoco. Al di là del ciclo osservazione – ipotesi – verifica sperimentale – contro ipotesi – tentativo di falsificazione – aggregazione alla teoria, c’è che il metodo scientifico può fondarsi su un approccio induttivista (raccolta di dati parziali da generalizzare in una ipotesi di lavoro) come su un approccio ipotetico-deduttivo, dove non ci si chiede più se l’ipotesi discende dall’induzione.

    Sei anche disonesto quando dici che faccio solo esempi di non uso e che usare una macchina non vuol dire applicare il metodo. Inutile obiezione, l’ho detto fin dall’inizio che, se si considerano anche gli usi indiretti del metodo, ovvero le conoscenze e le applicazioni ricavate, si può dire che lo usi parecchio. Se invece non le includiamo, si capisce che non lo sto usando granché. Ma tutta questa tiretera è nata perché tu hai detto che il metodo scientifico è inutile in gran parte delle situazioni di tutti i giorni. Io non nego, e l’ho detto chiaro, che una metodologia di verifica sia inadatta in certe situazioni. Ma quanto ad educare un figli (tuo esempio) credo che una metodologia di verifica sia possibile: per esempio, ritieni che tuo figlio sia portato per il disegno? Verifica dell’ipotesi: mettere tuo figlio innanzi a molti giochi, uno dei quali è costituito da pastelli e carta. Ripeti la cosa più volte e tieni conto di ciascuna scelta. Se ci sarà una preferenza per il disegno, avrai verificato l’ipotesi. Puoi anche tentare di falsificarla: mostra i giochi a tuo figlio togliendo carta e pastelli. Se tutte le volte non ti chiederà il gioco mancante, si vede che questa preferenza non è sempre costante.

    Non trovi che sia un pochino ideologico rifiutare parte della realtà – le recensioni? Ti privi dell’esperienza di quanti sono passati di lì prima di te; sei un poveretto che ricomincia sempre da capo.

    Sciocchezze, io delle recensioni rifiuto la valutazione emotiva e personale che non posso quantificare oggettivamente, perché il recensore non ha fornito alcuno strumento di confronto. Se X dice che il film Y fa schifo e Z dice che il film Y è un capolavoro, cosa dovrei concludere, che è un capolavoro a metà? I gusti di X e di Z sono indipendenti dal mio, io potrei concludere che Y è un capolavoro (o una boiata), solo dopo averlo visto. A quel punto la recensione smette di essere funzionale al mio giudizio.

    E’ l’esatto contrario del metodo scientifico, dove invece vengono raccolti tutti i dati e poi valutati.

    Tu NON SAI cosa è il metodo scientifico, evidentemente. E’ condizione necessaria che i dati debbano essere quantificabili e sistematizzabili per una valutazione. Una raccolta di recensioni su un film, per esempio, può solo fornire i dati per rispondere alla seguente domanda: a quanti critici è piaciuto il film su un campione scelto? E si potrebbe rispondere a patto che i critici abbiano dato una valutazione con un riferimento oggettivo, tutti basandosi sullo stesso sistema univoco (per esempio, da 1 a 5 stelle). Se ciascuno critico parla secondo un suo canone, non è più possibile raccogliere dati omogenei.
    Resta il fatto che quale sia il valore del film per me, non può deciderlo una selezione di recensioni, perché il valore delle recensioni è spesso soggettivo. Se il film vale per me, devo vederlo da me. A questo punto la recensione è inutile.

    Se il tuo sistema fosse stato adottato dall’umanità fin dall’inizio…(“Non mangiare quelle foglie, Gurgh! Mi hanna fatto stare male!” “Tua opinione, non ascolto…Aaaagh!”)

    Ecco, anche qui stai dimostrando di non conoscerlo, questo metodo. Un conto è fare valutazioni estetiche (che sono opinabili), un altro è valutare parametri di altra natura (la tossicità di una pianta), i cui effetti non dipendono necessariamente dal sapore della pianta. Ci sono sostanze dolcissime che sono tossiche, come ce ne sono di amare che fanno bene.

    Non è forse che tu semplicemente non conosci bene questa realtà? E i tuoi insulti sono solo il modo di nasconderlo?

    Ho detto chiaramente che la realtà che conosco io è molto diversa dalle patetiche descrizioni che ne hai fatto tu. E questa realtà la conosco non solo perché ho una parente che frequenta una scuola privata, ma perché ho anche altre conoscenze del genere. Ho anche detto che posso concedere che sia una questione locale, che dalle tue parti sia diverso. Ma non puoi venire a dirmi che non so di cosa parlo.

    E non dico neanche che la scuola pubblica non sia mai valida. Può esserlo o non esserlo. Dipende dal docente. Ma il fatto che alle medie pubbliche, ad esempio, avessi un professore di scienze che ne sapeva meno di me (alle medie!) la dice lunga.

