L’ingenuo
E’ mattina, suonano il campanello. “Chi è?”, chiedo. E’ una raccomandata per me. “Sarà una multa”, chiosa mia moglie.
Che probabilmente un poco di sfiga la porta, perché è proprio una multa, la prima che prendo da oltre vent’anni.
Guardo ciò che mi è contestato. Infrazione semaforica? Decisamente strano, i semafori li rispetto. Ci sono i fotogrammi di uno di quei rilevatori automatici che mettono qua e là, li controllo e capisco l’accaduto.
E’ notte, sto tornando a casa. Corso cittadino a tre corsie per senso di marcia, quasi vuoto. Il semaforo scatta sul rosso, le due corsie a destra sono occupate da un veicolo ciascuna, così mi posiziono in quella più a sinistra, tanto all’incrocio successivo devo comunque svoltare. Quella corsia a sinistra è riservata a quelli che devono girare, con freccia dedicata, ma il verde scatta comunque prima per chi deve proseguire. Non ostacolo nessuno, non metto in pericolo nessuno, neanche me stesso: viene il verde e vado dritto, e questo basta. Non ero neanche del tutto consapevole di stare compiendo un’infrazione.
Sono due punti sulla patente e poche decine di euro. Pago, ma continuo a rimuginare sull’accaduto. Formalmente ho torto; ma non percepisco di averlo. Le regole sono scritte, ma chiaramente sono rigide anche quando non ce ne sarebbe bisogno. Mi domando se non è la mia italianità a prendere il sopravvento, si dice che per noi il rosso al semaforo sia un suggerimento e non un’imposizione. O forse è nella natura umana, aspettarsi, invocare un po’ di misericordia, di comprensione, sfuggire a una legge oppressiva che portata fino al fondo impedisce di vivere.
In fondo il Comune ci guadagna così, multando noi illusi.

Pubblicato il 2 febbraio 2023 su meditabondazioni. Aggiungi ai preferiti il collegamento . Lascia un commento.
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