L’immagine della Pasqua

Cercando su Google immagini di Pasqua, la prima vagamente cristiana è la numero 77. La precedono uova, pulcini, conigli, fiorellini.

A tutti voi auguri di ricordare cosa sia veramente la Pasqua, e fissare lo sguardo lì. Non solo oggi, ma ogni giorno dell’anno di ogni anno della vostra vita.

E’ veramente risorto. Santa Pasqua a tutti.

 

Informazioni su Berlicche

Ufficialmente, un diavolo che dà consigli ai giovani demonietti. Avrai letto anche tu "Le Lettere di Berlicche" di C.S. Lewis, vero? Attenzione, però: i diavoli CREDONO in Dio. E questo in particolare svolazza, un po' su un po' giù, ma complessivamente diretto verso l'alto, verso quel cielo di cui ha nostalgia.

Pubblicato il 20 aprile 2014 su meditabondazioni. Aggiungi ai preferiti il collegamento . 100 commenti.

  1. È veramente risorto…Come vorrei esserne anche solo un po’ convinto. Spero che Gesù sia nato, vissuto, morto e risorgendo abbia sconfitto la morte. Ma lo spero, lo voglio sperare, ne ho bisogno perchè è l’unica cosa che può dar senso alla nostra vita; se così non fosse tutto sarebbe vano e l’esistenza pura disperazione. Ma non è detto che la speranza e il mio bisogno corrispondano alla Verità. E se fossimo davvero solo frutto del caso o del caos? Di uno scherzo chimico del carbonio? E se i telescopi della NASA scoprissero un’altra civiltà su quel pianeta simile alla Terra che hanno osservato a milioni di anno luce, e noi smettessimo di essere il centro dell’universo? Un’altra rivoluzione copernicana; ma l’uomo e la religione come ne uscirebbero? Se fossi convinto anche solo un po’ che Cristo esiste ed è in mezzo a noi, gli darei ciò che di più prezioso ho: tutta la mia vita. Perché tutto avrebbe senso, perchè vorrei condividere questo senso e questa gioia con ogni persona che incontro, vorrei gridare al mondo che la vita ha senso ed esiste un Dio che ci ha creati per amore e condividere con noi la bellezza del creato ( Giuss). Ma dubito, tentenno, ho paura e le domande sono troppe. E cado nell’apatica tentazione di credere che tutto sia vano e che nulla abbia senso. Scusate non voglio essere un disfattista, perchè vivo da tempo questo turbamento. Se qualcuno avrà la pazienza di rispondermi sarò lieto di leggere. Buona Pasqua a tutti

  2. Anche se si scoprisse un’altra civiltà, questo cambierebbe la bellezza e la vita che vedi? Se siamo veramente frutto del caso, perché abbiamo questo desiderio di senso? Come ho scritto l’altro giorno: ogni istante che viviamo grida quel senso. Solo che poi ci pensiamo sopra invece di accettarlo e viverlo.
    Fede, prova a leggere “Le avventure di un uomo vivo” (Manalive) di Chesterton. Molti dubbi passano.

  3. Fedefrodo, spero di non ferirti con una risposta troppo naif… fosse così mi scuso fin da ora. Affronta la questione della storicità di Gesù come affronteresti un argomento di cui non conosci nulla: cerca su wikipedia. Alla voce: http://it.wikipedia.org/wiki/StoricitàdiGesù troverai una pagina lunghissima ed una ricca bibliografia. Non penso che tutti coloro che sono citati in quella pagina abbiano scritto animati da tesi preconcette e non da una sincera sete di conoscenza. Io non ho letto quasi niente, se non – molto tempo fa – Ipotesi su Gesù, di Vittorio Messori, Ed. SEI 1976 e – più tardi – Indagine su Gesù, di Antonio Socci, Ed. Rizzoli 2008. Grazie per gli auguri, Buona Pasqua anche a te (ed all’utente di Google autore del post)!

  4. Scusa FedeFrodo, l’indirizzo corretto è: http://it.wikipedia.org/wiki/Storicità_di_Gesù o in alternativa cerca su Google. Scusa ancora.

  5. FedeFrodo la tua e’ una preghiera bellissima. In molti aspetti io condivido la tua esperienza. Ti ringrazio e ti auguro di cuore una Buona Pasqua.
    “io credo Signore, aiuta l amia incredulita’ ”

    Ps. L’unica cosa che non c’entra nulla e’ la questione della vita su altri pianeti. Irrilevante.

  6. Grazie per le risposte tutte molto belle e sincere. Questa sera ho finito tardi di lavorare, domani vorrei rispondervi. Buona notte a tutti

  7. Per Berlicche: è vero ogni istante delle nostra vita grida quel desiderio di senso! Ma perchè molti non lo sentono così forte? Perchè ci illudiamo di vivere per sempre? Perchè non viviamo questa vita come se fossimo “in affitto”? Forse non siamo così sicuri che esista Qualcos’altro dopo la morte e abbiamo bisogno di illuderci che a noi non capiterà di finire sotto tre metri di terreno. Kierkegaard dice che il cristiano è il custode della più grande notizia della storia: Gesù è resuscitato e per questo la vita ha senso, e tutto ciò ci impedisce di cadere nella disperazione, anzi ci obbliga ad essere gioiosi e ad annunciare la gioia al prossimo. Ma io come sono? Sono gioioso? Ho speranza nel mio cuore? Spesso no: sono triste, afflitto dalla vita: dalle ingiustizie che si vivono o si vedono, dalle terribili cose che ci giungono all’orecchio da vicino e da lontano. E la speranza evapora come l’etere su un batuffolo di cotone. Per ciò mi chiedo: io credo? Sono convinto che Gesù ci abbia salvato e che la storia si sia compiuta in Lui e che continui ad agire nella storia secondo la Sua nuova Alleanza? Ecco, forse non credo abbastanza, forse in me ha fatto breccia il maledetto relativismo. Leggero con gioia il libro che mi hai consigliato e ti farò sapere. Con riconoscenza e affetto…

  8. Per Eppe: ho letto con attenzione la pagina che mi hai proposto e non ho trovato il tuo commento per nulla insensibile. Non faccio fatica a credere che Gesù sia storicamente esistito, anzi ne sono certo. I dubbi iniziano da quando rotolano la pesante pietra, fino all’arrivo delle donne con gli oli profumati. Cos’è accaduto in quel sepolcro nuovo, appena scavato, in quelle poche ore? È ovvio che non c’è scienza che possa smentire o confermare la resurrezione e cmq non mi servirebbe, perchè la Fede è un’atto di amore totale. Io mi chiedo: sono pronto a credere e quindi ad amare?

  9. Per Ale: ti ringrazio per aver colto il grido che diventa quasi preghiera. La rivoluzione coprnicana però è una metafora che secondo me centra nella riflessione e cerco di spiegarmi: la chiesa sosteneva il modello tolemaico del sistema solare in cui fosse il Sole a girare attorno alla Terra, perchè questo indicava che il centro dell’universo era l’uomo, che l’uomo era il centro della forza divina generatrice, creatrice. L’intoduzione del modello copernicano fu molto ostacolato dalla chiesa, perchè rovesciava la prospettiva: l’uomo non era il centro dell’universo, ma un indifeso essere che vorticava nell’infinito, attaccatto ad un granello di sabbia-Pirandello-. E questo era scandaloso perchè come avrebbe potuto Dio Padre dimenticarsi su un insignificante granello di sabbia l’opera più mirabile della sua forza generatrice e del suo Amore? A questo punto la scoperta di una nuova civiltà cosa creerebbe dal punto di vista esistenziale nelle nostre vite? A me ancor più scombussolamento, perchè già adesso in un mondo globalizzato mi smarrisco e metto in dubbio il mio rapporto personale con Dio- in fondo è più facile pensare ad un rapporto personale con Dio se viviamo in un piccolo pastello
    di montagna che in una megalopoli asiatica o in spiaggia a ferragosto a Rimini( ma come esistono tutte queste persone, e tutte hanno una loro vita e un Dio che li ha voluti e li ama personalmente?) Perchè credo che la siepe del colle leopardiano sia necessari all’uomo per poter indagate l’infinito senza rimanerne schiacciato. Cito ancora il Giuss e il suo amato Leopardi, ma non sono di CL. Ecco io vorrei la mia siepe per poter guardare all’infinito. Forse quella siepe è proprio Gesù …se lo incontrare ditegli che sono qua:). Grazie per la pazienza e per aver tollerato la mia insubordinazione alle regole del blog…

  10. xFede: le regole sono fatte per l’uomo, non l’uomo per le regole…se esiste questo blog è anche per rispondere a queste domande.
    La sicurezza che tu dici si ottiene in una sola maniera: vedendo.
    Vedendo cose che sono oltre la nostra misura piccola e atra, inspiegabili se non fosse per un “altro”. In mezzo a tutte le cose tristi e brutte del mondo tu vedi qualcosa che splende: puoi scegliere se dire che è un falso riflesso, un’illusione, o perseguire tenacemente l’origine di quel riflesso. Rifletti: se l’uomo fosse fatto per il nulla, che senso avrebbe inseguire quella luce? Si vivrebbe inconsapevoli come animali. Eppure non ci fermiamo, come uccelli migratori che sanno dov’è il loro nido pur senza averlo mai veduto.
    Ed accade una cosa strana: quelli che inseguono quel riflesso vivono una vita molto più ricca e piena di quelli che rinunciano. E tutti, prima o poi, qualcosa vediamo.
    La fede è giusto questo: vedere e continuare ad andare perché si è visto.

  11. Per Berlicche: grazie! Farò tesoro delle tue parole e grazie per l’assenza di giudizio. Non ti conosco di persona, ma sento di volerti già bene. Mi sento meglio, mi sembra di respirare meglio, mi sento più leggero. Ricordiamoci nella preghiera. Buona notte a tutti:)

  12. Una riflessione – forse banale – fra le tante possibili: vivere come se Dio non esistesse, e come se fossimo immortali, è molto comodo. E tanti si autoconvincono di ciò, pur sapendo benissimo che così non è (almeno in merito all’immortalità).
    Si baratta molto facilmente la ricerca di senso (della vita) con il relativismo più sfrenato.
    Tant’è…

  13. Una considerazione piuttosto banale: i relativisti sono convinti che un giorno moriranno, si comportano come se un giorno dovessero morire e cercano di dare un senso alla vita al di fuori della religione. Questo quantomeno lo fanno la maggior parte di loro. Quindi, per dire, FedeFrodo, non sei vittima del relativismo, non ti preoccupare. E a tutti gli altri, relativismo e “non dare un senso alla vita” sono due cose che non sono necessariamente collegate. Le considerazioni sui relativisti lette qui sopra hanno un che di offensivo, non sto scherzando, per me è come se qualcuno postasse qui e dicesse “i cattolici sono tutti stronzi”.
    Quindi, cortesemente, con il cuore in mano, così come io mi trattengo di fare commenti acidi e offensivi, potreste voi, gentili avventori di questo blog, evitare di considerare i relativisti come delle bestie non-pensanti? Soprattutto riguardo al senso della vita dei i non-religiosi, evitate di pronunciarvi in merito se non lo siete.

    Cordialità

    Federico Fasullo

  14. Innanzitutto è da dire che anche molti sedicenti cattolici sono ben relativisti, per cui non è pensabile tracciare una linea netta di demarcazione fra chi è cattolico e chi non lo è (e di conseguenza fra chi si dovrebbe “offendere”, e chi no).
    Ed è indubbio che “il senso della vita” di molti relativisti sia ottenuto calpestando libertà e diritti altrui: di volta in volta è giusto non ciò che è giusto, ma ciò che è comodo per sé stessi (indipendentemente dall’essere religiosi o no; parlo primariamente di relativismo morale, non di relativismo religioso).
    Tutti, sotto sotto, siamo convinti che moriremo, certo; ma molto pochi si comportano davvero di conseguenza. Nessuno ha nominato le bestie, e nessuno vuole offendere: si tratta semplicemente di punti di vista diversi.

    A meno che il solo fatto di pensarla diversamente sia “offensivo”.

  15. In realtà è abbastanza facile tracciare una linea tra chi è cattolico, o cristiano, e chi no: se si pensa che il senso della vita sia Cristo si è cristiani, altrimenti si è ancora alla ricerca.
    Non è che chi è cristiano questo risultato lo abbia una volta per tutte, ma certamente non può più affermare che tutto è relativo.
    Fasullo, è davvero interessante la definizione che dai dei relativisti. Ne conosci tanti così? Io, a dire il vero, non molti. Praticamente nessuno. Anche perché di solito chi pensa che ognuno abbia la propria verità in tasca non si preoccupa più di tanto dell’argomento.
    Al di fuori della religione, cioè delle domande ultime, il senso cos’è? La tua panza, il tuo lavoro, l’illusione che segui: il calcio, la musica, o anche la tua idea dei poveri e della pace per alcuni. La politica. In altre parole: il tuo piccolo orizzonte. Se è solo quello, preoccupati.
    Fasullo, se tu fossi un relativista coerente dovresti essere ben contento che noi esprimiamo la nostra opinione. Offenderti? E perché? Il tuo relativismo è così dogmatico? Anche fossimo effettivamente convinti che i relativisti sono tutte bestie, il che certamente non è, in base a cosa potresti dire che il nostro modo di vedere non è accettabile?
    Rassicurati, comunque. Non pensiamo che i relativisti siano bestie non pensanti ma uomini che hanno scelto di non pensare. Quantomeno ad alcune cose.
    Come, del resto, facciamo tutti spesso e faremmo sempre se non fossimo richiamati.