    Non la dice lunga, perché se a te è capitato un insegnante impreparato ad altri è capitato un insegnante preparatissimo. Se potessimo generalizzare la tua esperienza, perché non generalizzare anche l’esperienza di chi, avendo denaro, si è scritto all’istituto parificato per avere un diploma senza studiare? Se non si può concludere che tutti le scuole parificate sono diplomifici a pagamento, perché esistono scuole private molto rigorose, allo stesso modo non si può concludere niente dal tuo insegnante dei scienze poco preparato in funzione dell’intera scuola pubblica. La dice lunga un cavolo.

    Non è questione di figlio genietto. E’ desiderio di qualcosa di buono per il proprio figlio. Se non riesci a capire questo non sai cosa significhi essere padre.

    Cosa significhi essere padre, in effetti, non lo so, ho ancora venti anni (certo, c’è chi è già genitore a 17, mi è capitato con una compagna di classe). Ma desiderare qualcosa di buono per il proprio figlio implica che si sappia perfettamente che quel qualcosa è buono. E che c’è di male a ritenere che la scuola pubblica può essere parimenti buona e mandargli il figlio? E’ una bella cosa dire: figlio mio, non abbiamo tanti soldi per pagarti il liceo dei gesuiti, ma se tu ti impegnerai, anzi, più ti impegnerai e amerai ciò che fai, anche il liceo statale ti darà soddisfazioni e una buona istruzione. Tu mettici impegno e sacrificio come ce lo mettiamo noi, pur nelle nostre ristrettezze, per comprare libri, quaderni, computer, righe, squadre, compassi, dizionari e tutto ciò che ti occorre.

    Se uno ha davvero a cuore le giovani generazioni, non preme per scuole esclusive, chiede che la scuola pubblica raggiunga alti livelli, vuoi riorganizzandola sotto molti aspetti, vuoi non facendo tagli al bilancio. Lamentarsi della scuola statale ed elogiare l’alternativa dispendiosa delle scuole private significa condannare l’istituzione stessa della scuola.

  52. Fili, no. Non perché mi piaccia lo spettacolo che hai linkato. Ma perché trovo inutile e anzi dannosa una iniziativa del genere.
    Pensi davvero che serva qualcosa, oltre che dar pubblicità – come peraltro hai fatto tu – a quella schifezza? Pensi che dia qualche effetto oltre a dare il fiato alle trombe di quelli che dicono che i cristiani sono “intolleranti” perché non sopportano di vedere sbeffeggiato il loro Padre?
    E’ esattamente quello di cui stavamo parlando. Nell’istante in cui tu metti quel video allora la protesta diventi inutile, perché sei tu che ti stai incaricando della diffusione di quella robaccia. E a far capire che è una robaccia non può essere un divieto, ma una educazione. Fare capire le ragioni per cui farlo diminuisce l’umano. Se mai si capisca.

    Sho, stai usando in contesti diversi accezioni diverse delle parole. “Non ho contrapposto ragionevolezza e indimostrabilità.”, dicevi, un commento fa; qui ti contraddici, e ancora sbagli.
    “se è indimostrabile che un tal dei tali abbia commesso un certo delitto non si può essere ragionevolmente certi della sua colpevolezza”
    E’ errato. Se tu hai visto commettere quel delitto ma non puoi dimostrarlo, ad esempio. O se l’ha visto commettere una persona di cui ti fidi ciecamente.
    E’ ragionevole fidarsi di quella persona? O dei tuoi stessi occhi?
    Il tuo concetto di ragione è meschino e ristretto (absit injuria verbi) perché si ferma al “dimostrabile”. Ma la ragione è la conoscenza della realtà nella totalità dei suoi fattori.

    Continui a non capire l’esempio dell’ombrello. Quando è che siamo felici? Quando raggiungiamo il nostro scopo, quando siamo quello per cui siamo stati fatti (guarda la tua esperienza, accidenti!). E’ ovvio che una macchina non può essere “felice”. E’ una macchina. Ma può raggiungere il suo scopo.
    Lo scopo della macchina “inutile” non è essere inutile. Il suo scopo è far ridere la gente che dice “toh! una macchina inutile”. Inutile è come l’hai chiamata tu perché non eri conscio dello scopo per cui è stata fatta.
    La luna, non il dito!

    Finalmente descrivi un qualcosa che assomiglia ad un metodo scientifico (anche se mancano dei pezzi, ma sorvoliamo). Ti faccio notare che descrivi un caso assolutamente ipotetico e irrealistico.
    E questo dovrebbe farti ammettere una cosa: come mai, se dici che il metodo scientifico è la base di tutto, durante il tuo giorno standard non lo usi MAI?
    Non c’è un poco di ideologia nella tua idolatria di quel metodo?
    Non è che il metodo principale per vivere nella realtà è un altro?

    Non so in quale realtà “non patetica” tu viva. Nella mia è ragionevole fidarsi dei giudizi delle persone altrui. Tu devi essere ben solo.

