Il naufrago e i giorni
Vivo in un tempo dilatato, una specie di steppa arida dove si sono persi tutti i riferimenti. Non c’è più giorno lavorativo; non c’è più domenica. Non c’è più attesa. La barba mi sta crescendo come come quella di un eremita, quella di un naufrago.
Ogni mattina sembra uguale alle altre, e il domani è pericolosamente vicino, si confonde con ieri. La preoccupazione è per il giorno dopo; più avanti, tutto si perde in una nebbia di incertezza.
D’un colpo ho capito la ragione della settimana, dei nomi dei giorni. Non è solo dare una scansione temporale, regolare il mercato o il riposo; è proprio dare un ritmo, un senso al tempo. Quello collettivo, ma anche quello personale. E’ obbligare ad alzare la testa e guardare più in là della sopravvivenza per l’indomani. Non per niente il calendario è strettamente legato alla religione, perché sono tutti e due una ricerca di significato, di ordine, che solo le albe e i tramonti non posono fornire.
Senza un giorno di festa, senza un paletto nella successione dei momenti, non sappiamo orientarci.
Se questo è un naufragio, incidiamo sull’albero o sulla roccia il conto dei giorni. Solo così non ci smarriremo, e sapremo quando verranno a salvarci.
Pubblicato il 7 aprile 2020 su meditabondazioni. Aggiungi ai preferiti il collegamento . 1 Commento.
Ma questo sovrapporsi e confondersi insensato del fluire delle ore e dei giorni, e in cui solo ora stiamo toccando con mano la condizione del naufrago, non è forse già un fatto del quale non abbiamo ancora preso pienamente atto come cittadini di un occidente, di un’Europa, di un’Italia che ha scelto il cosmopolitismo come paradigma sul quale fondare tutto? Non è forse il risultato dell’orgoglioso rifiuto di ogni valore religioso e civile ereditato dal cristianesimo e dalla classicità ad aver provocato questo collettivo naufragio?
“C’è bisogno di dire quanto oggi la fonte religiosa e quella della cultura classica appaiano inaridite, disertate dalle coscienze e perfino dalle conoscenze dei più? …Da anni, mentre il vecchio paradigma cosmopolitico naufraga, l’Unione è alla ricerca di un «ubi consistam» politico. Ma non lo trova perché alle spalle della sua ricerca, ormai, sembra esserci solo un profondo vuoto.”
Questo il finale dell’articolo sul naufragio di un’Europa che nega le sue radici cristiane e classiche “Europa Inaridita” di Galli della Loggia sul Corriere di oggi. (di cui non riesco a ottenere il link)