  16. Vedi Gustavo a questo mi stavo riferendo, fare di tutta l’erba un fascio e scrivere delle cose abbastanza pesanti senza argomentare seriamente e lasciandosi guidare dal pregiudizio

    “Ed è indubbio che “il senso della vita” di molti relativisti sia ottenuto calpestando libertà e diritti altrui: di volta in volta è giusto non ciò che è giusto, ma ciò che è comodo per sé stessi”

    Secondo quale logica relativista vuol dire egoista? Secondo la tua? Stai esprimendo la tua opinione? Qual è il confine tra opinione ed insulto?

    Berlicche, se qualcuno mi dà dell’egoista o dell’edonista o qualunque cosa SENZA CONOSCERMI mi offendo. Tutto qua. Insomma sto semplicemente chiedendo a chi scrive qui di essere civile, dov’è il problema?

    Anche “uomo che sceglie di non pensare” non è molto carino, ma sai perfettamente che è un pensiero reciproco.

  17. I relativisti non esistono, almeno in senso assoluto.
    Prendiamo per esempio un relativista maschio: se vai a dirgli che tra i tuoi princìpi fondamentali c’è la consuetudine di cercare di scoparsi le mogli altrui, compresa la sua, mica ti dice “accomodati”; molto più verosimilmente non la prende bene.

    @Fasullo: “uomo che sceglie di non pensare” lo traduco dal Berlicchese: “uomo che non giunge alle mie stesse conclusioni”.
    E sì che dovresti ormai averlo imparato.

  18. L’egoista è necessariamente relativista: il suo comodo è la sua legge. Per questo dicevo che non è giusto quel che è giusto, bensì è giusto (per l’egoista) quel che gli fa più comodo, di volta in volta.

    Se io truffo qualcuno (non vale solo per il denaro, ma anche per un posto di lavoro, per degli affetti, per la stima, e via discorrendo) la mia coscienza (oltre ai Comandamenti) dovrebbe avvisarmi che sto facendo qualcosa di sbagliato. Se fossi io, ad essere truffato, non avrei piacere.
    Ma, se lascio vincere il mio egoismo, porto avanti ugualmente il mio comportamento non buono, di fatto convincendomi che “è giusto così”.

    Non vale necessariamente il contrario: un relativista non necessariamente è egoista; ma, se lo fosse, proprio il suo relativismo lo aiuterebbe a tacitare la propria coscienza. Si darebbe delle “leggi” morali a suo uso e consumo, e gli andrebbe bene così.

    Federico, tu ti sei inserito in un discorso che stavamo facendo a livello generale: io di certo non ti ho nominato, né mi permetto di esprimere giudizi (in bene o in male) su persone che non conosco.

    Mi persiste comunque l’impressione (posso ben sbagliare, eh) che tu rimanga “punto sul vivo”, quando si parla di certe cose: perché?
    Perché affermi “se qualcuno mi dà dell’egoista o dell’edonista…”, quando NESSUNO ha fatto, nei tuoi confronti, una cosa del genere?
    Berlicche ti ha semplicemente rivolto delle domande; se avesse dato per scontato che sei edonista, ad esempio, non avrebbe avuto motivo alcuno di chiedere. Perché scambiare delle semplici domande per degli atti d’accusa?

    Il suo rimane un discorso al condizionale, a meno di volutamente interpretare in maniera deformata quel che lui ha scritto: “In altre parole: il tuo piccolo orizzonte. Se è solo quello, preoccupati”.
    Non ha detto, Berlicche, che il tuo orizzonte è necessariamente “solo quello”; ha giustamente anteposto un “se”; non mi pare che si tratti di frasi poco chiare, o peggio ancora offensive.

    Io non mi offendo se pensi di me che io abbia “scelto di non pensare”: fino a legge contraria (e sarà sempre legge politica, non legge morale), ognuno è libero di pensare e di esprimere i propri pensieri.

    Se poi addiveniamo a un buon dialogo reciproco, tanto meglio; sennò pazienza.

  19. Io non vedo cosa ci sia di male ad avere una visione del mondo edonista, nei termini di adoperarsi per assicurarsi piacere (in senso ampio) o, al minimo sindacale, per tenere distante il dolore.
    In questo senso mi ci riconosco, nell’edonista, anche se so che mica ogni giorno è festa, e che ci sono tempi di magra. Ma, soprattutto, sono consapevole che non posso esercitare le mie tendenze edonistiche tirando avanti come un caterpillar, travolgendo qualsiasi persona o cosa durante il tragitto.

  20. “adoperarsi per assicurarsi piacere”

    “assicurarsi”, che contraddice quanto scrivo in seguito, va cambiato con “raggiungere il”

  21. L’edonismo quale tu lo descrivi, Marcoz, non è malvagio; a patto, appunto, di non travolgere “qualsiasi persona o cosa durante il tragitto”.
    Rimane l’amara constatazione, comunque, che, per quanto ci si sforzi, non è sempre possibile “tenere distante il dolore”. E l’uomo, ‘per conto suo’, non è davvero in grado di dare una risposta soddisfacente a tale impossibilità.

    E hai perfettamente ragione: ‘relativisti in senso assoluto’ è un ossimoro bello e buono.

  22. “L’edonismo quale tu lo descrivi, Marcoz, non è malvagio”

    Sono solo convinto che ciò che spinge l’uomo è sempre il piacere (come già sottolineato, piacere in senso ampio: non limitiamoci a pensare a quelle quattro cosette in croce che si fanno in certi frangenti).

    “per quanto ci si sforzi, non è sempre possibile “tenere distante il dolore””

    Non me ne parlare… sto uscendo in questi giorni da due mesi di cervicale che m’hanno dato il tormento.

    “l’uomo, ‘per conto suo’, non è davvero in grado di dare una risposta soddisfacente a tale impossibilità.”

    Infatti, un po’ mi ha aiutato rivolgermi all’Inquilino di sopra; anche se temo che questo – nella migliore delle ipotesi – mi abbia caricato di un’altra manciata di secoli il tempo da passare in Purgatorio.

  23. Non comprendo perché il tempo da passare in Purgatorio debba essere aumentato, dopo un periodo di sofferenza (di qualunque tipo); semmai il contrario (a meno, ovviamente, di non imprecare contro l’Inquilino di sopra; e di non scadere in comportamenti dannosi per sé e per il prossimo).
    O mi sfugge qualcosa?

  24. Danni immediati o immediatamente prossimi per me e per il prossimo, no, dato che nonostante tutto ho mantenuto un certo contegno e continuato a lavorare con sostanziale regolarità.
    Più in là nel tempo, probabilmente, qualche ripercussione ci sarà, per il fatto di aver nominato invano “l’Inquilino”, appunto.
    Tuttavia, quello che ci può rimettere non potrà che essere solo il sottoscritto, perché le persone che mi sono affezionate non avranno da preoccuparsi della mia eventuale destinazione infernale, se sarà concessa loro la vita e la beatitudine eterna. Giusto? No, chiedo, perché non sono molto ferrato sull’argomento.

  25. Debbo intendere che quando dici di esserti rivolto all’Inquilino di sopra tu l’abbia fatto non in richiesta di aiuto, bensì in forma imprecatoria?

    Circa il finire all’Inferno, dovremmo vederlo come un problema “nostro” (problema del singolo), prima di tutto, sì.

  26. Gustavo, se parli in generale parli anche del singolo. Come dicevo sopra, se io dicessi “tutti i cattolici sono stronzi” te ti sentiresti chiamato in causa? Credo di sì. Mi sembra un concetto piuttosto facile da capire. Se dopo mi dici

    “un relativista non necessariamente è egoista”

    allora mi pare che hai capito cosa volevo dire. Mi piacerebbe solo leggere commenti meno cattivi nei confronti di coloro che fino a prova contraria sono delle persone normali e tranquille. Così come io parto dal presupposto che non siate tutti stronzi.

    Berlicche mi ha fatto delle domande che ho giudicato assolutamente NON offensive, ma me le ha già fatte in passato ho evitato la noia di dovermi ripetere, niente di più.

  27. Federico, siamo su uno spazio comune, e davvero non è possibile “isolare” determinate persone (questo non significa affatto che le si voglia colpire, in qualche maniera); sono lieto che concordiamo sul fatto che “è male” essere egoisti, ma continuo a non vedere quella “cattiveria” di cui tu parli.
    Per questo ti chiedevo come mai sembri essere punto sul vivo, quando si parla di certi argomenti: non si tratta di frecciatine (cattive), ma del tentativo di instaurare un onesto dialogo.

    Magari hai già risposto in passato, come hai scritto, ma io non ti conosco, e vorrei sapere come la pensi, in merito a quelle domande di Berlicche. Sempre se vuoi, chiaro.

    Siamo entrambi consapevoli che cattolicesimo e relativismo stanno agli antipodi, ma non per questo dovremmo sentirci offesi se ciascuno cerca di illustrare le proprie idee.

  28. “tu l’abbia fatto non in richiesta di aiuto, bensì in forma imprecatoria?”

    Esatto, Gustavo (ma so che Lui sa che ce l’avevo con me stesso).
    E comunque non credo sia il caso di badare alla forma: nel momento in cui esponessi un critica circostanziata – dura ma educata – nei Suoi confronti, il risultato sarebbe inevitabilmente blasfemo. In fondo, la bestemmia plateale non è altro che una critica molto sintetica (quando non è un avvertimento orizzontale rivolto ai propri simili).

  29. Ma non ti pare quantomeno curioso, Marcoz, che siamo sempre pronti a criticare Dio, quando le cose vanno storte, nel mentre che difficilmente ci ricordiamo di ringraziarLo, quando la vita procede lieta e tranquilla?

    E in che modo una critica “imprecatoria” (nei contenuti, se non nella forma) può averti aiutato? Solo come valvola di sfogo?
    Un po’ troppo poco… o no?

  30. Caro Marcoz, se invece che in forma imprecatoria avessi posto la tua domanda di senso del dolore in forma offertoria avresti potuto sicuramente ottenere qualche beneficio; purtroppo hai scelto di evitare di porti la domanda, e non c’è niente di più inutile che la risposta ad una domanda che non ci si pone.
    Vedi, il guaio del relativista non è che non pensa come me; pensa come se stesso, e quindi difficilmente accetterà che qualcun altro possa avere una soluzione migliore della sua.
    Da parte mia invece cerco sempre di imparare, dato che non cesso di sbagliare. E quindi, dato che le risposte non ce le ho, sono solito chiederle per me e per tutti quelli con cui ho a che fare. Per chi non pensa di avere bisogno di una risposta, chiedo che abbiano invece la domanda.

    Insomma, Fasullo, deciditi: o sei relativista e quindi come gli altri ti definiscono per definizione è affare loro e non tuo, o non lo sei, e allora tutto quanto si dice dei relativisti non ti riguarda.
    Che colpa ne abbiamo se pare che le persone più egoiste, false e bugiarde che ci sono in circolazione sembrino gloriarsi del loro relativismo, che consente loro di evitare di essere giudicate? O forse stai sostenendo che non dovremmo comunque giudicarle? Tu vuoi essere giudicato oppure no?

  31. “E in che modo una critica “imprecatoria” (nei contenuti, se non nella forma) può averti aiutato? Solo come valvola di sfogo?”
    Esatto, Gustavo, come quando si dice “ahia!” se ti cade qualcosa di pesante su di un piede.

    “Un po’ troppo poco… o no?”
    Forse lo è per chi crede all’esistenza del destinatario dell’imprecazione. Per me è solo temporaneamente funzionale, quindi utile nel suo piccolo.
    In realtà, la forza per affrontare i momenti difficili mi viene principalmente dalla presenza di persone (reali) che, in un modo o nell’altro, contano su di me; in seconda battuta, la curiosità di vedere quali sono i miei limiti (ma è solo un gioco, come quando sudavo sette camicie per prepararmi alle maratone).

    Berlicche,
    il dolore si può elaborare come meglio si crede, quando si ha motivo di affrontarlo. Per me il dolore è una delle tante contingenze della vita e, a parte l’utilità di campanello di allarme biologico, non ha alcun valore particolare. Shit happens, dicono, e ci si deve rassegnare a certi eventi, finché coltiviamo un briciolo di passione per l’esistenza. Altrimenti, basta scegliere un palazzo bello alto, prima di finire inchiodato in un letto, in ostaggio dei buoni di professione.

    Sul relativista sospetto che pensiamo a due figure differenti.

    Buona serata o buona notte, a piacere.

  32. Marcoz, al di là del fatto che non hai risposto a tutte le mie considerazioni (mi sta bene, se non vuoi non c’è problema), scrivo un’ultima cosa.
    Tu non credi al “destinatario dell’imprecazione”, a quanto dici; a me non pare una mossa molto intelligente, visto che nessuno può essere certo che Dio non esista (altrimenti la questione sarebbe già risolta da tempo).
    Sarebbe meglio limitarsi a quell'”ahia!”, piuttosto che rischiare, un domani, di trovarsi a tu per tu con Colui che abbiamo bellamente offeso, imprecando.
    E, se mi dici che sei certo della Sua non-esistenza (al punto da permetterti di imprecare), io ti chiedo su cosa basi la tua certezza.

    Buona notte anche da parte mia.