    NB: quando leggi in un libro di un esperimento scientifico, ti stai fidando di quel libro. Non stai rifacendo l’esperimento. Dovrebbe bastare questo a farti capire qualcosa.

    Sull’esempio del mio antico insegnante delle medie, evidentemente non mi sono spiegato. Quell’insegnante di cui parlo erano anni che faceva lezione lì. Inamovibile. I danni causati, incalcolabili. In una scuola non pubblica i genitori sarebbero andati dal preside che lo avrebbe “passato ad altro incarico”.

    Poi, mi dispiace ma si vede che non sei un padre, e non
    sai cosa significa realmente educare. Non è certo colpa tua, perché è una esperienza che occorre vivere. Non basta desiderare una cosa buone per il figlio peché si realizzi.
    Ti faccio un esempio pratico: dalle scuole medie del mio paese (15000 abitanti) l’anno scorso è uscita una sola persona per il classico, pochissime per lo scientifico (di cui parte ha già rinunciato) e il resto professionali. Cosa mi dice questo sulla realtà?

  53. Berlicche: Il punto fondamentale è se la Chiesa sia di origine divina oppure no. Se tu non credi che Dio abbia a cuore gli uomini, che si interessi alle vicende umane, che non assista ciò che Lui stesso ha fondato allora certo che non c’è da essere convinti

    Risposta:
    1. Credere nella Chiesa di Cristo non è la stessa cosa di credere nella Chiesa cattolica e in ogni suo atto, pur con il massimo rispetto che ho per essa.
    2. Mi sembra che tu capovolga la realtà. Se si crede che Dio intervenga nella storia si crede che Dio possa fare a meno dell’Indice dei libri proibiti e che Dio possa sopravvivere in un mondo in cui c’è la libertà di stampa.

    Berlicche: la Chiesa di per se non proibisce la lettura di certe cose in generale. Come per gli esplosivi, dice solo che alcuni testi è meglio che li tocchino solo chi sono in grado di maneggiarli senza farsi esplodere e devastare tutt’attorno.

    Risposta:
    Il termine “prohibitorum” si riferiva a un consiglio generico? A un “è meglio che”?

    Riporto un estratto da http://www.cromohs.unifi.it/7_2002/valente_censura.html

    Una questione davvero interessante riguarda il rapporto tra censura e libri ebraici, proposto da Marina Caffiero. Già nel 1553, prima quindi della svolta antiebraica di Paolo IV, a Roma ci fu un rogo di Talmud; i libri ebraici costituivano infatti l’ostacolo alla conversione e furono oggetto di una politica che dalla bolla di Clemente VIII, Cum Haebreorum malitia del 1593, fino all’editto di Pio VI del 1775, andava a colpire con perquisizioni e sequestri la sopravvivenza di una cultura autonoma. Furono istituite commissioni per la revisione e l’espurgazione dei libri ebraici; preposti a questo difficile compito erano spesso convertiti, che potevano vantare conoscenza della cultura e della lingua ebraica. Un primo indice espurgatorio risale al 1596 ed è stato presentato e discusso da Fausto Parente (La Chiesa e il Talmud, in Gli ebrei in Italia, Torino, 1996), mentre la studiosa analizza un secondo indice espurgatorio redatto, nella prima metà del Settecento, da Giovanni Antonio Costanzi, ebreo convertito, scrittore della Biblioteca Vaticana, il quale aveva diviso in tre categorie i libri ebraici: quelli condannati del tutto, inclusi in un primo Indice; quelli che dopo espurgazione potevano essere ammessi in un secondo Indice ed infine quelli innocui. Tra gli elementi divergenti rispetto all’indice del 1596, spicca il ripristino del Talmud, almeno per le prime tre parti, concessione dovuta a ‘motivazioni politiche più che a una vittoria della ragionevolezza sul fanatismo e l’intolleranza’(p. 218). Rispetto alla censura dei libri ebraici intervengono motivazioni simili a quelle che avevano portato a guardare con sospetto alle Sacre Scritture, tanto da giungere a mettere la Bibbia al rogo. [le copie in volgare]

  54. @ Berlicche

    Sho, stai usando in contesti diversi accezioni diverse delle parole. “Non ho contrapposto ragionevolezza e indimostrabilità.”, dicevi, un commento fa; qui ti contraddici, e ancora sbagli.

    No, sbagli tu. Avevi scritto: “Una cosa può essere indimostrabile e insieme ragionevole. L’amore di tua madre, ad esempio.”

    Ma l’amore di mia madre è ragionevole nel senso, intendo io, che è normale che una madre provi affetto per il figlio. Altra cosa è avere dubbi se ci sia o meno questo amore, in questo caso l’indimostrabilità rende meno ragionevole il credere fermamente che ci sia. Se mia madre mi vuole bene posso vederlo da tante cose, come pure potrei vedere se non mi vuole bene o se è indifferente verso di me.

