Giuda sono io
Lo dico subito, non è un film tipo quelli che vedete di solito in tv, o al cinema, fitto di effetti speciali e piani sequenza arditi.
“Io sono Giuda”, che potete trovare qui completo, è più un’opera teatrale; densi dialoghi tra due persone, o meglio tra il protagonista e altri quattro, sempre presi uno a uno. Gesù, Pietro , Maria, un fariseo. E naturalmente lui, Giuda.
Si segue una traccia lasciata da Maria Valtorta. Questa mistica è nota per avere scritto (tra il resto) una ponderosa vita di Gesù basata su una rivelazione privata. Sebbene la soprannaturalità dell’opera sia negata dalla Chiesa, che a suo tempo la mise anche all’Indice, tuttavia essa contiene parecchi spunti degni di nota. In mezzo a tutti gli apocrifi e le mistificazioni intellettuali a cui siamo ormai purtroppo abituati rappresenta quasi una boccata d’aria fresca: da prendere con le pinze, ma molto più cattolica di troppe opere contemporanee.
Di notevole in essa c’è certamente la figura di Giuda, così com’è ripresa dallo spettacolo. Seguiamo questo personaggio, di cui nei Vangeli è detto poco, nella sua caduta. Impariamo a conoscerlo nella sua duplicità: all’inizio appare sincero, e forse lo è, ma poco per volta spunta fuori il suo orgoglio (“dove entra l’orgoglio entra il male”, gli viene detto, ma non coglie l’avvertimento) e ci si fa domande sulla ambiguità delle sue motivazioni, sulla menzogna che sembra essere sempre sul suo labbro, rivolta anche verso se stesso.
Rapido a giustificare le sue colpe, dando la colpa alla sua natura o gli altri, rifiuta di lasciare il giudizio a Dio: “Abbiamo bisogno di sbagliare per imparare”, afferma, ma gli viene risposto che “L’innocenza è sapienza, molto di più dell’esperienza del peccato”. Perché il male rende schiavi, imprigiona, e il suo progressivo cedere a questa schiavitù mette i brividi. “Aiutami ad uscire dalla mia morte”, invoca, ma poi respinge l’aiuto, persino quando Cristo si inginocchia davanti a lui e lo supplica di non seguirlo, di non dannarsi, di lasciarsi salvare.
Ma non c’è pentimento, semmai recriminazione.
L’orgoglio di essere giudeo, di avere studiato, di avere le conoscenze “giuste” lo acceca. Si pensa più intelligente; quando Gesù rifiuta i suoi consigli è deluso e inizia a disprezzarlo. Fino a rimproverarlo di avergli rovinato la vita, di averlo illuso per tre anni, fino ad augurargli la morte. “Non mi fai più paura”.
Bisogna lasciarsi colpire, e il colpo fa male. Le giustificazioni di Giuda sono spesso le mie, i rifiuti di Giuda sono spesso i miei. Le sue parole potrei averle dette io; non parliamo dei pensieri. Lui così amato ha rifiutato quell’amore immenso, fino alla sua estrema conclusione. Ma è diverso il Suo amore verso di me? Dio non ti salva se non vuoi, ti lascia la tua dignità di uomo anche se Lo rifiuti. Alla fine una cosa mi appare chiara: io potrei benissimo essere un Giuda della notte prima, con l’ultima scelta ancora da compiere. La Quaresima appena iniziata potrebbe essere per me inutile come furono per lui quelle ultime parole di Cristo, in cui lo chiamò amico. Giuda sono io.

Pubblicato il 22 febbraio 2023 su gusto e disgusto. Aggiungi ai preferiti il collegamento . 4 commenti.
L ho visto tempo fa…e veramente impressionante. Si oggi dobbiamo dire “Giuda sono io”! Salvami dal mio peccato.
Il film merita di essere visto e meditato.
I testi scritti da Maria Valtorta sono stati avversati in tutti i modi e invece sono un valido approfondimento del Vangelo, senza essere classificati come “sacri”.
Dai frutti riconoscete l’albero.
Io devo la mia ritrovata fede a questi volumi.
A me Giuda fa compassione… la sua debolezza di fronte al peccato, la consapevolezza finale dell’essere stato ingannato, la fine che ha scelto.
Dunque anche le condanne del S.Uffizio sono contestabili…