Figli di un dio meccanico

Un lettore mi ha girato una sua riflessione in parte suscitata dal mio post “Figli di bot“. Ve la offro, seguono due parole mie:

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Una pagina.

In appena una pagina, un Tribunale italiano ha rigettato il ricorso proposto da una docente contro la sospensione lavorativa conseguente alla inosservanza del famigerato obbligo vaccinale.

Una pagina in cui il Tribunale ha asserito che la Consulta, con le sentenze 14, 15 e 16 del 2023 avrebbe già detto tutto quello che c’era da dire, e non serviva una oziosa perdita di tempo nel prendere in considerazione le motivazioni del ricorso e le contestazioni della ricorrente alle palesi falle logiche, prima ancora che giuridiche, delle citate sentenze.

Ecco, il Tribunale del Lavoro rimandava “alle suddette pronunce rese dalla Corte Costituzionale, dalle quali lo scrivente giudice non ha certo motivo né possibilità di discostarsi”, dimostrando di non conoscere la regola secondo cui “le sentenze di inammissibilità e infondatezza della Corte Costituzionale non hanno alcun effetto vincolante, a livello interpretativo, per i giudici di merito” (Tribunale Militare di Napoli, sent.10.3.2023).

Il Tribunale del Lavoro, perciò, richiamando sic et simpliciter le dette sentenze, si è limitato a prendere una via comoda che non ha richiesto alcuno sforzo critico sia del quadro normativo sia dei dati della “scienza ufficiale” supinamente fatti propri dalla Consulta.

Il Tribunale (ma anche la Corte Costituzionale, in misura minore) non ha fatto altro che buttare fuori “nel nome del popolo italiano” il concentrato di assurdità logiche, di aporie giuridiche, di abnormità normative e di sesquipedali contraddizioni scientifiche che hanno caratterizzato questi anni di follia istituzionalizzata.

La similitudine con le cosiddette “intelligenze artificiali (IA)” è palese pensando all’accostamento con quei programmi (bot, algoritmi etc.) che qualcuno vorrebbe estendere a settori come la medicina e la giustizia: voilà, un bell’algoritmo che ti dice se vincerai la causa o di cosa soffri o soffrirai è molto più rapido ed efficiente di un avvocato o di un medico, perché si tratterebbe solo di elaborare dati più velocemente ed efficientemente di un cervello umano.

Oh, sì, molto velocemente ed efficientemente, come richiesto dalla nostra società, così improntata al pragmatismo, a obbiettivi freddi ed agli schemi risolutori offerti da ricette e protocolli di facile reperimento.

C’è un problema, però.

Queste I.A. – cui vorrebbero attribuirsi finanche capacità artistiche o letterarie – sono tutt’altro che intelligenti.

Difettano di fantasia e creatività, di apertura al mistero e al trascendente, di compassione e senso di giustizia, di ricerca del bello e del vero, di capacità critica, così come non potranno mai provare empatia nei confronti di colui al quale diagnosticano una malattia o subisce una ingiustizia.

Ecco, in questi “anni pandemici” il comportamento di buona parte del personale sanitario e degli operatori del diritto si può assimilare a quello dei bot e degli algoritmi in questione.

Viene in mente (per citarne solo uno) il protocollo “paracetamolo e vigile attesa” che la stragrande maggioranza dei medici ha applicato come dei (ro)bot senza coscienza, obbedendo agli ordini di programmatori che, nell’immettere le nuove stringhe di comando, hanno fatto tabula rasa delle loro pregresse conoscenze mediche.

Si pensi anche allo stravolgimento dei fondamenti costituzionali e delle basi del diritto operato dalla Corte costituzionale, secondo cui obbligo e libertà possono coesistere nella stessa norma in una meravigliosa sintesi degli opposti diventata per tutti i giudici una “ricetta facile”, un “protocollo di comodo” cui appigliarsi per evitare di ragionare e argomentare compiutamente sulle questioni loro sottoposte da cittadini assetati di giustizia.

Come degli algoritmi, questi giudici hanno restituito all’esterno ciò che è stato messo loro dentro, rinunciando alla ricerca (non troppo ardua, invero) della verità e spegnendo le funzioni alte della ragione, proprio ciò che distingue un essere umano da una macchina.

I.A. è già tra noi

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Avv. Giovanni Calapaj
Avvocati Liberi

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Al di là del caso particolare, la considerazione mi fa venire in mente un commento che ho letto a riguardo dei “Twitter Covid files“, che illustrano con dovizia di dati come la verità sia stata consapevolmente nascosta per… fate un poco voi. Il commento diceva

La macchina che è stata fabbricata per la efficiente produzione dell’Utopia ha la totale licenza di uccidere. Niente è sacro, e le sue uccisioni non sono omicidi ma “liquidazioni”. Questo è il linguaggio liturgico della religione dell’Anticristo, la religione che mette l’uomo al posto di Dio.

Fa pensare che chi vorrebbe l’uomo al centro di tutto, per portare a termine il suo progetto debba negare l’uomo vero, la sua umanità; che il nuovo giudice e creatore sia una macchina senz’anima, e quindi senza amore.

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Informazioni su Berlicche

Ufficialmente, un diavolo che dà consigli ai giovani demonietti. Avrai letto anche tu "Le Lettere di Berlicche" di C.S. Lewis, vero? Attenzione, però: i diavoli CREDONO in Dio. E questo in particolare svolazza, un po' su un po' giù, ma complessivamente diretto verso l'alto, verso quel cielo di cui ha nostalgia.

Pubblicato il 21 marzo 2023 su meditabondazioni. Aggiungi ai preferiti il collegamento . 1 Commento.

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