    E’ errato. Se tu hai visto commettere quel delitto ma non puoi dimostrarlo, ad esempio. O se l’ha visto commettere una persona di cui ti fidi ciecamente.
    E’ ragionevole fidarsi di quella persona? O dei tuoi stessi occhi?

    Sbagli, una dimostrazione si fa in un preciso contesto di verifica e di validità delle prove. Se nel contesto giudiziario un testimone oculare vale come prova, questa diventa un punto di dimostrazione.

    Il tuo concetto di ragione è meschino e ristretto (absit injuria verbi) perché si ferma al “dimostrabile”. Ma la ragione è la conoscenza della realtà nella totalità dei suoi fattori.

    La ragione è semplice: non conosci la realtà nella totalità dei suoi fattori, e di quel poco che conosci puoi essere oggettivamente certo solo di una minima parte, il resto è ampiamente discutibile. Come posso sostenere di conoscere il fattore morale di una situazione se questo dipende dal tipo di morale in mio possesso? Vedrò l’aspetto morale in funzione di un filtro, cioè di una selezione, non di una totalità. Se aspiri alla totalità sei un illuso. E sì che sei ingegnere.

    Continui a non capire l’esempio dell’ombrello. Quando è che siamo felici? Quando raggiungiamo il nostro scopo, quando siamo quello per cui siamo stati fatti (guarda la tua esperienza, accidenti!). E’ ovvio che una macchina non può essere “felice”. E’ una macchina. Ma può raggiungere il suo scopo.

    Una macchina raggiunge lo scopo per cui è fatta dall’inventore. Ma io posso essere felice quando raggiungo uno scopo mio, non quello per cui qualcuno mi ha fatto. Tu assumi dapprincipio che ci sia questo scopo proveniente da altrui volontà. Questa tua premessa io non la trovo fondata.

    Lo scopo della macchina “inutile” non è essere inutile. Il suo scopo è far ridere la gente che dice “toh! una macchina inutile”.

    E tu cosa ne sai? Questa è la tua interpretazione. E se l’inventore avesse avuto in mente tutt’altra finalità? Una macchina che si spegne da sola! Non è inutile, ma non è lo scopo che ne hai dedotto, tu abile deduttore di finalità. La finalità è una categoria del tuo cervello, non delle cose. Le uniche cose che hanno davvero finalità sono quelle suggerite dalla tua volontà e le macchine che crei per tua volontà. Tu, al di fuori della tua volontà, non hai scopo (secondo me).

    Ti faccio notare che descrivi un caso assolutamente ipotetico e irrealistico.

    Poco importa. Per altro, molte ipotesi sono state irrealistiche quando sono state formulate. Conta il principio di verifica/falsificazione. Una tesi può essere scientifica e al contempo falsa.

    E questo dovrebbe farti ammettere una cosa: come mai, se dici che il metodo scientifico è la base di tutto, durante il tuo giorno standard non lo usi MAI?
    Non c’è un poco di ideologia nella tua idolatria di quel metodo? Non è che il metodo principale per vivere nella realtà è un altro?

    Non ho mai detto che il metodo scientifico è base di tutto, perciò non rispondo a questa provocazione da quattro soldi.

    Non so in quale realtà “non patetica” tu viva. Nella mia è ragionevole fidarsi dei giudizi delle persone altrui. Tu devi essere ben solo.

    Ah, non perdi mai occasione per denigrare, sottilmente, il tuo interlocutore. Sei un cristiano perfetto. Sei tu che hai parlato di recensioni di film, e io i recensori di film non li conosco. Altra cosa sarebbe se ne discutessi con amici di cui conosco inclinazioni, gusti e interessi. Ma a te non interessa questo, ti bastava dire: guardate, Shostakovich è un solitario, non ha amici!

    NB: quando leggi in un libro di un esperimento scientifico, ti stai fidando di quel libro. Non stai rifacendo l’esperimento. Dovrebbe bastare questo a farti capire qualcosa.

    Anche quando leggo un paper scientifico mi sto fidando. Ma la differenza fra un paper e una recensione è che, in linea di principio, nel documento scientifico sono contenuti gli estremi per una verifica ripetibile, idealmente oggettiva. Nella recensione no. Per altro, io non dico che non mi fidi dell’altrui valutazione, è che quel genere di valutazione estetica che tu hai esemplificato io preferisco farla da me direttamente. In questo senso, io sono più scientifico (perché sperimento la visione) di chi si lascia convincere solo dal recensore, come farebbero i vecchi aristotelici in libris. Vedi se questo ti fa capire qualcosa.

    Quell’insegnante di cui parlo erano anni che faceva lezione lì. Inamovibile. I danni causati, incalcolabili. In una scuola non pubblica i genitori sarebbero andati dal preside che lo avrebbe “passato ad altro incarico”.

    In una scuola non pubblica i genitori potrebbero far rimuore un insegnante bravo ma che insegni cose contrarie alla sacra scrittura. In USA succede. Anzi, que

    Poi, mi dispiace ma si vede che non sei un padre, e non
    sai cosa significa realmente educare. Non è certo colpa tua, perché è una esperienza che occorre vivere. Non basta desiderare una cosa buone per il figlio peché si realizzi.