  33. Marcoz è un bel provocatore. Pensate impreca contro qualcuno di cui nega l’esistenza. È un paradosso, no?-Cedo che a nessuno venga in mete di lanciare un’imprecazione verso grande puffo, no?-Se in un momento di dolore o frustrazione il pensiero corre verso Colui che non esiste, a me sembra quasi una sfida: dove diavolo sei? Perchè ci lasci qui soli a patire e a faticare? Forse non è il modo migliore per rivolgersi a Lui, ma assomiglia un po’ a quei salmi in cui l’autore grida a Dio quasi con arroganza, sentendosi schiacciato dalla vita, solo, abbandonato e dimenticato.

  34. Giusto, ho saltato questo:
    “Ma non ti pare quantomeno curioso, Marcoz, che siamo sempre pronti a criticare Dio, quando le cose vanno storte, nel mentre che difficilmente ci ricordiamo di ringraziarLo, quando la vita procede lieta e tranquilla?”

    Quando le cose vanno male, ci troviamo di fronte a un momento topico, acuto, di un disservizio che è costante. Vedi, Gustavo, è che, con tutti i limiti del caso, il nostro giudizio è sempre relativo e in genere ci tariamo secondo il contesto e l’esperienza recente; basta provare a immergersi in acqua a 10*C dopo essere stati un po’ di tempo in acqua prossima al punto di congelamento, per avere la senzazione di piacevole caldo.
    Quindi, l’assenza di male acuto, fisico o psicologico, ci fa apparire la vita bella (ed è un dato a suo modo reale, senz’altro) e si ha la tentazione di essere pervasi da un sentimento di gratitudine. Ma se dovessimo paragonare anche i momenti di maggior estasi che possiamo sperimentare con – che so – l’ipotesi di un Eden o della Beatitudine della Vita Eterna (qualunque cosa possano essere), percepiremmo ineluttabilmente l’esistenza terrena come un vero inferno.

    Va da sé che quanto ho appena scritto contiene il seme di una critica ben precisa al Creatore eventuale (così rispondo anche a FedeFrodo); critica che ritengo ribadirei, se nulla mi fa cambiare idea, qualora me lo trovassi davanti.
    Adesso qualcuno potrebbe pensare che sto facendo la lagna, ma non è così. In fondo a me sta bene se Dio ha fatto il mondo e l’uomo così come sono (avrà avuto le sue, e sottolineo sue, ragioni), e non sto a farla lunga più di tanto. Però se mi si viene a dire che non posso dissentire – voglio proprio vedere quali sono i margini di libertà del presunto libero arbitrio -, se non posso dissentire, dicevo, allora sì che mi scoccia.
    E con questo ho rinnovato la mia candidatura all’Inferno.

    Buona giornata a tutti.

  35. Bene, Marcoz, ti ha fatto, stai vivendo, stai apprezzando la vita stessa – altrimenti ti rifiuteresti di vivere – e sei anche libero. Puoi dire quello che vuoi, e decidere se vuoi essere grande o piccino.
    Non ci sono candidature, l’inferno è una scelta.

  36. “e decidere se vuoi essere grande o piccino
    In che senso?

  37. Federico Fasullo

    “o sei relativista e quindi come gli altri ti definiscono per definizione è affare loro e non tuo”

    Eh?

    “tu vuoi essere giudicato oppure no?”

    Voglio essere giudicato sulle mie azioni (o su quello che scrivo qui, per dire), non sul pregiudizio che avete di me.

    Gustavo,

    “non si tratta di frecciatine (cattive), ma del tentativo di instaurare un onesto dialogo.”

    Può darsi che sia più permaloso di quanto non credessi. A me sembra comunque molto pesante fare coincidere il relativismo con i mali di questo mondo ^^” leggendo i commenti qua e là mi pare di aver capito così. Ma forse ho frainteso. Dialoghiamo pure.

    “vorrei sapere come la pensi, in merito a quelle domande di Berlicche.“

    Per me il senso della vita è il fatto di essere vivi, insomma non è importante la meta ma il viaggio. Detto molto grossolanamente.

    “Siamo entrambi consapevoli che cattolicesimo e relativismo stanno agli antipodi”

    Non ne sono così convinto. Un relativista cattolico è solo un cattolico che con umiltà ammette di poter essere in errore, non mi sembra la fine del mondo, né la fine della sua fede.

  38. Federico, il relativismo è alla base di molti dei mali di questo mondo, proprio perché conduce alla formazione di “morali personalizzate”; e, di palo in frasca, si finisce spesso per ledere la libertà altrui, anche se magari (proprio a motivo del relativismo, che diventa “abito di vita”) non se ne è perfettamente consapevoli.
    Sia chiaro che sto parlando in generale, e non voglio offendere nessuno; ma dovrei essere cieco per affermare che il relativismo non porta con sé molti mali. Se tu la pensi diversamente, non c’è problema.

    Quanto al “relativista cattolico”, mi pare che tu stia confondendo la nostra caducità (e dunque l’impossibilità di “vedere” Dio, che è Realtà trascendente) col relativismo stesso. Un vero cattolico non è relativista, perché ha accettato un Messaggio ben preciso: Dio che Si fa Uomo, e che apre squarci sul trascendente. Ed è un trascendente assoluto, non relativo.

    Perciò, se davvero amo Cristo e abbraccio la Sua Dottrina, mi sforzerò di comportarmi di conseguenza, in OGNI caso; e non secondo la comodità del momento. Se debbo giudicare una persona che ha oggettivamente sbagliato, dirò che questa persona ha sbagliato, senza badare se è un estraneo, un amico o un familiare. Ha sbagliato, punto.
    Ugualmente nel caso di un comportamento corretto: se un mio avversario (qualcuno che mi ha fatto oggettivamente del male), in un determinato contesto, si comporta bene, io dirò che si è comportato bene, e lo loderò per quel comportamento, senza lasciarmi trascinare dall’inevitabile antipatia che posso provare per costui.

    **
    Marcoz, proprio le aberrazioni che vediamo di continuo ci confermano che la nostra libertà è ben grande; nessun “problema”, dunque, sotto tale aspetto.

    Circa il problema della sofferenza (in senso lato), nessuno nega che ci troviamo in una “valle di lacrime”, in cui soffrono anche molti innocenti.
    La scelta sta fra la ribellione (fine a sé stessa, visto che non possiamo in alcun modo “danneggiare” il Creatore, o un ipotetico Creatore) e il convincimento che Iddio ci chiede di “meritare” il Paradiso.
    Come lo si merita?
    Nella maniera a un tempo più semplice e più difficile: amando. Amando Dio, e amando il prossimo, OGNI nostro prossimo.

    Dio non ci carica di sofferenza (o permette che ne siamo caricati) perché in qualche modo “gode” di ciò; a Lui interessa “il modo” in cui affrontiamo le nostre sofferenze: con amore (e dunque con rassegnazione), oppure con odio e ribellione.

    Chiedere un mondo privo di sofferenza equivarrebbe a chiedere il Paradiso, senza alcun merito da parte nostra. Tra l’altro, se non dovessimo penare, molto probabilmente quelli in apparenza “più avanti” sarebbero proprio i più ipocriti. L’ipocrisia cade, a volte del tutto, proprio nei momenti di dolore e/o di difficoltà.

    La sofferenza, fra le altre cose, serve a separare il grano dalla zizzania.
    Umanamente parlando questo discorso non piace neppure a me, specie per quanto riguarda la sofferenza degli innocenti; ma il Cristo in Croce è uno scandalo ed è stoltezza, dal mero punto di vista umano, e come tale inevitabilmente diviene segno di contraddizione.
    Fra chi decide di seguirLo, accettando o addirittura amando (quale mezzo salvifico in eterno) la propria croce quotidiana, e chi decide di ribellarsi.

    La libertà è anche questo.

  39. Gustavo,
    la libertà a cui mi riferisco non è quella che mi posso concedere su questa Terra, nelle sue svariate forme. Mi riferisco alla libertà di non sentirmi in debito con il Creatore soprattutto nel momento della mia dipartita, magari essendo riuscito ad avere il massimo rispetto possibile per le necessità del mio prossimo, durante l’esistenza (cosa in cui mi impegno discretamente comunque senza aspettarmi ricompense ultraterrene).
    Libero di non sentirmi in debito – senza subire rappresaglie – e libero di non amarlo. Tra l’altro, mi sarebbe persino difficile provare semplice ammirazione per uno che è descritto* eterno, onnipotente, onniscente ecc. Non vedo quali meriti gli si possano riconoscere, in relazione alla posizione che occupa, a uno così. Insomma, che fatica ha fatto, Lui? Non mi risulta che abbia dovuto sorbirsi la gavetta, per arrivare lassù. E vuole che noi ci meritiamo il Paradiso? Beh, è proprio una bella sagoma.
    Sarei più comprensivo se si dicesse che Dio ci ha creati perché si annoiava di brutto e gli è venuta in mente ‘sta idea dell’Universo (Casa del Grande Fratello ante litteram), per passare un po’ il tempo facendo qualche scherzetto ai concorrenti. Anzi, considerato che a volte sembra avere un sottile senso dello humor, uno scenario di questo tipo mi spingerebbe forse ad apprezzarlo.

    *ripeto (perché l’ho già scritto in passato) che non ho nessuna pretesa di dire come sia Dio, cosa voglia, eccetera; mi limito a prendere in considerazione quello che gli altri dicono del personaggio.

  40. Eternità, onniscienza, onnipotenza… non sono propriamente “meriti”, ma Attributi di Dio.
    Che ha fatto, Lui, per meritare il Paradiso?
    Proprio nulla: è Lui medesimo, il Paradiso.
    Essendo l’Increato, non avrebbe comunque potuto meritare “prima”, per un “poi”.

    Proprio per poter soffrire – e dunque meritare a Sua volta – la Seconda Persona della Trinità ha preso Carne umana ed è morto di una morte dolorosissima e infamante.
    Poteva farne a meno, e stare nella Sua beatitudine.

    Ha invece scelto – Egli, l’Innocente assoluto – di penare a Sua volta in questa valle di lacrime.

    Perché ci ha creato, chiedi?
    Per il motivo più banale: Lui, che è Amore, ha creato per avere amore dalle Sue creature.

    Amore, bada bene, libero e consapevole: perché è proprio la libertà, esercitata per il bene, che ci fa guadagnare dei meriti, di fronte a Dio.

    La fede è proprio questo: credere che Lui ci ha creati per un moto d’Amore, NONOSTANTE la sofferenza che caratterizza le nostre vite.
    È difficile?
    Qui sta il merito.

    Del resto, Lucifero e i futuri Angeli ribelli avevano tutto, così come Adamo ed Eva; a costoro erano richieste delle semplicissime ubbidienze: ubbidienze di amore e di adorazione nei confronti del Creatore.
    Nessuna sofferenza era su di loro: avevano praticamente tutto.

    E non è bastato: si sono ribellati ugualmente…

  41. Sì, l’onnipotenza, l’onniscenza etc. sono connotazioni; il merito era riferito alla posizione che occupa, soprattutto alla carica di giudice delle proprie creazioni.

    “è Lui medesimo, il Paradiso
    Ah, dovrei affezionarmi a un luogo?
    Ma non si trattava di relazionarsi con una entità personale?

    “ed è morto di una morte dolorosissima e infamante.”
    Così si dice. Tuttavia, se io avessi i poteri di Dio potrei far credere più volte di morire tra indicibili sofferenze, senza morire e soffrire davvero.
    Chi ci garantisce che abbia sofferto davvero? E se sì, in che misura, facendo i dovuti rapporti? Tanto per dire, se solo io sapessi che mi ricrescerà, ruscirei con minore difficoltà a resistere all’amputazione brutale di una gamba per mezzo di una sega; al netto del dolore in sé, la componente psicologica ha la sua importanza, eh. E non sono Dio.

    “Lui, che è Amore, ha creato per avere amore dalle Sue creature.”
    Nel senso che ne aveva bisogno?

    “che ci fa guadagnare dei meriti, di fronte a Dio.”
    Non ambisco a trattamenti di favore particolari. Di fronte alla mia freddezza, diciamo così, mi sta pure bene il dissolvimento nel nulla; soltanto mi sembra esagerato, viste le premesse, finire a bruciare tra le fiamme dell’Inferno per l’eternità (vado sempre per sentito dire) solo perché il personaggio Dio non mi mi va a genio.

    “credere che Lui ci ha creati per un moto d’Amore, NONOSTANTE la sofferenza che caratterizza le nostre vite.”
    Perbacco, ecco da dove viene la predisposizione di alcuni a far nascere individui gravemente malformati. Altro che gli “scientisti”, sono certe persone che giocano a fare Dio.
    Ma poi, dico, Dio crea l’uomo con la sofferenza incorporata? Scusa, è onnipotente o no? Mi sembra strano che uno-che-tutto-può non sia in grado di concepire e far funzionare un essere vivente, facendogli apprezzare la sua esistenza senza doverlo sottoporlo alle montagne russe dell’alternanza male/assenza di male/stati di piacere.
    Non è che, poco poco, Dio è in grado di fare grandi cose ma onnipotente non è? Nel caso, lo ritengo un punto a suo favore.

    “a costoro erano richieste delle semplicissime ubbidienze: ubbidienze di amore e di adorazione nei confronti del Creatore”
    Quel “semplicissime” stona parecchio, in questo contesto.

  42. @Marcoz
    “Ah, dovrei affezionarmi a un luogo?
    Ma non si trattava di relazionarsi con una entità personale?”