    Cosa è, una predica gratuita? Non ho mai preteso di essere, qui ed ora, un padre o un educatore.

    Ti faccio un esempio pratico: dalle scuole medie del mio paese (15000 abitanti) l’anno scorso è uscita una sola persona per il classico, pochissime per lo scientifico (di cui parte ha già rinunciato) e il resto professionali. Cosa mi dice questo sulla realtà?

    Uscita per il classico? E che vuol dire? Che si è diplomata? O che si è iscritta? A me potrebbe dire che i licei, essendo tradizionalmente più impegnativi e di ampie discipline, attirano quei pochi che intendono impegnarsi più intensamente, e non ci vedo nulla di strano: l’impegno per lo studio non è qualità ubiquitaria, ma relativamente rara. Ma non vedo cosa c’entri con le scuole pubbliche o private.

  55. Sho, perché ti chiudi a riccio invece di provare ad esaminare positivamente gli argomenti del tuo interlocutore?

    “Che mia madre mi vuole bene posso vederlo da tante cose”
    Esatto. Lo puoi vedere da tante cose, e in nessuno di questi casi stai usando il metodo scientifico. Non pensi che il tuo “normale” coincida con il “ragionevole”? Che cosa stai usando per comprendere quell’amore?
    Ora, ragionevolmente, cosa porta a dedurre questo? Che quel metodo scientifico tanto esaltato non ha realmente a che fare con la vita vera. Che forse porlo a base di tutto è una illusione, perché alla verifica della realtà questo assunto non regge. Non mi interessa che tu mi risponda su questo, quello che mi interessa è che tu provi a confrontarti con quello che ti sto dicendo.

    La verifica è questo: confrontare i nostri assunti con l’esperienza. Se c’è qualcosa che non torna allora il nostro assunto NON E’ verificato.
    Come nel caso del testimone oculare: se l’assassino ha un -falso- alibi perfetto io non sono in grado di portare prove oltre a “io l’ho visto”. ma dimmi: tu che rifiuti persino una recensione perché non è scientificamente dimostrata, come puoi accettare la mia parola?

    Io aspiro alla totalità, sì; e – anche essendo un ingegnere – so che non la potrò mai raggiungere, ma questo non mi impedisce di cercare di avvicinarmi il più possibile. Sapere che non potrò, in questa vita, averla (sono un essere finito) non vuole per niente dire che non possa ottenere ragionevole certezza su quello che mi circonda. Ho la ragionevole certezza che domani sorgerà il sole. Se il sole stanotte si spegnesse per qualche disastro cosmico, bene, non lo potevo prevedere. Ma sarebbe ragionevole supporre altrimenti?

    Tu dici che al di fuori della mia volontà non ho uno scopo. Ma chi mi ha dato la volontà? Mi sto facendo da me? Puoi cambiare, con la tua volontà, la lunghezza di un solo capello di quelli che hai in testa? La mia volontà può essere un mezzo per ottenere uno scopo, ma non è un fine. Sì, certo, non so lo scopo di quella macchina “inutile”: ma come funziona, il filmato su Youtube, i commentio mi fanno esprimere una ragionevole ipotesi. Ti ricordo che tu, per converso, asserivi che NON aveva scopo. Noto che hai cambiato idea.
    Niente di quello che si fa NON ha uno scopo. E anche noi l’abbiamo.

    Non ti stavo denigrando. Il mio era un moto di pietà. Impara a distinguere chi ti vuole male da chi cerca invece di aiutarti. Quando leggi un “paper scientifico” o una recensione utilizzi lo stesso identico meccanismo: quello della fiducia. Che quanto scritto sia riproducibile non implica niente, perché tu non vai effettivamente a riprodurre l’esperimento, ma ti fidi di quanto ti viene riportato. Il fatto che tu vada a vedere un film senza saperne niente mi dice solo che andrai a vedere immonde schifezze che avresti potuto evitarti, e ti perderai capolavori che ti sarebbero potuti essere consigliati. Ed è bene, per te? Ti vedi tutti i diecimila film prodotti in un anno? Lo trovi ragionevole?

    “In USA succede”. Qui no. Stavamo parlando della nostra scuola pubblica. Il fatto che tu parli degli USA vuol dire che hai finito gli argomenti, immagino. A questo punto non vedo perché continuare.

  56. Cerutti,
    “Credere nella Chiesa di Cristo non è la stessa cosa di credere nella Chiesa cattolica” vuol dire esattamente quello che sostenevo, cioè non credere che la Chiesa cattolica sia di origine divina. Se pensi che una cosa arrivi da Dio, allora ti fidi di essa e dei suoi giudizi più di quanto ti fidi di te stesso e dei tuoi giudizi. Sai che sbagli tu e che snagliano gli uomini che compongono la Chiesa, ma questi ultimi non sbagliano a lungo. Pensare tu di essere migliore invece va sotto il nome di “peccato originale”.
    Quello che ti sfugge, mi sembra, è che la Chiesa è proprio il modo in cui Dio interviene nel mondo. Un bambino, ad esempio, sopravvive anche vedendo tutti i giorni ogni schifezza che passa in TV e leggendo ogni rivistaccia che possa esistere. Ma come sarà questo bambino, crescendo?
    E’ meglio per il bambino che i genitori gli vietino cere cose oppure gli lascino fare e vedere ogni cosa?

    Proibire deriva da pro-habere, tenere avanti, lontano. “Malum prohibitum” è diverso da “malum per se”. E’ qualcosa che giudico non essere bene, perciò l’allontano perché non nuoccia. Nel caso del Talmud, ad esempio, non ti domandi cosa ci fosse scritto sopra perchè fosse preso un simile provvedimento? Non ti domandi quali fossero gli atteggiamenti dei lettori?
    Ti faccio una domanda. Tu sai che in molte moschee del Medio Oriente circolano scritti di Al Qaeda che inneggiano alla distruzione dell’occidente e di Israele, all’uccisione degli infedeli, ecc ecc.. Secondo te, questi scritti possono e debbono circolare liberamente?
    Sarebbe una “vittoria della ragionevolezza” fare sì che siano diffuse ovunque, scuole comprese?

  57. @ Berlicche

    Esatto. Lo puoi vedere da tante cose, e in nessuno di questi casi stai usando il metodo scientifico. Non pensi che il tuo “normale” coincida con il “ragionevole”?
    No.

    Che cosa stai usando per comprendere quell’amore?
    Gli effetti che ha su di me.

    Ora, ragionevolmente, cosa porta a dedurre questo? Che quel metodo scientifico tanto esaltato non ha realmente a che fare con la vita vera.
    Esaltato da chi? E no, ha a che fare con la vita vera, non in tutto, ma ci ha a che fare.

    Che forse porlo a base di tutto è una illusione, perché alla verifica della realtà questo assunto non regge.
    Chi è che lo pone a base di tutto? Io? No. A chi lo stai domandando? Ma se pretendi che si possa fare una verifica nella realtà, stai già usando un metodo di verifica che abbia quelle caratteristiche di affidabilità e discriminazione (il tuo stesso metodo deve consentire la falsificazione). E dunque?

    Non mi interessa che tu mi risponda su questo, quello che mi interessa è che tu provi a confrontarti con quello che ti sto dicendo.
    E infatti lo sto facendo, solo che tu sei disonesto nell’assumere che la mia tesi sia “il metodo scientifico è uno strumento valido per tutto”, cosa che non ho mai sostenuto.

    La verifica è questo: confrontare i nostri assunti con l’esperienza. Se c’è qualcosa che non torna allora il nostro assunto NON E’ verificato.
    Non è detto, dipende dal metodo che usi. Se usi un metodo pseudoscientifico, non è detto che tu possa verificare qualcosa. Se il tuo metodo non prevede nessuna possibilità di smentita, esso metodo non serve ad altro che a confermare tautologie.

    Come nel caso del testimone oculare: se l’assassino ha un -falso- alibi perfetto io non sono in grado di portare prove oltre a “io l’ho visto”. ma dimmi: tu che rifiuti persino una recensione perché non è scientificamente dimostrata, come puoi accettare la mia parola?
    Fai una grossa confusione, non so se in buona o in mala fede. Una recensione non è che debba essere “scientificamente dimostrata”, ma il suo fare appello a categorie estetiche opinabili rende perciò stesso la valutazione estetica come opinabile e quindi inadatta a dire qualcosa sulla mia valutazione estetica dell’oggetto, nella fattispecie un film.
    Nel caso del testimone, se entro il sistema di procedure giuridiche si assume che la testimonianza personale abbia un qualche valore, questa la si accetta nei limiti della sua verosimiglianza. Per altro, non è che le testimonianze vengano assunte, in tribunale, come vere a prescindere.
    Ma poi, tu stai obiettando a me come se avessi sostenuto che il metodo scientifico è l’unico metodo valido per tutto e senza limiti e stai cercando di trovare contraddizioni. Ora, siccome io non l’ho sostenuto, non vedo perché dovrei stare dietro a questa tua fantasia.

    Io aspiro alla totalità, sì; e – anche essendo un ingegnere – so che non la potrò mai raggiungere, ma questo non mi impedisce di cercare di avvicinarmi il più possibile.
    E io sono dello stesso parere. Ma non aspiro alla totalità, solo alla perfettibilità, che non è la perfezione.

    Sapere che non potrò, in questa vita, averla (sono un essere finito) non vuole per niente dire che non possa ottenere ragionevole certezza su quello che mi circonda.
    Certo, ma dipende dai ragionevoli passaggi che ti consentono di arrivare a questa certezza. Se questi non sono ragionevoli, si può dubitare che lo sia anche quella certezza, specie se non vi sono alternative più ragionevoli che arrivino alla stessa conclusione.