    “Paradiso” non è solo un luogo, ma uno stato di completa beatitudine. La seconda domanda, perdonami se te lo dico, mi sa tanto di ironia fuori posto (sono convinto che tu sia una persona intelligente); certo che ci si relaziona con una Persona (con tre Persone, anzi).

    **
    “Chi ci garantisce che abbia sofferto davvero? E se sì, in che misura, facendo i dovuti rapporti?”.

    La fede cattolica si basa sulla testimonianza di chi ha visto il Cristo sofferente, morto e risorto. “Garanzie” del tipo che chiedi tu nessuno le può dare; ma vale allora per ogni fatto storico che viene tramandato.

    **
    “Nel senso che ne aveva bisogno?”.

    Dio, in quanto tale, di NULLA ha bisogno. Non si tratta di un bisogno, ma di un desiderio.

    **
    “soltanto mi sembra esagerato, viste le premesse, finire a bruciare tra le fiamme dell’Inferno per l’eternità (vado sempre per sentito dire) solo perché il personaggio Dio non mi mi va a genio”.

    E chi lo dice, che brucerai all’Inferno?
    Se sei davvero convinto delle tue opinioni, e se ti sforzi di fare il bene e di fuggire il male, anche per te Iddio riserva un premio.

    **
    “Ma poi, dico, Dio crea l’uomo con la sofferenza incorporata? Scusa, è onnipotente o no? Mi sembra strano che uno-che-tutto-può non sia in grado di concepire e far funzionare un essere vivente, facendogli apprezzare la sua esistenza senza doverlo sottoporlo alle montagne russe dell’alternanza male/assenza di male/stati di piacere”.

    La sofferenza è conseguenza del peccato, che è conseguenza del libero arbitrio usato per il male.

    Tu stesso hai prima affermato di desiderare ampi margini di libertà del libero arbitrio, o no?
    Bene: ampi margini includono anche la possibilità di ribellarsi a Dio, di negarLo, seguendo il male.

    Oppure di rimanere indifferenti alla Divinità, nel mentre che ci si sforza di fare del bene, dal punto di vista umano.

    Oppure altre varianti. Basta un minimo di riflessione per comprendere che la maggior parte della sofferenza umana deriva dalla malvagità delle persone (e dalle conseguenze, più o meno volute, di tale malvagità); poi vi sono gli interventi di castigo divino, come il Diluvio.
    Ma, anche qui, tali interventi non avrebbero avuto luogo, se le persone non si fossero corrotte col male oltre misura.

  43. “La seconda domanda, perdonami se te lo dico, mi sa tanto di ironia fuori posto”
    Non era questo il caso. Non che io non ne faccia uso, di ironia, anche in discussioni come questa (e un po’ ce n’è, sopra). Tuttavia, se non scade facilmente nel sarcasmo, l’ironia è un strumento ottimo per esprimere sinteticamente un punto di vista; per questo sono dispostissimo ad esserne oggetto (anzi, se è tecnicamente pregevole, la apprezzo proprio, a prescindere dalla durezza del contenuto).

    “Garanzie” del tipo che chiedi tu nessuno le può dare; ma vale allora per ogni fatto storico che viene tramandato.”
    Un conto è un evento, che grossomodo può essere accaduto; un altro sono le interpretazioni. E che la persona crocifissa fosse di natura divina e abbia sofferto è una interpretazione decisamente azzardata. Sarà forse per questo che ha avuto tanto successo (l’importante è esagerare, diceva qualcuno).

    “Non si tratta di un bisogno, ma di un desiderio.”
    Mi dispiace, ma qui abbiamo un problema semantico:
    desiderio Sentimento intenso che spinge a cercare il possesso, il conseguimento o l’attuazione di quanto possa appagare un proprio bisogno fisico o psicologico. (Treccani.it, corsivo mio)

    “E chi lo dice, che brucerai all’Inferno?
    Bruciare all’inferno o pene equipollenti, l’ho sentito dire. Non è forse il destino di chi non si sottomette all’amore di Dio?

    “La sofferenza è conseguenza del peccato, che è conseguenza del libero arbitrio usato per il male.”
    Già. E i peccati dei padri ricadono sui figli. È il motivo per cui bimbi di pochi anni si ammalano di cancro. Per carità, il principio ha una sua logica. Mafiosa, ma ce l’ha.

    “Basta un minimo di riflessione per comprendere che la maggior parte della sofferenza umana deriva dalla malvagità delle persone”
    Sarebbe interessante fare una valutazione statistica di questa affermazione (sono serio, non ironizzo). A volte i numeri sorprendono.

    “[i castighi divini] non avrebbero avuto luogo, se le persone non si fossero corrotte col male oltre misura.”
    Eh, lo so, a volte i figli te le tirano fuori proprio con le pinze (qui sono, molto ironico).

    Buona serata

  44. Marcoz, grande è chi riconosce quanto gli è dato ed è grato perché se non non sarebbe nulla; piccino è chi è spocchiosamente chiuso nelle sue pretese, incapace di riconoscere il bene che ha. Come il bambinetto viziato che ha quarantotto regali e ne vorrebbe quarantanove, e urla e strepita e prende a calci i genitori, insultandoli perché sono cattivi.
    Ah, ce ne sono così. In generale fanno battute sul “personaggio” che sono pubblicate sui grandi quotidiani, guadagnano un sacco e sono al quarto divorzio.
    La scelta è tutta tua. Preferisti qualcuno che ti schiaccia la faccia per terra e ti obbliga ad adorarlo? Anche questo, scelta tua. Di padroni così ce ne sono.

    Fasullo, su di te non ho pregiudizi. Ho solo quelo che scrivi: le tue dichiarazioni sul perché scrivi qui, ad esempio. Il tuo far finta di non capire le domande. Il confondere il relativismo con la possibilità di sbagliare – due concetti completamente diversi. Lo stesso concetto di sbaglio indica una scala di valori certi.
    Comunque, confortati: non hai frainteso. Il relativismo è uno dei principali mali di questo mondo, se vogliamo “il” peccato originale, declinato in orgoglio e arroganza. Se pensi che io mi possa astenere dal dirlo perché tu ti puoi sentire offeso, direi che è una ulteriore dimostrazione dell’inconsistenza del relativismo stesso. Perché se è vero, il relativismo è il male; se è falso, allora il relativismo non esiste.
    Il fatto è che io posso dire la verità. Tu, al massimo, puoi impedirmi di dirla.

    Gustavo, più vado avanti più mi convinco che la sofferenza ed il dolore sono qualcosa di completamente diverso da cosa ci figuriamo di solito. Sono il mezzo con cui siamo portati a lasciare le nostre limitatissime certezze per andare più in alto. A mollare uova, pulcini, fiorellini, sogni di grandezza e di gloria, per ricordarci che tutto passa dalla tomba. Dopo, risorge. Ma dopo.

  45. È la prima volta che mi capita di incontrare qualcuno che dice: io sono relativista e ne vado fiero. Su cosa di basa questa tua fede nel relativismo? Cosa ci vedi di così bello, buono e giusto per cui vale la pena lottare o da tramandare ai posteri? Mi accorgo di abbassare il livello, ma non sono bravo a pensare e scrivere come voi, scusate..

  46. @Marcoz
    “Mi dispiace, ma qui abbiamo un problema semantico”

    Il problema semantico si ripropone spesso; un vocabolo può avere più accezioni, ed è inevitabile ricorrere ad altri vocaboli, quando si cerca di esplicitare certi significati.
    E, se ti premetto che Dio, in quanto tale, non ha bisogno di alcunché, è del tutto fuori luogo che tu sottolinei, fra le definizioni da dizionario, quella che contiene anche il termine “bisogno”.
    Io intendo, per desiderio, la “volontà di avere o di fare qualcosa” [dizionario Hoepli, punto 1].
    E ritengo che dal contesto si capisse benissimo… a meno di voler travisare.
    Oppure hai esercitato una fine ironia, anche in questo caso.

    **
    “Un conto è un evento, che grossomodo può essere accaduto; un altro sono le interpretazioni. E che la persona crocifissa fosse di natura divina e abbia sofferto è una interpretazione decisamente azzardata”

    Ma davvero?
    Non offendere la tua intelligenza, Marcoz: secondo te, una persona crocifissa (la crocifissione era uno dei supplizi più brutali e dolorosi di quei tempi), dopo che è stata flagellata, coronata di spine e sottoposta alle torture più varie, sta godendo di piacere?

    Circa la Natura Divina, ti ripeto che ci si basa su testimonianze storiche: Gesù risorse e Si mostrò a molti, anche passando attraverso muri e porte chiuse.

    Potrai anche ritenere di non credere a tali testimonianze; ma esse, di per sé, parlano di un Dio, con poteri che vanno ben oltre le umane possibilità.

    **
    “Bruciare all’inferno o pene equipollenti, l’ho sentito dire. Non è forse il destino di chi non si sottomette all’amore di Dio?”

    Se la poni su questo piano allora il problema c’è. Iddio non obbliga alcuno ad amarLo. Chi muore con sentimenti invincibili di rifiuto e di disprezzo di Dio, rimarrà separato da Lui. Sempre per il “solito motivo”: il rispetto sommo, da parte del Creatore, della libertà di scelta delle creature.

    **
    “Per carità, il principio ha una sua logica. Mafiosa, ma ce l’ha”

    La logica mafiosa la puoi vedere solo se guardi alla maniera umana (per questo avevo scritto che, umanamente parlando, il discorso non piace neppure a me).
    Se considerassi che la sofferenza, accettata per amore, ti apre le porte alla beatitudine eterna, senza più limite né confine, il discorso muterebbe radicalmente.

    **
    “Eh, lo so, a volte i figli te le tirano fuori proprio con le pinze (qui sono, molto ironico)”

    Io invece non ci vedo nulla da ironizzare: è semplicemente un’amara verità.

    **
    *
    @Berlicche

    Condivido pienamente la tua osservazione, circa il dolore e la sofferenza; e la risurrezione che passa attraverso la caducità.

  47. Berlicche, caro vecchio troll,

    “Il confondere il relativismo con la possibilità di sbagliare – due concetti completamente diversi.”

    Ci devi una spiegazione.
    Se non ci fosse il relativismo la gente non potrebbe ammettere di poter essere in errore a priori. Perché la verità è quella, quindi se uno la dice non può in alcun modo avere torto e non può in alcun modo cambiare idea. Un sistema senza relativismo è la morte dell’evoluzione, le idee non cambieranno mai, non ci sarà progresso scientifico, etc.
    Senza relativismo si ha l’assenza di una ricerca di qualcosa in più.
    Se te lo consideri la causa di tutti i mali… non so che dirti, mi pare anche il principio di molte cose belle.

    FedeFrodo, penso ti rivolgessi a Marcoz, ma cosa ti stupisce esattamente? Una persona ha delle idee e non se ne vergogna, mi pare un atteggiamento piuttosto diffuso.

  48. Fasullo, hai seri problemi di definizione. Ti suggerisco di rileggerti quella di relativismo, e anche quella di troll. Perché, vedi, il fatto è che la verità c’è e ci si può arrivare. Il relativista non è chi accetta che si possa sbagliare, ma chi non pensa che sia possibile arrivare alla verità stessa.

    Adesso la domanda che tutti ci facciamo è: veramente non hai mai capito niente in tutti questi anni di discussioni o è solo l’ennesima presa in giro?

  49. Un troll nel gergo di internet e in particolare delle comunità virtuali è una persona che interagisce con gli altri utenti tramite messaggi provocatori, irritanti, fuori tema o semplicemente senza senso, con l’obiettivo di disturbare la comunicazione e fomentare gli animi.

    Chi è relativista sostiene che una verità assoluta non esiste, oppure, anche se esiste, non è conoscibile o esprimibile o, in alternativa, è conoscibile o esprimibile soltanto parzialmente (appunto, relativamente); gli individui possono dunque ottenere solo conoscenze relative, in quanto ogni affermazione è riferita a particolari fattori e solo in riferimento ad essi è vera.

    Fonte Wikipedia.

    Berlicche, se non accetti che la verità è relativa e non assoluta non accetti il fatto di poter commettere un errore, e questo è molto arrogante.

  50. Caro Fasullo, copincollare una definizione non vuol dire averla compresa. Il fatto che la verità sia assoluta cosa ha a che fare con il fatto che io, essendo limitato, possa non averla afferrata?
    Tu hai proposto una definizione di relativismo. Quella è verità? Se è verità, allora cosa c’è di relativo in essa? Se non lo è, perché me la proponi?
    Tu non l’hai capita, e quindi sei in errore. Ma non lo ammetti; quind non sei relativista, ma solo uno molto arrogante, secondo la tua stessa definizione.

    Allo stesso modo, nel momento in cui mi dai del troll all’interno del mio stesso blog dimostri di avere letto la definizione ma di non averla compresa.
    Quindi, chi è più arrogante? Chi dice che c’è una verità e, con tutti i suoi limiti, si sforza per afferrarla, o chi dice che non esiste e poi ne propone una versione sballata?
    Come avanza la conoscenza, se non presupponendo che esista qualcosa di condiviso e vero da conoscere? Chi è più stolto, chi rconosce di non sapere tutto, di potere commettere errori ma sa che giungerà da qualche parte, o chi nega che ci sia un posto da raggiungere e quindi vagola senza scopo oppure si ripiega su se stesso?

  51. “Quindi, chi è più arrogante? Chi dice che c’è una verità e, con tutti i suoi limiti, si sforza per afferrarla, o chi dice che non esiste e poi ne propone una versione sballata?”

    Proprio il proporre versioni sballate della verità mostra come i relativisti siano assoluti: assoluti nel loro relativismo.
    Per questo, generalmente, risulta vano ogni dialogo: non si può aggiungere altro, a un contenitore stracolmo.

    **
    “gli individui possono dunque ottenere solo conoscenze relative, in quanto ogni affermazione è riferita a particolari fattori e solo in riferimento ad essi è vera”

    Gli individui possono ottenere solo conoscenze parziali, a motivo della loro limitatezza. Non perché non esista una verità assoluta.

    Se si fa riferimento solo a particolari fattori, il discorso diviene volutamente capzioso ed esiziale.

  52. (scusate il ritardo: la vita mi ha sequestrato)

    Gustavo,

    “secondo te, una persona crocifissa (la crocifissione era uno dei supplizi più brutali e dolorosi di quei tempi), dopo che è stata flagellata, coronata di spine e sottoposta alle torture più varie, sta godendo di piacere?”
    Sì, una persona normale soffre, ma Dio travestito da persona normale? (sto dando per scontata la natura divina di Gesù, a beneficio del ragionamento).

    “Io intendo, per desiderio, la “volontà di avere o di fare qualcosa”
    La volontà è sempre la risposta a una necessità, al bisogno di risolvere un problema, fosse anche semplicissima curiosità. La definizione dell’Hoepli la prende più alla larga, ma se facciamo un minimo di reverse enginneering si arriva sempre a quello stato di disagio – in senso ampio e non patologico – che spinge ad agire.
    A mio avviso, una entità qualsiasi non può che essere condannata all’inazione, se non prova qualcosa di assimilabile al desiderio.

    “Chi muore con sentimenti invincibili di rifiuto e di disprezzo di Dio, rimarrà separato da Lui.”
    Quindi, dopo la morte, niente fiamme ma solo l’Inferno della separazione. Beh, può essere che il mio stato attuale di miscredente non mi faccia temere come dovrei i risvolti di tale separazione. Andrò a ripassarmi la scommessa di Pascal.

    “La logica mafiosa la puoi vedere solo se guardi alla maniera umana”
    La fatica e la sofferenza umane sono una contingenza non eliminabile (per ora), e sappiamo che per vivere e ottenere risultati particolari molto spesso sono richiesti sforzi notevoli, spirito di sacrificio e resistenza alle avversità, con tutto ciò che ne consegue. Ma questo, osservando l’esistenza da un punto di vista strettamente umano (materialista, direi), è immanenza, e nessuno se ne può lamentare, a meno che non si tratti di atti deliberati del prossimo volti a causarci un danno. Diversamente, è proprio guardando alla questione tenendo in conto le connotazioni non umane (onnipotenza, onniscienza, “amore assoluto”) che il tutto assume toni un po’ bizzarri.
    Prendiamo un esempio. Non di rado il rapporto dio/uomo viene esemplificato con l’analogia del padre/figlio (bambino)*, in cui il genitore causa sofferenza la prole, sotto forma di rimprovero o punizione, per metterlo in guardia dai pericoli che ancora non riconosce e prepararlo alla vita che dovrà affrontare; bene, tutto ciò ha senso perché il padre non è immortale e onnipotente.
    Quindi, seppur mi ripugna moralmente l’atteggiamento mafioso, ne comprendo le meccaniche e la necessità (dal punto di vista del mafioso umano); invece ho qualche difficoltà ad accettarlo da parte di un dio che, tra le altre cose, non corre nemmeno lontanamente il rischio di subire le reazioni delle sue vittime o la galera.
    Nemmeno l’invocazione alla “sofferenza accettata per amore”** – che mi ricorda lo stato di quelle donne che dicono di amare il compagno che le fa periodicamente finire al pronto soccorso – riesce ad aprire spiragli a un ripensamento.

    “Io invece non ci vedo nulla da ironizzare: [i figli te le tirano fuori proprio con le pinze] è semplicemente un’amara verità.
    Occhéi, ma radere al suolo città, sommergere il mondo, uccidere i primogeniti, diffondere malattie letali… Mi sembrano le reazioni di una personalità – come dire – poco serena e sicura di sé.

    *so che l’analogia è sempre imperfetta, ma la mia obiezione supera questo aspetto
    ** qualsiasi cosa significhi, nella fattispecie

    Berlicche,

    “grande è chi riconosce quanto gli è dato ed è grato perché se non sarebbe nulla; piccino è chi è spocchiosamente chiuso nelle sue pretese, incapace di riconoscere il bene che ha.”
    A me pare che per il cristiano, per il cattolico in particolare, il dono fondamentale sia la vita, e tutto il resto – cosa si è, cosa si ha – passa in secondo piano. Tuttavia, anche all’osservatore più distratto salterà all’occhio che il trattamento riservato dalla Direzione è poco omogeneo, a volte decisamente sbilanciato.
    Diciamo, quindi, che chi si accontenta è grande e chi lascerebbe volentieri due suggerimenti nella suggestion box è piccino.
    (nota autobiografica: io sento di appartenere alla prima categoria, quella dei chi si accontenta gode. Però non so se faccio testo, perché sospetto di soffrire della Sindrome dell’impostore, quella per cui ciò che non otteniamo è solo responsabilità nostra, mentre i successi sono solo fortuite coincidenze).

    “Preferisti qualcuno che ti schiaccia la faccia per terra e ti obbliga ad adorarlo?”
    Non mi sentirei obbligato solo se sapessi che, nonostante tutto il mio dissenso, al momento debito Egli mi dirà: «Ti sto sulle palle? Non importa, vieni dentro che ci facciamo una partita a Risiko.»
    E la cosa non mi dispiacerebbe, nemmeno se si ostinasse a voler giocare coi carri armati neri, i miei preferiti.

  53. “Gli individui possono ottenere solo conoscenze parziali, a motivo della loro limitatezza. Non perché non esista una verità assoluta.”

    Eh ma questo è quello che penso anche io. La verità assoluta non può non esistere ma per un uomo conta solo quello che avviene dentro la sua testa a questo mi riferivo prima, dentro la testa degli uomini esistono solo verità “limitate” non assolute.

    @Berlicche

    “Il fatto che la verità sia assoluta cosa ha a che fare con il fatto che io, essendo limitato, possa non averla afferrata?”

    Che dai per scontato di averla afferrata.

    “Tu non l’hai capita, e quindi sei in errore. Ma non lo ammetti; quind non sei relativista, ma solo uno molto arrogante, secondo la tua stessa definizione.”

    Do la colpa solo a me stesso per essermi espresso male. C’è da distinguere la realtà, ovvero il mondo delle cose e dei fatti, con la realtà percepita, ovvero quello che intendiamo noi. La realtà è in qualche modo assoluta, un fatto avviene, avviene solo in quel modo e in nessun altro modo e questa è una verità assoluta MA la realtà è difficile da afferrare anche quando sembra chiara, quindi un uomo per via dei suoi limiti avrà tra le mani solo verità relative.
    Per questo prima mi riferivo al fatto che senza il relativismo non esiste l’idea di cadere in errore. Se non si parte dal presupposto che quella che uno crede sia un dato certo in realtà potrebbe non esserlo non c’è la possibilità di sbagliare.

    “Allo stesso modo, nel momento in cui mi dai del troll all’interno del mio stesso blog dimostri di avere letto la definizione ma di non averla compresa.”

    Si chiamano metafore. Se ti do della volpe non intendo dire che sei un animale dal pelo rosso. Troll è un termine abusatissimo anche solo per definire qualcuno che fa degli scherzi. Se vuoi mi spreco in una definizione più complessa.

    “Quindi, chi è più arrogante? Chi dice che c’è una verità e, con tutti i suoi limiti, si sforza per afferrarla, o chi dice che non esiste e poi ne propone una versione sballata?”

    Ovviamente il secondo, ma se leggi sopra io mi ritrovo nel primo gruppo.

    “Come avanza la conoscenza, se non presupponendo che esista qualcosa di condiviso e vero da conoscere? Chi è più stolto, chi rconosce di non sapere tutto, di potere commettere errori ma sa che giungerà da qualche parte, o chi nega che ci sia un posto da raggiungere e quindi vagola senza scopo oppure si ripiega su se stesso?”

    Stai portando acqua al mio mulino.

  54. “Sì, una persona normale soffre, ma Dio travestito da persona normale? (sto dando per scontata la natura divina di Gesù, a beneficio del ragionamento)”

    Stai dando per scontato che Gesù sia SOLAMENTE Dio, e non ANCHE Uomo.
    Dio, di per Sé, non può soffrire; Cristo ha preso una Carne proprio per poter “pagare di tasca Sua” i peccati degli uomini, e riconciliarli col Padre.
    Se fosse valida la tua osservazione, sarebbe del tutto INUTILE l’Incarnazione della Seconda Persona.
    Un Dio che Si fa Uomo, ma che rimane “solo Dio”: un controsenso bello e buono. L’Umanità di Cristo è vera, così come è vera la Sua Divinità.

    Stiamo parlando di meriti, e Dio, in tal senso, non può meritare, perché tutto può compiere, senza sforzo alcuno.
    Se non ammetti che Gesù è Dio, ed è ANCHE Uomo, ogni dialogo circa la sofferenza, e circa i meriti conseguenti, diviene impossibile.

    **
    “La definizione dell’Hoepli la prende più alla larga, […]
    A mio avviso, una entità qualsiasi non può che essere condannata all’inazione, se non prova qualcosa di assimilabile al desiderio”

    La definizione dell’Hoepli (ma sta pure in altri dizionari) altro non è che una delle accezioni del termine. Quella in cui la intendevo io, dato il discorso che stiamo trattando.
    “Desiderio” non necessariamente coincide con “bisogno”; non mi pare tanto difficile da comprendere, pur sottolineando che è vero quanto dici circa l’inazione.

    **
    “Beh, può essere che il mio stato attuale di miscredente non mi faccia temere come dovrei i risvolti di tale separazione. Andrò a ripassarmi la scommessa di Pascal”

    Ognuno è libero di operare le scelte che vuole; se stai bene come stai, nulla da eccepire, da parte mia.

    **
    “in cui il genitore causa sofferenza la prole, sotto forma di rimprovero o punizione, per metterlo in guardia dai pericoli che ancora non riconosce e prepararlo alla vita che dovrà affrontare; bene, tutto ciò ha senso perché il padre non è immortale e onnipotente”

    Debbo amaramente dire che molti padri causano sofferenze – anche grandi – ai figli, semplicemente per superbia e per egoismo loro (dei padri, dico).
    Le sofferenze causate o permesse da Dio, invece, hanno un ben altro – e alto! – fine: la beatitudine eterna.
    Umanamente sembra un controsenso, ma è l’insegnamento del Cristo morto in Croce.

    **
    “Nemmeno l’invocazione alla “sofferenza accettata per amore” [qualsiasi cosa significhi, nella fattispecie] – che mi ricorda lo stato di quelle donne che dicono di amare il compagno che le fa periodicamente finire al pronto soccorso – riesce ad aprire spiragli a un ripensamento”

    Il problema sta proprio qui: nel comprendere quel “qualsiasi cosa significhi, nella fattispecie”.
    Il compagno che “le fa periodicamente finire al pronto soccorso” è assimilabile al padre di cui parlo sopra: una persona arida ed egoista.

    Se tu vuoi davvero bene a una persona, farai di tutto per farla stare bene, anche a costo di sofferenze e di fatiche da parte tua.
    Ecco, questo è ciò che Dio chiede a noi: che amiamo i fratelli, ed eventualmente soffriamo per loro.

    Sarebbe facile amare “quando tutto va bene”; molto più difficile è amare, quando tale amore richiede un prezzo, e a volte il prezzo è ben alto.
    Se non si fa lo sforzo di capire che amore e sofferenza sono due parti della medesima medaglia, ogni dialogo – anche qui – fallisce in partenza.

    Tu “batti” sul fatto che Dio è onnipontente, e dunque potrebbe dare tutto alle creature senza sforzo alcuno.
    È vero.
    Ma, in tal caso, il merito delle creature si ridurrebbe a zero. Come ho già detto, sarebbero proprio i più ipocriti e teatranti a “fare bella figura”; quando invece gli ostacoli sono effettivi, ecco che si vede la differenza fra chi è disposto ad amare (anche pagando “prezzi” elevati, appunto in termini di dolore e sofferenza), e chi invece ristagna nel proprio egoismo.

    **
    “Tuttavia, anche all’osservatore più distratto salterà all’occhio che il trattamento riservato dalla Direzione è poco omogeneo, a volte decisamente sbilanciato”

    Certo che è sbilanciato, ma tutto sarà ri-bilanciato nella vita futura. Se pensassi al grande valore che ha la sofferenza accettata per amore [come dico qui sopra], agli occhi di Dio, comprenderesti che proprio quelli che umanamente sembrano “più indietro”, stanno invece “più avanti”. È il discorso delle Beatitudini, in pratica.

    Chiaro che, prima di andare avanti, dovresti cercare un pochino di riflettere sul binomio – solo apparentemente antitetico – sofferenza/amore; tenendo presente che, dal punto di vista umano, ci sarà sempre repulsione alla sofferenza.