    Ho la ragionevole certezza che domani sorgerà il sole. Se il sole stanotte si spegnesse per qualche disastro cosmico, bene, non lo potevo prevedere. Ma sarebbe ragionevole supporre altrimenti?
    Il sole sorgerà domani perché ti è nota una regolarità che, in assenza di grandi perturbazioni, resterà tale. Secondo Hume, si potrebbe obiettare a questa conclusione, ma il suo discorso voleva essere strettamente logico-analitico. Infatti, se invece di dire che domani il sole sorgerà sicuramente dicessimo che domani il sole, probabilmente, sorgerà, Hume non avrebbe nulla da obiettare. Trovo più ragionevole il probabilmente che il sicuramente: il sole che domani sorgerà non smentirà né l’una né l’altra, ma se esiste la possibilità che il sole non sorga, per un qualunque motivo, ad essere smentita sarà la certezza, non l’incertezza.

    Tu dici che al di fuori della mia volontà non ho uno scopo. Ma chi mi ha dato la volontà? Mi sto facendo da me?
    E perché dici “chi”? Perché mai dovrebbe essere qualcosa di dato da qualcuno? La volontà è una parola che ho usato per non scendere in complicati discorso sulla coscienza e sul libero arbitrio.

    Puoi cambiare, con la tua volontà, la lunghezza di un solo capello di quelli che hai in testa?
    Prendo volontariamente in mano una forbice. Ma immagino tu volessi dire che la volontà individuale non è onnipotente. Embè?

    La mia volontà può essere un mezzo per ottenere uno scopo, ma non è un fine.
    Se anche fosse, al più questo mostra che ciò che tu fai volontariamente è finalizzato. Embè?

    Sì, certo, non so lo scopo di quella macchina “inutile”: ma come funziona, il filmato su Youtube, i commentio mi fanno esprimere una ragionevole ipotesi. Ti ricordo che tu, per converso, asserivi che NON aveva scopo. Noto che hai cambiato idea.
    Io volevo capire cosa avresti dedotto da una macchina senza scopo. Quel video è un esempio preso a caso. Ma tu commetti l’errore di intravedere nello scopo interpretato da te lo scopo del suo inventore. Di quegli aggeggi ne sono stati costruiti diversi da altre persone, filmati e caricati su youtube. E’ possibile che queste abbiano costruito la macchina con quella finalità. Ma del suo primo creatore che puoi dire? Che non l’avesse fatta per youtube puoi escluderlo?
    Ciò che intendo dire è che vedere uno scopo in qualcosa è facile, fin troppo, e troppi sono i possibili scopi interpretabili. Da questa messe di possibilità equipollenti, non si può dedurre necessariamente uno scopo unico, secondo logica.
    Ma, ripeto, il discorso sugli scopi ha un qualche senso di fronte ad oggetti effettivamente realizzati per averne. Che l’uomo sia uno di questi, non mi pare materia di certezza. E se anche fosse, per quanto detto prima, più e più scopi diversi se ne potrebbero evincere, anche in contrasto fra loro (l’uomo è per sé, l’uomo è per gli altri, l’uomo è per dio, l’uomo è per tutti). Se volessi essere imparziale ed obiettivo, non sapresti più chi ha ragione, devi fare appello a qualcosa di aggiuntivo per verificare, e questa aggiunta non è certo quale sia, sempre volendo essere obiettivi. Puoi tagliare cortoe dire che, guardate, con Cristo abbiamo la soluzione. Ma è una soluzione per te, non la “soluzione in quanto tale”.

    Non ti stavo denigrando. Il mio era un moto di pietà. Impara a distinguere chi ti vuole male da chi cerca invece di aiutarti.
    Un moto di pietà scaturito dalla convinzione che io sia un isolato. E’ questa tua convinzione che è indelicata. Non ti ho chiesto alcun aiuto, non ti ho dato elementi per farti un’idea del genere, volevi semplicemente darmi del poveretto. La tua pietà è ipocrita.

    Quando leggi un “paper scientifico” o una recensione utilizzi lo stesso identico meccanismo: quello della fiducia. Che quanto scritto sia riproducibile non implica niente, perché tu non vai effettivamente a riprodurre l’esperimento, ma ti fidi di quanto ti viene riportato.
    Se leggo il paper proprio per verificarlo, l’esperimento lo faccio, perché il metodo scientifico permette proprio questo genere di verifiche e confronti. Con la recensione non potrei, perché non so che metodo ha usato il critico per valutare il film e so pure che, qualunque fosse questo metodo, si fonda su premesse estetiche non universali.
    Forse ti sfugge il fatto che io non stia contestando il valore della fiducia, ma le differenze di metodo e le diverse garanzie che ne derivano.