    Fondamentale è il discorso sul merito: Dio ha voluto che le creature “meritassero”; non è tutto aggràtis.
    E, siccome l’Uomo-Dio è morto in Croce, non Lo si potrà accusare di incoerenza. A patto di non essere in malafede.

  55. Marcoz, dono fondamentale è la vita, ma la vita comprende anche tutto ciò che ci sta attorno.
    Ti faccio una domanda. Metti che sei davanti ad un megacalcolatore, e su di esso sta manovrando quello che è considerato il più grande informatco di tutti i tempi, uno che ha scritto il suo primo linguagggio di programmazione a cinque anni e che ha progettato il supercalcolatore stesso. Gli stai alle spalle, lo guardi programmare ad una velocità stratosferica. Gli dai un suggerimento su come dovrebbe fare?
    Oppure entri in camera operatoria e dici al grande chirurgo che sta operando: “guarda, per me se tagli qui e qui va molto meglio”.
    Così, tanto per sapere. Perché sai, se ti ritieni in grado di dare consigli a Dio che è incomparabilmente più grande di ogni grande esperto umano, suppongo che non ti debba fare problema agire così.
    Però magari sarebbe utile domandarsi: non è che mi sfugge qualcosa? Non è che non ho compreso appieno com’è fatto l’universo?
    Perché, se vuoi che faccia con te una partita a Risiko, devi comunque andare a chiederglielo, e non considerarlo uno stronzo che non sa fare il suo mestiere.

    Fasullo, in quale libro hai letto che io la verità dò per scontato di possederla? Non è che non l’abbia detto, ridetto e ripetuto che non è così. Continui poi ad usare una definizione di relativismo semplicemente falsa: “senza il relativismo non esiste l’idea di cadere in errore. Se non si parte dal presupposto che quella che uno crede sia un dato certo in realtà potrebbe non esserlo non c’è la possibilità di sbagliare” è una bestialità secondo la definizione che tu stesso hai scritto e ogni storia della filosofia, come ho cercato di spiegarti a più riprese.
    “Si chiamano metafore”
    No, si chiamano forzature che non stanno nè in cielo né in terra. Hai usato un termine a sproposito, e pure in presenza della definizione che tu stesso hai scritto insisti nell’errore. “Troll è un termine abusatissimo anche solo per definire qualcuno che fa degli scherzi”, direi proprio di no. Folletto, imp, goblin, ma i troll sono tutt’altro paio di maniche. Primo gruppo, davvero? Direi che il tuo mulino fa acqua da tutte le parti.

  56. “Gli dai un suggerimento su come dovrebbe fare?

    Certo che no, Berlicche, ma perché all’informatico (e al chirurgo) manca la basilare connotazione di onnipotenza che gli permetterebbe di completare l’opera ignorando le leggi della fisica, a cui invece deve sottostare (leggi che io dovrei prima conoscere meglio, insieme alla materia specifica, prima di poter azzardare un giudizio).
    Ma con Dio è diverso, perché si tratta solo di pensare, senza paletti, a uno scenario qualsiasi.
    Se un’Entità è onnipotente, se per questo le basta solo il pensiero al fine di realizzare qualsiasi cosa, se non ha l’obbligo di rispettare alcuna legge, allora Essa deve avere anche la capacità di creare esseri coscienti che non soffrono, che apprezzano la vita, che amano inevitabilmente il proprio creatore e i propri simili anche se hanno potenzialmente la facoltà di non farlo.

    Allora perché Dio non ha creato il mondo e gli uomini nel modo qui sopra esposto? Posso fare tre ipotesi:

    – Dio è uno che ha dei numeri notevoli ma non è onnipotente, né onnisciente; quindi Egli fa solo il meglio che può;

    – il Creatore (onnipotente sì, ma in fondo disadattato) ha bisogno dell’uomo per sentirsi riconosciuto, “vivo”, e progetta un piano che include la sofferenza, perché la sofferenza è una componente necessaria al suo scopo [scopo nel Suo interesse, non in quello dell’uomo, che in quanto oggetto di creazione non può aver alcun interesse prima di essere deliberatamente creato*];
    quindi abbiamo un dio disposto ad essere causa originale di sofferenza pur di perseguire il proprio scopo;

    – Dio è onnipotente e onnisciente, e la Sua coscienza genera una quantità infinita di universi corrispondenti ad altrettanti flussi di pensiero (pensiero che si “materializza” automaticamente), e di tutti i mondi “pensati” a noi è capitato questo, che non possiamo collocare con certezza nella posizione giusta, in una ipotetica scala tra Bene assoluto e Male assoluto**;
    in questo caso, quindi, abbiamo a che fare con un generatore casuale di mondi senza filtro, per cui uno vale l’altro, alla faccia del relativismo.

    [mi piace la terza ipotesi: è quella che maggiormente si adatta alla mia visione della vita, cioè che se ti va bene o ti va male è sostanzialmente una questione di culo]

    _ _ _ _ _ _ _ _

    * così come noi non mettiamo al mondo figli per fare il loro interesse: chi pensa il contrario è completamente pazzo

    **sempre ammesso che Male e Bene non siano una umana illusione prospettica

    A Gustavo, che mi richiede più tempo per farlo, replico più tardi (spero oggi).
    Buona giornata

  57. Federico Fasullo

    Berli’,

    http://en.wikipedia.org/wiki/Troll_(Internet)

    This sense of the word troll and its associated verb trolling are associated with Internet discourse, but have been used more widely. Media attention in recent years has equated trolling with online harassment.

    Certo che ti appigli a tutto pur di vincere una discussione…

    “è una bestialità secondo la definizione che tu stesso hai scritto e ogni storia della filosofia, come ho cercato di spiegarti a più riprese.”

    No, tu a più riprese mi hai semplicemente detto che ho torto e che non ho capito di cosa sto parlando, non hai spiegato niente. Quello che dico c’entra con quanto ho quotato, se pensi che io non abbia capito per favore spiegami perché, altrimenti non c’è dialogo ma solo io che parlo ad una persona che si limita a darmi della capra.

  58. MArcoz, a me viene in mente una quarta ipotesi: che tu sia troppo limitato per capire il progetto di Dio. Ma dato che a uno che si sente migliore di Dio a spiegare e creare l’Universo non credo proprio di poter dire niente, ti lascio alla tua onniveggenza e onnipotenza.
    Sai, una mattinata passata a debuggare inutilmente ti lascia molte poche illusioni su quali siano veramente le tue capacità. Non riesco a far funzionare correttamente un piccolo applicativo e dovrei conoscere la maniera migliore di creare esseri che siano contemporaneamente liberi e felici? Anzi guarda, visto che tu a quanto pare hai questa facoltà, mi daresti una mano?

    Fasullo, “online harassment” non vuol dire “scherzo online”, ma “persecuzione, molestia online”. Io mi appoggio al reale, cioè al tutto: tu dove ti appoggi?
    Ho spiegato e rispiegato. Lo ridico ancora una volta: il fatto che una verità assoluta esista non è garanzia che uno la conosca. Ma neanche, come sostiene il relativismo, che non ci si possa arrivare. Quindi è assolatamente errato che tu sostenga che senza relativismo uno dia per scontato di avere la verità. Io non sono relativista, ma metto continuamente alla prova (“verifica”) quanto so per potere essere ragionevolmente certo di conoscere la verità o quantomeno essere sulla strada per arrivarvi. Se dessi per scontato, non avrei bisogno di prove.

    Il relativismo sostiene però che non c’è maniera di arrivarvi, alla verità, è inconoscibile. Apparentemente questo è un particolare che ti sta sfuggendo. Questo vuol dire che il relativista non si spreca neanche a verificare quello che lui crede, dato che è la “sua” verità, e quindi non soggetta a verifica da che ognuno ha la sua. Ovvero, l’opposto di quanto tu sostieni. Per mettere alla prova la verità occorre essere convinti che ci sia. Il relativista è convinto del contrario.
    Se sei convinto che la verità esista e sia conoscibile, pur tra difficoltà e tentativi, NON sei un relativista.
    Spero che adesso ti sia chiaro. Se ancora non è chiaro, ti invito ad approfondire con qualcun altro dato che non ho intenzione di perdere altro tempo.

  59. “il relativista non si spreca neanche a verificare quello che lui crede, dato che è la “sua” verità, e quindi non soggetta a verifica da che ognuno ha la sua”

    Ed è proprio il motivo per il quale ogni reale dialogo è impossibile. Tra l’altro, in un’accozzaglia di pseudoverità, è vano ogni tentativo di trovare un filo conduttore che abbia un po’ di coerenza.

  60. @Gustavo

    “Se fosse valida la tua osservazione [cioè che Gesù/Dio poteva fingere di soffrire, ndr], sarebbe del tutto INUTILE l’Incarnazione della Seconda Persona.”
    “Fingendo” avrebbe dato comunque il buon esempio e compiuto la propria missione, impartendo l’insegnamento che, con la morte e la resurrezione, fonda il Cristianesimo.

    “Dio (…) tutto può compiere, senza sforzo alcuno.
    Lo so, è da un po’ che lo sto facendo notare a Berlicche.

    ““Desiderio” non necessariamente coincide con “bisogno”; non mi pare tanto difficile da comprendere,”
    No, infatti, non coincide, ne è una conseguenza.

    “Debbo amaramente dire che molti padri causano sofferenze – anche grandi – ai figli,”
    Non pensavo in realtà a maltrattamenti, magari gravi, ma alle sofferenze dell’educazione “standard” che è causa di frustrazioni e, nei casi più estremi che posso arrivare ad ammettere, di glutei arrossati.

    “Umanamente sembra un controsenso, ma è l’insegnamento del Cristo morto in Croce.”
    La mia opinione su quanto appare insensato l’ho già espressa nelle ipotesi scritte rispondendo a Berlicche.

    “Ecco, questo è ciò che Dio chiede a noi: che amiamo i fratelli, ed eventualmente soffriamo per loro.”
    Io pensavo si parlasse dell’amore nei confronti di Dio.

    “(…) dare tutto alle creature senza sforzo alcuno (…) il merito delle creature si ridurrebbe a zero. (…) Quando invece gli ostacoli sono effettivi, ecco che si vede la differenza fra chi è disposto ad amare (anche pagando “prezzi” elevati, appunto in termini di dolore e sofferenza), e chi invece ristagna nel proprio egoismo.”
    Non ha importanza quale sia il requisito per farsi strada nella competizione: Dio ha costruito un’arena e ci ha buttato dentro i gladiatori per vedere chi vince e chi perde.

    “Certo che è sbilanciato, ma tutto sarà ri-bilanciato nella vita futura.”
    Come si dice, la speranza è sempre l’ultima a morire.

    (credevo di dover scrivere di più)

  61. @Berlicche

    “a me viene in mente una quarta ipotesi: che tu sia troppo limitato per capire il progetto di Dio.”
    Ti levo ogni dubbio, Berlicche: io non sono in grado di comprendere cosa passa per la mente di Dio in ogni caso. Infatti, mi sono solo limitato a tracciare una serie di generici profili basandomi su caratteri altrettanto generici (onnipotenza sì, onnipotenza no, necessità, ecc.); finalità specifiche del progetto divino non sono state prese in considerazione, in tutti i casi elencati.

    “Gli dai un suggerimento su come dovrebbe fare?
    Mi dispiace, non posso essere d’aiuto; ma una entità onnipotente – se tutto può – dovrebbe riuscirci con relativa facilità. Io ho solo buttato lì l’idea. E non è una novità, perché di idee in tema riesco a visualizzarne altre (restituire arti e resuscitare morti) anche se non saprei da dove iniziare per metterle in atto.

  62. ““Fingendo” avrebbe dato comunque il buon esempio e compiuto la propria missione, impartendo l’insegnamento che, con la morte e la resurrezione, fonda il Cristianesimo”

    “Fingendo” avrebbe solo mostrato ipocrisia; si vede che non hai proprio colto il nesso fra sforzo e merito.
    Se fosse tutta una finta, dove starebbe il merito?
    E… “buon esempio” di cosa?
    Di come raggirare la gente?
    Ma dai…

    Va bene che siamo su posizioni anche molto diverse, ma davvero mi pare che tu faccia offesa alla tua intelligenza. Senza offesa; e scusa il gioco di parole.

    **
    “No, infatti, non coincide, ne è una conseguenza”

    Di nuovo vorresti “piegare” le definizioni del vocabolario a esclusivo sostegno delle tue tesi; ma, come già detto, un vocabolo può avere più di un significato, e non è certo con queste forzature che si può costruire un discorso ben argomentato.

    **
    “(credevo di dover scrivere di più)”

    Anch’io; vedo che, siccome non vi è alcuna base in comune, continuare questo pseudodialogo sarebbe del tutto inutile.
    Ti avevo invitato a valutare il nesso fra amore e sofferenza, e tu parli di arena in cui saremmo stati gettati per vedere chi è più bravo.
    Bah…

  63. E se un’entità superiore, caro Marcoz, mi facesse tutto il lavoro e mi levasse la fatica di provare o di pensare, dove sarebbe il mio merito, dove sarebbe la mia felicità?
    Se non ci fosse un giorno dell’esame, e non ci fosse bisogno di imparare niente, tu studieresti?

  64. La meritocrazia è desiderabile anche dal semplice punto di vista umano, e una società che si basasse su di essa sarebbe davvero una società giusta e felice.
    Non si comprende davvero perché Iddio dovrebbe donare ogni cosa senza merito: dove starebbe la giustizia? Dove, la gratificazione che viene dall’aver superato determinati ostacoli?

    Di gente scostumata è pieno il mondo: e allora, che ciascuno si guadagni il frutto della sua onestà. O della sua disonestà.

  65. Si sapeva che non ci sarebbe stato il “dialogo” (in che senso, poi: forse che qualcuno si aspettava cambiamenti di posizione?), perché partiamo da premesse troppo differenti e le nostre interpretazioni divergono anche quando se ne stabiliscono di comuni. Ritengo che ciò accada perché io osservo con gli occhi del disincantato e voi con quelli degli innamorati, ma potete sempre pensare che la causa sia da attribuire alla mia cecità, mentre voi avete il dono della vista che vi permette di apprezzare la Luce.
    Tuttavia, questo carteggio non è stato inutile, perché è interessante quello che è emerso; cioè che, ammessa l’esistenza di un Creatore, l’unico disposto a difenderlo sono io, qui. Infatti, le illazioni che lo vogliono onnipotente, onnisciente, amore assoluto, e progettista della sofferenza umana per qualsivoglia ragione, sono accuse pesantissime; il sottoscritto, al contrario, ammettendo la possibilità che Egli sia in qualche modo imperfetto, di fatto Lo assolve dal suo operato, riconoscendogli le attenuanti del caso.
    Adesso, quello che rimane da fare è valutare se sussista la possibilità di dare una chance anche a un Dio perfettissimo, prendendo in considerazione la concessione della grazia a un personaggio indifendibile (o difeso male). Sì, il perdono non deve essere escluso, neppure in questo caso. Ci penserò su.

    State bene.

  66. Marcoz, ancora una volta: presumi troppo da te stesso.
    Tu pensi che da “disincantati” si veda meglio. Io ti dico: non sei disincantato, o cieco, semplicente non vuoi vedere. Io ero esattamente come te, una volta. Poi ho dovuito cedere di fronte all’evidenza. Quella che io – posso parlare per me – ho non è una facoltà particolare o scienza infusa: è semplicemente esperienza fatta, inseguita, gustata. Ma per fare esperienza bisogna accettare di volerla fare, non tirarsi indietrom, o credersi superiore.
    Tu hai parlato di innamoramento: se una una bella ragazza ti insegue, ma tu la disprezzi perché ne hai sentito parlar male, non farai mai esperienza del suo amore, del tuo possibile amore. Magari era lei, la donna della tua vita, e tu non lo saprai mai.
    Il tuo dio semplicemente non è dio. E’ una tua idea di come pensi dovrebbe o potrebbe essere dio. E’ una figura da burletta, che non sta in piedi, molto più contraddittorio del Dio cristiano. E’ un dio fatto a tua immagine e, permettimi, solo tu sai quanto sei lontano da ogni genere di perfezione. Poi, che ho da dire? Rimani sul tuo piedistallo da superdio, solo. Come ti ho già detto, non ho alcuna intenzione di adorarti.

  67. In generale può essere come dici tu, ma permane un errore in quel che scrivi: io non ho nessuna idea originale su come sia fatto o cosa voglia Dio, e non intendo averne; la mia è solo una reazione alle descrizioni altrui.
    Se poi, in seconda battuta, esprimo una preferenza di fronte a una serie di ritratti ipotetici (compreso quello cristiano/cattolico), beh, questo è un altro discorso, che nulla ha vedere con la pretesa di descrivere cosa mai possa essere davvero il Creatore (pretesa che ritengo ineluttabilmente vana).

  68. “che nulla ha a che vedere con”

  69. «Se conoscete me, conoscerete anche il Padre: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto».
    Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta».
    Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo?
    Chi ha visto me ha visto il Padre. Come puoi dire: Mostraci il Padre?

    Certo, per l’uomo è una pretesa vana, a meno che non sia Dio stesso a chinarsi su di lui e mostrarsi.
    Con questo tu puoi fare i conti oppure no. Perché un conto è fare discorsi oziosi, immaginandosi superdio, che lasciano il tempo che trovano, e dall’altra considerare il fatto che se veramente Dio si è mostrato per quello che è allora tutta la nostra vita deve tenerne conto.

  70. “Se”, appunto. È sempre una questione di premesse.

    “Perché un conto è fare discorsi oziosi”
    Sì, lo ammetto, i discorsi oziosi mi tentano, a volte, e ci casco; come quello in cui si discetta sulla forma delle orecchie e della coda del Sarchiapone (ma le ha, la coda e le orecchie, il Sarchiapone?!?).

    “immaginandosi superdio”
    Eddai!

  71. Oh, Marcoz, sei tu che ti poni come tale.
    “Se” in questo caso non è una premessa, è una possibilità che ti si offre.
    Da parte mia più vado avanti con gli anni e più trovo che il tempo è troppo poco per perderlo inutilmente. Non è che non ne sprechi anche troppo, ma almeno ne sono consapevole, e cerco sempre più l’essenziale.

  72. Federico Fasullo

    Il fatto che aprioristicamente si parte dall’idea di non poter mai ottenere una conoscenza piena non è necessariamente un deterrente a cercare di ottenere quanta più conoscenza possibile. È un ragionamento che porta ad una spirale negativa ma che non sempre si innesca. È confondere la causa con l’effetto. Sarebbe come dire che se non potrò mai essere la persona più veloce del mondo non dovrei correre affatto.
    Il fatto che non ci sia una verità assoluta soggettiva (e di rigore collettiva) pone di fronte al problema di mettersi a confronto con le altre persone, ascoltare il maggior numero di pareri e trovare la soluzione migliore che “a priori” non è quella ottima ma che comunque ci sforzeremo perché sia quella più accettabile.

    “il relativista non si spreca neanche a verificare quello che lui crede, dato che è la “sua” verità, e quindi non soggetta a verifica da che ognuno ha la sua”

    Quello è il cinico. La verità è soggetta a verifica proprio perché fallibile, proprio perché ognuno ha la sua è ancora più soggetta ad essere messa in discussione.

  73. Sbagli esempio, Fasullo. Ciò che mi spinge a correre, o camminare, è il desiderio di andare in qualche luogo, ovvero che vi sia un luogo in cui andare. Non certo quello di correre più veloce di tutti.
    Se non esiste quel luogo, perché dovrei camminare? Se non esiste un modo per dire che una certe verità è vera, perché dovrei verificare? Chi me lo fa fare di confrontarmi con gli altri, fallibili quanto me?

    La verità, infatti, non è mai un possesso individuale da brandire come una clava contro gli altri, ma emerge nella dinamica dell’incontro umano: «La verità è una relazione! Tant’è vero che anche ciascuno di noi la coglie, la verità, e la esprime a partire da sé: dalla sua storia e cultura, dalla situazione in cui vive, ecc. Ciò non significa che la verità sia variabile e soggettiva, tutt’altro. Ma significa che essa si dà a noi sempre e solo come un cammino e una vita» (Papa Francesco, Lettera a Eugenio Scalfari, la Repubblica, 11 settembre 2013).

  74. Federico Fasullo

    Nel mio esempio correre è bello perché è una bella attività non per arrivare in un luogo.

    Non è che vado dicendo cose troppo differenti da quello che dice il papa…

  75. “e progettista della sofferenza umana per qualsivoglia ragione, sono accuse pesantissime”

    Lo vedi, Marcoz, come insisti a vedere le cose in maniera distorta? Hai ignorato i richiami a considerare il nesso fra amore e sofferenza (ed è un nesso che esiste anche nella vita affettiva di tutti i giorni; non è un qualcosa “dell’altro mondo”), così come bellamente ignori le definizioni da dizionario, se esse non fanno comodo alle tue tesi.

    E non è che tu “reagisca” alla descrizione altrui: è che hai la tua idea (liberissimo di averla, chiaro), e continui a non voler vedere le cose da altre prospettive, che pur ti vengono proposte.
    Così come insisti a dire che desiderio e bisogno sono necessariamente collegati; io posso aver bisogno di pane, per nutrirmi, ma di certo non ho bisogno di caramelle. Però posso ugualmente desiderare di mangiar caramelle, pur non avendone affatto bisogno, in merito al mio sostentamento quotidiano.
    Sono cose talmente banali che davvero fai offesa alla tua intelligenza sostenendo il contrario, e non capisco se, così comportandoti, provi una qualche gratificazione (ma in che modo, poi?).

    Te la prendi se Berlicche ti definisce superdio, ma in effetti, anche se dici di no, è proprio quello che sei: uno che insegna a Dio “come dovrebbe essere”.
    E ti permetti pure di scherzarci su, dicendo che valuterai eventuali ipotesi di “perdono” (e da quale piedistallo tu ti porresti, a “perdonare Dio”?).

    Ma il tempo è tuo, e pure la libertà: liberissimo di impiegarli nella maniera che più ti aggrada.

  76. Gustavo,
    se non ricordo male, è la terza volta che tiri in ballo l’intelligenza a sproposito. Non molto tempo fa mi sarebbe già partito un vaffa, del quale ancora non sento il bisogno (sto invecchiando rapidamente, si vede).
    A poi. Adesso sono di corsa.

  77. Che sia a sproposito lo dici tu: se uno fa ragionamenti incoerenti, che si deve pensare? Che stia bene usando la sua intelligenza?
    Circa le parole offensive, fai pure come meglio credi: anche da queste cose si vede qual è il modo di porsi nei confronti del prossimo.
    Che poi tu ti offenda solo perché altri esprimono la propria opinione, è un problema che è emerso fin da subito. Ma è un problema a cui solo tu, se vuoi, puoi far fronte. Come già scrisse Berlicche, non è che uno, ogni volta che esprime il proprio pensiero, possa – e debba – preoccuparsi perché altri potrebbero offendersi.

  78. Stai andando per stereotipi, Gustavo. Tira fiato e libera la mente.

  79. Buoni.
    Gustavo e Marcoz, non commentate il commentatore. Dicendo “superdio” non è che sto giudicando Marcoz, ma il suo atteggiamento.

    Fasullo, stai dicendo cose diversissime dal Papa. Davvero ancora non lo capisci?
    Correre per correre? Ah, veramente il miglior modo di fare le cose, poi uno si chiede a quale scopo sviluppare l’intelligenza. Tanto valeva restare amebe.

  80. Vallo a spiegare a tutti quelli che fanno joggin’. La storia dell’umanità è scritta sulla bellezza del fare le cose e te la liquidi così. Ottimo.

  81. Farle per farle, o farle per un significato?

  82. Fasullo, qui hanno il pallino dei significati: arrenditi!

    [Uè, non è che ci sia qualcosa di male, a cercarne; è solo che spesso l’ansia di trovare fa vedere anche cose che non ci sono.]

  83. E scusate se mi cito, ma credo proprio sia attinente:
    http://tinyurl.com/m9qzpxs

  84. Non cercarlo, invece, ti fa vedere proprio pochetto.

  85. @Gustavo
    “Hai ignorato i richiami a considerare il nesso fra amore e sofferenza”
    Non li ho ignorati; soltanto succede che non posso dire granché di un tema del quale mi viene detto che si tratta di un nesso “che esiste anche nella vita affettiva di tutti i giorni!”. Detta così, a me suona solo come un altro caso di rapporti orizzontali tra umani (impropriamente) applicati al rapporto verticale uomo/divinità. Come dici? già fior fiore di pensatori hanno trattato l’argomento? Ne so qualcosa (non moltissimo, ma abbastanza da avere già avuto occasione di rifletterci un “pochino”). Ma qui si è fra di noi. Se tu, in soldoni (perché non voglio abusare del tuo tempo), vuoi e puoi illustrarmi ciò che ritieni abbia valore argomentativo sostanziale, lo prenderò certo in considerazione (n.b.: non ho riletto tutto il thread, quindi se è già successo che hai fornito dati sufficienti in un commento precedente – che mi è sfuggito o di cui non ricordo il passo – ti fa gioco segnalarmelo, ovviamente).

    “continui a non voler vedere le cose da altre prospettive, che pur ti vengono proposte.”
    Non ritengo sia così. Credo di avere un quadro complessivamente corretto e di considerare bene la consequenzialità e le implicazioni della struttura di pensiero che “mi si propone”, partendo dalle relative premesse (tra l’altro sono anche facilitato nel compito, perché a me non sorgono molte delle perplessità che coglierebbero un individuo cresciuto in un area culturale molto diversa da quella occidentale, avendo ricevuto un’educazione di stampo cristiano/cattolica).
    Il punto è che sembra che per te basti avere chiara la tua prospettiva, per condividerla. Mi dispiace ma, se questo è il tuo sentire, non funziona così.

    “io posso aver bisogno di pane, per nutrirmi, ma di certo non ho bisogno di caramelle. Però posso ugualmente desiderare di mangiar caramelle”
    Mi era già venuta in mente una soluzione di compromesso, per cassare la questione (si potrebbe scrivere «Dio “desidera” in corsivo e tra virgolette, così da lasciare aperta l’interpretazione, che deve svincolarsi da qualsivoglia accezione del termine italiano riferito alla natura umana, se si vuole escludere il “bisogno”), ma questa analogia mi ha catturato.
    Quello che desideriamo, e ci spinge ad agire, può avere una origine biologica (il bisogno del cibo) o psicologica (il bisogno di affettività), oppure essere un misto delle due (mangio molto cibo perché carente d’affetto); in una qualsivoglia situazione umana, ribadisco, se risaliamo la corrente dalla foce rappresentata dal desiderio espresso, arriviamo alla fonte che sarà sempre una necessità, un bisogno. Distinguere desideri per il loro esito legato ai fini della sopravvivenza, è fuorviante, anche solo a livello di analogia.
    Comunque, posso teoricamente ammettere l’ipotesi che Dio desideri senza provare bisogno (come non saprei); solo che questo non aggiunge granché alla questione delle scelte divine a proposito della sofferenza umana, ma certamente soddisfa la evidente necessità degli uomini di mantenere invariato il ritratto di Divinità Perfettissima e Amorevolissima dipinto nei secoli.