    Il fatto che tu vada a vedere un film senza saperne niente mi dice solo che andrai a vedere immonde schifezze che avresti potuto evitarti, e ti perderai capolavori che ti sarebbero potuti essere consigliati. Ed è bene, per te? Ti vedi tutti i diecimila film prodotti in un anno? Lo trovi ragionevole?
    Non trovo ragionevole che una persona altrimenti intelligente come te finisca, troppo spesso, per produrre questo genere di miserabili confusioni. Ho detto che non mi interessa la precisa valutazione estetica di un critico, primo perché dovrei leggermi tutte le recensioni (chi mi garantisce che le recensioni dicano tutte la stessa cosa?), secondo perché non sarei in grado di far collimare valutazioni individuali e senza metodo condiviso in un unica valutazione complessiva che mi dica qualcosa del film. Cosa faccio, una norma di distribuzione? Faccio prima ad andare al cinema. Assumi anche che io vada al cinema senza saperne niente. E chi te lo assicura? Forse che per sapere il nome del regista o degli attori debba per forza leggere una recensione?
    Io mi metto nei panni del critico cinematografico che va a vedere un film per la prima volta, un film non ancora recensito. Faccio male? Vedi, così il tuo discorso sulle recensioni cade nel nulla.
    Per altro, chi mi garantisce che la schifezza secondo il critico non sia per me un capolavoro, o vice versa? Mica devo formarmi sul gusto del critico tal dei tali.

    Qui no. Stavamo parlando della nostra scuola pubblica. Il fatto che tu parli degli USA vuol dire che hai finito gli argomenti, immagino. A questo punto non vedo perché continuare.
    Gli argomenti li hai finiti tu dal momento che, in tutto il discorso, hai preso commentato solo quel dettaglio. Ma poi, nelle scuole cattoliche si insegna correttamente qualcosa come l’educazione sessuale, si parla dell’effettiva utilità del preservativo contro le infezioni veneree eccetera?

  58. Sho, dopo avere letto tutta la tua lunga risposta non ho trovato un solo motivo per risponderti a mia volta.
    Una discussione è utile quando si dimostra una certa buona volontà di capire cosa voglia dire l’altro. Qui mi sembra che tu risponda solo per opporti. Non ho tempo da perdere con i perditempo. Avvisami se e quando sarai disposto ad usare la ragione.

  59. Berlicche, pensala come vuoi, io nella discussione ci ho messo tutta la buona volontà e la chiarezza di cui dispongo. Se per te opporsi vuol dire sostenere una propria opinione e rispondere alle obiezioni in modo coerente, allora di’ pure che mi sto opponendo, che ti debbo dire.

  60. Sho, non mi sembra proprio. Le tue risposte non sono risposte a ciò che sto dicendo. Ti sto esortando a guardare quanto è reale, a non arroccarti, e ti prego ti comprendere che non lo faccio per darti addosso. Prova a rileggere e cercare di capire, così ambedue non perdiamo tempo in battibecchi senza senso.

    Grazie, Michele.

  61. Berlicche, se le mie risposte non ti piacciono è un conto, ma sono pur sempre risposte. Non mi sto arroccando, ti sto mostrando come vedo le cose e non trovo contraddizioni con il reale.

  62. Non sono risposte alle mie domande. Al genere di risposte che dai non vale di perdere tempo a rispondere a mia volta. Peccato, perché avrebbe potuto essere interessante.

  63. Vabbè, Berlì, quando non sai più come rispondere dici che le risposte non sono risposte e che non vuoi perdere tempo. Del resto, è una perdita di tempo anche mia quando mi rispondi presupponendo affermazoni non mie. Ti ho risposto a proposito delle recensioni, in modo ragionevole, che c’è che non ti va? Per altro, che avresti da obiettare? Eravamo partiti da un tuo assunto (consultare le recensioni) che ti ho mostrato essere sostanzialmente inutile e talvolta non praticabile. Potresti dire che, in effetti, il tuo assunto non aveva granché senso, ma preferisci dire che le mie non sono risposte. Il tratto della tua personalità blogghistica, in questo, è inconfondibile.

  64. Va bene, Sho, sono inconfondibile. Però permettimi di ignorarti: siccome parti da considerazioni personali e non so che metodo hai usato per valutare la realtà niente di quello che scrivi ha valore o, se è per questo, senso.

  65. ahhaah, e allora non fare domande e non pretendere risposte.

  66. Sho, vedi cosa intendo? Ti ho dimostrato in due parole quanto sia assurda la tua posizione, e tu scappi altrove.
    Beh, rimanici.

  67. Ma io sono sempre qua, non scappo. Sei tu che, a un certo punto, decidi che non do risposte e, chissà come, prima dici che non rispondo alla TUE domande poi te ne esci dicendo che mi ignori, come farei io con certe recensioni filmiche. Ma la mia non è una recensione, specie se le tue sono davvero domande.

  68. La Chiesa è una comunit di uomini, e non basta che questi uomini dicano di volere la Pace ed il Bene.

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