    “Te la prendi se Berlicche ti definisce superdio, ma in effetti, anche se dici di no (…) (e da quale piedistallo tu ti porresti, a “perdonare Dio”?).”
    Sono stato frainteso (cit.): mica me la sono presa. Anzi, credevo di fare cosa buona e giusta, visto che i cattolici amano i risvolti paradossali. E poi dico, davvero mi reputi così tonto da non capire che certe mie posizioni sono pervase dall’hybris?

    “Ma il tempo è tuo, e pure la libertà: liberissimo di impiegarli nella maniera che più ti aggrada.”
    Parliamo di discorsi oziosi, vero? Guarda, non è colpa mia se il discorso ozioso per eccellenza è parlare di come è fatto Dio.

    “se uno fa ragionamenti incoerenti, che si deve pensare?”
    Beh, al netto dei casi in cui io posso effettivamente commettere degli errori logici, sentirsi dare dell’incoerente da uno che verosimilmente crede nella Transustanziazione, fa sempre un certo effetto.

    “ci sarà sempre repulsione alla sofferenza.”
    Che dire? Ci sarà sempre qualcuno a cui piacerà il gelato al gusto “puffo”, nonostante tutti gli sforzi immaginabili da mettere in atto per far diventare tutti dei buongustai.

  86. @Berlicche
    “Non cercar[e] il significato, invece, ti fa vedere proprio pochetto”
    Questo può valere per qualche caso specifico particolare (e magari io sono uno di quelli); normalmente, però, la mente umana è fin troppo avvezza alle “deduzioni”, e cerca continuamente anche senza una deliberata e consapevole decisione. Insomma, non abbiamo problemi di carenza di ricerca, mediamente; semmai di incontinenza.

  87. @Gustavo reprise (dimenticavo)

    “Circa le parole offensive”
    Per me non esistono parole offensive, ma solo giudizi estremamente ellittici. E comunque sia, ieri ho menzionato il vaffa per questioni pratiche, di tempo, e farmi capire; ma in realtà per mandare la gente a quel paese uso generalmente modalità politicamente correttissime, anche se il senso non cambia. Lo faccio perché so che in molti scattano dei meccanismi involontari, appena leggono o sentono un termine c.d. volgare, e perdono subito di vista il messaggio che sta sotto e quanto gli sta intorno. Tu, per esempio, tutto preso a farmi la reprimenda col ditino alzato, a quanto pare non ti sei accorto che il commento in cui ventilo l’estremo oltraggio contiene una nota ottimistica, da un certo punto di vista: le persone cambiano.

    “Come già scrisse Berlicche, non è che uno, ogni volta che esprime il proprio pensiero, possa – e debba – preoccuparsi perché altri potrebbero offendersi.”
    Sfondate tutti una porta aperta. È per questo che, se devo dire che un certo aspetto o una certa pratica della vita religiosa è un’idiozia (o altro giudizio tranchant), non ho riluttanza a farlo (eventualmente argomentando, ovviamente).
    Certo, possono sorgere notevoli problemi quando sei in netta minoranza, e allora è meglio fare due conti.

  88. “Tu, per esempio, tutto preso a farmi la reprimenda col ditino alzato, a quanto pare non ti sei accorto che il commento in cui ventilo l’estremo oltraggio contiene una nota ottimistica, da un certo punto di vista: le persone cambiano”

    Nessuna reprimenda, Marcoz; ognuno di noi sta esprimendo il suo punto di vista. E ognuno di noi sa bene che ciascuno rimarrà nella propria posizione.
    Non tanto per partito preso, ma perché ad essa posizione siamo pervenuti col tempo: non si tratta di “fede cieca”, né la tua né la mia, anche se ciascuno potrebbe forse pensare questo, della controparte.

    **
    “sentirsi dare dell’incoerente da uno che verosimilmente crede nella Transustanziazione, fa sempre un certo effetto”

    Capisco il tuo punto di vista. Ma chi crede nella Transustanziazione ha già accettato certe basi, prima. Se credo in un Dio onnipotente, che Si è lasciato massacrare per pagare i miei peccati, poi non ho certo problemi a credere che Lui possa celarSi in un piccolo pezzo di pane e in un po’ di vino. Si tratta di un “veicolo” umilissimo, così come è stato (infinitamente) umile Lui, nel fare tutto quel che ha fatto, durante la Sua vita terrena.

    **
    “Guarda, non è colpa mia se il discorso ozioso per eccellenza è parlare di come è fatto Dio”

    È ozioso solo nel momento in cui si prova a definire Dio con le sole proprie forze (infatti non si arriva da nessuna parte).
    Nessuno ha visto Dio, tranne il Figlio che è disceso dal Cielo; Lui l’ha visto, e ce ne ha parlato.
    Poi, possiamo accettare o meno quel che Lui ci ha detto. La libertà è pure questo.

    **
    “mica me la sono presa. Anzi, credevo di fare cosa buona e giusta, visto che i cattolici amano i risvolti paradossali. E poi dico, davvero mi reputi così tonto da non capire che certe mie posizioni sono pervase dall’hybris?”

    Anche in questo caso (risvolti paradossali), tutto dipende “da quel che sta dietro”. Molta parte del Messaggio di Cristo è comprensibile anche con la mera ragione; e la ragione fa da supporto alla fede: non “fede cieca”, dunque, come dicevo sopra.

    No, non ti reputo affatto tonto, altrimenti perché avrei più volte citato la tua intelligenza?
    Ma non capisco bene se ti stai vantando di essere tracotante (se capisco male, ti chiedo scusa)…

    **
    “ma certamente soddisfa la evidente necessità degli uomini di mantenere invariato il ritratto di Divinità Perfettissima e Amorevolissima dipinto nei secoli”

    Più che una necessità, si ha l’accettazione o meno di un Messaggio. Senza un Dio amorevole e perfetto, il Vangelo, soprattutto nelle sue parti più scomode da accettare, sarebbe vano.

    **
    “solo che questo non aggiunge granché alla questione delle scelte divine a proposito della sofferenza umana”

    La sofferenza umana è lo spartiacque di tutto: se non ci fosse da “guadagnare”, non ci sarebbe differenza fra buoni e malvagi.

    “(n.b.: non ho riletto tutto il thread, quindi se è già successo che hai fornito dati sufficienti in un commento precedente – che mi è sfuggito o di cui non ricordo il passo – ti fa gioco segnalarmelo, ovviamente)”

    Come ho già scritto, se ami davvero una persona, sei anche disposto a soffrire per essa. Chi dice di amare, ma si comporta bene “solo nella buona sorte”, non ama veramente.

    Iddio ha scelto il dolore, come “via per il Cielo”: umanamente, almeno in parte (perché qualcosina si può capire: anche umanamente, spesso amore e sofferenza sono le due facce di una medesima medaglia), ciò rimane un mistero. Soprattutto di primo acchito, come si può conciliare l’idea di un Dio che è Amore, e che permette (o impone, in determinati casi) percorsi di sofferenza?

    Il Cristo morto in Croce intanto ci dice che Dio è coerente: anche Lui è voluto passare per la medesima strada (di sofferenza, appunto). Questo può non essere sufficiente, e per molti non lo è.
    C’è abbastanza luce per vedere, e abbastanza penombra per non farlo. Non fosse così, il discorso sarebbe ormai chiuso da tempo.

  89. Marcoz, la tua battuta … “sentirsi dare dell’incoerente da uno che verosimilmente crede nella Transustanziazione, fa sempre un certo effetto” non brilla certo per originalità: ricorre spesso ed ogni volta cambia il primo termine del problema… Che rapporto ci sia tra incoerenza e transustanziazione mi sfugge ma non ti chiedo di chiarirlo; ti offro invece un contributo riguardante uno dei due termini, “made by Berlicche”: https://berlicche.wordpress.com/category/tra-lassu-e-quaggiu/teologia-solubile/

  90. Senza il senso di ciò che c’è e di ciò che si fa, caro Marcoz, siamo solo vermi che sguazzano nel loro guano. Basta confrontarsi veramente con la realtà per accorgersene.
    E’ più bello stare con una persona quando c’è un senso e un destino, o solo per soddisfare l’istinto? Se non ci fosse un senso che senso avrebbe alzarsi dal letto?
    Se poi vuoi liquidare anche questo con una battuta, accomodati. La vita (sprecata) è la tua. Avvisare, sei avvisato.

  91. @Gustavo

    “Come ho già scritto, se ami davvero una persona, sei anche disposto a soffrire per essa.”
    Questo è in linea di massimo vero, ovviamente, ma il buon senso vuole che ciò valga solo se non è l’oggetto dell’amore stesso a essere origine della sofferenza scientemente (dopo dici “Iddio ha scelto il dolore”); altrimenti ci sono gli estremi per parlare di sindrome di Stoccolma o di masochismo, e forse di qualche altro stato patologico. Nel caso del rapporto uomo/dio di cui hai perorato la causa qua sopra, io vedo questa eventualità.

    “Iddio ha scelto il dolore, come “via per il Cielo””
    Come avrai ben capito, per me è una scelta discutibile, date le premesse (lo so, lo so: Dio, se è Dio – quel tipo di dio -, non può sbagliare; ma io ho la testa troppo dura)

    “Il Cristo morto in Croce intanto ci dice che Dio è coerente: anche Lui è voluto passare per la medesima strada (di sofferenza, appunto). Questo può non essere sufficiente, e per molti non lo è.”
    Ovviamente.

    “C’è abbastanza luce per vedere, e abbastanza penombra per non farlo. Non fosse così, il discorso sarebbe ormai chiuso da tempo.”
    Certo, e senza incertezza, non c’è libertà, eccetera. Conosco questa caratteristica dell’impianto filosofico cristiano.
    La mia posizione, invece, è semplicemente che l’atteggiamento più corretto sia l’ignosticismo (non siamo in grado di determinare se esista una Causa Prima e, se sì, cosa sia)

    “non capisco bene se ti stai vantando di essere tracotante”
    Mah, non mi pare di nutrire sentimenti del genere.

    @Eppe
    Perché la Transustanziazione è un “fenomeno” che va contro il senso comune in modo molto appariscente.
    Comunque ringrazio per l’avvertimento; non sapevo fosse una citazione molto diffusa, e vorrei evitare la ridondanza (forse dovrei frequentare assiduamente l’Usar e l’AntiUaar per tenermi aggiornato sulle tendenze).
    Ho letto la spiegazione di Berlicche, grazie, avrei certo qualcosa da dire al proposito, ma ho esaurito il mio tempo (e la mia voglia) a disposizione per questo genere di confronti.

    @Berlicche
    “Senza il senso di ciò che c’è e di ciò che si fa, caro Marcoz, siamo solo vermi che sguazzano nel loro guano.”
    Questa è una delle possibilità; in tal caso, pensare di essere qualcosa di più sarebbe solo supponenza.

    Arrivederci

  92. Federico Fasullo

    “Farle per farle, o farle per un significato?”

    Farle per un significato ovviamente ed il significato è farle.

  93. Fasullo:
    “Perché hai ammazzato quel vecchio?” “Perché l’ho fatto e basta”
    Grazie per avere dimostrato una volta per tutte che lo scopo di ogni realizzazione umana ha lo stesso significato della gallina che attraversa la strada. Quello ch non hai domostrato è perché uno dovrebbe alzare un dito per fare qualsiasi cosa.
    A questo punto, credo che smetterò di risponderti. E perché? Ah, ogni azione ha il suo significato in se stessa, no?

    Marcoz, se sei solo un verme che sguazza nello sterco non vale la pena parlare o discutere con te. Se fossi invece un essere umano, allora sarebbe diverso. E’ supponenza pensarlo?

  94. Berlicche, io non ho preso la citazione del verme in senso letterale; e magari ho sbagliato.
    Il significato che ho le attribuito è che sia l’uomo che l’anellide potrebbero rappresentare un mero fatto accidentale, in seno all’Universo; differenti per quanto riguarda la capacità di indagare, riflettere e modificare il mondo circostante, ma indistinti sotto il piano squisitamente ontologico.

  95. “sul piano” o “sotto il punto di vista”, a piacere

  96. Federico Fasullo

    Berlicche, fa’ ovviamente come ti pare, io non ho detto che tutte le cose sono fine a sé stesse senza significato, volevo solo rimarcare che quantomeno esistono delle cose del genere, nel mio esempio la corsa è un’attività fine a sé stessa molte volte. Ovviamente esiste anche la realtà che hai descritto tu, riporto il tuo esempio dove camminare è bello perché hai una meta. Non è che una cosa esclude l’altra, tutto qua.

  97. Marcoz, Fasullo,
    prendo nota che non volevate dire quello che avete detto.
    Poiché per voi ogni cosa “potrebbe”, a questo punto io potrei averne abbastanza.
    Poiché per me invece ogni cosa è, ne ho abbastanza.

  98. Letto e, sì, mi dà da pensare, ma non nella direzione che ti augureresti tu, Berlicche.

    Buon fine settimana

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